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Genocidio

Nel Vicino Oriente, dall’altra parte del Mediterraneo, è in corso la guerra di Israele contro i bambini palestinesi. Ne sono stati uccisi già 4.000.
I cittadini europei sembrano impotenti di fronte a questo massacro. Trascrivo dunque qui il testo di due documenti che ho firmato. Si tratta di una goccia rispetto all’oceano di sangue che il governo sionista ed escatologico-apocalittico di Israele sta producendo in Palestina. Ma è una goccia doverosa.
Il primo è di più ampia diffusione e sono contento che stia ricevendo l’adesione anche di numerosi docenti dell’Università di Catania e del mio Dipartimento. Le cifre tra parentesi indicano le 22 note che si riferiscono ai documenti citati nel testo (per la loro lettura rinvio al sito dedicato, dove appaiono anche le firme).
Il secondo documento è anch’esso assai chiaro nel descrivere ciò che sta accadendo.

Aggiungo il pdf di una dichiarazione della Società per gli studi sul Medio Oriente (SeSaMO):
Dichiarazione pubblica della Società per gli studi sul Medio Oriente (SeSaMO) e del suo Comitato per la libertà accademica sulle crescenti violazioni della libera espressione di opinioni e di ricerca

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Richiesta di un’urgente azione per un cessate il fuoco immediato e il rispetto del diritto umanitario internazionale

Come membri della comunità accademica italiana, da molti anni assistiamo con dolore e denunciamo ciò che accade in Palestina e Israele, dove vige, secondo Amnesty International, un illegale regime di oppressione militare e Apartheid [1]. Ancora una volta, ci sentiamo atterriti e angosciati dal genocidio che sta accadendo a Gaza, definito a ragione dalla scrittrice Dominque Eddé come ‘un abominio che bene esemplifica la sconfitta senza nome della nostra storia moderna’ [2].

Da tre settimane, a seguito delle brutali azioni perpetrate da Hamas il 7 ottobre che hanno causato la morte di oltre 1.400 persone (la maggior parte dei quali civili) e portato al rapimento di circa 200 ostaggi  [3], assistiamo a massicci e indiscriminati bombardamenti condotti dall’esercito di Israele contro la popolazione della Striscia di Gaza, che si configura come una punizione collettiva contro la popolazione inerme e imprigionata in un territorio di poco più di 360 km2 [4]. Mentre scriviamo, a Gaza il bilancio delle persone uccise supera i 9.000 morti, di cui 3.760 bambini, circa 22.900 feriti e 1.400.000 sfollati [5]. Secondo le Nazioni Unite, allo stato attuale sono circa 2.000 le persone disperse, presumibilmente intrappolate o uccise sotto le macerie [5,6]. Interi quartieri abitati, ospedali, scuole, moschee, chiese e intere università (Islamic e Al-Azhar University tra le più grandi e rinomate) sono state completamente rase al suolo [5,7].  Il governo israeliano ha intimato ad oltre un milione di abitanti nella striscia di lasciare le loro case in vista di un attacco da terra, sapendo che non vi sono via di fuga e via di uscita dalla Striscia di Gaza. Molti di questi sfollati sono stati poi bombardati nelle “zone sicure” del sud della Striscia di Gaza, rivelando un chiaro intento di pulizia etnica da parte del governo israeliano.

Questa situazione ha reso ancora più grave e urgente la crisi sanitaria e umanitaria all’interno della Striscia di Gaza, già al collasso ben prima del 7 ottobre 2023 per via dei 16 anni di quasi totale embargo e assedio illegale imposto dall’esercito israeliano su Gaza [8]. Assedio ed embargo che il governo israeliano ha inasprito dal 7 ottobre, imponendo un blocco totale di beni essenziali per la sopravvivenza quali acqua, carburante, cibo e elettricità [9,10,11,12]. All’interno di questa catastrofe umanitaria e sanitaria senza precedenti, anche per le Nazioni Unite e per le organizzazioni internazionali risulta pressoché impossibile operare a supporto della popolazione civile. L’Association Jewish for Peace ha chiamato tutte “le persone di coscienza a fermare l’imminente genocidio dei palestinesi” (https://www.jewishvoiceforpeace.org/2023/10/11/statement23-10-11/). Già il 25 ottobre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato di non essere in grado di distribuire carburante e forniture sanitarie essenziali e salvavita agli ospedali nel Nord di Gaza per via dei continui bombardamenti israeliani [9,10]. La quantità di beni di prima necessità e soccorso che Israele ha permesso di far transitare a Gaza il 21 ottobre è stata dichiarata sufficiente a mantenere in funzione solo alcuni ospedali e ambulanze per poco più di 24 ore [13, 14] . Secondo l’UNICEF “Gaza è diventata un cimitero per migliaia di bambini” [15]

