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Ministra

In una lettera pubblicata sul quotidiano Il Gazzettino di Venezia del 20 maggio 2009 Mariastella Gelmini risponde al ministro Zaia a proposito dell’importanza dei dialetti. In tale missiva si leggono le seguenti affermazioni: «Da subito ho attuato provvedimenti per legare la scuola al proprio territorio. I professori ad esempio devono sempre più provenire dalla stessa regione nella quale insegna. […] Ogni regione deve poter strutturare un sistema educativa in linea con le richieste del mondo del lavoro della zona. Allo stesso modo la spinta verso il futuro e la modernizzazione non può non essere accompagnato dalla valorizzazione della cultura, ivi compresa la lingua e il dialetto. Per questo la polemica è distituita di qualsiasi fondamento soprattutto per chi è rivolta ad una persona che abita al confine con il Veneto».
Il testo è proprio quello che avete letto, zeppo di errori. Si potrebbe pensare a uno scherzo verso la Ministra se la lettera non fosse leggibile in un luogo ufficiale quale la Rassegna stampa della Camera dei Deputati. Tuttavia non volevo crederci e ho cercato il testo anche sul sito del quotidiano. L’ho trovato. Come spesso accade, contenuto e forma son tutt’uno.

Il corpo delle donne

Fermiamoci un poco. Esattamente per 25 minuti. Cerchiamo di osservare un esempio della tenace e vincente strategia gramsciana che ha condotto Berlusconi a diventare in modo del tutto naturale capo del governo dopo aver instillato per venti anni nel corpomente individuale e sociale delle immagini televisive ben precise e funzionali al suo progetto finanziario e politico. L’egemonia culturale -e cioè la creazione e il controllo dei simboli, delle parole, delle immagini– ha generato inevitabilmente la presa del potere. Marx ha sbagliato nel ritenere che quanto chiamiamo cultura sia subordinato alla struttura economica. È vero, piuttosto, il contrario.
Il corpo delle donne è un fattore decisivo di tale egemonia. Il corpo che è anche strumento e prodotto viene ricondotto soltanto a strumento e prodotto. La natura temporale del corpo è annullata in un lifting immobile e mostruoso, letteralmente.
Questo pacato e terribile documento di Lorella Zanardo e Marco Malfi Chindemi mostra la verità dell’affermazione di Pier Paolo Pasolini sulla televisione come negazione della corporeità.
Chiedo alle donne che lo vedranno: perché?

Lettera a Berlusconi

«È una vicenda personale che mi addolora, che rientra nella dimensione privata, e di cui mi pare doveroso non parlare». Eh no, Signor Presidente del Milan, lei non è autorizzato a dire questo, a ricondurre la vicenda alla dimensione “privata”. Lei, che da vent’anni mescola e confonde ogni evento della sua vita con ogni sorta di ambizione politica e finanziaria. Lei che ha fatto della sua persona lo spot vivente di un partito. Lei che parla sempre di tutto e le cui parole tracimano da ogni anfratto dell’universo televisivo. Lei che addita se stesso all’intera nazione come esempio da seguire, imitare, venerare in tutto ciò che fa, dalle vacanze al mare al G8, dalle finali di Coppa Campioni all’amicizia con varie ragazze (l’accusa che ora le rivolge la sua consorte), dalle urla londinesi di “Mr. Obama, Mr. Obama!” sino alle lacrime abruzzesi. Lei ha voluto fare della sua esistenza una “vita inimitabile”, la vita del Re. E, ci ha mostrato Norbert Elias, per i sovrani barocchi nulla c’era di privato: la pubblicità perenne del loro agire costituiva una delle condizioni del loro diritto al potere sull’intera nazione. Il disgusto che sua moglie prova di fronte ai suoi comportamenti rappresenta, pertanto, un fatto politico, come tutti quelli che la riguardano. Lo ha voluto lei.
Per quanto io la disprezzi, le rivolgo un consiglio sincero: non sottovaluti il potere e la tenacia di una donna. L’inizio del declino potrebbe giungere da lì, da una signora umiliata e offesa. Un declino che mi auguro rapido e totale, per il bene dell’intera Italia e, forse, anche della sua famiglia.

