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Più sola, verso l’Ade

Sabato 19 settembre 2020 alle 10,00 a Siracusa terrò una lezione/conversazione nell’ambito dell’edizione 2020 di MitoMania, dedicata quest’anno a Enea e il mare.
Il titolo del mio intervento è Elena / Ἀνάγκη.

Enea è figlio di un mortale e però è figlio anche di una Dea, e quale Dea, Afrodite.
«Αἰνείαν δ᾽ ἄρ᾽ ἔτικτεν ἐυστέφανος Κυθέρεια
Ἀγχίσῃ ἥρωι μιγεῖς᾽ ἐρατῇ φιλότητι
Ἴδης ἐν κορυφῇσι πολυπτύχου ὑληέσσης»

«Citerea dalle belle corone generò Enea
unita all’eroe Anchise nell’amore desiderato
sulle cime di Ida dai molti anfratti selvoso»
(Esiodo, Teogonia, vv. 1008-1010; traduzione di G. Arrighetti, Rizzoli 2016, p. 127)

 

 

 

Oscurantismi, censure, ortodossie

Contro il politicamente corretto
in I linguaggi del potere.
Atti del Convegno internazionale di studi
(Ragusa Ibla, 16-18 ottobre 2019)
A cura di Felice Rappazzo e Giuseppe Traina
Mimesis Edizioni, 2020, pp. 532
Pagine 25-35

Nell’ottobre del 2019 si svolse a Ragusa Ibla un Convegno i cui giorni furono splendidi per lo scambio scientifico e la condivisione tra amici in un luogo tra i più belli del Mediterraneo.
Come si vede dall’indice del corposo volume che ne raccoglie gli Atti, la relazione tra linguaggi e potere è stata in quest’occasione affrontata da prospettive diverse, feconde, disvelatrici.
Ribadisco la mia gratitudine agli amici e colleghi Rappazzo e Traina per avermi dato l’occasione di discutere in modo critico del Politically Correct, delle sue radici, dei suoi danni, dell’impoverimento linguistico e dunque sociale che produce.
Qualche mese fa avevo messo a disposizione il file audio del mio intervento, al quale aggiungo ora il testo pubblicato, che si divide nei seguenti paragrafi:
-Intellettuali, un tramonto?
-Umanitarismi vs marxismi
-Una globalizzazione politicamente corretta
-Politicamente spettacolare
-Un caso linguistico-culturale italiano
-Conclusione: λόγος – Linguaggio

 

Programmi 2020-2021

Nell’anno accademico 2020-2021 insegnerò Filosofia teoretica, Filosofia delle menti artificiali e Sociologia della cultura. Pubblico i programmi che svolgerò, inserendo i link al sito del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania per tutte le altre (importanti) informazioni relative ai miei corsi.
I link che compaiono qui sotto nei titoli dei libri in programma portano a presentazioni e recensioni dei testi o, nel caso dei saggi in rivista, ai pdf dei testi stessi.

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Filosofia teoretica
ATTO MATERIA TEMPO

-Giovanni Gentile, Teoria generale dello spirito come atto puro, in L’attualismo, Bompiani 2014, pp. 71-326
Platone, Timeo, pagine dell’edizione Burnet: 22-24, 27-31, 34, 37-38, 41-42, 47-52, 81, 88-89, 92 (Traduzione consigliata Rizzoli 2018, a cura di F. Fronterotta; l’edizione scelta deve in ogni caso presentare il testo greco a fronte)
LucrezioLa natura, Introduzione, testo criticamente riveduto, traduzione e commento di Francesco Giancotti, Garzanti 2018
-Alberto Giovanni
Biuso, Tempo e materia. Una metafisica, Olschki, 2020; Giovanni Gentile, «Vita pensata», numero 22, maggio 2020, pagine 70-79

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Filosofia delle menti artificiali
UMANITÀ ANIMALITÀ ARTIFICIO

