Il «Remplacement» di Robert Doisneau
in Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee
27 giugno 2023
pagine 1-3
Lo avevo scritto poco prima che la Francia esplodesse.
Il «Remplacement» di Robert Doisneau
in Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee
27 giugno 2023
pagine 1-3
Lo avevo scritto poco prima che la Francia esplodesse.
Venerdì 12 novembre 2021 alle 18.00 a Caltanissetta terrò una relazione sull’opera fotografica di Franco Carlisi, in particolare -ma non solo- su Il valzer di un giorno. L’evento si inserisce nell’ambito della mostra in corso presso il Museo Diocesano della città.
L’intervento ha per titolo Franco Carlisi. Il corpo come sguardo.
Il cuore profondo dell’Isola costituisce lo spazio e tempo dell’opera di Carlisi, spazio vissuto in uno dei momenti chiave della nostra identità di siciliani: il matrimonio.
Per noi il matrimonio non è soltanto la ratifica -religiosa o civile- di un legame affettivo; non è soltanto la creazione dunque di una istituzione; non è soltanto la ripetizione di un gesto antico che tutte le civiltà, pur se in modi diversi, conoscono. Per i siciliani il matrimonio è lo squadernarsi di un’antropologia.
L’opera di Carlisi trasforma l’intera corporeità in uno sguardo che esprime festa, narcisismo e potenza, che sia il corpo degli sposi, il corpo di coloro che guardano gli sposi, il corpo del fotografo diventato il suo sguardo che coglie, vede, trasmette e documenta l’anima dei siciliani, la solitudine, la malinconia, il nulla. Dentro la festa.
Inge Morath
La vita. La fotografia
A cura di Brigitte Blüml-Kaindl, Kurt Kaindl, Marco Minuz
Museo Diocesano – Milano
Sino al 1 novembre 2020
Un lungo video, un vero e proprio film di Sabine Eckard, racconta Inge Morath (1923-2002) tornata a New York nel 1991 insieme al marito Arthur Miller. Dalle parole, dai gesti, dalla narrazione emerge la personalità vivace di questa artista, per la quale la fotografia è veicolo di comprensione antropologica ed etnologica. Segnale evidente è il suo voler apprendere e parlare le lingue dei popoli e dei luoghi che fotografa, compreso il russo e il mandarino.
Dalla Venezia quotidiana e povera del 1955 al lama che si sporge in un taxi a New York, dalla stanza da letto che fu di Tolstoj ai beduini che danzano, gli spazi disegnano sempre un equilibrio che trasmette fiducia nelle società umane, nonostante tutto. I ritratti di Malraux, Giacometti, Monroe, Steinberg, Calder, Neruda, Stravinsky, Roth, Pinter e tanti altri, sono sempre intrisi di gioco oltre che di psiche e di mondo. Il bianco e nero dell’Agenzia Magnum, con la quale Morath collaborò a lungo, è parte della storia della fotografia come lavoro da artigiani a caccia dell’istante. Ma non è soltanto storia, società, persone. È anche e sempre forma. Morath consigliava infatti di capovolgere l’inquadratura dei negativi come modo per verificare l’equilibrio e la forza dell’immagine, che diventa così del tutto astratta, pura forma appunto.
Perché la fotografia, dice in un’intervista, è «una combinazione di movimento, ritmo e spazio». Il movimento senza fine degli eventi, il ritmo irreversibile del tempo, lo spazio come puro istante, ancora tempo