L’impero dei sensi
(Ai no Korīda – L’Empire des sens)
di Nagisa Oshima
Giappone, Francia 1976
Con: Eiko Matsuda (Sada Abe) Fuji (Kichizo Ishida)
Sada Abe lavora in una pensione, si lega al padrone in un rapporto erotico totale che li condurrà a esiti estremi. La vicenda accadde realmente in Giappone.
Molte scene sono esplicite: i corpi, le bocche, i membri, le vagine si intrecciano; i gesti, le posizioni, i movimenti dell’uno esigono e rispondono a quelli dell’altro, stabilendo una dipendenza e possesso perfetti. E tuttavia è un film gelido, nel quale a dominare è il Körper, l’organismo, più che il Leib, il corpo vissuto; è una tecnica di godimento e non una storia.
Il desiderio dell’altro implica certamente anche il desiderio del piacere che l’altro può offrirci, ma bisogna sopportare ciò che di effimero e inafferrabile è in gioco per saper riconoscere all’altro il suo proprio senso, irriducibile al nostro. Qui Sada non ammette interruzioni al loro inesauribile piacere, cerca sempre più e soltanto il membro del suo amante, per portarlo costantemente con sé. Kichi san, dal suo canto, si lascia possedere con totale abbandono, quasi a preferire la morte a una boccata d’aria tra gli orgasmi.
L’impero dei sensi è un elegante esercizio dello sguardo; è una illustrazione persino didascalica del legame tra Eros e Thanatos; è la disperazione proustiana dell’inoltrepassabile solitudine degli amanti, preferibile a tutto.
Non c’è erotismo ma c’è eleganza in quest’opera, l’eleganza di una civiltà avvezza a esprimere in forme misurate la ferocia. Come se il Sole che sorge sull’Oriente illuminasse ogni volta una Notte destinata a non finire. L’Eros è un’altra cosa. È scambio, sorriso, gioia.