La foto qui accanto ritrae una delle scale di accesso (quella da via Biblioteca) al Monastero dei Benedettini, sede del Dipartimento nel quale insegno. È questo l’aspetto di gran parte della città, in particolare del centro storico, al quale da alcuni mesi è stata estesa la raccolta differenziata dei rifiuti dopo alcuni anni dalla sua implementazione in altre zone urbane. Là dove prima c’erano dei cassonetti sempre strapieni, rotti, maleodoranti, numerosi cittadini catanesi hanno continuato a lasciare sacchetti e rifiuti di ogni genere, generando montagne di pattume (foto più sotto). Ora, dopo i primi mesi, sacchetti, rifiuti, spazzatura costellano le strade in ordine sparso facendo di Catania quello che probabilmente aspira a essere perché forse è quello che la costituisce: una lurida distesa di immondizia.
Una città costitutivamente fuori legge e in quanto tale ai miei occhi anche libera. E però una città che durante i mesi e gli anni del confino imposto dai governi Conte e Draghi divenne ubbidientissima. Ogni sera uscivo – per respirare, per la mia salute – e sentivo il silenzio di una Catania che era stata sempre vivace e fragorosa diventata all’improvviso vuota e spettrale. Come si vede, i catanesi non ubbidirono per «senso civico» – che non possiedono in nessuna delle sue possibili forme – ma per terrore, per il semplice, puro, ancestrale terrore che l’autorità sa così bene utilizzare quando vuole essere a ogni costo ubbidita.
La sintesi di un terrorizzato servilismo e di un costitutivo disprezzo per la comunità è l’immagine di apertura, da me scattata alcuni giorni fa a pochi passi da casa, accanto al muro del Liceo Classico Spedalieri: alcuni scatoloni pieni di maschere Covid buttati in mezzo alla strada – forse dal vicino ospedale Santo Bambino o dalla scuola stessa – a simboleggiare in modo plastico il sudiciume di Catania, l’abiezione degli obbedienti a un’autorità sporca.
Forse l’Ur-Fascismo, il «fascismo eterno» (Umberto Eco) esiste davvero.
Sua espressione contemporanea in Italia e nel mondo sono ilconfino (lockdown), l’obbligo vaccinale, il coprifuoco, l’obbligo delle mascherine/museruole apotropaiche, i trattamenti TSO del tutto arbitrari, la violenza delle polizie contro cittadini inermi, la distruzione delle attività economiche, la devastazione collettiva, la paura.
Ma non c’è da stupirsi: l’autorità è potenzialmente paranoica e quando i suoi ordini riguardano la ‘salute’ diventa folle e contraddittoria. È sempre stato così. Contro tutto questo, il pensiero e la pratica libertari costituiscono una preziosa alternativa, un necessario vaccino.
Inti-Illimani El pueblo unido jamás será vencido
(Sergio Ortega-Quilapayún, 1970 – Esecuzione: Víctor Jara Sinfónico, 2019)
Ciò che pulsa e si esprime in questo video dal febbraio 2020 è sparito, non è più possibile, si è dissolto nella paura che pervade l’intero corpo collettivo. Le autorità non hanno creato l’epidemia da Sars2 ma certamente sanno bene come utilizzarla a fini reazionari.
Uno dei fatti più interessanti e più drammatici è che cittadini, partiti, intellettuali che pensano di essere ‘di sinistra’ o anche soltanto ‘progressisti’ sembrano non aver compreso che quanto sta accadendo è uno dei più potenti dispiegamenti della repressione e dell’antisocialità che la storia contemporanea abbia visto.
Il risultato del coacervo di miopia, terrore, ingenuità è una «‘vita’ spogliata delle sue libertà uccise dal liberismo», è il «lockdown dell’anima», è la «smaterializzazione della vita» (Eugenio Mazzarella, Dopo la pandemia: due riflessioni. L’ecumene che ci serve. Salvare la ‘presenza’, in «Pandemia e resilienza. Persona, comunità e modelli di sviluppo dopo la Covid-19», Edizioni Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma 2020, pp. 85-89) e quindi è di fatto la negazione dei presupposti biologici, sociali, relazionali, olistici, della ‘salute’.
