Skip to content


Concorso a cattedra per i Licei

Nel mese di marzo 2022 si sono svolte in tutta Italia le prove selettive per la nomina in ruolo dei Professori dei Licei / Scuole Secondarie di II grado.
Una prova caratterizzata dal trionfo del più patetico e diseducativo nozionismo, tipico dei didatticisti e pedagogisti del Ministero dell’Istruzione.
Una prova caratterizzata da un format degno della Settimana Enigmistica, con un punteggio minimo di 70 su 100 e con quattro risposte già predisposte per ciascuna delle 100 domande, tra le quali scegliere l’unica ritenuta dal Ministero corretta.
Una prova caratterizzata soprattutto dal fatto che molti dei 100 quesiti sono risultati ambigui, confusi, mal formulati e non poche delle risposte individuate come corrette dai didatticisti e pedagogisti ministeriali sono in realtà risultate delle risposte errate, equivoche, parziali. 

Sono stato tra i firmatari di un documento indirizzato ai ministri dell’istruzione e dell’università, dal titolo Contro la vergogna dei quiz nei concorsi alla docenza scolastica e sono stato l’autore di una perizia che mi è stata chiesta da una persona che non ha superato di pochissimo la prova.
Rendo pubblica la perizia (senza ovviamente il nome della persona interessata) anche come documento e prova del livello infimo al quale il nostro Paese è ormai avviato da decenni, con i governi a guida Partito Democratico, Forza Italia o governi cosiddetti tecnici, tra i quali quello attuale guidato da Mario Draghi è certamente il peggiore.
Molti di noi si impegnano ogni giorno, a scuola e nelle università, per trasmettere un minimo di senso critico e di consapevolezza della complessità del reale. E invece ministeri e governo italiano inducono i nostri giovani a confondere scienza e cultura con dei quiz televisivi.

Questo il testo della perizia.

=======
Il sottoscritto Prof. Alberto Giovanni Biuso, Professore ordinario di Filosofia teoretica ed Epistemologia nel Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, è stato incaricato da *** al fine di esprimere un qualificato parere in ordine alla corretta formulazione dei quesiti numero 10 e numero 24 somministrati a *** nell’ambito dello svolgimento della prova scritta della procedura selettiva di cui in oggetto, durante il turno del ***.
Si è in particolare chiesto di valutare eventuali errori e ambiguità di formulazione dei quesiti nonché la corretta individuazione delle opzioni di risposta indicate dal Ministero, e infine la correttezza delle risposte in concreto date da ***.
Si riporta di seguito il testo dei quesiti numero 10 e 24 oggetto dell’incarico, unitamente alle valutazioni del sottoscritto, oggetto della presente Relazione.

DOMANDA 10

L’empirismo logico, o neopositivismo, è quella corrente filosofica che nasce dalle attività del cosiddetto “Circolo di Vienna”. Che cosa si proponeva fin dalle sue origini il Circolo di Vienna?

a Di discutere in maniera interdisciplinare questioni di carattere epistemologico, scientifico, architettonico e letterario.
b Di tornare a considerare, di contro alle tendenze metafisiche dell’epoca, l’esperienza sensibile come unica fonte legittima della conoscenza. X
*c Di affrontare correttamente i problemi filosofici sulla base di un

modello scientifico unitario, seguendo i criteri della logica

formale e facendo riferimento al principio di verificazione.

d Di tornare a considerare, di contro alle tendenze irrazionalistiche dell’epoca, la logica formale come unico criterio per legittimare la conoscenza.

 Punteggio: 0,00

DOMANDA 24

Nella fisica di Aristotele i generi del movimento possono essere suddivisi in questo modo:

a Secondo la sostanza, la qualità e il luogo. X
b Secondo la quantità, la relazione e il luogo.
c Secondo la sostanza, la relazione e il luogo.
*d Secondo la quantità, la qualità e il luogo.

Punteggio: 0,00

Entrambi i quesiti segnalati da *** contengono evidenti elementi di criticità, che rendono non univoca e dunque arbitraria la “risposta corretta” indicata dagli organi ministeriali.

Nel primo caso, infatti, la risposta scelta da *** è del tutto coerente rispetto al quesito. Che “fin dalle sue origini, il Circolo di Vienna” si proponesse anche “di tornare a considerare, di contro alle tendenze metafisiche dell’epoca, l’esperienza sensibile come unica fonte legittima della conoscenza” è proprio uno degli elementi che caratterizza la critica che l’Empirismo logico, o Neopositivismo, rivolse alla tradizione metafisica, anche rispetto ad altre critiche che la stessa tradizione riceveva nei medesimi anni. Nella letteratura filosofica relativa al Circolo di Vienna è del tutto ovvio che l’esperienza sensibile costituisca per i suoi membri il punto d’avvio dell’indagine sul mondo, che da qui va articolata poi nelle sue espressioni formali e con l’obiettivo in ogni caso di porre fine (tale era l’ambizione) a ciò che i filosofi di questa corrente giudicano non semplicemente corretto o sbagliato ma proprio ‘insensato’, vale a dire ciascuna e tutte le affermazioni che non possano essere ricondotte a un fondamento nell’esperienza sensibile.

