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Fragili e colpevoli

Padrenostro
di Claudio Noce
Italia, 2020
Con: Mattia Garaci (Valerio), Francesco Gheghi (Christian), Pierfrancesco Favino (Alfonso), Barbara Ronchi (Gina)
Trailer del film

Un bambino si sveglia all’alba, esce sul balcone e intravede sulla strada uomini armati che sparano. Attraversa correndo i corridoi e le scale, arriva al cancello, non sa se suo padre sia morto ma vede agonizzare e morire uno degli attentatori. Lo sguardo di quest’uomo lo accompagna mentre dissimula la propria visione, mentre spera che il padre ritorni, mentre lo abbraccia quando torna. I genitori scoprono che Valerio, il bambino, ha visto. Nell’artificiosa ‘normalità’ dei giorni successivi appare Christian, un quattordicenne senza casa e senza storia del quale Valerio diventa amico di avventure. Christian compare anche durante le vacanze in Calabria che Valerio e la sua famiglia si sono imposte per allentare la tensione di vite ancora in pericolo. Antichi racconti, gesti apotropaici, partite di pallone, nuotate dentro un mare cristallino e voli sognati tra le rocce costellano di inquietudine i giorni di tutti, sino all’apparire di una verità drammatica, di un dolore diverso e nemico, di una desolata solitudine.
Il film è tratto dall’esperienza del regista, il cui padre, vicequestore, subì un attentato a Roma nel 1976. La dimensione privata si dissolve però e per fortuna nello sguardo intriso di una memoria ancora fluida, di fantasia, di incubi e di sogni. Tutto sembra accadere non nello spaziotempo condiviso ma nel corpomente del bambino Valerio.
I padri non sono rocce. Non lo sono mai, anche quando vorrebbero apparire forti. Anche quando esercitano il dominio e il potere. Forse la responsabilità di aver generato altro dolore li rende al fondo fragili e colpevoli. Il padre di Valerio è una leggenda di solidità che sembra crollare sino al pianto, alla mancanza di respiro, allo sguardo rassegnato e perduto di Favino. Il respiro è infatti elemento fondamentale e simbolico di questa storia. Un respiro che sembra venir meno nella scena iniziale, ambientata molti anni dopo i fatti, e che in quella conclusiva si risolve in una corsa liberatrice nella quale a ciò che si è diventati si sovrappone ciò che una volta si è stati.
La paternità, la politica e la morte negli occhi azzurro fondo di un bambino.

Nazareth

Wajib. Invito al matrimonio
di Annemarie Jacir
Palestina, 2017
Con: Mohammad Bakri (Abu Shadi), Saleh Bakri (Shadi), Maria Zreik (Amal)
Trailer del film (anche in lingua originale)

On the road per Nazareth, padre e figlio. Devono consegnare gli inviti (centinaia) al matrimonio della figlia e sorella. Dentro una città caotica, antica, deturpata e litigiosa. Abu Shadi e Shadi sono palestinesi cristiani, che entrano ed escono da case piene di ammennicoli, santini, liquori. Il padre è un apprezzato insegnante che cerca di sopravvivere in una comunità di oppressi, ligio alle tradizioni anche se ne comprende tutti i limiti. Il figlio si è trasferito in Italia, fa l’architetto, è amareggiato dal disordine e dalla sporcizia della città. Ama la figlia di un dirigente dell’OLP e non ha mai accettato l’occupazione israeliana della Palestina. La madre è lontana, negli USA. Due umani, due mondi, due modi diversi di vivere la servitù allo straniero. Gli israeliani ebrei compaiono soltanto in una breve scena dentro un ristorante ma la loro presenza è pervasiva e rende teso ogni dialogo tra padre e figlio.
Annemarie Jacir riesce a descrivere in modo diverso ogni ripetuta visita dei due personaggi agli invitati; fa del loro muoversi una autentica narrazione e non soltanto un documento; entra nelle case, nelle abitudini, nell’antropologia arabo-cristiana di Palestina; mostra con prudente lievità e dunque con più struggente esito l’oppressione esercitata da Israele. I due protagonisti restituiscono di questo mondo ogni ruga, ogni sorriso, la malinconia, la forza.

Bruciare

Whiplash
di Damien Chazelle
USA, 2014
Con: Miles Teller (Andrew Neyman), J.K. Simmons (Terence Fletcher), Paul Reiser (il padre di Andrew)
Trailer del film

La batteria, il jazz, i padri, le sfide, l’iniziazione alla vita e all’arte. Vivere e non vegetare, creare e non ripetere. Il primo padre di Andrew, quello biologico, si accontenta di esserci e di spiegare ciò che altri hanno scritto. Il secondo padre, tiranno alla Scuola di musica, lavora per trovare un artista assoluto. Quando intuisce il talento del ragazzo gli fa sputare lacrime e sangue (alla lettera) e lo pone dinanzi a un modo insostenibile di esistere, quello che non si volta dalla stella della musica e a essa tutto è pronto a sacrificare. Tutto. La vita stessa.
Un film dove educazione e formazione si pongono al di là di ogni teoria pedagogica, nel trionfo della volontà del maestro che vuole essere superato dal proprio allievo. E per questo è disposto a ucciderlo.
Un film fisico e iniziatico, nel quale il jazz intride le immagini, le colora, le trasforma in suono ripetuto, ossessivo, tribale. Il finale incrocio degli occhi sancisce il patto faustiano, perché davvero ciò che conta non è la durata dell’esserci ma che si abbia un altare sul quale bruciare la propria sostanza.

Patinati paesaggi

I due volti di Gennaio
(The Two Faces of January)
di Hossein Amini
Con: Viggo Mortensen (Chester MacFarland), Oscar Isaac (Rydal Keener), Kirsten Dunst (Colette MacFarland), Daisy Bevan (Lauren)
Gran Bretagna – Usa – Francia, 2014
Trailer del film

Due volti di GennaioAtene, Creta, Istanbul negli anni Sessanta. Chester e Colette, due agiati statunitensi, incontrano un concittadino che vive facendo la guida e imbrogliando un poco i turisti. Chester MacFarland, invece, della truffa è un esperto. Ma non sempre gli va bene. Ora è ricercato da malavitosi ai quali ha sottratto il danaro da investire. Uccide, senza volerlo, il detective che lo ha scovato. Il giovane Rydal aiuta lui e Colette nella fuga.
Ispirato a un romanzo di Patricia Highsmith, il film è godibile nelle immagini, nella recitazione, nell’itinerario tra il mito e la miseria di queste vite. Il mito soprattutto di Edipo. I riferimenti ai padri -«dai quali ci aspettiamo troppo, come fossero dèi»- sono ripetuti e fondamentali, sino alla stessa conclusione. Il Minotauro, il Labirinto, il conflitto e l’amore, la pace e la guerra (i due volti di Giano) rimangono tuttavia poco più che un pretesto per un film patinato, che si regge tutto sull’impegno degli attori e sui paesaggi.

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