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20 novembre, senza futuro

20 novembre
di Lars Norén
Traduzione di Annuska Palme Sanavio
Impianto scenico di Marco Rossi
Interpretazione e regia di Fausto Russo Alesi
Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Teatro Studio – Milano
Sino al 22 dicembre 2010

Nel 2010 il Piccolo Teatro di Milano ha rappresentato due testi del drammaturgo svedese Lars Norén (1944). Il primo è Dettagli, spettacolo non del tutto riuscito. Molto diverso è questo 20 novembre, interpretato e messo in scena da Fausto Russo Alesi con tutta la forza del corpo dell’attore che si muove da solo nello spazio aperto e insieme claustrofobico dentro il quale un timer segna l’avvicinarsi della morte e dieci manichini simbolizzano la non-parola che ha contribuito all’esito tragico della vita di Sebastian Bosse. È infatti di questo diciottenne che il testo di Norén parla. Il 20 novembre del 2006 Bosse entra nella sua scuola di Emstetten (Germania) e compie una strage; rivolge poi l’arma contro se stesso. Nei giorni precedenti l’eccidio aveva manifestato le proprie intenzioni attraverso dei video, sul web.

Norén adotta il linguaggio, la sincope, l’angoscia dei messaggi di Bosse ma va molto oltre la cronaca, la follia, la biografia di un singolo. Il suo Sebastian Bosse interroga più che affermare. Interroga sulla solitudine, sul tessuto di piccole ma quotidiane violenze che possono trasformare il rancore e l’umiliazione in odio illimitato, sull’itinerario di vita e di eventi che si apre a un umano, oggi, nelle nostre strutture sociali ed economiche: nascita, formazione, lavoro, pensione, morte. Sulla lavagna della propria aula e della propria esistenza, il personaggio Bosse scrive: «Se questo è il futuro non mi interessa». La forza di 20 novembre nasce oltre che dal lucido testo di Norén anche dal corpo di Fausto Russo Alesi che diventa Sebastian Bosse, dalla sua voce a volte impercettibile altre trasformata in grido, dal suo sorriso che non sa essere qualcosa di diverso da un sogghigno nichilistico, dal suo vestirsi e spogliarsi di armi sulla scena, dall’afferramento degli umani-manichini che uccide uno a uno, dall’exit come ultima parola che pronuncia.

[Una versione più ampia di questa recensione si può leggere sul numero 8 – Febbraio 2011 del mensile Vita pensata]

Dettagli

di Lars Norén
Traduzione di Annuska Palme Sanavio
Teatro Studio – Milano
Regia di Carmelo Rifici
Con Giovanni Crippa, Elena Ghiaurov, Francesco Colella, Melania Giglio, Gianluigi Fogacci, Silvia Pernarella
Produzione Piccolo Teatro di Milano
Sino al 27 febbraio 2010

Svezia. Due coppie. Le loro esistenze durante il decennio 1989-1999, vissute tra viaggi, aeroporti, case editrici, ville toscane. Borghesi agiati e colti ma irrimediabilmente soli. Le due donne alla ricerca di una maternità che dia senso, i due uomini che oscillano tra indifferenza e avventure. Una follia sottile o conclamata li sfiora o li afferra. Sullo sfondo l’Europa e le sue guerre. Il tutto narrato e quasi fotografato in 30 scene, 30 dettagli di tempo.

La regia di Carmelo Rifici e le scene di Guido Buganza disegnano quelli che Marc Augè ha definito “non luoghi”, spazi aperti e sempre uguali nei vari continenti. Gli interpreti sono molto bravi e dediti completamente ai loro non facili personaggi. E tuttavia il testo rimane troppo didascalico, senza riuscire a cogliere l’epicità tragica dei modelli -Strindberg, Bergman-, preferendo uno stile piatto, un grigiore uniforme.

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