Skip to content


Abbandono

L’Atalante
di Jean Vigo
Francia, 1934
Con: Michel Simon (Père Jules), Dita Parlo (Juliette), Jean Dasté (Jean), Gilles Margaritis (L’ambulante)
Trailer del film

L’Atalante film attraversa la storia del cinema come L’Atalante chiatta percorre il suo fiume; con la stessa costanza, calma, malinconia e sorriso. Restaurata e di nuovo nelle sale, questa favola liquida racconta l’abbandono della casa paterna, l’abbandono della sicurezza, l’abbandono al sentimento, l’abbandono dell’amata.
Una delicata e deliziosa Juliette sposa Jean, giovane capitano di una chiatta. Con lui parte, con lui condivide la compagnia dell’anziano, rude e affettuoso marinaio Jules, la cui cabina è l’antro delle meraviglie abitato da gatti, grammofoni, coltelli, denti di squali, gioielli, foto di Shangai. Juliette vorrebbe visitare Parigi, la Lumière. Jean è attraversato dalla gelosia. Ingenua e testarda, Juliette vi si perde. L’abbandono è pieno di angoscia, sfiora la follia. Sino a che la figura dell’amata intravista nell’acqua non ridiventa carne di pienezza. Prima, però, ho immaginato per Juliette pensieri come questi:
«Sono passati così pochi giorni e la tua voce, caro, mi manca come da impossibili distanze. Sei già lontano come fossi stato mai tra questi piedi che baciavi prima dell’amore. E risalivi poi con tenerezza la caviglia, le mie gambe forti. Amavi le cosce che ti conducevano al delta nel quale ti tuffavi con l’intero respiro dei polmoni. Ma prima mi cucivi un tessuto lungo tutto il corpo, le spalle piene della tua saliva, i capelli profumati della voglia che sentivo tra le mani. E come amavi questi miei seni striduli!» Questo lei pensava nelle sere fatte di silenzio. Di suoni era sempre circondata ma più non c’era quello familiare, la voce diventata come le pareti, ogni angolino pieno del suo tono. E questo gli rimproverava con asprezza: lui s’era messo a sospettare, a cadere, anzi a precipitare in quella gelosia alla quale non interessano più i fatti ma soltanto se stessa. Come un cavallo furioso, Jean cercava di trattenere la follia ma essa lo afferrava, inevitabile. Troppo bella la vedeva. Ogni uomo la desiderava, questo era sicuro. E di maschi il mondo è pieno. «Ma lo sai, vero, lo sai che mai mi è venuto in mente di tradirti. Stesso istante e stesso malinconico desiderio, mio Jean: dei nostri abbracci infiniti, dei tuoi grattini e baci lungo il corpo, delle mie carezze sul tuo volto e alle spalle, delle risate piene e compiacenti, dell’abbandono dei nostri corpi uniti».
Αταλάντη è una figura del mito greco. La sua caratteristica è la fuga, l’abbandono. Ma delle mele d’oro la fermarono. È di queste mele che va in cerca colui che ama.

 

Trascolora la realtà

Mood Indigo. La schiuma dei giorni
(L’écume des jours)
di Michel Gondry 
Francia-Belgio, 2013
Con: Romain Duris (Colin), Audrey Tatou (Chloë), Gad Elmaleh (Chick), Omar Sy (Nicolas)
Trailer del film

L'écume des joursL’indescrivibile fantasia patafisica del romanzo di Boris Vian L’Écume des Jours (1947) diventa nel cinema visionario di Michel Gondry un mondo di colori sgargianti, di oggetti viventi, di cibi danzanti, di animali sorridenti, di fiori abbacinanti. L’amore infantile, musicale e liquido tra Colin e Chloë sembra disegnare una delle mille favole che vorrebbero fare della vita un paradiso. Ma proprio durante il viaggio di nozze si insinua nei polmoni della donna una mortale ninfea, che può essere curata soltanto circondando Chloë di freschissimi fiori. Colin, generoso sino alla prodigalità, spende tutto per lei e per gli amici. In particolare per Chick, che però butta tutto il danaro nei libri, nelle conferenze, nei video del filosofo Jean-Sol Partre, sino a farsi letteralmente dei suoi volumi e della sua voce, come accade con qualunque altro stupefacente. I soldi cominciano dunque a mancare, il sorriso a spegnersi, gli oggetti a morire, i cibi a puzzare, gli animali a soffrire, i petali a sfiorire. Sino alla terra nera e alle acque grigie che tutto accolgono nel proprio gelido ventre.
Un melodramma che la scrittura cinematografica di Gondry trasforma nel progressivo scolorire e rimpicciolire della realtà, sino a che nulla rimane di un mondo che vive sempre nella percezione e nella Stimmung degli umani. La tecnologia degli anni Quaranta non viene attualizzata ma resa quanto più simile alla nostra, creando un effetto di distorsione disturbante. La musica di Duke Ellington è danzata da corpi che si estendono al passaggio delle note; il tempo-acquario che ospita i due amanti ricorda lo struggente elemento de L’Atalante di Jean Vigo; la ferocia dei rapporti socio-economici percorre come un basso continuo tutto il film e giunge al suo culmine nel licenziamento di Chick, causato non dall’aver la sua distrazione prodotto la morte di alcuni operai -maciullati dalla macchina- ma da una diminuzione della produzione dello 0,2%. Alla fine, pur di guadagnare abbastanza per comprare i fiori, Colin accetta di lavorare in una fabbrica dove gli umani trasmettono calore alle armi, rendendole così infallibili.
Pura fantasia, puro cinema, puro dolore. Realtà.

 

Vai alla barra degli strumenti