Inoltre, l’escalation di violenza si è estesa anche in Cisgiordania, con violenze e aggressioni quotidiane, numerose vittime ed espulsioni di intere famiglie dalle loro case e terre. Diversi sono i report delle Nazioni Unite che denunciano come dal 7 ottobre l’esercito israeliano abbia attaccato diverse aree della West Bank, causando la morte di almeno 96 palestinesi, e ferendone circa 1.800. Di questi, due sono bambini, e molti altri giovani adolescenti [16, 17]. Inoltre, 74 famiglie (circa 600 persone) sono state espulse da 13 comunità di pastori e beduini nei territori palestinesi, sei scuole e 1875 studenti sono stati colpiti durante gli attacchi [16, 17].

Tutto questo costituisce una evidente violazione del Diritto Internazionale e della Convenzione di Ginevra.

In tutti i report messi a disposizione dalle Nazioni Unite e dalle numerose organizzazioni umanitarie (ad esempio Amnesty International e Human Rights Watch), è segnalata l’importanza di considerare e comprendere le determinanti e antecedenti a questa violenza, da ricercarsi nella illegale occupazione che Israele impone alla popolazione palestinese da oltre 75 anni, attraverso una forma di segregazione raziale ed etnica [1, 18, 19, 20]. Comprendere e analizzare queste determinanti è l’unica possibilità per poterne riconoscere le radici, contrastare l’escalation e sperare e reclamare  pace  e sicurezza per tutti.

È fondamentale ricordare come riconoscere il contesto da cui nasce quest’ultima ondata di violenza non significa sminuire il dolore e la sofferenza delle vittime israeliane e palestinesi, ma costituisce il cruciale impegno per sostenere la dignità, la salute ed i diritti umani di tutte le parti coinvolte. È possibile e necessario condannare le azioni di Hamas e, al contempo, riconoscere l’oppressione storica, disumana e coloniale che i palestinesi stanno vivendo da 75 anni. Come affermato dall’organizzazione pacifista Jewish Voice for Peace [21, 22], l’escalation a cui assistiamo rappresenta l’ennesimo esempio di come gli attacchi coloniali e illegali perpetrati da Israele contro la polazione palestinese costituiscano un rischio per la vita di tutti coloro che vivono nella regione, siano essi israeliani o plaestinesi.

In qualità di accademici e accademiche italiane riteniamo che sia nostro dovere e responsabilità attivarci e contribuire a contrastare queste escalation di violenza e sostenere i diritti umani, la salute, la dignità e il benessere. Crediamo fortemente che l’unico modo per promuovere una coesistenza pacifica sia lavorare insieme per denunciare e porre fine al prolungato assedio di Gaza e all’occupazione illegale (in ottemperanza con la legge internazionale) dei territori palestinesi.

Pertanto,

  • chiediamo urgentemente al Ministro Antonio Tajani di adoperarsi diplomaticamente e pubblicamente per l’urgente rispetto del diritto umanitario internazionale da parte di tutte le parti e la condanna dei crimini di  guerra e l’immediato cessate il fuoco, la fornitura di aiuti umanitari e la protezione delle Nazioni Unite per l’intera popolazione palestinese.
  • chiediamo alla Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini di farsi pubblicamente portatrice delle nostre rivendicazioni nelle apposite sedi istituzionali
  • Ci rivolgiamo infine anche alla CRUI e ai singoli Atenei, chiedendo loro di non limitarsi a sostare in una dolorosa impotenza ma di agire con tutte le azioni necessarie e possibili nei rispettivi contesti. Come studiosi, studiose e membri del mondo universitario italiano guardiamo con preoccupazione alla diffusione di misure di limitazione della libertà di dibattito e di delegittimazione delle richieste di cessazione della violenza. Chiediamo quindi di ribadire l’impegno per la libertà di parola, di garantire il diritto degli e delle studenti delle università italiane al dibattito, e di favorire momenti di dibattito e discussione all’interno degli atenei. Chiediamo inoltre di pronunciarsi con chiarezza sulla necessità da parte dei singoli atenei italiani di procedere con l’interruzione immediata delle collaborazioni con istituzioni universitarie e di ricerca israeliane fino a quando non sarà ripristinato il rispetto del diritto internazionale e umanitario, cessati i crimini contro la popolazione civile palestinese da parte dell’esercito israeliano e quindi fino a quando non saranno attivate azioni volte a porre fine all’occupazione coloniale illegale dei territori palestinesi e all’assedio di Gaza.

