Il pane e le rose. Bread and Roses
Fondazione Arnaldo Pomodoro – Milano
Sino al 17 luglio 2015
«Hearts starve as well as bodies; give us bread, but give us roses!» [I cuori, come i corpi, possono morire di fame; dateci il pane ma dateci anche le rose!] Così una celebre canzone operaia di inizio Novecento. Il pane del corpomente e le rose dei significati fioriscono anche in questa piccola ma densa mostra ospitata dalla Fondazione Arnaldo Pomodoro. Cinque modi diversi di interpretare il ciclo della vita, il nutrimento, il bíos, il metabolismo della materia che siamo.
Chiara Dynys ha appoggiato su un tappeto/mappa della Terra centinaia di forme di pane in bronzo dorato. Perché tutti gli umani hanno bisogno di pane, tutti i viventi hanno bisogno di cibo.
Pino Deodato ha costruito su una parete una struttura in terracotta dal titolo Pan Sharing. Pan dal sanscrito Pùsyati, «Colui che fa prosperare, che porta la luce».
Gianni Caravaggio ha condensato questa luce in un sottile filo di nylon che ha i colori delle lenticchie e di semi di soia gialli.
Giuseppina Giordano ha raccolto delle colonie batteriche dentro cerchi di plexiglas, un’opera viva, dunque, che si trasforma, «una ridondanza di relazioni di cui il tempo è componente essenziale».
Loris Cecchini ha incapsulato migliaia di semi in righe parallele, in una struttura seriale che diventa ritmo degli occhi e dello spazio. Accompagna l’opera un proverbio indiano che recita: «Il seme proviene dalla pianta che non vedi più, e porta in sé la pianta che non vedi ancora». Anche i semi sono dunque una struttura temporale, come l’intero essente.