Il testo più significativo di questo numero è certamente l’intervista a Mario Riccio, il medico che aiutò Piergiorgio Welby a compiere le proprie volontà. Riccio ricorda -contro la tante menzogne anche giuridiche che i papisti e i loro servi sostengono- che non è affatto vero che sulla questione del morire ci sia un vuoto legislativo. Tutt’altro: «c’è invece un pieno legislativo, come dice Rodotà, e deriva dalla Costituzione. I diritti costituzionali sono diritti perfetti, e non necessitano di leggi attuative» (p. 30). Sono le parole scritte dallo stesso Welby sul suo blog il 20 maggio del 2002 a mostrare meglio di tante altre in che cosa consista il “diritto perfetto” di morire:
«Se un medico vi dicesse: “Lei ha una malattia incurabile e le resta poco da vivere, però noi potremmo farle un buco in pancia (gastrostomia) per poterla alimentare, poi le praticheremo un foro nel collo (tracheotomia) per permetterle di respirare, le introdurremo un tubicino nell’uretra (catetere vescicale) per consentirle di urinare, un’infermiera le svuoterà giornalmente l’intestino; naturalmente dovremo sottoporla a forti terapie antibiotiche per contenere le infezioni causate dai tubi e inevitabilmente dovrà sopportare i decubiti, piaghe dolorose che corrodono la carne fino all’osso. Però lei potrà vivere anche un anno o più!”. E se un medico vi dicesse: “Lei ha una malattia incurabile e le resta poco da vivere, però noi potremmo ridurre le sue sofferenze al minimo e, su sua richiesta, procurarle una morte indolore, purtroppo la scienza ha i suoi limiti”. Da quale medico vorreste essere curati?» (p. 27).