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Pestiamoli

Alcuni siti e quotidiani hanno pubblicato le fotografie di Stefano Cucchi, un tossico ammazzato dalle “forze dell’ordine” perché trovato in possesso di 20 grammi di hashish. Vari benpensanti ritengono che in fondo lui, come anche per esempio Aldo Branzino o Federico Aldrovandi, se la sia cercata; che se non vai in giro con la droga queste cose non ti succedono.
Sono sempre d’accordo con le persone per bene e quindi propongo di riservare il medesimo trattamento ai numerosi deputati, senatori, ministri o sottosegretari della Repubblica, amministratori pubblici, agiati e noti imprenditori privati, uomini e donne di spettacolo che utilizzano, comprano, cercano ogni giorno cocaina e analoghe sostanze, in questo modo alimentando il crimine. Pestiamoli, pestiamoli duro, pestiamoli sino a cavare loro il sangue. Se le cercano, no? E se poi vanno pure a puttane (“escort” o “trans” che siano) eviriamoli, così imparano.
Non sono soltanto servi e ladri, gli italiani, ma anche un popolo di ipocriti, ammirando nei potenti le stesse azioni che ai deboli costano la morte.

Lo stato criminale

Ancora ci si stupisce, ancora alcuni giornali agitano scandali e altri giornali nascondono oppure delirano di complotti della magistratura (!), ancora si aspettano indagini, processi, sentenze. Come se non fosse evidente a chiunque sappia guardare con un minimo di oggettività i fatti e la condizione dell’Italia che essa ha superato il modello colombiano, che ormai da decenni è in mano a organizzazioni criminali di ogni genere: Logge massoniche i cui programmi sono diventati azione di governo; affiliati di Cosa Nostra che hanno fondato partiti che vincono le elezioni; Camorre che amministrano intere regioni; cittadini complici dei banditi e dei magnaccia che eleggono negli enti locali, succubi dello strapotere di ladri che allignano in ogni ambito della vita sociale (sanità, pubblica amministrazione, scuole, università…).
Un intero popolo ridotto a Lumpenproletariat, a proletariato straccione di nuovi ricchi xenofobi e ignoranti al Nord, di miserabili che al Sud si vendono «per dieci chili di pasta o per la scarpa sinistra o per un posto di lavoro o per l’acqua» (come scrive Giusy Randazzo), di cattolici pronti a sostenere un sardanapalo crapulone pur di ottenere privilegi finanziari e “morali”, di raccomandati ovunque. Gli anarchici sanno da sempre che lo stato è criminale, che la lotta non è tra il bene delle istituzioni e il male delle organizzazioni malavitose ma si combatte tra gli uomini liberi e i malviventi che stanno dappertutto.

I saltati e i salvati

Due volte, tanti anni fa, un amico che conosceva quegli ambienti mi disse che la mafia non c’entrava molto, che era stata l’esecutrice di volontà politiche: dopo la morte di Dalla Chiesa e dopo la strage che uccise Borsellino e la sua scorta. Fui un ingenuo a non credergli. Adesso capisco che aveva ragione. Il procuratore Piero Grasso ha ammesso con chiarezza l’esistenza di una “trattativa” tra lo Stato e la Mafia, due entità in Italia spesso complici. [Fonte: la Repubblica]. Trattativa che portò all’«accelerazione probabile della strage di Borsellino, [che] può allora essere servita a riattivare, ad accelerare la trattativa con i rappresentanti delle istituzioni. (…) Anche via D’Amelio – sospetta Grasso – potrebbe essere stata fatta per “riscaldare” la trattativa. In principio pensavano di attaccare il potere politico e avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Claudio Martelli, Giulio Andreotti, Carlo Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perché capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici». Peccato.

