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Schiavitù

Libya: A Human Marketplace -­ Narciso Contreras
Milano – Palazzo Reale
Sino  al 13 maggio 2017

31 fotografie di grande formato, distribuite in tre spazi e intervallate da pannelli/didascalie. È sufficiente osservarle e leggere. È sufficiente ascoltare e guardare la testimonianza di Narciso Contreras. Non sarebbero state necessarie le denunce di alcuni parlamentari o la notizia di inchieste da parte della Procura di Catania. Le immagini e le informazioni di questo reportage dalla Libia rendono chiara la condizione di schiavitù di milioni di esseri umani; rendono chiaro il fatto che tale schiavitù è stata creata e viene alimentata da una varietà di istituzioni e di soggetti.
Il primo di essi è la potenza che volle e realizzò la distruzione della Libia e la morte di Gheddafi, vale a dire l’amministrazione Obama con il suo Segretario di Stato Hillary Rodham Clinton, che si impegnò personalmente e con tenacia affinché Gheddafi venisse assassinato. In nome della Democrazia, of course. Da allora la Libia non esiste più, si è dissolta dando inizio a una infinita guerra fra le tribù che si contendono il controllo del territorio posto tra il Niger, il Ciad e il Mediterraneo. In questo conflitto senza posa i migranti sono utilizzati come una preziosa risorsa, come una preda di guerra, come  merce di scambio.
Contreras_Lybia
Il secondo soggetto sono le cosiddette ‘autorità libiche’ le quali -scrive Contreras- «invece di cercare di risolvere il problema, dirigono e approfittano di questo traffico di esseri umani»; «Piuttosto che una tappa di transito per i migranti e i rifugiati, la Libia è un luogo propizio di traffico di esseri umani e di commercio di schiavi, organizzati per le milizie al potere e legati alle reti mafiose».
Il terzo soggetto sono i trafficanti africani e il loro corrispettivo criminale in Sicilia, vale a dire la mafia. Trafficanti che hanno fatto della ferocia, degli stupri, della schiavizzazione, la loro normale attività quotidiana. Contreras ha visitato e fotografato le carceri e i campi gestiti da questi gruppi e sostiene che «qui non c’è dignità, regna un tanfo misto di sudore, urina ed escrementi che toglie il fiato».
Il quarto soggetto sono le «Organizzazioni non governative» (ONG), le quali costituiscono l’ultimo anello della catena. Al di là della evidente buona fede di molti loro membri, le ONG sono indispensabili ai trafficanti africani, ai mafiosi europei, alle autorità libiche, ai loro finanziatori (come il miliardario magiaro-statunitense George Soros) per raggiungere l’obiettivo di praticare affari sulla pelle, la vita, i corpi di milioni di schiavi.
Che dietro tutto questo possa esserci un progetto di impoverimento e di scontro sociale a danno dell’Europa è soltanto un’ipotesi. Certo è invece il fatto che quando -a conclusione di un viaggio che comincia dall’Africa profonda, attraversa il Sahara, si ferma nei lager libici, rischia la morte nel Mediterraneo- una percentuale di questi schiavi sopravvive e arriva in Sicilia, in Italia, in Europa, l’effetto lucidamente analizzato da Marx è di ingrossare «l’esercito industriale di riserva», a tutto vantaggio delle imprese e del Capitale.
Che le ONG siano o meno in accordo con i trafficanti è una questione giudiziaria  che non ho strumenti per poter valutare. Ciò che invece è del tutto evidente è la funzione politico-economica del loro umanitarismo, che si pone come una delle condizioni di prosperità dell’ultraliberismo finanziario e della sottomissione sociale.
La schiavitù greca e romana costituiva una struttura misurata e regolamentata, se posta a confronto con lo schiavismo bianco degli Stati Uniti d’America e con il sadismo e l’ipocrisia che caratterizzano la pratica della schiavitù contemporanea, della quale le Organizzazioni umanitarie sono oggettivamente parte.
La mostra di Narciso Contreras alza il velo su tale orrore.

Sempre uguale e ogni volta diversa

Teatro Coppola – Catania – 2 giugno 2013
Ondas d’amor
Musica medievale e dell’antica tradizione popolare eseguita da Ensemble Setar


Oltre il tempo, oltre lo spazio, oltre le differenze. La musica ha un potere unico, quello di essere sempre uguale e ogni volta diversa. I suoni che nel Mediterraneo -in Spagna, in Provenza, in Sicilia- vennero creati ed eseguiti alcuni secoli fa riecheggiano ancora intatti e insieme reinventati.
Nello spazio aperto, libero, alto del Teatro Coppola di Catania –teatro dei cittadini, teatro anarchico– Emanuele Monteforte ha suonato gli strumenti a corda da lui stesso costruiti su modelli antichi, Fulvio Farkas ha offerto il ritmo delle percussioni, Massimiliano Giusto ha dato voce al tempo e all’amore. Amore per la Madonna e per le madonne. Amore che non ha confini, Amore che per i poeti provenzali è un riflesso dell’amore sacro rivolto allo Spirito. La celebre sequenza è qui intensamente cantata da Massimiliano Giusto:
Veni, Sancte Spiritus, / et emitte caelitus / lucis tuae radium. / Veni, pater pauperum, / veni, dator munerum / veni, lumen cordium. / Consolator optime, / dulcis hospes animae, / dulce refrigerium. / In labore requies, / in aestu temperies / in fletu solatium. / O lux beatissima, / reple cordis intima / tuorum fidelium. / Sine tuo numine, / nihil est in homine, / nihil est innoxium. / Lava quod est sordidum, / riga quod est aridum, / sana quod est saucium. / Flecte quod est rigidum, / fove quod est frigidum, / rege quod est devium. / Da tuis fidelibus, / in te confidentibus, / sacrum septenarium. / Da virtutis meritum, / da salutis exitum, / da perenne gaudium, / Amen.