Fuori dal mondo

Comincio a pensare che il non possedere un televisore mi stia mettendo davvero fuori dal mondo.
Mi arrivano, infatti, strane notizie di ministri delle finanze erreammosciati che propongono davanti a Vespa il 5 per 1000 per l’EMERGENZA terremoto e sembrano quindi ignorare che il 5 per 1000 viene versato DOPO ANNI ai suoi destinatari; notizie di vecchi maghi -Silvan- rimproverati in diretta perché pronunciano senza ossequio il nome del Supremo Bottegaio; notizie di ministri-sciacalli che scorrazzano tra le macerie del terremoto alla famelica ricerca di voti e di pubblicità; notizie di vignettisti -Vauro- ammoniti ed espulsi dalla RAI (Rete Adulatori Incalliti); notizie di inchieste giornalistiche -Report- che sono a rischio di sospensione anche perché dopo aver descritto che landa sia Catania (e quanto servi siano i suoi “intellettuali”) mostrano a tutti come facciano dei presidi scolastici condannati per latrocinio a continuare a dirigere le loro scuole e come nelle università domini il leggendario “familismo amorale” che mette in cattedra mogli, amanti, figli; notizie di telegiornalisti e quotidianisti i cui toni e contenuti fanno apparire, al confronto, le cronache ducesche dell’Istituto Luce delle espressioni quasi sobrie e democratiche; notizie di milioni di italiani che in tutto questo stanno a bocca aperta davanti a fattorie, grandi fratelli, xfactor; sigle inquietanti e oscure…
No, il mondo vero non è questo, l’Italia non può essersi ridotta a una merda simile, a questo incubo.

Fortapàsc

di Marco Risi
Italia, 2008
Con: Libero de Rienzo (Giancarlo Siani), Valentina Lodovini (Daniela), Michele Riondino (Rico), Massimiliano Gallo (Valentino Gionta), Ernesto Mahieux (Sasà), Salvatore Cantalupo (Ferrara), Gigio Morra (Carmine Alfieri), Daniele Pecci (Il capitano Sensales), Ennio Fantastichini (Il sindaco Cassano), Renato Carpentieri (Il Prof. Amato Lamberti), Gianfelice Imparato (Il pretore Rosone)

Trailer del film

fortapasc

Non se ne può più di film che insultano la nostra gente meridionale -campana, calabrese, siciliana- ponendosi sempre dalla parte di singoli personaggi, in questo caso il giornalista “abusivo” (per sua stessa ammissione) Giancarlo Siani, di Torre Annunziata. I registi, gli scrittori, i filosofi, gli artisti -gli “intellettuali” insomma- non comprendono come la vendetta, una giustizia immediata e superiore alle lungaggini, ai cavilli, alla manipolazione propria dei tribunali, sia una giustizia migliore, più equa e soprattutto risolutiva dei conflitti. Conflitti che, peraltro, non possono essere eliminati e che costituiscono il sale e il sapore della nostra tenace vita mediterranea. O vogliamo ridurci alla noia paludata e triste dei Paesi scandinavi?

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Cupio dissolvi

«Siamo nati da un triste crepuscolo» disse Almirante alla nascita del MSI (Mussolini Sempre Immortale). Ancora più triste è quello dentro cui quel partito muore. Finire nell’obbedienza al personaggio che più di tutti incarna la plutocrazia, l’aziendalismo, l’americanismo, la volgarità, il profitto, è uno stupefacente esempio di cupio dissolvi. Che da questo suicidio i capipartito traggano danaro (soprattutto) e potere, ben lo capisco. Ma tutti gli altri? I militanti? Gli elettori idealisti del MSI? E Fini mi sembra troppo vuoto per covare sentimenti di rivalsa (se non di vendetta, che è un sentimento molto meridionale e lui è bolognese…) tali da spingerlo a qualcosa di diverso da paludati “ruoli istituzionali”.
Ma basta così. Come dice l’Evangelo, «lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Lc, 9, 57).

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