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Solutus

«C’è un’emergenza democratica». Angelino Alfano ha ragione. L’emergenza democratica rappresentata da alcuni eletti al Parlamento che entrano in massa nel Palazzo di giustizia di Milano con l’intenzione di intimidire i magistrati chiamati a giudicare in nome del popolo italiano i gravissimi reati dei quali Berlusconi è accusato. L’emergenza democratica costituita da Alfano che minaccia scandendo «Stop ai processi o sarà il caos». Pur di evitare la condanna certa -in base alla legge- del loro padrone, Alfano e gli altri ben remunerati servitori sono pronti a infliggere il caos -appunto- all’Italia.
Dal PD silenzio, ancora una volta, su questa azione di marca fascista mentre invece il M5S ha espresso la sua solidarietà ai giudici così minacciati da coloro i quali «si aggrappano a un vecchio signore che perde i pezzi come a un salvagente di marmo. Non hanno del resto alternative. Sparirebbero. Lo terranno insieme fino all’ultimo come la mummia di Lenin per esibirlo nei talk show con un altoparlante nascosto “No IMU, no IMU, no IMU“» [Fonte:  L’uveite di Berlusconi e l’orchite degli italiani].
Gli eletti nel M5S hanno dichiarato che si esprimeranno contro l’eleggibilità di s.b. al Senato, illegittima in base alle leggi in vigore e da vent’anni calpestate. Che cosa faranno i parlamentari degli altri partiti? Da dove viene il pericolo per la nostra democrazia? Sino a quando come italiani dovremo  tollerare il ritorno al principio politico arcaico secondo il quale princeps legibus solutus est? Con quanta arroganza l’entità immonda e i suoi scagnozzi ululano della loro superiorità rispetto alle leggi? Democrazia non vuol dire soltanto andare a votare a intervalli di anni, significa soprattutto divisione dei poteri ed eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Il potere più pervasivo delle società contemporanee è quello dei media. Sino a quando il padrone della televisione sarà in Italia anche capo politico?
Spero che diventi davvero solutus, che costui si sciolga finalmente nella morte.

La favola del fratello cambiato

Viva la libertà
di Roberto Andò
Con: Toni Servillo (Enrico Oliveri / Giovanni Ernani), Valerio Mastandrea (Andrea Bottini), Valeria Bruni Tedeschi (Danielle), Michela Cescon (Anna), Anna Bonaiuto (Evelina Pileggi), Eric Trung Nguyen (Mung), Gianrico Tedeschi (Furlan), Massimo De Francovich (Presidente), Renato Scarpa (Arrighi)
Italia, 2013
Trailer del film

Vigilia delle elezioni politiche in Italia. Il maggior partito dell’opposizione è guidato da Enrico Oliveri, un burocrate senza slancio, spesso depresso, quasi rassegnato alla sconfitta. Dopo l’ennesima contestazione, decide di sparire. Si rifugia in Francia presso la famiglia di un’antica amante. Bottini, il suo principale collaboratore, dice alla stampa e anche alla direzione del partito che Oliveri è in clinica per un intervento chirurgico. Bottini è l’unico a sapere della fuga. Si consulta con la moglie di Oliveri, che lo informa dell’esistenza di un gemello di Enrico, un professore di filosofia da poco dimesso da una clinica per malati di mente. Disperati, si rivolgono a lui. Il quale si cala perfettamente nel ruolo del fratello, trasformandone però l’identità da uggiosa in ilare, da prudente in spericolata, da grigia in carismatica. Tra risposte spiazzanti ai giornalisti, citazioni da Brecht e dalla poesia giapponese, invenzione di nuovi ed efficaci slogan, comizi dalla parola acuminata e coraggiosa, il fratello filosofo riesce là dove il politico aveva fallito.
Un apologo intelligente, misurato e divertente, che incrocia due caratteri differenti e conflittuali sino a fonderli nelle notevoli scene conclusive, dove lo spettatore -che pure sa come stanno le cose- non riesce più a distinguere i due personaggi. L’opera si chiude con il sorriso ironico e saggio di Enrico o di Giovanni? Il film racconta una politica diventata carisma personale e consenso spettacolare ma il suo significato va oltre e abita nel luogo dell’identità, nella lotta tra la serenità personale e la sottomissione che anche il potente deve accettare nei confronti delle masse, nelle domande di fondo sul significato dell’agire umano.
A tutto questo dà voce, corpo e sguardi Toni Servillo, capace di essere due personaggi e non soltanto di interpretarli. La favola del fratello cambiato, nella speranza che sia l’Italia a cambiare.

