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Sovranismo / Globalismo 

A delle «pale eoliche» somigliano molti professionisti della politica: «girano nel vuoto e spandono vento» (A. de Benoist, Diorama Letterario 345, p. 8). E tanto più freneticamente girano quanto più il loro apparente potere va dissolvendosi nella supremazia della finanza sulla politica; una trasformazione che è la vera cifra, senso e spiegazione di quanto sta accadendo nel XXI secolo: «Sono le leve di controllo economiche, i centri di comando finanziari che, senza bisogno di alcun direttore d’orchestra collocato dietro le quinte o di altri mandanti occulti, convergono ufficialmente sugli impersonali ‘mercati’ per spostare gigantesche quantità di denaro virtuale, e di investimenti reali, in direzioni adatte alla preservazione dei loro interessi  -che coincidono con quelli di chi ha voluto, incensato e dichiarato irreversibili gli effetti della globalizzazione» (M. Tarchi, ivi, p. 1).
I nemici della libertà e della giustizia sono sempre meno gli stati e sempre più il capitale finanziario che è costitutivamente internazionalista. È anche per questo che il κριτήριον, la vera linea di demarcazione tra movimenti politici, non sta più nella topologia destra/sinistra ma nella distinzione tra i globalisti eredi del capitalismo e i sovranisti eredi dei diritti dei popoli. Una prova evidente che questo è il più corretto e plausibile criterio di demarcazione della politica contemporanea sta nel fatto che i globalisti praticano, teorizzano, difendono ciò che dalle analisi marxiane emerge come uno dei più efficaci e distruttivi strumenti del capitale: l’esercito industriale di riserva generato da ondate migratorie costanti e pervasive, il cui risultato è l’abbassamento dei salari e la perdita di diritti dei lavoratori. Marx condannava la concorrenza degli immigrati nei confronti dei lavoratori autoctoni, vedendo il vantaggio che tale immigrazione rappresenta per il padronato.

Alcuni esponenti della sinistra un po’ più accorti di altri se ne rendono pienamente conto, come in Italia Carlo Formenti e Carlo Freccero, i quali sono comunque degli intellettuali e non dei leader politici. Capo politico è invece Sahra Wagenknecht, importante esponente della sinistra radicale tedesca, deputata europea e vicepresidente del partito Die Linke (‘la Sinistra’, appunto), la quale ha dato vita al movimento Aufstehen (‘In piedi) esplicitamente contrario ai flussi migratori e all’accoglienza indiscriminata. Wagenknecht ha dichiarato che «il problema della povertà nel mondo non può essere risolto da un’immigrazione senza frontiere, il cui unico effetto è fornire manodopera a buon mercato al padronato» (Ivi, p. 9). Ludger Volmer, cofondatore di Aufstehen, rifiuta di considerare ‘razzisti’ tutti coloro che sul fenomeno migratorio hanno posizioni critiche, osserva che gli aiuti umanitari in quanto tali non hanno mai risolto alcun problema sociale, sostiene che la sinistra non può che uscire sconfitta dalla incomprensione delle ragioni profonde -anche antropologiche- che stanno alla base del rifiuto del migrazionismo da parte del corpo collettivo (ho sintetizzato il seguente testo di Volmer: «Jeder Rassist ist Ausländerfeind; aber nicht jeder Skeptiker der Zuwanderungspolitik ist Rassist. Eine Polarisierung in dieser Frage wird keinen Gewinner sehen, sondern die gesamte Linke als Verlierer. […]  Wann hat je humanitäre Hilfe – und darum handelt es sich auch bei der engagiertesten Flüchtlingshilfe – ungerechte Strukturen verändert? […] Ein solidarischer Diskurs verlangt, auf stigmatisierende Begriffe zu verzichten. Individuen, besonders wenn sie in subjektiv fragilen oder überkomplexen Situationen leben, reagieren auf zusätzliche Zumutungen mit Angst, auch mit Fremdenangst. Reicht es, diese Leute zu beschimpfen? Oder lohnt es vielleicht, sich einmal grundsätzlicher mit den widersprüchlichen Postulaten von Evolutionsbiologie und Sozialphilosophie zu befassen: ererbte oder tradierte Disposition und ihre durch bewusstseinsmäßige Reflexion gegebene Veränderbarkeit als Determinanten kulturellen Lernens». Versuch einer Problemskizze, 12.10.2018).
C’è molta lucidità politica nelle tesi di Volmer e Wagenknecht poiché soltanto dei miopi non vedono quanto è accaduto negli ultimi anni, il fatto che la sinistra si va dissolvendo perché ha rinunciato alla propria identità ideologica e alla base sociale che da sempre l’aveva caratterizzata, vale a dire ha rinunciato all’impegno e alla lotta a favore dei lavoratori, dei loro salari, dei loro diritti, dell’occupazione. La globalizzazione rappresenta infatti l’estensione del capitalismo e della speculazione finanziaria all’intero pianeta, a ogni economia, territorio, ambito produttivo e culturale. L’attacco globalista è diretto contro la Differenza e dunque contro le libertà, a favore di un’Identità che vorrebbe sottoporre l’intero pianeta e ogni individuo ai principi deterritorializzati e mercantili delle multinazionali e dei loro corifei.