Il secondo quesito contestato appare ancora più evidente nella sua incongruità. È noto da millenni il fatto che Aristotele abbia individuato quattro forme di movimento/mutamento –e non tre, come sostenuto dal quesito ministeriale– e di queste quattro forme facciano parte il mutamento sostanziale, vale a dire il venire all’esistenza e il cessare di esistere; il mutamento quantitativo, che consiste nell’accrescimento o nella diminuzione della quantità di sostanza che a ogni ente appartiene; il mutamento qualitativo, come ad esempio un corpo che da sano diventi malato o una quantità di liquido che diventi gassosa oppure solida; il mutamento locale, cioè lo spostarsi da un luogo a un altro.
Di fronte a questo pacifico dato storiografico e teoretico, la risposta scelta da *** è del tutto corretta: “Nella Fisica di Aristotele i generi del movimento possono essere suddivisi in questo modo: “Secondo la sostanza, la qualità e il luogo.”
Più corretta sarebbe stata la risposta che prevedesse tutte e quattro le forme di movimento/mutamento ma si tratta di una risposta assente tra le quattro fornite dal quesito ministeriale.

Università, politica, finanza

Le cause, le modalità, gli effetti degli eventi contemporanei sono quasi sempre più complessi di come appaiano dalle notizie e interpretazioni della grande stampa, delle televisioni, dei social network. Segnalo due testi che aiutano a comprendere alcune delle vere ragioni della metamorfosi che la cosiddetta didattica a distanza va subendo da soluzione d’emergenza a condizione normale di «erogazione di un servizio» (scuole e università ridotte all’analogo dell’ente acquedotti). E queste ragioni, come sempre, riguardano le opzioni politico-ideologiche e gli interessi economici sia delle multinazionali della comunicazione in Rete, che infatti sono state prontissime a «erogare il servizio» perché pronte lo erano da tempo, sia di tutti coloro – manager, politici, pubblici amministratori quali i presidi e i rettori – la cui azione è da quelle multinazionali condizionata in vari modi.

Il primo testo contribuisce a capire meglio l’apparente oscillare dei decisori politici sulla questione della riapertura o meno di scuole e università. Trascurare gli inflessibili vincoli finanziari posti dall’Unione Europea significherebbe infatti non avere un quadro completo della reale situazione nella quale i governi operano, compreso quello italiano.
Si tratta di una delle conseguenze più drammatiche della rinuncia all’indipendenza politica ed economica a favore di strutture globaliste volte a pratiche antinazionali e antisociali. E questo in tutti gli ambiti: sanitario, economico, educativo.

Covid 19, riapertura scuole, didattica a distanza e Unione Europea
di associazioneindipendenza – 16.6.2020

Il testo è stato ripreso da corpi e politica con il titolo Riapertura delle scuole. Didattica, governi, finanza

=============

Per la riapertura delle scuole a settembre, al governo e al ministero dell’Istruzione sanno come venirne a capo ma sono preoccupatissimi sulle conseguenze sociali. Da qui il susseguirsi di dichiarazioni che prospettano, di dichiarazioni che affermano, di dichiarazioni che smentiscono, di dichiarazioni che rilanciano ‘altro’ e via ricominciando. Attribuire tutto questo all’incompetenza coglierebbe parzialmente il cuore del problema. Vediamo il perché.

Le norme sulla sicurezza sanitaria imporrebbero il venir meno delle classi-pollaio e la necessità di nuove assunzioni. Più classi e più insegnanti, insomma. Tutto il contrario di quello che viene perseguito da anni: accorpare classi per ridurne il numero e disporre di un organico di docenti via via inferiore grazie alle uscite per pensionamento.

Il problema degli spazi sussiste ma è risolvibile ora con interventi laddove ci siano aule inutilizzate o non risanate per problematiche finanziarie, ora usufruendo di spazi pubblici e sociali limitrofi alle scuole, ora riaprendo scuole chiuse o edifici pubblici non in uso, e via dicendo. Tutto è alla portata per garantire a scuola la presenza (decisiva per la miglior didattica possibile), senza necessità di ricorrere a turnazioni, riduzioni dell’orario, eccetera. Curare un asse culturale nazionale nella scuola questo sì comporterebbe preparazione, conoscenza, una grande riflessione collettiva, mentre una gestione amministrativa di spazi può porre problemi, ma non più di tanto.

Perché quindi a Palazzo Chigi e a viale Trastevere sembra –attenzione: sembra!– che non sappiano come muoversi e che regni il caos? Per lo stesso motivo per cui tutti i comparti pubblici, che necessitano di un intervento dello Stato, versano in condizioni disastrose, come è emerso ad esempio nella sanità nel corso dell’emergenza da CV-19: gli investimenti.