Viene progressivamente cancellata la centralità dei corpi che abitano insieme lo spazio reale, il mondo degli atomi e non quello ingannevole e astratto dei bit. Una compiaciuta apologia della distanza sta distruggendo il corpo sociale e ogni sua residua possibilità di ribellione. L’autentico significato degli ordini sanitari e securitari che da 14 mesi ci vengono imposti sta nell’isolamento, che è il vero e mai dismesso sogno del liberismo individualistico, del soggetto che fa tutto chiuso in una stanza davanti al suo monitor: relazioni, film, conoscenza, scuola, università, acquisti, sesso, tempo libero.
Sta vincendo non soltanto l’idea ma proprio la sensazione fisica profonda e sempre più interiorizzata che l’altro costituisca un rischio, un morbo, un infetto da tenere lontano di uno, due, tre metri; da incontrare senza volto dietro le maschere/museruole; da non toccare mai e dal quale mai essere toccati. In una condizione così artificiosa, lugubre, autoritaria, ogni possibilità di unirsi per rivendicare, protestare, rimanere liberi è chiaramente dissolta. È il sogno di ogni potere autoritario. È questo sogno che si va realizzando sotto i nostri occhi ormai complici, distratti, rassegnati.
Contro questo sogno reazionario, contro questo incubo della dissoluzione della vita umana che è vita politica, il mio auspicio è che «de pie cantar que el pueblo va a triunfar».
El pueblo unido jamas sera vencido,
El pueblo unido jamas sera vencido!
De pie, marchar que vamos a triunfar.
Avanzan ya banderas de unidad,
Y tu vendras marchando junto a mi
Y asi veras tu canto y tu bandera
Al florecer la luz de un rojo amanecer
Anuncia ya la vida que vendra
De pie, luchar,
Que el pueblo va a triunfar.
Sera mejor la vida que vendra
A conquistar nuestra felicidad
Y en un clamor mil voces de combate
Se alzaran, diran,
Cancion de libertad,
Con decision la patria vencera
Y ahora el pueblo que se alza en la lucha
Con voz de gigante gritando: Adelante!
El pueblo unido jamas sera vencido,
El pueblo unido jamas sera vencido!
La patria esta forjando la unidad
De norte a sur se movilizara,
Desde el salar ardiente y mineral
Al bosque austral,
Unidos en la lucha y el trabajo iran
La patria cubriran.
Su paso ya anuncia el porvenir.
De pie cantar que el pueblo va a triunfar
Millones ya imponen la verdad.
De acero son, ardiente batallon.
Sus manos van, llevando la justicia
Y la razon, mujer,
Con fuego y con valor,
Ya estas aqui junto al trabajador.
Y ahora el pueblo que se alza en la lucha
Con voz de gigante gritando: Adelante!
El pueblo unido jamas sera vencido,
El pueblo unido jamas sera vencido!
«Die Wüste wächst: weh Dem, der Wüsten birgt!»
‘Il deserto cresce: guai a chi nasconde in sé deserti!’
Nietzsche, Also sprach Zarathustra IV (Unter Töchtern der Wüste / Tra le figlie del deserto)
Il Covid19, ciò che scatena nel corpo collettivo, è una forma sempre più evidente di nichilismo, di nascondimento dei volti, di dissoluzione della socialità, di timore diffuso e contagioso, di ignoranza dei corpi, di tramonto del senso, di declino della razionalità, di ubbidienza fanatica, di rifiuto del limite, di negazione della insecuritas, di terrore.
È questa la follia del presente, è questo il cuore nero della desacralizzazione del mondo, lo sgomento per lasua misura mortale e finita.