L’immagine che illustra questo testo è di Steve McCurry; la foto (del 2013) raffigura una bella ragazza etiope della Valle del fiume Omo con il suo gallo, animale che in Occidente non è da compagnia, come non lo sono i topolini o le iguane di altre culture che l’omologazione globalista fa di tutto per cancellare. All’ONU, ad esempio, è in discussione una risoluzione contro «i cibi ad alto contenuto di grassi, zucchero e sale», che segnerebbe l’ostracismo verso molti prodotti italiani (Parmigiano, Gorgonzola, gnocchi e altro). Ne ho avuto esperienza diretta durante un soggiorno estivo in campagna a Bronte (Ct). Un amico allevatore mi ha detto che non poteva più darmi il suo formaggio perché gli è stato proibito di produrne in quanto non dotato di tutti i macchinari che soltanto grandi aziende zootecniche (vale a dire i lager nei quali vengono rinchiusi gli altri animali) possono permettersi. Non è più possibile, pertanto, gustare un prodotto buonissimo, sano, frutto del lavoro di un’azienda locale e non dell’industria alimentare. In nome della salute, certo, la salute del capitale.

ΣΥΡΙΖΑ

Il primo atto di intelligenza politica è stato non aver giurato sulla Bibbia e aver in questo modo dato un segnale di coerenza simbolica e di autonomia dalla potentissima Chiesa ortodossa. Il secondo atto è rappresentato dall’immediata alleanza con i Greci Indipendenti di Anel, vale a dire «con un par­ti­tino anti-Memorandum e anti-troika, ma pur sem­pre di destra, con­ser­va­tore sui temi dei diritti civili e chiuso su quelli dell’immigrazione» (Tsipras, l’azzardo di un programma radicale, di Angelo Mastrandrea, il manifesto, 27.1.2015). Un gesto dettato da necessità ma che certifica anche -insieme a innumerevoli altri eventi- l’inevitabile declino della diade nata nell’Assemblea Nazionale Costituente francese del 1789: la contrapposizione destra/sinistra. Un declino che può -certo- assumere i tratti della complicità nel malaffare, come nell’Italia governata dal Partito Democraticoforzuto di Renzi e Berlusconi, ma che può anche diventare, come sta accadendo in Grecia, la testimonianza che rispetto al XIX e al XX secolo gli scenari sono cambiati, che parole come Destra e Sinistra significano ormai ben poco e che la contrapposizione reale è tra i popoli e la finanza internazionale dei Lehman Brothers; tra i lavoratori e le multinazionali che vorrebbero farli tornare alla condizione servile degli inizi della Rivoluzione Industriale, anche tramite l’immissione massiccia di migranti disposti ad accettare qualunque salario di miseria pur di andar via dai loro territori d’origine; tra i cittadini che si informano, cercano di capire, di dire no all’ideologia ultraliberista e chi invece la sostiene fanaticamente: vale a dire i grandi partiti sempre più corrotti, l’informazione mainstream, il dominio totalizzante della Société du Spectacle.
Quanto sta accadendo in Grecia rappresenta anche un segnale importante che non tutto è perduto rispetto al dominio delle multinazionali, dei distruttori dell’ambiente, delle agenzie di rating, delle troike non elette da nessuno ma che controllano i governi. Temo che ΣΥΡΙΖΑ e Alexis Tsipras subiranno l’attacco concentrico e radicale della Commissione Europea, della Banca Centrale e del Fondo Monetario Internazionale, con i loro servi/complici nei governi europei. E questo sarà la certificazione che l’Unione Europea semplicemente non esiste, che chi ama l’Europa -io sono tra questi- deve riferirsi ad altre concezioni della vita collettiva rispetto a quelle imposte come naturali e inevitabili dalle banche dell’UE, deve riferirsi ad altri programmi politico-economici. Programmi che Tsipras ha annunciato e che così il manifesto riassume: blocco delle aste delle prime case pignorate; ridare forza ai contratti collettivi nazionali e salario minimo di 700 euro al mese; vincoli ai licen­zia­menti («In buona sostanza, il contrario del Jobs Act di Renzi e Giu­liano Poletti»); ripristino del minimo non tassabile; trasporti gratis per alcune categorie; assicurare l’assistenza sanitaria a tutti; intervenire sulle insolvenze eco­no­mi­che dei privati cittadini; ricostituire una tv pubblica rispetto al dominio di quelle private.
Non so se e fino a che punto il nuovo governo greco riuscirà a realizzare tale programma. Ma è ciò che auguro a ΣΥΡΙΖΑ e all’Europa.

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