Crediamo che queste azioni siano irrimandabili sia per contribuire a ripristinare i diritti umani e la giustizia globale sia per non continuare ad essere spettatori conniventi e silenziosi  di una tragedia umanitaria e della cancellazione del popolo palestinese.

Con profonda preoccupazione,

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Fermiamo il genocidio. L’appello degli intellettuali

«Immagina che tocchi a te innalzare l’edificio del destino umano allo scopo finale di rendere gli uomini felici e di dare loro pace e tranquillità, ma immagina pure che per far questo sia necessario e inevitabile torturare almeno un piccolo esserino, ecco, proprio quella bambina che si batteva il petto con il pugno, immagina che l’edificio debba fondarsi sulle lacrime invendicate di quella bambina – accetteresti di essere l’architetto a queste condizioni? […] potresti accettare l’idea che gli uomini, per i quali stai innalzando l’edificio, acconsentano essi stessi a ricevere una tale felicità sulla base del sangue irriscattato di una piccola vittima e, una volta accettato questo, vivano felici per sempre?»
Fëdor Michajlovič Dostoevskij, I Fratelli Karamazov

Le efferatezze compiute da gruppi di seguaci del movimento Hamas il 7 ottobre, assolutamente spietate, ingiustificate e da condannare, hanno innescato, come era facile da prevedere, una cascata di altre non meno orrende e immense atrocità.
Siamo (razionalmente ed emotivamente) sconvolti dal genocidio che si sta perpetrando davanti ai nostri occhi inerti e impotenti di un popolo calpestato e umiliato da più di 70 anni con la complicità totale delle grandi potenze e dei loro sudditi; il pensiero unico e asservito (volontario o non volontario) è il primo colpevole e movente di questo crimine immane.
Siamo sconvolti dall’indifferenza e dall’egoismo delle moltitudini, dall’ignobile e vergognoso appoggio che da tutte le parti viene a un genocidio voluto e programmato, e le poche voci diverse che si levano per tentare di restituire una realtà storicamente e culturalmente più differenziata e complessa sono messe a tacere o additate come folli e pertanto pericolose.
Per ogni bambino e anziano innocente morto sotto le bombe di una delle armate (tecnologicamente e ideologicamente) fra le più potenti e addestrate al mondo ci vorrebbero non una singola reazione di sdegno e di condanna ma un’infinità di prese di posizione, non un solo atto di resistenza ma una resistenza civile senza fine.

Chi pagherà per quei bambini e quegli anziani ammazzati perché appartenenti a un popolo “inferiore”, esseri umani per sembianza fisica ma in fondo “animali” (così si è espresso un ministro israeliano), e perciò considerati indegni di vivere? Nessuno pagherà quei morti, come nessuno ha pagato quelli che ci sono stati in Iraq e in molti altri Paesi, colpevoli soprattutto di non essersi conformati al modello unico del capitalismo statunitense e occidentale della Nato e della UE (ma l’Occidente è tutt’altra cosa, le sue radici e i suoi valori sono ben altri! E l’Europa è stata nei secoli un’altra realtà del tutto diversa da quella che vediamo oggi, e il progetto europeo aveva altri contenuti e obiettivi!), perché la coscienza non esiste più come forza critica e vitale, espressione nobile e universale di libertà-e-giustizia. Anzi molti autori di quei crimini anche recenti si sono arricchiti e hanno ricevuto premi in più passando alla storia come uomini di pace ed esempi di saggezza!