-Barbara GiolitoIntelligenza artificiale. Una guida filosofica, Carocci 2007
-Philip K. Dick, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, Fanucci 2017
-Eugenio MazzarellaL’uomo che deve rimanere. La smoralizzazione del mondo, Quodlibet 2017
-Alberto Giovanni Biuso,  Animalia, Villaggio Maori Edizioni 2020

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Sociologia della cultura
IL CASO HEIDEGGER

-Rocco De Biasi, Che cos’è la Sociologia della cultura, Carocci 2008
-Eugenio Mazzarella, Il mondo nell’abisso. Heidegger e i Quaderni neri, Neri Pozza 2018
-Friedrich W. von Herrmann – Francesco Alfieri, Martin Heidegger. La verità sui Quaderni neri, Morcelliana 2016
-Alberto Giovanni Biuso, Quaderni neri 1931/1938 (Riflessioni II-VI), «Discipline Filosofiche», 10 dicembre 2015; recensione a Martin Heidegger. La verità sui Quaderni neri, «Giornale di Metafisica», 1/2017, pagine 356-362.

Polizzi Generosa

Generosa davvero una città che accoglie dei visitatori dentro la sua chiesa principale per mano di una signora, conosciuta in quel frangente, che ci fa scoprire un magnifico trittico fiammingo, antiche statue, un piccolo e prezioso museo di argenti. Una città nella quale durante una pausa i camminanti chiedono un caffè e dei dolcini e il proprietario del bar fa pagare soltanto il caffè (e ha emesso anche lo scontrino). Una città che mostra nei suoi abitanti la distanza che sempre i siciliani sono e insieme la loro ospitalità senza condizioni. Fu Federico II – sempre lui appare nei luoghi più incantati di Sicilia – a definire nel 1234 Polizzi con quell’aggettivo che la qualifica.
Chiese numerose, come sempre nelle nostre città, e imponenti palazzi baronali. La cucina è strepitosa, genuina, saporita. Cortili vegetali e panorami dappertutto. Lo spazio più aperto è uno slargo –‘U chianu’– che lancia lo sguardo sulla potenza delle Madonie, così come dall’altra parte del paese l’alberata piazza del Carmine sta davanti al massiccio montuoso di fronte al quale ho avuto la fortuna di parlare dell’enigma del tempo agli amici che ascoltavano partecipi e attenti.
A Polizzi nacque Giuseppe Antonio Borgese, alla cui opera la Fondazione omonima dedica energie, libri, convegni che si tengono nello spazio dell’antica casa di uno scrittore che fu insieme visionario e pragmatico; una delle tante contraddizioni del labirinto antropologico siciliano. Borgese in Rubè così descrive il suo paese: «Ora la nebbia saliva, grave e pur trasparente, simile ad una bambagia che trapunta di stelle dovesse coprire il sonno della sua terra nativa. Lo spettacolo era pieno d’immobile eternità e di quella malinconia che grava sulle cose perfette».
Della Sicilia tutta intera Borgese scrisse anche nell’introduzione all’edizione del 1933 della Guida Touring. Introduzione che ora è un fascicolo che la Fondazione Borgese dona ai suoi visitatori. Vi si leggono parole come queste, che valgono per Polizzi, per i paesi etnei, per i luoghi del’Isola che guardano da lontano il mare:
«Nella parte interna, solitudini pastorali; città, borghi severi incastellati su picchi, su crinali di monti, anche a mille metri sul mare, anche più in alto. […] Le primavere esplodono con fioriture selvagge» (p. 10).
Il cielo e il sole sono una cosa sola come sempre nei luoghi più arcaici dell’Isola inventata, di questo spazio che splende dentro il Mediterraneo, di un sogno che gli altri umani stanno sognando. Noi siciliani non esistiamo, no. Esiste chi ci sogna. Noi diamo soltanto la generosità dell’illusione di bellezza, della nostalgia che ci attraversa.

