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Contemporanea / Ancestrale

MI-TO Settembre Musica 2013
Teatro Dal Verme – Milano – 6 settembre 2013
Britten / Benjamin
London Sinfonietta
Direttore George Benjamin
Musiche di Benjamin Britten e George Benjamin

Tre brani di George Benjamin (1960), intervallati dalla Serenata per tenore, corno e archi op. 31 di Benjamin Britten (1913-1976).
Quest’ultima, composta nel 1943, mette in musica opere di poeti inglesi dal XV al XIX secolo. Il magnifico corno di Michael Thompson e la voce del tenore John Mark Ainsley si sono esaltati soprattutto in Dirge, un canto funebre di anonimo del XV secolo che nella musica di Britten diventa l’incedere glorioso verso il nulla.
At First Light (1982) fu la composizione d’esordio di Benjamin, un sottile e complesso paesaggio rarefatto, simile a quelli di Turner ai quali il musicista si ispira. Upon Silence (1990-1991) ha dato al mezzosoprano Lucy Schaufer la possibilità di dialogare con viole, violoncelli e contrabbassi sul limine sempre vicino del silenzio. Three Inventions per orchestra da camera (1993-1995) è una potente struttura nella quale i fiati e le percussioni disegnano una sorta di ritmo ancestrale, eco e testimonianza degli strati più profondi della materia anche sonora che siamo.
Propongo l’ascolto, certo un po’ impegnativo, della prima Invention.

 

 

[audio:Benjamin_ Invention I.mp3].

 

 

 

 

 

 

Onda mistica

Arvo Pärt (1935) è uno dei maggiori compositori viventi. Il minimalismo si fa in lui limpidezza armonica, dietro la cui semplicità costruttiva si nasconde e si esprime la forza di uno slancio, di un superamento. Il testo di My Heart’s in the Highlands è del poeta scozzese Robert Burns (1759-1796).
Il canto del poeta alla propria patria diventa nella sensuale e insieme distante voce di Else Torp un percorso mistico senza più terra, senza più spazio. Soltanto onde.

My Heart’s In the Highlands
(2000)
di Arvo Pärt
Voce: Else Torp
Organo: Christopher Bowers-Broadbent

[audio:Pärt_Highlands.mp3]

2001. Sinfonia nello spazio

Atmosphères fur grosses Orchester ohne Schlagzeug
di György Ligeti
(1961)
Sinfonie-Orchester des Südwestfunks, Baden Baden
Direttore: Ernest Bour

La rassegna Electronic Music § Acusmonium mostra la profonda relazione che cinema e musica intrattengono dall’invenzione del sonoro. L’Acusmonium è un’orchestra di altoparlanti guidata da un musicista alla consolle elettronica. Nel caso di una proiezione cinematografica gli altoparlanti si possono nascondere  dietro lo schermo e il loro suono avvolge chi guarda, dandogli l’impressione di stare dentro la musica del film.
2001. Odissea nello spazio è stato proiettato lo scorso 11 febbraio al Centro culturale San Fedele di Milano in questa modalità e nella sua versione completa di 141 minuti, versione che non si vede quasi mai nelle normali proiezioni. Si è in tal modo sprigionata tutta la potenza e il fascino del film più enigmatico, più bello e profondo della storia del cinema.
2001 è esso stesso un monolite che viaggia nella cultura e nell’immaginario. È un film perfetto nella struttura narrativa, nella imprevedibile bellezza di ogni inquadratura, nella forza della colonna sonora -qui esaltata in modo così particolare-, nel legame di ogni scena con la successiva, nella molteplicità di interpretazioni che gli si possono dare, nel cerchio di passato, presente e futuro che si toccano implodendo l’uno nell’altro. Nel suo ambito, 2001 si pone sullo stesso piano della Recherche o di Sein und Zeit, nell’esatto senso che ha allargato la nostra comprensione dell’umano, ci ha fatto immergere nella bellezza e ha aperto molti interrogativi. Nel personaggio di Hal 9000 si fondono la forza bruta dell’antico ciclope (un occhio solo) e una raffinatissima intelligenza artificiale consapevole di se stessa ma incapace di accettare un proprio piccolo errore di calcolo. Dal rifiuto di ammettere il limite che aveva appena scoperto in se stesso, Hal entra in un loop logico, impazzisce e uccide. Un’intelligenza che sia veramente tale accetta invece il proprio limite.
Alla perfezione infranta dell’artificio corrisponde la perfezione conquistata dell’umano, di quel David che nella parte conclusiva dell’opera entra anch’egli in un loop temporale che ripercorre il cammino dell’umanità -con il quale il film si era aperto- dalla maturità alla vecchiaia alla morte e infine alla rinascita, sempre al cospetto di quel perfetto monolite nero al quale ogni spettatore può attribuire significati differenti Quando David morente indica dal proprio letto la grande pietra, la cinepresa entra in essa e l’uomo ricompare nella forma di feto astrale. Lo spazio del monolite è diventato il tempo dell’esserci.
L’Ouverture a schermo spento dei primi minuti del film è scandita da Atmosphères (1961) di György Ligeti, brano che viene ripreso durante il viaggio di David verso Giove e oltre, l’infinito.
«Atmosphères è scritto per una grande orchestra. È visto come un pezzo fondamentale nella produzione del compositore ungherese, poiché contiene molte delle innovazioni che avrebbe esplorato nel corso degli anni ‘60. Effettivamente abbandona melodia, armonia e ritmo, per concentrarsi invece puramente sul timbro del suono prodotto, una tecnica conosciuta come sound mass. Apre con i maggiori cluster mai scritti – viene suonata ogni nota di una scala cromatica nell’intervallo di cinque ottave. Il pezzo sembra poi perdere il suo massiccio accordo iniziale, ma molto lentamente, con un continuo mutare di struttura.
Ligeti coniò il termine “micropolifonia” per la tecnica di composizione usata in AtmosphèresApparitions e in altri suoi lavori del periodo. Spiegò così la micropolifonia: “La complessa polifonia di ciascuna parte è incorporata in un flusso armonico-musicale nel quale le armonie non cambiano improvvisamente, ma si fondono l’una nell’altra; una combinazione distinguibile di intervalli sfuma gradualmente, e da questa nebulosità si scopre che una nuova combinazione di intervalli prende forma”» [Fonte: Wikipedia]