Futuro

Una parte dell’Italia si è riappropriata di se stessa. Tra quanti si sono recati a votare, uno su quattro ha dato fiducia a persone che agiranno per impedire il ripetersi della quotidiana indecenza dell’ultima legislatura.
Il PD deve ancora una volta dare la colpa ai propri macroscopici errori, primo dei quali aver sostenuto per più di un anno la politica antisociale di uno dei più feroci banchieri della Goldman & Sachs. Banchiere che gli italiani hanno relegato nell’insignificanza politica. Non si può pretendere di ottenere l’apprezzamento di coloro ai quali si è tolta persino la speranza.
I gravi errori del PD (tra i quali, per citarne soltanto alcuni, il sostegno al TAV e alle guerre imperialistiche che gli USA conducono nel Vicino Oriente; l’inserimento nella Costituzione dell’obbligo del pareggio di bilancio; l’ignavia sul conflitto di interessi); il potere della televisione su chi non ha altri strumenti di informazione; la complicità degli evasori fiscali e dei corrotti di ogni risma -che in Italia sono tanti- sono alcuni dei fattori che hanno restituito un po’ di forza all’entità immonda. Il PD, ancora una volta, non ha compreso che il nemico va finito quando è moribondo invece di allearsi con lui e restituirgli quindi vita, come è successo un anno fa. Grillo ha affermato stasera che «riconsegnare a Berlusconi il Paese per sei mesi o un anno credo che sia un crimine contro la galassia» [Fonte: Il Fatto Quotidiano].
Non so naturalmente che cosa accadrà nei prossimi giorni e settimane ma tutto è cambiato. È questo che conta. È cambiato anche nella Sicilia profonda, nel mio paese. A Bronte il Movimento 5 Stelle è il primo partito con 2.276 (28,35%) voti al Senato e 2.929 (31,77%) alla Camera [Fonte: CTzen]. E questo nonostante il sindaco, senatore uscente del Pdl, abbia candidato suo genero alla Camera. Per quanti conoscono il dominio della mentalità berlusconiano/mafiosa a Bronte, si tratta di un risultato eccezionale. Se anche in Sicilia può accadere questo, per l’Italia c’è futuro.