[L’immagine di apertura è stata scattata da Marcosebastiano Patanè, quella di chiusura da Davide Amato, identiche e diverse. Ringrazio entrambi gli autori]

Letteratura e Tempo sulle Madonie

Dal 10 al 12 luglio 2020 parteciperò a Una montagna di…filosofia – Festival delle pratiche filosofiche, che si terrà a Polizzi Generosa, sulle Madonie, uno degli splendidi luoghi dell’Isola.
Sabato 11.7 alle 9,30 in Piazza Gramsci parlerò di Filosofia e Letteratura; il giorno dopo alle 10,30 in Piazza Borgese affronteremo l’Enigma del tempo.
Molti altri sono gli argomenti sui quali ci confronteremo con colleghi e amici di tutta Italia.
Qui si può leggere il programma completo dell’evento (e le modalità di partecipazione), organizzato dalla Fondazione G.A. Borgese in collaborazione con la Casa dell’equità e della bellezza di Palermo. Non mancheranno, naturalmente, momenti di convivialità, eventi musicali e passeggiate.

Un delirio collettivo

Fisiologiche e frequenti sono nelle collettività umane le ondate di delirio collettivo causate da diverse ragioni e circostanze: guerre e fanatismi bellici atti a mobilitare cittadini e sudditi verso la loro morte e quella altrui; millenarismi religiosi pronti ad assicurare che un qualche regno dei cieli è vicino e basta fare qualcosa – ad esempio recarsi a piedi a Gerusalemme e conquistarla nel nome di Cristo (1096)– per ottenere la garanzia della salvezza; epidemie e contagi che spargendo il terrore supremo giustificano ogni ordine e decreto delle autorità pro tempore, qualunque sia il loro segno politico.
In nome del contagio da Covid19 e della pandemia psichica da esso scatenata si proibiscono i matrimoni tra omosessuali; si lasciano in angosciosa solitudine i moribondi; si dà la caccia a solitari camminatori sulle spiagge; si sprangano scuole, università e biblioteche facendo precipitare il corpo sociale in quelle che una volta si chiamavano le «tenebre dell’ignoranza», sostituendo la relazione viva con un algido e sterile contatto digitale/telematico/virtuale tra insegnanti e allievi.

E inoltre, a clamorosa negazione di anche recentissime campagne ecologiche, si suggerisce l’utilizzo dell’automobile privata come ‘mezzo più sicuro’ rispetto a quelli pubblici; si impongono mascherine/museruole e guanti di plastica il cui casuale smaltimento sta producendo danni enormi all’ambiente, come testimonia anche il noto geologo Mario Tozzi sulla rivista del Touring Club Italiano:

«Arrivano già le segnalazioni di quantitativi crescenti di mascherine e guanti in mare, dove diventano letali per tartarughe e pesci che li scambiano per cibo. […] Se anche solo l’1% delle mascherine venisse smaltito non correttamente (e alla fine disperso in natura), ciò significherebbe dieci milioni di mascherine al mese disperse nell’ambiente. […] Questa roba finirà nel Mediterraneo, dove ogni anno si riversano già 570 mila tonnellate di plastica. […] E c’è una contraddizione ambientale ancora più pesante. Ovviamente soffriamo per le 320mila vittime che Covid19 ha mietuto in tutto il mondo, ma non ci impressionano tanto i 4 milioni di morti in più , rispetto alle medie ‘normali’ che l’Oms segnala da tempo a proposito dell’inquinamento atmosferico; 80 mila solo in Italia, quando per il virus ne piangiamo, per ora, meno della metà. Il virus fa paura, l’inquinamento e la plastica inutile no»
(La rivincita della plastica, «Touring», luglio-agosto 2020, p. 22).

Le ondate di panico collettivo sono sempre molto pericolose e quella legata al Covid19 è particolarmente insidiosa anche per la sua dimensione planetaria, globale, dalle conseguenze ambientali assai gravi e intrisa di un asfissiante conformismo.

