Gli dèi umani nella Valle dei Templi
Igor Mitoraj
Agrigento – Parco Archeologico della Valle dei Templi
Da millenni il Sole splende su quelle pietre. Splendeva quando i templi eretti dal popolo più giovane della storia dicevano agli dèi quanto grande possa diventare l’insignificanza umana. E splende ancora su ciò che rimane di quell’enigma sacro, ora che gli edifici sono vuoti e il silenzio degli dèi appare senza fine. Ma basta poco per restituire la parola alle potenze che abitano quei luoghi. Bastano i manufatti di un umano, Igor Mitoraj, le cui figure non imitano nulla e nulla neppure creano ma emergono da sé, si fanno forma, diventano frammenti di corpi, volti accecati, strutture e pensieri. Non c’è alcuna differenza né salto tra i templi agrigentini e le sculture contemporanee. Poiché il tempo degli dèi è il sempre. Così si spiega la strana e contraddittoria impressione di immobilità e dinamismo che le opere di Mitoraj sanno offrire. Sono sempre lì e appaiono sempre diverse. Come se si muovessero pullulando di favole la Valle. Anche le misure si dilatano e si contraggono. Non sono né “grandi” né “piccole” queste sculture perché sono tempo prima di essere spazio. E come ogni struttura temporale, esse si contraggono e si dilatano allo sguardo che nel tempo è immerso. Anche per questo non rappresentano gli dèi ma gli umani. E però dentro le grandi teste, dentro i toraci e i torsi emerge immobile lo sguardo di Medusa a dire che qualcosa di indicibile, di orrendo e di grande sta dentro l’umano. È guardandosi allo specchio che esso, l’umano, è diventato il bronzo di queste opere bellissime.