Ora

«Nel 2012 il primo atto della tragedia europea s’è concluso: la costituzionalizzazione del fiscal compact in undici paesi della zona euro sancisce la definitiva cancellazione delle ultime vestigia della democrazia. Il processo di impoverimento della società europea è stabilmente e irreversibilmente avviato, e lo smantellamento del sistema educativo crea le condizioni di un rapido sprofondamento nell’ignoranza, nella violenza, nella barbarie. Le strutture civili cadono a pezzi. In Grecia chi non ha lavoro (più di un terzo della popolazione) non ha diritto alle cure sanitarie gratuite. La gente muore per malattie che si potevano curare prima che l’euro si diffondesse come la peste» (Franco Berardi Bifo, «Nell’agonia dell’Europa», Alfabeta2, numero 26 – febbraio 2013,  p. 6).
Anche per evitare tutto questo stavolta andrò a votare. Lo farò nonostante la verità delle parole che nel 1909 scriveva l’anarchico spezzino Pasquale Binazzi: «E lo scopo principale per cui questi uomini tanto si affannano, intrigano, corrompono, intimidiscono è per raggiungere il posto privilegiato di legislatori, mediante il quale essi possono non già rendersi interpreti della volontà di chi li elesse a deputati; ma imporre la propria e incanalare le risorse e le attività di un popolo a loro beneficio e della classe cui appartengono. Questa è una verità troppo vecchia e resa fin troppo evidente dai fatti di tutti i giorni. Nessuno aspirerebbe al potere se questo non procacciasse dei vantaggi, dei privilegi morali, politici ed economici. Quindi il potere è per sua natura ingiusto e corruttore».
Lo farò non per una persona -Beppe Grillo non è candidato a nulla, contrariamente agli altri capi partito-, non per una concezione politica universale -il M5S è molto pragmatico-, non per un ideale di società perfetta -le persone che si sono candidate hanno molti limiti e devono imparare. Voterò per un progetto di democrazia non rappresentativa, pur nei limiti della presenza in un Parlamento. Voterò per un Movimento «Senza contributi pubblici / Senza sedi / Senza strutture / Senza giornali / Senza televisioni / Senza candidati pregiudicati / Senza candidati presenti in passato in Parlamento / Senza faccioni civetta presentati come capilista in tutta Italia / Senza compromessi / Senza inciuci / Senza leader / Senza politici di professione / Senza corrotti / Senza tangenti / Senza responsabili regionali, provinciali / Senza capibastone / Senza candidati scelti dalle segreterie dei partiti / Senza candidati con un incarico attuale in Comune o in Regione / Senza alleanze con i partiti / Senza un passato di cui vergognarsi / Senza candidati fuori dalla propria circoscrizione elettorale / Senza ideologie / Senza assicurazioni / Senza banche / Senza respiro / Ma anche senza fretta» [Fonte: Senza].
Di questi “senza” soltanto uno non è vero -il “senza leader”-  ma gli altri 25 corrispondono alla realtà. E mi sembra molto, moltissimo. Soprattutto voterò per un programma che condivido in molti dei suoi contenuti mentre su altri sono decisamente critico ma che nel complesso mi sembra capace di restituire normalità e decenza alla vita collettiva; programma riassunto nel volantino che appare qui accanto [basta cliccare sopra l’immagine per leggere meglio].
Voterò per il M5S anche per l’incredibile numero di attacchi e di calunnie che in questi mesi ha subìto da un  sistema mediatico scatenato, impaurito, asservito alle banche proprietarie dei giornali, alle aziende che succhiano i soldi pubblici, ai partiti corrotti sino all’anima, un sistema asservito soprattutto all’entità immonda.
La presenza a sostegno del Movimento il 19.2.2013 in piazza Duomo a Milano di un vecchio libertario come Dario Fo mi conforta in questa decisione. E mi convince soprattutto quanto i deputati eletti all’Assemblea regionale siciliana hanno realizzato sinora, mantenendo le loro promesse. Una scelta pragmatica, insomma, non per una società perfetta ma per una società decente, che restituisca al corpo sociale i diritti cui esso ha rinunciato in cambio della corruzione, dell’imbroglio, dello spettacolo, del nulla. Voterò per questa speranza, ora.

Das Ding

Quando Silvio Berlusconi si candidò per la prima volta alla presidenza del consiglio, parlai di una macchina mediatica -quindi disumana- che tentava di prendere il potere. I vent’anni che da allora sono trascorsi hanno dato clamorosa conferma a quella ipotesi. Il corpo e il volto di questa entità che una volta fu umana non hanno infatti più nulla di naturale. Basta, per rendersene conto, guardarla. L’intrusione chirurgico-meccanica su quello che fu un Leib, un corpo vivo, è stata talmente devastante da ridurlo a un Körper, un corpo cosa, che è costretto a muoversi sempre con degli addetti che assicurino la giusta temperatura negli studi televisivi. Il suo volto potrebbe infatti sciogliersi, le bolle di silicone esplodere.
Se non avesse le tragiche ricadute politiche che ha, il caso di s.b. sarebbe di straordinario interesse e significato antropologico. Si tratta di un soggetto che, afferrato da una patologica paura di invecchiare, rinuncia volontariamente alla propria temporalità e dunque al proprio statuto di umano, transitando non al livello animale, che è una dimensione di profonda raffinatezza ontologica, ma a quello di cosa. Di semplice cosa che ripete ossessiva le proprie formule come quelle inquietanti bambole che fingono di parlare. L’orrore che simili oggetti suscitano dovrebbe mettere in apprensione i genitori evitando di esporre i minori alla visione di una tale mostruosità.
Berlusconi è un umano diventato cosa. È l’oscenità allo stato puro, il mostruoso nella sua forma più angosciante. È dunque vero quanto affermato tempo fa da uno dei suoi medici, il farmacologo Scapagnini (ex sindaco di Catania, città da costui lasciata in bancarotta): «Berlusconi è tecnicamente immortale». Infatti solo gli animali possono morire, le cose -invece- si rompono. Esso, aggiungo, non potrà avere un funerale poiché potrà essere semplicemente rimosso, come accade a una tazza rotta che viene gettata nei rifiuti.
Il 6 giugno del 1950 Heidegger tenne una conferenza dal titolo Das Ding (La cosa). In quell’occasione parlò della “brocca” affermando che «è il vuoto ciò che, nel recipiente, contiene. Il vuoto, questo nulla nella brocca, è ciò che la brocca è come recipiente che contiene» (Saggi e discorsi, trad. di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 112). Tale vuoto è stato riempito dagli escrementi della vita collettiva italiana. Per questo  s.b. è una cosa immonda.