Neanche le campane suonano più (avrebbe detto Saramago) per chiamare uomini e donne ad essere consapevoli della realtà e a ribellarsi contro i soprusi più assurdi e le ingiustizie più disumane.
Siamo sconvolti dallo smarrimento dell’uomo che oramai non sa più distinguere, capire, cooperare, che è incapace di provare dolore e vicinanza, che trasforma la più immensa delle tragedie in un avvilente e indegno spettacolo mediatico. Si sta (ri)affermando la parte dell’uomo più bassa e vile che sta comandando sulle masse e guidando il destino del mondo portandolo verso il baratro. Molti, troppi uomini, in particolare fra quelli che detengono nello loro mani il destino di milioni di persone, stanno degenerando in esseri inferiori privi di ragione (…in inferiore, quae sunt bruta, degenerare…, Pico della Mirandola). “L’incivilimento smisurato” e lo “snaturamento senza limiti” (di cui parlava Leopardi nel suo Zibaldone), che trovano la loro più truce espressione nella soppressione degli altri esseri umani e di quanto rende possibile biologicamente e culturalmente la loro vita, oramai caratterizzano la nostra realtà quotidiana.
È un tormento vedere quei bambini e anziani morire nelle loro case o negli ospedali dove cercano disperatamente l’ultima àncora di salvezza, l’ultimo rifugio, l’ultima speranza di vita. La sofferenza degli innocenti (bambini, anziani, malati) e la loro eliminazione è il male supremo. Il pensiero di Dostoevskij (ne “I fratelli Karamazov”) sui bambini innocenti che soffrono e muoiono (spesso nel nome di un dio in cui si dice di credere e al quale ci si affida) ci tocca nell’animo più profondo, ci parla e incita a ribellarci a uno stato di cose inaccettabile, che ha le sue molteplici cause non sempre facili da comprendere, ma che non è tuttavia affatto ineluttabile.

In questi giorni molte maschere stanno cadendo, di governi, organizzazioni nazionali e mondiali e singoli individui (in primis di politici, giornalisti e intellettuali) e la loro totale ipocrisia e il loro becero cinismo traspaiono pienamente. È terribile constatare come ci sia una maggioranza di uomini (nell’Occidente in decadenza) che si mostrano indifferenti o approvano e addirittura appoggiano il genocidio in corso, questo massacro di un popolo inerte e indifeso (ripetiamo, soprattutto bambini, anziani e malati). È una cosa orrenda, rivoltante, inaccettabile, culturalmente, politicamente, moralmente, semplicemente umanamente.
Viviamo una crisi profondissima e abissale di un modello di civiltà, dell’intera umanità, dell’uomo, dello spirito. Ma non c’è consapevolezza di ciò o ce n’è troppo poca, non abbastanza per costituire una forza critica e costruire un altro modello e progetto di società e di cultura. Come non capire ormai, anche di fronte ai recenti terribili fatti, che non solo non viviamo nel migliore dei mondi possibili, ma che un altro mondo è possibile, fondato su modelli culturali e valori morali radicalmente diversi?
Dobbiamo agire in un orizzonte culturale in cui dominano incontrastate l’indifferenza, la viltà e l’ipocrisia. Da qui la difficoltà ad incidere anche minimamente sullo stato delle cose. Ci vuole un nuovo inizio, occorre un altro modo di pensare, un altro linguaggio, una diversa concezione della natura e una diversa visione dell’uomo.
Dalla noche oscura del alma si uscirà forse solo quando avremo avuto il coraggio di recidere le “catene” del nostro asservimento fisico e mentale e ritrovato il cammino del pensiero autonomo e critico (della consapevolezza e della coscienza) e della dignità umana (che altri chiamano spirito o anima).

Gioco e massacro

Alluvion, di Matt Collishaw
M77 – Milano
A cura di Danilo Eccher
Sino al 15 ottobre 2023

Nell’invitarmi a visitare questa mostra, Michele Del Vecchio mi ha parlato di «colori, forme, oggetti, meccanismi, raffigurazioni e molta tecnologia di avanguardia. Risultato finale: molto interessante e inquietante». Ed è esattamente così.

L’arte di Matt Collishaw è poliedrica, ironica, tragica. È fatta di nature morte/vive che si animano dentro il quadro; di un’animalità fugace, libera, indagatrice; di foto splendenti e seicentesche di piatti e pietanze che costituiscono l’ultimo pasto dei condannati a morte nelle prigioni USA; di uccelli/automi alla Vaucasson che ripetono di continuo i protocolli comportamentisti dello stimolo/risposta, confermando in tal modo che cosa il behaviorismo sia, una forma di sottomissione, l’opposto di ogni emancipazione. Questi automi hanno come titolo The Machine Zone e vengono così presentati: «L’opera fa riferimento agli esperimenti degli anni Cinquanta dello psicologo americano B.F. Skinner, che analizzò il comportamento di piccoli animali guidati da un sistema di ricompensa, dimostrando che la ricompensa casuale crea una sorta di incertezza costante che incoraggia un ciclo comportamentale, meccanismo che è anche all’origine degli algoritmi che guidano le interazioni nell’era dei social media».

