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Mente & Cervello 57 – Settembre 2009

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Sul sito del fondatore e capo della “Guardia nazionale italiana” si leggono le seguenti affermazioni, in parte citate a p. 29 di questo numero di Mente & Cervello: «Migliaia di prostitute straniere schedate e non espulse. Migliaia di zingari che commettono furti nella totale impunità. Milioni di clandestini che si aggirano impunemente nelle città. Migliaia di stranieri che spacciano, rubano, stuprano, uccidono. Un aumento dell’80% di scioperi e di occupazione di uffici pubblici e privati. Centinaia di assalti armati contro la proprietà privata commessi da stranieri. attentati contro la proprietà dello Stato. Gruppi di giovani SOVVERSIVI che agiscono al di fuori dei limiti parlamentari.

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Mente & Cervello 56 – Agosto 2009

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La embodied cognition «vede i concetti come rappresentazioni corporee con basi nelle percezioni, azioni ed emozioni». Se finora mancavano delle prove sperimentali «di come l’incarnazione attraverso il gesto possa avere un ruolo nell’apprendimento di nuovi concetti», ora alcuni studi sulla gestualità umana hanno dimostrato come il “gesticolare” non serva soltanto a far comprendere meglio agli altri che cosa intendiamo dire ma anche a pensare ciò che poi diremo (E.Campana, p. 103).

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Mente & Cervello 55 – Luglio 2009

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La decostruzione schopenahueriana e nietzscheana dell’etica dimostra che se per azioni morali si intendono azioni compiute solo per altruismo, allora non esistono azioni morali. Constatazione che ci apparirebbe ovvia se non fossimo permeati di richieste impossibili e innaturali come quelle di alcuni precetti cristiani. Un articolo di D.Ovadia dedicato al “piacere di donare” offre la conferma sperimentale (se ce ne fosse bisogno) di tale banalità: «È evidente che chi dona trae un certo beneficio dal proprio gesto» (pag. 36), non foss’altro la gratificazione per averlo compiuto.

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Mente & Cervello 54 – Giugno 2009

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Per quanto parziale sia la conoscenza che abbiamo del cervello, sappiamo comunque che il potere della mente nell’interpretare la realtà -e dunque nel produrla- è davvero molto grande. Il caso del placebo è una delle prove più evidenti. L’effetto placebo agisce persino su malattie gravissime -quali i tumori- poiché «le aspettative e le convinzioni del paziente hanno una grande influenza sul decorso della malattia» (M.B. Niemi, pag. 29). Un’altra e assai diversa manifestazione di tale potere sono le allucinazioni, quegli stati mentali «il cui contenuto è cosciente, involontario e, sotto certi aspetti, simile al sogno e alla percezione» e che in alcune culture sciamaniche svolgono una reale funzione terapeutica (A. Lehmann e J. González, pp.76 e 80).

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Mente & Cervello 53 – Maggio 2009

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L’utilizzo del lettino sul quale far stendere i pazienti fu suggerito a Freud non da un’esigenza intrinseca all’analisi ma solo dal fatto -assai più banale- che «non sopportava di dover guardare in faccia il paziente e di essere osservato per tante ore al giorno»; e anche questo conferma il sostanziale disinteresse del fondatore della psicoanalisi «per gli aspetti specificamente terapeutici, a fronte di un’attrazione per le questioni teoriche» (A. Castiello d’Antonio, pp. 46-47).

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Mente & Cervello 52 – Aprile 2009

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Il testo più significativo di questo numero è certamente l’intervista a Mario Riccio, il medico che aiutò Piergiorgio Welby a compiere le proprie volontà. Riccio ricorda -contro la tante menzogne anche giuridiche che i papisti e i loro servi sostengono- che non è affatto vero che sulla questione del morire ci sia un vuoto legislativo. Tutt’altro: «c’è invece un pieno legislativo, come dice Rodotà, e deriva dalla Costituzione. I diritti costituzionali sono diritti perfetti, e non necessitano di leggi attuative» (p. 30). Sono le parole scritte dallo stesso Welby sul suo blog il 20 maggio del 2002 a mostrare meglio di tante altre in che cosa consista il “diritto perfetto” di morire:

«Se un medico vi dicesse: “Lei ha una malattia incurabile e le resta poco da vivere, però noi potremmo farle un buco in pancia (gastrostomia) per poterla alimentare, poi le praticheremo un foro nel collo (tracheotomia) per permetterle di respirare, le introdurremo un tubicino nell’uretra (catetere vescicale) per consentirle di urinare, un’infermiera le svuoterà giornalmente l’intestino; naturalmente dovremo sottoporla a forti terapie antibiotiche per contenere le infezioni causate dai tubi e inevitabilmente dovrà sopportare i decubiti, piaghe dolorose che corrodono la carne fino all’osso. Però lei potrà vivere anche un anno o più!”. E se un medico vi dicesse: “Lei ha una malattia incurabile e le resta poco da vivere, però noi potremmo ridurre le sue sofferenze al minimo e, su sua richiesta, procurarle una morte indolore, purtroppo la scienza ha i suoi limiti”. Da quale medico vorreste essere curati?» (p. 27).

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