Teleaddiction

Alcune serie televisive non soltanto durano anni e decenni ma entrano nella vita di milioni di persone come parte reale e decisiva della loro identità. «Legioni di adolescenti, professionisti, casalinghe, impiegati, persone di ogni età e senza caratteristiche particolari» incontrano «parte dei loro amici -della loro famiglia allargata, si potrebbe dire- all’interno della tv o del computer», tanto che «la fine della propria serie tv preferita può scatenare sintomi depressivi e un senso di angoscia e smarrimento simile a quella generata dalla fine di un amore» (P.E. Cicerone, «Maniaci seriali», in Mente & cervello, n. 97 – gennaio 2013, pp. 88 e 93). L’articolo che ne parla indulge un po’ troppo in un paragone tra serie televisive come le soap opera o fiction quali Lost, Sex and the City, Dr. House e la grande letteratura epica e romanzesca. Un’analogia insensata poiché per la nostra specie l’attenzione visuale, lo scorrere passivo delle immagini che attraversano il nostro orizzonte, è pura natura; il leggere è attività costruttiva della mente, è cultura diventata natura. Anche per questo la lettura costituisce un livello evolutivo assai superiore rispetto alla dipendenza televisiva, la cui essenza è quindi pre-umana.
Una conferma arriva da quanto leggo in merito alla presenza di s.b. in un programma televisivo di ieri sera (10.1.2013). Sia per il cinico conduttore Santoro sia per l’immondo suo ospite l’importante è stato non il contenuto di ciò che veniva detto ma l’audience, la capacità di tenere legati alla visione milioni di cittadini ridotti al rango di spettatori di uno scontro subumano. La vittoria non poteva che arridere al più rozzo, il quale -invece d’essere venuto a noia- dopo vent’anni domina ancora il mezzo televisivo.

Numeri

233 milioni di euro di finanziamento alle scuole private/cattoliche.
12,5 milioni all’Ospedale del Bambin Gesù di Roma, controllato dal cardinale Bertone.
5 milioni all’Ospedale Gaslini di Genova, controllato dal cardinale Bagnasco.
Condono integrale e assoluto del mancato pagamento dell’IMU da parte degli immobili commerciali di enti cattolici.
Ci sono buoni motivi nel convinto sostegno a Mario Monti da parte dell’Osservatore Romano, della Conferenza Episcopale Italiana, di vari cardinali e del Pontefice in prima persona.
Bagnasco, presidente della CEI, ha affermato che «sulla sua onestà e capacità sembra esserci ampia condivisione». Certo, l’onestà che traluce anche dallo sgravio fiscale -deciso un minuto prima delle dimissioni del governo- riservato alle assicurazioni che impongono agli automobilisti di dotarsi di una particolare scatola nera prodotta soltanto dalle aziende di Luca Cordero di Montezemolo, alleato principale dello stesso Monti alle prossime elezioni.
Certo, vescovi, cardinali e papi sono entusiasti di poter finalmente sostenere alle elezioni un uomo prono ai loro interessi come Berlusconi ma senza l’imbarazzo delle puttane e delle orge di colui.
Che la politica economica estremista e ultraliberista di Monti sacrifichi le scuole/università pubbliche, la sanità pubblica, i servizi pubblici italiani e getti nella miseria i ceti medi -favorendo invece la speculazione finanziaria e le classi più ricche-  non è un problema per  i cattolici, i vescovi, i cardinali e i papi. Simoniaci.

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