Uno spettacolo tragico e mirabile per chi conosce la pochezza della nostra specie.
Come sanno tutti quelli che hanno un minimo di istruzione, la scienza è per definizione una procedura pubblica, ripetibile, controllabile. In caso contrario si parla di magia, di superstizione, di guru, di sette. E di questo si tratta ormai a proposito del Covid19. Ma il governo Conte questo non lo sa. E non lo sanno neppure il Fatto Quotidiano, la Repubblica, la Rai e la miriade di fogli e media obbedienti.
Di tale atteggiamento superstizioso fa parte la maschera/museruola, che all’inizio dell’epidemia veniva raccomandata soltanto agli operatori sanitari e a quanti mostrassero difficoltà respiratorie (parola del Ministero italiano della Salute e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), poi -una volta disponibili milioni di museruole– è diventata magicamente necessaria, obbligatoria, fondamentale per non ammalarsi e non contagiare. Maschera/museruola la cui efficacia è sottoposta a una serie di regole e procedure -nel toccarla, conservarla, indossarla– che somigliano a una complessa cerimonia giapponese e che i suoi utilizzatori naturalmente ignorano tenendola in tasca, sul braccio, ovunque; prendendola con mani non lavate; riutilizzandola. Temo che questa pratica farà danno alla salute degli incauti utilizzatori. Anche perché tenerla a lungo sulla bocca e sul naso fa sì che l’anidride carbonica ritorni nei polmoni invece che dissolversi nell’ambiente. Una ragione per la quale il respiro ha un ben preciso ciclo ci sarà, no? «Il metabolismo energetico aerobico consuma ossigeno e produce biossido di carbonio (comunemente detta anidride carbonica). In fisiologia si intende, per respirazione, anche la funzione biologica di scambio dei gas fra organismo e ambiente esterno, con assorbimento dell’ossigeno ed emissione del biossido di carbonio» (Wikipedia, voce Respirazione).
La maschera/museruola non svolge dunque una funzione sanitaria ma è un simbolo politico di controllo generale e un vero e proprio talismano che dovrebbe garantire dal malanno.
Non solo: l’utilizzo dei guanti, che contrariamente alle mani non vengono lavati, conduce con sé batteri e sporcizia di tutti i generi. Ma il Supremo e Segreto Potere Sanitario si è pronunciato (da un certo momento in poi) a favore delle maschere e dei guanti. E il popolo obbedisce. Non tutto, per fortuna.
Alle osservazioni di un amico il quale ha obiettato che «il popolo è ‘uno animale pazzo’ come diceva Guicciardini, quindi fraintenderebbe il contenuto delle conclusioni scientifiche, di per sé problematiche» ho risposto in questo modo: «Quello che scrivi mi sembra molto pericoloso, poiché è la giustificazione di tutti i poteri autoritari, dai Tribunali della Controriforma alla CIA. E in questo caso tra ‘il popolo’ ci sono anch’io e migliaia di studiosi e intellettuali ai quali una setta autoproclamatasi ‘scientifica’ nasconde le proprie procedure e decisioni. E poi ci sono sempre i media -compreso lo zelante FQ– a tenere buono il popolo. Proprio perché ‘problematiche’ le risultanze DEVONO essere pubbliche. In caso contrario saremmo in balia di folli, di guru, di capi indiscutibili, che oggi si chiamano Conte, domani potrebbero chiamarsi Salvini, Biuso, Rossi. Non importa. Non è una questione di partiti o di nomi, è una questione di istituzioni,di salute, di diritto e di libertà».
Fisiologiche e frequenti sono nelle collettività umane le ondate di delirio collettivo causate da diverse ragioni e circostanze: guerre e fanatismi bellici atti a mobilitare cittadini e sudditi verso la loro morte e quella altrui; millenarismi religiosi pronti ad assicurare che un qualche regno dei cieli è vicino e basta fare qualcosa – ad esempio recarsi a piedi a Gerusalemme e conquistarla nel nome di Cristo (1096)– per ottenere la garanzia della salvezza; epidemie e contagi che spargendo il terrore supremo giustificano ogni ordine e decreto delle autorità pro tempore, qualunque sia il loro segno politico.