 


Infine, opera centrale che da sola occupa tutta la prima sala, una scultura circolare (circa 2 metri di diametro) su più livelli. Le ‘statuette’ che formano la scultura rappresentano personaggi intenti ad azioni violente. Tutto un po’ banale sino a quando è statico. Poi la scultura comincia a girare vorticosamente su se stessa e le statue prendono vita, si muovono, agiscono, uccidendo, massacrando. L’effetto che rende possibile il cinema dà qui vita alla materia generando un movimento tridimensionale che affascina come un grande gioco. E l’arte non è forse (anche) il grande gioco degli adulti?

La guerra

torneranno i prati
di Ermanno Olmi
Italia, 2014
Con: Claudio Santamaria (l’ufficiale), Francesco Formichetti (il capitano), Domenico Benetti (il sergente), Alessandro Sperduti (il tenente)
Trailer del film

torneranno i pratiAncora la maledetta, ancora quella guerra 1914-1918 che fu il suicidio dell’Europa, che pesa sul nostro presente, che costituisce uno degli esempi più chiari -forse il più chiaro di tutti in epoca contemporanea- di dove possano condurre le classi dirigenti quando nulla le può più schiodare dalle loro convinzioni politico-economiche diventate dogma.
Di quella tragedia infinita Ermanno Olmi ha saputo dipingere la miseria, l’angoscia, la rassegnazione, lo schifo, lo sporco, la paura, l’insensatezza. Ha saputo descrivere la trincea. Uomini rinchiusi sotto metri di neve nel gelido inverno del fronte di nord-est. Davanti a loro uomini, gli austriaci, che mai si vedono né si sentono e dai quali arrivano colpi di mortaio e spari di cecchini. Dall’altra parte le condizioni erano identiche. Gli austriaci dalle trincee italiane vedevano arrivare colpi di mortaio e spari di cecchini. Lo stesso nelle trincee di tutti i fronti, come raccontano anche Erich Maria Remarque e Stanley Kubrick  per il fronte occidentale. Ovunque la lordura, gli insetti, i ratti, la fame, la febbre, la disperazione di chi è intrappolato e non vede, non ha vie d’uscita.
torneranno i prati è capace di raccontare tutto questo insieme al canto di un soldato napoletano, al pianto degli ufficiali e della truppa, alla luna che splende immensa e serena sugli altopiani di Asiago mentre una volpe attraversa -libera- la neve, il filo spinato, i boschi.

Non è una guerra

Una deputata dell’estrema destra israeliana ha scritto che «tutti i palestinesi meritano di morire» (Fonte: Televideo, 20/07/2014, 00:05). E infatti stanno morendo, con la complicità dell’intero Occidente, dell’Italia che fabbrica armi per Israele, dello squallido Nobel per la pace Barack Obama.
Le generazioni future si vergogneranno di un’epoca “democratica” che ha permesso il genocidio giustificando in tutti i modi i carnefici. Si chiederanno come sia potuto accadere. Troveranno le risposte nel razzismo degli eletti da Dio, nel fanatismo, nella geopolitica, negli interessi finanziari, nella menzogna, nell’indifferenza.

 

Giornali terroristi

Sembra sia stato dunque un cristiano neonazista -forse da solo, forse aiutato da altri pari suoi- ad attuare l’immane massacro. Dopo aver fatto affluire la polizia nel centro di Oslo, ha poi sterminato con inusitata ferocia centinaia di ragazzi a pochi chilometri dalla capitale norvegese. La  peggiore stampa italiana già gongolava per le colpe da attribuire agli islamici. Il Giornale, un’autentica fogna, aveva intitolato a caratteri cubitali «Sono sempre loro. CI ATTACCANO» e una giornalista/deputata del Pdl scriveva un editoriale coerente con il titolo. In poche ore  il titolo è cambiato e dell’editoriale non c’è più traccia. Si può star certi che se la responsabilità fosse stata degli islamici i titoli cubitali sarebbero andati avanti per giorni. Trattandosi invece di patologico fanatismo cristiano, sul Giornale e su fogliacci simili la notizia è già passata in secondo piano. Debord ci aveva avvertito che uno degli elementi fondamentali dello Spettacolare integrato è una pervasiva disinformazione, la quale «réside dans toute l’information existante; et comme son caractére principal» [risiede in tutta l’informazione esistente; e come sua principale caratteristica] (Commentaires sur la société du spectacle [1988], Gallimard 1992, tesi XVI, p. 69).

 

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