Propongo l’ascolto di questa composizione tanto impegnativa quanto potente.

[audio:Ligeti. Atmosphères fur grosses Orchester ohne Schlagzeug.mp3]

Il proprio tempo appreso con i suoni

Radio Neue Musik

Questa volta non consiglio uno specifico brano ma un intero genere musicale. Neue Musik è una radio tedesca che trasmette musica contemporanea, permettendo così di conoscere e gustare le opere di moltissimi compositori. Ascoltarla è semplicissimo, basta andare all’indirizzo http://laut.fm/neue-musik. Si comprenderà quanto vario, plurale, differenziato e profondo sia il panorama della musica del Novecento e del XXI secolo. In realtà, infatti, è molto più corretto parlare di musiche contemporanee. Il loro ascolto richiede, come tutto ciò che non è banale, un apprendimento, una frequentazione regolare, un minimo di curiosità, in modo da superare la sensazione di inconsueto stridore che a volte esse trasmettono. Quando si siano oltrepassati tali ostacoli, il piacere che offrono è identico a quello della musica barocca o dei cantautori. In più, la musica d’oggi è “il nostro tempo appreso con i suoni”.
Tra i miei autori preferiti ci sono -in ordine sparso- Louis Andriessen (il suo De Tijd [il Tempo, 1981] è una delle composizioni più potenti che conosca), Arvo Pärt, Luis De Pablo, Brian Eno, Philip Glass, Fabio Vacchi, Penderecki, Sciarrino, Luigi Nono, Toshio Hosokawa, Stockhausen e -naturalmente- Cage e Ligeti, che mi sembrano i più grandi. Ma si tratta di pochissimi nomi rispetto alle musiche d’oggi, che sono senza confini. Molto al di là non soltanto del “classico” ma anche della dodecafonia, dell’atonalismo, della musica elettronica, i suoni contemporanei sono un’officina senza posa dentro la quale le Muse continuano a creare.

Cage

Music for Marcel Duchamp
(1947)
di John Cage
da In a Landscape

Cento anni fa nasceva John Cage, il più noto -forse- e certamente il più estroverso dei compositori del Novecento. La sua leggendaria e vincente partecipazione a Lascia e raddoppia come esperto di funghi (con il surreale dialogo tra lui e Mike Bongiorno), il suo anarchismo, la celebre e apparentemente paradossale composizione 4’ 33’’ -uno dei vertici del linguaggio musicale e della creazione contemporanea- hanno tuttavia il difetto di oscurare la musica di John Cage. Per gustare la quale propongo l’ascolto di Music for Marcel Duchamp, un’opera del 1947 per “pianoforte preparato” nella quale la ripetizione aritmetica e la pulizia ritmica introducono a un mondo di suoni puri, di puri suoni.

[audio:Cage_Duchamp.mp3]

 

 

 

 

 

 

 

 

Dante, la musica

Auditorium San Fedele – Milano – 15 ottobre 2012
Progetto Dante

Compositori vari
Esecuzioni del Quartetto Prometeo

 

Un classico non è soltanto -come sosteneva Italo Calvino- un libro che ha sempre qualcosa di nuovo da dire. Un classico è anche un libro che rende sempre possibile qualcosa di nuovo da fare. La Commedia di Dante è un dispositivo poetico che produce di continuo idee, costruzioni, sperimentazioni. Al viaggio di Dante dentro se stesso, dentro il male degli eventi, dentro la luce, è stato dedicato il lavoro di undici giovani compositori che hanno cercato di restituire la tenebra, la beatitudine e la gloria dei tre diversi luoghi che la mente amorosa del poeta medioevale ha attraversato. Ne sono scaturiti suoni striduli e statici, accordi circolari ed essenziali, musiche che hanno trasmesso il vibrato della voce umana mentre piange, prega, esulta.

[La versione integrale del testo si può leggere sul numero 15 (Ottobre 2012) di Vita pensata, pp. 70-71 ]

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