Le classi pollaio, aventi come obiettivo la riduzione del corpo docente, sono una necessità per i tagli lineari richiesti dalle istituzioni europee in nome di un rientro del debito. Questo è il punto focale dell’essenza di funzionamento del combinato disposto UE-euro: aver innescato e trasformato in una criticità permanente il debito, averne cambiato la natura da realmente ‘pubblico’ ad ‘estero’ ed averlo inscritto in una dinamica strutturale di continui vincoli e condizionalità nella messianica e irraggiungibile prospettiva di una ‘redenzione’. Un ‘unicum’ nella Storia e nel mondo.

Con la cessione della sovranità monetaria, la venuta meno di un’autonomia politica a tutti i livelli (bilancio, investimenti, controllo dei flussi di capitale, indirizzi…) e quindi della piena titolarità decisionale degli investimenti da effettuare, qualsiasi governo, si trattasse anche di uno insediatosi con le migliori intenzioni e con un voto ‘a furor di popolo’, quand’anche fautore di una visione politica sociale avanzata, avrebbe le mani più che legate, un perimetro d’intervento ristretto, sempre più ristretto. Dentro l’Unione Europea ed il campo atlantico non c’è futuro (anche) per l’Italia, ma solo fumisterie e farse, come nella fase attuale con le “potenze di fuoco” dei supposti “aiuti” europei.

Al governo e al ministero dell’Istruzione l’idea su come venirne a capo l’hanno, ma sono preoccupatissimi sulle conseguenze sociali. La linea che attuerebbero subito, consisterebbe in una massiccia trasformazione digitale del sistema scolastico. Anche se parziale potrebbe tornare utile per mantenere l’ossequio alle imposizioni dei tagli lineari di cui la riduzione dei lavoratori del pubblico impiego è per la Troika (FMI-BCE-UE) tra gli obiettivi ineludibili. Di qui, quindi, la magnificazione delle tecnologie didattiche e del ‘distanziamento dell’insegnamento’. Non ci sono tanto e soltanto gli interessi affaristici di chi gestisce le piattaforme digitali (sarebbe interessante vedere chi compone la relativa ‘task force’ al ministero dell’Istruzione e a quali ‘cordate’ risponde), c’è molto pragmaticamente il ‘risparmio’ che dalla ridotta presenza del corpo docente a scuola potrebbe derivare. Questa soluzione, ben evidente nella sua utilità e ‘tecnicamente’ facile da attuare, comporta però effetti negativi che non si sa bene poi come fronteggiare. La preoccupazione verte non sulla ‘qualità della didattica’ (che, da decenni, per chi domina e relativi referenti è bene che si abbassi sul versante ‘educativo-critico-formativo’…) ma sulla tenuta sociale di queste misure, delle proteste che potrebbero montare dalle famiglie e dal corpo docente.

Già ci giungono segnalazioni sia di riunioni telematiche sia di assemblee ‘in presenza’ di genitori e docenti che si preparano a dare battaglia a settembre. Le rivendicazioni base che ricorrono, tutte o parte, sono queste: apertura delle scuole, rifiuto della Didattica a Distanza sostituiva o anche solo complementare al monte-ore curricolare, più classi (con numero di studenti ben inferiore a quelle “pollaio”), recupero di locali, regolarizzazione del precariato scolastico e assunzioni stabili (docenti e personale Ata), rifiuto delle turnazioni e della riduzione dell’ora scolastica a 40 minuti (già in diverse scuole l’ora corrisponde a 50 minuti), adeguamenti stipendiali dei dipendenti.

Sulla scuola, come per la sanità e altro, le parole d’ordine devono essere chiare: più investimenti, più intervento pubblico, più Stato (italiano). Ognuno di questi ambiti (con annesso stato di sofferenza sociale di milioni di lavoratori, di precari, di partite IVA, di inoccupati, ecc.), perché possa essere soddisfatto nelle sue rivendicazioni, necessita tanto della rottura dei vincoli di dipendenza dalla gabbia euro-atlantica, quanto di una nuova classe dirigente che abbia chiaro il nesso ineludibile tra conquista della sovranità monetaria e politica in senso lato e risorgimento sociale delle diverse classi e segmenti subalterni della società italiana, ‘in sofferenza’ tra condizioni di vita e restringimento di diritti.

=============

Il secondo testo è un articolo di Marco Meotto uscito sulla rivista DoppiozeroScuola: di cosa hanno bisogno i docenti? nel quale vengono analizzate le «brillanti analogie tra le proposte dell’ANP [Associazione Nazionale Presidi] e i suggerimenti pratici contenuti nel Piano Colao, quasi che i due documenti fossero scritti da persone che si riconoscono nei medesimi riferimenti politico-culturali. Varrà quindi la pena abbozzare una riflessione che delinei quali preoccupanti prospettive pedagogiche possano scaturire da questa sinergia».
Prospettive che si possono così sintetizzare: privatizzazione di fatto delle scuole e delle università; cancellazione di ogni traccia di gestione democratica delle istituzioni formative; digitalizzazione dell’insegnamento in modo da tornare a una pratica didattica frontale, nozionistica, politicamente neutra e quindi al servizio di chi comanda, chiunque egli sia.

Vai alla barra degli strumenti