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Questo testo è stato pubblicato il 22.6.2020 su corpi e politica  e su girodivite.it.
Dal 28 giugno anche corpi e politica è entrato in una nuova fase, come si può leggere nel testo collettivo Corpi e corpi. In presenza, nel quale scriviamo – tra l’altro – che «oggi, nel tempo oscurantista della paura, […] liberare i corpi significa puntare sull’incontro fisico, rilanciare la potenza del contatto e la necessità – umana ovvero politica – della relazione.
Tenere una lezione ai propri studenti senza mediazioni telematiche, in presenza fisica; lavorare in gruppo ‘dal vero’; spostarsi fisicamente in un’altra città o nazione; fare una festa; fare un’assemblea – potrebbero sembrare le più ovvie delle rivendicazioni, il ritorno a una normalità da recuperare dopo un periodo di obbligata astinenza. Ma invece proprio il tempo della deprivazione ha dimostrato quanto quelle pratiche siano preziose, funzionali alla vita activa senza la quale, per l’uomo, non si dà vita contemplativa ma neppure la mera sopravvivenza biologica.
Per questo corpi e politica si apre da oggi non solo alle riflessioni sul nostro tempo, ma anche al racconto di esperienze concrete di liberazione dei corpi, che possono prefigurare nuove forme di resistenza all’invadenza – di sistema e di dettaglio – di uno Stato etico che mina alla radice la libertà della vita» .

Didattica a distanza: la parola agli studenti

corpi e politica  va pubblicando le opinioni e le esperienze non soltanto dei docenti ma anche degli studenti universitari a proposito della cosiddetta didattica a distanza 

Quattro miei studenti hanno proposto delle analisi che la redazione ha molto apprezzato, come mostra questo breve scambio epistolare con due dei suoi membri:

«Alberto, se hai coltivato studenti così, invece di laurearli possiamo direttamente metterli in cattedra…Impietoso il confronto con i firmatari della lode a Conte, vero tradimento dei chierici, che spiega bene l’eclisse degli intellettuali, aggravata dalla futile strumentalità e dalla inane caratura culturale della proskynesis filogovernativa. […] Il motivo per cui leggiamo ancora, come fossero appena editi, i libri dei grandi autori di 50 o di 100 anni fa consiste nell’intreccio tra pensiero e biografia sempre in lotta contro gli assetti di potere vigenti, perché non si apprende niente fuori dal conflitto, che certifica nella passione la verità di un insegnamento. Vi immaginate XXX (riempire a piacere)  che si mette a firmare l’apologia di qualche ministro in carica?
Forse è ora che gli studenti procedano a una rimozione e sostituzione del ceto intellettuale ossidato e non necessariamente con le buone maniere».
(La mia risposta)
«Grazie, ***. Questi sono comunque studenti di secondo anno della triennale, che conosco (per così dire) soltanto da due mesi. È dunque il Dipartimento che li ha coltivati e soprattutto li ha formati il carattere e l’intelligenza che hanno da sempre. Io posso solo dirmi fortunato a insegnare a studenti così».
Presentando i contributi di alcuni suoi studenti un collega ha scritto questo:
«Certo, gli studenti di *** non sono all’altezza di pensiero dei filosofi in erba di Alberto… ma vi sottopongo quanto mi arriva».

Mi sono sembrati dei bei riconoscimenti, che gli studenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Unict hanno pienamente meritato.
Riepilogo dunque e indico i link dove leggere i testi integrali, tutti brevi e tutti vivaci.