In nome del contagio da Covid19 e della pandemia psichica da esso scatenata si proibiscono i matrimoni tra omosessuali; si lasciano in angosciosa solitudine i moribondi; si dà la caccia a solitari camminatori sulle spiagge; si sprangano scuole, università e biblioteche facendo precipitare il corpo sociale in quelle che una volta si chiamavano le «tenebre dell’ignoranza», sostituendo la relazione viva con un algido e sterile contatto digitale/telematico/virtuale tra insegnanti e allievi.
E inoltre, a clamorosa negazione di anche recentissime campagne ecologiche, si suggerisce l’utilizzo dell’automobile privata come ‘mezzo più sicuro’ rispetto a quelli pubblici; si impongono mascherine/museruole e guanti di plastica il cui casuale smaltimento sta producendo danni enormi all’ambiente, come testimonia anche il noto geologo Mario Tozzi sulla rivista del Touring Club Italiano:
«Arrivano già le segnalazioni di quantitativi crescenti di mascherine e guanti in mare, dove diventano letali per tartarughe e pesci che li scambiano per cibo. […] Se anche solo l’1% delle mascherine venisse smaltito non correttamente (e alla fine disperso in natura), ciò significherebbe dieci milioni di mascherine al mese disperse nell’ambiente. […] Questa roba finirà nel Mediterraneo, dove ogni anno si riversano già 570 mila tonnellate di plastica. […] E c’è una contraddizione ambientale ancora più pesante. Ovviamente soffriamo per le 320mila vittime che Covid19 ha mietuto in tutto il mondo, ma non ci impressionano tanto i 4 milioni di morti in più , rispetto alle medie ‘normali’ che l’Oms segnala da tempo a proposito dell’inquinamento atmosferico; 80 mila solo in Italia, quando per il virus ne piangiamo, per ora, meno della metà. Il virus fa paura, l’inquinamento e la plastica inutile no»
(La rivincita della plastica,«Touring», luglio-agosto 2020, p. 22).
Le ondate di panico collettivo sono sempre molto pericolose e quella legata al Covid19 è particolarmente insidiosa anche per la sua dimensione planetaria, globale, dalle conseguenze ambientali assai gravi e intrisa di un asfissiante conformismo.
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Questo testo è stato pubblicato il 22.6.2020 su corpi e politica e su girodivite.it.
Dal 28 giugno anche corpi e politica è entrato in una nuova fase, come si può leggere nel testo collettivo Corpi e corpi. In presenza, nel quale scriviamo – tra l’altro – che «oggi, nel tempo oscurantista della paura, […] liberare i corpi significa puntare sull’incontro fisico, rilanciare la potenza del contatto e la necessità – umana ovvero politica – della relazione.
Tenere una lezione ai propri studenti senza mediazioni telematiche, in presenza fisica; lavorare in gruppo ‘dal vero’; spostarsi fisicamente in un’altra città o nazione; fare una festa; fare un’assemblea – potrebbero sembrare le più ovvie delle rivendicazioni, il ritorno a una normalità da recuperare dopo un periodo di obbligata astinenza. Ma invece proprio il tempo della deprivazione ha dimostrato quanto quelle pratiche siano preziose, funzionali alla vita activa senza la quale, per l’uomo, non si dà vita contemplativa ma neppure la mera sopravvivenza biologica.
Per questo corpi e politica si apre da oggi non solo alle riflessioni sul nostro tempo, ma anche al racconto di esperienze concrete di liberazione dei corpi, che possono prefigurare nuove forme di resistenza all’invadenza – di sistema e di dettaglio – di uno Stato etico che mina alla radice la libertà della vita» .