 

[audio:Allo Spirito Santo – Sequenza.mp3]

 

 

 

 

 

 

 

Coralli

I grandi Capolavori del Corallo.
I coralli di Trapani del XVII e XVIII secolo

Fondazione Puglisi Cosentino  – Catania
A cura di Valeria Li Vigni
Sino al 5 maggio 2013 – Dal 18 maggio al 30 giugno 2013 la mostra sarà visitabile al Museo Pepoli di Trapani

 

Nell’acqua intere civiltà hanno cercato sostentamento, potenza, meraviglia. E una Wunderkammer accoglie il visitatore che inizia il suo itinerario tra i coralli sradicati dalle rocce profonde per farli diventare amuleti, talismani, crocifissi, monetiere, scatolette, ciondoli, collane, rosari, ostensori, calici, orecchini, specchi. E persino presepi con strutture architettoniche. Come un Mida capace di plasmare e di annientare, qualunque materia sia toccata dall’umano si fa  forma, simbolo, artificio.
Forma della mente che nel rosso del corallo ritrova la morte di un dio alla tortura o il raggrumarsi dell’alga al contatto con il sangue della testa spiccata da Teseo alla Medusa. Simbolo cosmico e privato di una benedizione da portare con sé sin dalla nascita, riproduzione nella materia dura del corallo della forza di altri animali e degli dèi. Artificio di un artigianato una volta splendente e ora declinante ma sempre capace di modellare il ramo vivente del corallo in ogni desiderio voluto da chi compra.
Da Trapani a Catania, dalla Grecia a Gibilterra il rosso vitreo e sensuale del corallo può ben essere metafora del sangue che in questo mare è stato sparso per cercare sostentamento, potenza, meraviglia.

Taranta Power

L’anima persa
di Eugenio Bennato
da Taranta Power (1999)

Nella musica tarantolata dev’essere rimasto qualcosa del dionisismo mediterraneo, di questo abbraccio frenetico allo spazio, di questa gioia che sa del limite e lo trasforma nella pienezza dei corpi. Melpignano, in provincia di Lecce, fa parte della Grecìa Salentina; lo scorso 25 agosto vi si è svolta la quindicesima edizione della Notte della Taranta.
Uno dei più grandi musicisti italiani, Eugenio Bennato, mostra da tempo tutta la fecondità artistica e antropologica che quest’antica musica contiene in sé. Il suo Taranta Power studia, diffonde, ricrea lo straordinario fenomeno. Il brano L’anima persa è un bellissimo risultato di questa ricerca ed è anche un vero e proprio manifesto nel quale vengono ricordati alcuni importanti nomi della musica etnica del Sud d’Italia: Andrea Sacco, Antonio Piccininno, Antonio Maccarone, Matteo Salvatore, Rocco Di Mauro, Umberto Cantone, Alfio Antico, Antonio Infantino. Tutti nomi intervallati dal grido «tarantella power». Vengono poi ricordati luoghi che toccano l’Italia intera. Ma vi dominano soprattutto il ritmo, la frenesia, il canto: «Per quella strada a sud del mondo / dove batte il tempo della taranta / ca te passa vicino e s’annasconde / ca te fa girare comm’a n’amante».
Splendide sono anche Ritmo di contrabbando e Alla festa della Taranta, che proporrò in futuro all’ascolto. Intanto, consiglio di gustare il video di L’anima persa: è una musica candida e sensuale, come interamente erotica e innocente è l’esperienza dionisiaca.

 

Il Mediterraneo a Catania

Enrico Benaglia. Splendore Mediterraneo
Catania – Camera di Commercio
A cura di Alida Maria Sessa
Sino al 13 febbraio 2011

È come una sintesi lieve, giocosa, infantile ed erotica della pittura mediterranea. Di questo mare che entra nelle case, di donne sedute tra gli ulivi in attesa dell’uomo che le sta per sposare, di figure che corrono nell’aria turchese con abiti e capelli al vento, di venditori sulle spiagge, di “cacciatori di stelle” che penetrano in foreste simili a quelle del Doganiere Rousseau o di Ligabue, di orizzonti sereni e infuocati di Sole. Figure umane come origami che si dispiegano in uno spazio non euclideo ma fatto di memoria, la memoria di quando eravamo bambini e tra fuochi d’artificio, antichi palazzi e bancarelle colme di giocattoli accadeva il sogno dell’infanzia.

Enrico Benaglia è romano ma è riuscito a restituire la Sicilia in ciò che essa ha di profumato e lucente. La sua pittura è figurativa e però per nulla ingenua, nutrita com’è della sedimentata esperienza del cubismo, del realismo magico di Antonio Donghi, di Chagall. Espressioni e forme alle quali questo artista regala qualcosa di raro: la felicità. Una gioia d’esserci che trasforma le brutture dell’Isola in una metafora di universale bellezza.

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