Elisabetta Romano scrive che «nella trasformazione in pixel del suono e delle immagini si perdono componenti fondamentali del processo educativo. Per trasmettere qualcosa ci vuole un contatto, che significa appunto cum tangere, toccarsi vicendevolmente, scambiare un rapporto che non sia univoco. E a tal fine sono necessarie la vicinanza e la partecipazione reale di docente e alunni, e questa trasmissione funziona un po’ come la conduzione elettrica: occorre che i corpi siano vicini nella loro fisicità, che le particelle sonore della nostra voce incontrino fisicamente (e dunque realmente) quelle dell’orecchio degli altri componenti dell’aula e così reciprocamente gli uni con gli altri».
È stata formativa, ma non è stata una didattica (30.4.2020)

Davide Amato inquadra la questione in un contesto politico più generale e conclude osservando che «la lezione è dunque un unicum irripetibile, un’esperienza di socialità che deve educare il cittadino a vivere in comunità oltre che ad affacciarsi al mondo del sapere».
Didattica nella caverna (30.4.2020)

«Interpretando la parte dello studente, quale attore sociale immerso in un continuo flusso di contatto sia corporeo che teoretico con gli altri attori sociali, quali i docenti o altri studenti, vivo tutto questo come una sorta di tradimento del rapporto con gli altri attori. Spero anch’io che non salti in mente a nessuno di voler in qualche modo continuare questa esperienza della didattica online», scrive B.C. il quale descrive poi «esami di studenti che sarebbe generoso considerare una farsa» e i gravi rischi di cyberbullismo che la Dad va mostrando.
Esami a distanza. Il tradimento del patto docente/studente (1.5.2020)

Simona Lorenzano delinea efficacemente il valore di «una lezione reale [che], al contrario, riesce a sradicarci da questo mondo ovattato, permette di metterci in gioco, di uscire fuori da noi stessi e di proiettarci in una dimensione di crescita» rispetto a una situazione «caratterizzata da professori a metà, da studenti a metà, da musicisti a metà, da artisti a metà, da operai a metà. È facile rendersi conto, ora più che mai, di quanto ognuno abbia bisogno dell’altro, di quanto l’uomo sia un animale sociale e di quanto l’individualismo dia in cambio soddisfazioni assai modeste. L’arte è monca se non c’è nessuno che può godere della sua bellezza e il lavoro svolto è vano se non c’è qualcuno che possa godere a pieno dei suoi frutti. Un professore è un professore a metà senza i suoi studenti e uno studente è uno studente a metà senza un confronto con gli altri studenti e con i suoi professori».
Il presente a metà (2.5.2020)

Aggiungo la struggente testimonianza di alcuni bambini delle scuole elementari. Un testo che descrive il dolore lieve, la fiduciosa nostalgia, il desiderio dei bambini di tornare nella scuola vera. Questi bambini dicono quello che molti adulti non capiscono, non capiscono proprio. E non capirlo è un crimine.
«Mi ricordo quando suonava la campanella. Invece nella scuola al computer non suona mai la campanella, non suona mai niente»

Infine, poche righe su una lezione/conversazione in presenza dedicata a Gadda, che ho svolto a metà maggio con alcuni miei studenti fuori dagli spazi del Dipartimento, dove agli studenti non è ancora permesso accedere. È stata una grande gioia. È questo infatti il mondo reale non soltanto dell’insegnamento ma della relazionalità umana. Alla luce delle ore trascorse insieme agli amici studenti e dottorandi, mi appare ancor più in tutta la sua barbara miseria la cosiddetta ‘didattica a distanza’ alla quale sono stato costretto, siamo stati costretti in questi mesi.
Mi appare nella sua perversione pedagogica ed esistenziale.
Nonostante la dedizione mostrata dagli studenti, e della quale sono loro profondamente grato, le relazioni che ho avuto con i tre gruppi classe in questo semestre sono di una triste povertà, espressione di un’ondata di ultraplatonismo, di spiritualismo digitale.
Fuori dallo spaziotempo dei corpi non esiste la persona umana ma soltanto ologrammi con un nome.
Un semplice incontro in presenza con alcuni studenti ha confermato l’abbagliante evidenza di questa verità.
Sta qui una delle ragioni che hanno dato vita a corpi e politica: la difesa della civiltà del sapere di fronte al montare della barbarie. Il sapere umano è infatti inseparabile dai corpi, dallo spazio e dal tempo condivisi. Faremo di tutto affinché il canto della conoscenza continui a risuonare nelle aule.

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