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L’anima dell’acqua

Milano – Palazzo Reale
L’ANIMA DELL’ACQUA
Da Talete a Caravaggio, da Segantini a Bill Viola

Sino al 29 marzo 2009

La placenta, l’arsura, il divenire, i liquidi di cui siamo composti. L’acqua è davvero l’altro nome della vita, l’acqua è la civiltà umana. Ed è per questo che la mostra può raccogliere testimonianze archeologiche, figurative e letterarie delle mitologie più diverse e più lontane -Mesopotamia, Egitto, Grecia, Cristianesimo- tutte accomunate dalla sacralità dell’acqua. Si comincia con una installazione di Fabrizio Plessi, subito seguita dai busti di Omero, Socrate, Platone, Aristotele e di un filosofo anonimo che naturalmente qui immaginiamo sia Talete.

Poi l’acqua diventa Madre, con le veneri neolitiche, con Iside, con le tante madonne che allattano; diventa Bellezza, pioggia che dà vita e ringiovanisce; diventa Viaggio e dunque anche rischio, naufragio, scoperta, con i versi dell’Ulisse dantesco che si accompagnano alle tante raffigurazioni dell’episodio omerico, la più significativa delle quali mi è sembrata l‘Ulisse e le sirene di Herbert Draper (1909), con le bellissime donne-pesce che si accostano alla nave e  lo sguardo di Odisseo stravolto dal desiderio; l’acqua diventa Morte, grembo a cui tornare come fa Ofelia, come Narciso, immagine del soggetto che più guarda dentro di sé e più affonda nella totalità dell’essere; diventa Catarsi, rito e sacralità del gesto che trasforma l’elemento in salvezza. Chiude la mostra un bozzetto di Adolfo Wildt dal titolo Il santo, il giovane e il vecchio, tre personaggi che si accostano con voluttà a una fonte.

Perché l’acqua è soprattutto bisogno e finitudine, è Limite che intesse ogni istante dell’umano. Davvero, «Water, is taught by thirst» (Emily Dickinson), l’acqua è insegnata dalla sete.

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Lo sguardo sulla Natura. Luce e paesaggio da Lorrain a Turner

Museo Diocesano di Milano

Sino all’11 gennaio 2009

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Settanta dipinti che fra Sei e Settecento delineano la grande parabola del paesaggismo europeo. Tra di essi alcuni vertici di questa forma della rappresentazione umana dello spazio e soprattutto della proiezione su di esso della mente, delle sue emozioni, delle geometrie.

Le luci calme e diffuse di Lorrain (Paesaggio con Hermes e Argo), le architetture naturali di Marini, i netti chiaroscuri di Magnasco (Il vecchio mulino), le prospettive esatte e rapitrici di Canaletto (Capriccio con torre ed edificio gotico), l’impressionismo e le macchie di Guardi (Burrasca), la visionarietà di Marieschi (Capriccio con arco gotico), la potenza di Turner (Paesaggio montano del Galles). E numerosi altri artisti italiani, fiamminghi, inglesi, francesi.
Su tutto la Terra, la Luce.

Magritte. Il mistero della natura

Milano – Palazzo Reale
Sino al 29 marzo 2009

Il Surrealismo è diventato attraverso Magritte parte del nostro modo di vedere il mondo. La semplicità del fatto che quella dipinta «n’est pas une pipe» -certo!- perché non può essere caricata e fumata ma è soltanto la rappresentazione di una pipa, sembra ancora turbare. Al di là di questa anche troppo celebre icona, l’arte di Magritte è complessa e del tutto consapevole. La discrasia tra percezione e realtà è uno dei temi filosofici per eccellenza, dall’invito di Eraclito e Parmenide -pur così diversi- a diffidare dell’«occhio che non vede e dell’udito che rimbomba di suoni illusori», fino agli insegnamenti della Gestalt passando per la rassegnata rinuncia kantiana a conoscere la realtà come essa è in sé. Magritte germina da qui e per questo è costante il suo invito a cogliere l’enigmaticità assoluta dell’ovvio: «le mie opere sono tutte impregnate della certezza che noi apparteniamo, di fatto, a un universo enigmatico».

L’enigma è il quotidiano, l’arte cerca solo di dirlo. In questa mostra l’attenzione si concentra sui segreti del mondo naturale, dentro il quale Magritte opera la contaminazione fra i tre regni. Appaiono quindi le piante-uccelli, le aquile che si trasformano in montagne, uova/sculture, donne il cui corpo diventa cielo, intrecci impossibili di luci e di ombre come nell’intenso L’empire des lumières, la cui potenza è data dalla contemporaneità di una abitazione-giardino immersa nella notte e del cielo pienamente diurno che la sovrasta. In ogni caso, è ancora Magritte a parlare, «non si deve temere la luce del sole con la scusa che è servita quasi sempre a illuminare un mondo miserabile». La Luce è pura, come il mondo. A poter essere spento e quindi miserabile è -semmai- l’occhio umano che guarda. Il Surrealismo è un modo per aprire gli occhi sull’invisibile: «essere surrealista significa bandire dalla mente il già visto, ricercare il non visto». Il Surrealismo è una filosofia.

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