Videocracy. Basta apparire

di Erik Gandini
Svezia, 2009
Trailer del film

videocracy

Vedere questo film è stato un grande, puro divertimento. Videocracy è fatto di un montaggio intelligente e sempre meditato, di musiche capaci di cogliere la natura tragica di immagini frivole, dell’epopea del Presidente che si intreccia con l’analogo sogno di un giovane operaio. Vi prende forma e figura un mondo surreale e realissimo nel quale il potente Lele Mora -agente e creatore di stelle televisive- rivendica di essere un mussoliniano e mostra sorridendo dei filmati nazionalsocialisti sul proprio cellulare; nel quale un re dei paparazzi -Fabrizio Corona- accusa di malvagità il Potere e di sé dice d’essere «un moderno Robin Hood, che toglie ai ricchi per dare a se stesso»; nel quale la storia delle televisioni commerciali, e del loro dilagare nelle case e nelle menti, diventa ed è la storia dell’Italia contemporanea. Un intreccio inestricabile di epica e di farsa, di casalinghe che si spogliano e di istituzioni che applaudono.

Il commento è sempre discreto e sobrio poiché le immagini, davvero, parlano da sole. «Basta apparire», è la frase conclusiva di Lele Mora posta a epigrafe dei due finali: bellissimo il primo, con ragazze che ballano frenetiche e uguali in un silenzio siderale; meditativo il secondo, col lento incedere del Capo sorridente tra ali di folla che plaude. La politica nell’epoca della sua riproducibilità televisiva.
Immondo è certo il Presidente ma più immondo ancora è il suo Pubblico.

Videocracy

Il trailer del film di Erik Gandini Videocracy è stato rifiutato dalla Rai -televisione pubblica- con tre motivazioni. La prima è che «anche se non siamo in periodo di campagna elettorale, il pluralismo alla Rai è sacro e se nello spot di un film si ravvisa una critica ad una parte politica ci vuole un immediato contraddittorio e dunque deve essere seguito dal messaggio di un film di segno opposto» (Fonte: Repubblica). Sono certo che da ora in poi, per coerenza, ciascuno dei numerosi programmi e video della Rai nei quali si esaltano s.b. e le sue gesta sarà seguito da un immediato programma di segno opposto.

Il secondo motivo è che tale film «non rispetterebbe le convinzioni morali dei cittadini» (Fonte: Ansa). Surreale, oltre che totalitario, che i dirigenti della televisione di stato sappiano che cosa i cittadini ritengano morale o immorale. Tanta solennità per malamente mascherare carriere e poltrone di tali degni dirigenti televisivi. E tuttavia può darsi davvero che la «morale» di Berlusconi (sfruttare il corpo delle donne per ottenere introiti pubblicitari ma presentarsi alla Perdonanza cattolica) sia oggi la morale del telepopolo italiano. Circostanza che lungi dal giustificare s.b. sancirebbe il trionfo della videocrazia.

Il terzo, e più importante, argomento è tratto da un comunicato ufficiale della Rai, secondo il quale il trailer di questo film comunica un «inequivocabile messaggio politico di critica al governo». Motivazione che sarebbe senz’altro condivisa dalle televisioni della Corea del Nord, della Birmania, dell’Iran, dell’Arabia Saudita e di altri analoghi e liberi regimi.

Dürrenmatt su Berlusconi

«L’uomo al quale la città doveva soccombere viveva già fra di noi quando non gli facevamo ancora caso. Lo notammo solo quando cominciò a dare nell’occhio con un comportamento che ci parve ridicolo, tanto è vero che in quei tempi ci si burlava parecchio di lui: eppure, quando divenimmo attenti, aveva già la direzione del teatro. Non ridevamo di lui come si ride di persone buffe per ingenuità o arguzia, bensì come a volte si ride di cose sconce. Tuttavia è difficile dire cosa ci inducesse a ridere nei primi tempi della sua comparsa, tanto più che in seguito lo trattammo non solo con rispetto servile -e questo ci era ancora comprensibile, quale segno di timore- ma anche con franca ammirazione. Singolare era soprattutto il suo aspetto. Era piccolo di statura. Aveva un corpo che sembrava senz’ossa, tanto che emanava da lui un che di viscido. […]..] Però è incerto quando presagimmo per la prima volta in lui la possibilità del male […]..] pensavamo allora a una mancanza di gusto piuttosto, oppure ridevamo della sua supposta stupidità»
(“Il Direttore del teatro” [1945] in Racconti, trad. di U. Gandini, Feltrinelli 1996, p. 29)

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