Il totalitarismo nel quale viviamo -naturalmente senza accorgercene- è secondo Günther Anders soft poiché avendoci «già determinati avant la lettre, può sempre permettersi di essere generoso, può sempre restare liberale. […] Ci lascia le mani libere per le nostre opere? Sì. Perché le nostre mani sono opera sua» (L’uomo è antiquato II. Sulla distruzione della vita nell’epoca della terza rivoluzione industriale, Bollati Boringhieri, 2007, p. 171).
Fondamentale in questa struttura è naturalmente l’informazione, la quale descrive un mondo radicalmente virtuale, dove gli eventi sono tutti spiegati e piegati a vantaggio del padrone, vale a dire gli Stati Uniti d’America e le loro emanazioni finanziarie. Così nessuno dice, ad esempio, che la tragedia dei migranti che si ammassano ai confini dell’Europa, spesso con esiti fatali, è frutto non della miseria e della dittatura -che nelle aree di provenienza sono ben presenti da decenni- bensì di una ‘strategia del caos’ «che gli occidentali hanno portato a casa loro», la quale «mira ad abbattere i regimi laici a vantaggio dei movimenti islamisti, onde smantellare alcuni apparati statuali e militari che non potevano controllare e poi a rimodellare l’intera regione sulla base di piani stabiliti ben prima degli attentati dell’11 settembre. Così, lo Stato islamico (‘Daesh’) è stato creato dagli americani nel contesto dell’invasione dell’Iraq, e poi si è rivoltato contro di loro. […] Oggi abbiamo perciò tre guerre in una: una guerra suicida contro la Siria, nella quale gli occidentali sono gli alleati di fatto dei jihadisti, una guerra degli americani contro lo Stato islamico e una guerra delle dittature del Golfo e della Turchia contro l’asse Beirut-Damasco-Teheran, con la Russia sullo sfondo» (Alain de Benoist in Diorama Letterario 325, p. 6).
La stessa grave disinformazione è attiva nelle questioni economiche, nel «trionfo incondizionato ed assoluto della visione capitalista, che resta salda e inscalfibile a governare i disastri che ha prodotto, non solo nei proclami politici ma, prima e soprattutto, nel senso comune della gente», una visione per la quale è necessario sacrificare tutto alla cosiddetta ‘crescita’ del PIL, la quale ci impedisce di «accettare l’idea che, da molti anni, viviamo al di sopra delle nostre possibilità, e quella cosa chiamata Pil, lo vogliamo o meno, decrescerà. Non sarà un gran dramma, se quello che decrescerà con lui saranno solo i suoi frutti più maturi: gadgets, o, per dirla in un’altra lingua, minchiate» (Archimede Callaioli, ivi, p. 27).
Una delle menti e delle scritture più lucide del Novecento, George Orwell, aveva ben compreso radici e sviluppi del totalitarismo linguistico, della neolingua che -dagli slogan dei telegiornali al politicamente corretto- distrugge ogni potenzialità critica delle menti: «In 1984 la ‘neolingua risponde a questa duplice esigenza: impoverire e rendere ogni pensiero non conforme impossibile sin dall’inizio. Insomma, una sorta di contraccezione intellettuale, di profilassi mentale» (Emmanuel Lévy, p. 39). Orwell aveva letto con grande attenzione i libri dello studioso statunitense James Burnham, il quale nel 1946 cominciò a parlare di una Managerial Revolution, dell’ascesa di «una nuova classe transnazionale: quella degli ‘organizzatori’», protagonisti di «un nuovo tipo di società planetaria e centralizzata, che non sarà né capitalista, né socialista, né democratica e in cui emergerà una nuova classe, quella degli ‘organizzatori’ o ‘managers’, i quali saranno ‘dirigenti d’impresa, tecnici, burocrati e militari’» (Id., p. 38).
È esattamente quanto sta accadendo. Ha dunque ragione Martin Heidegger ad accomunare nazionalsocialismo, comunismo e capitalismo nella comune distruzione di ogni stratificazione temporale, di ogni identità spaziale, di ogni libertà e comunità, di ogni vita.
Appena Roberto Saviano apre bocca su una varietà di argomenti, tutto il mainstream pravdesco ne dà conto. Ora che invece ha dichiarato con estrema chiarezza che «nel Partito Democratico c’è Gomorra», i giornali -tranne il Fatto Quotidiano– tacciono con impressionante silenzio. Nel Partito Democratico Gomorra vuol dire anche sostegno senza condizioni e finanziamento indiscriminato a ‘Grandi Opere’ criminogene come il TAV e l’EXPO. Nel Partito Democratico Gomorra vuol dire anche alleanza politica e strategica con il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, ex tuttofare di Berlusconi. Nel Partito Democratico Gomorra vuol dire anche aver inserito nelle sue liste elettorali camorristi, vecchi democristiani, migliaia di inquisiti, italoforzuti (come il candidato sindaco del mio paese, Bronte, diventato ora candidato del PD).
Liste costruite per vincere. E per fare che cosa dopo aver vinto? Per devastare il territorio, la scuola, l’università, la sanità, il lavoro, il futuro. Una vittoria che è il trionfo della mafia nel suo più vero significato metafisico: la morte
Allora ripetiamolo: il Partito Democratico è un partito colluso con la mafia, di sicuro in Campania e in Sicilia, molto probabilmente anche altrove. Chi lo vota e chi lo sostiene della mafia si fa complice.
Primo maggio Noexpo. Una cronaca.
Alle 14,00 in piazza XXIV maggio, accanto alla nuova Darsena di Milano, si raccolgono migliaia di persone. Un corteo colorato, vivace, duro contro le politiche del governo italiano e della finanza internazionale, deciso ad attraversare la città per far capire ai milanesi che l’Expo è una luccicante vetrina del malaffare, dello sfruttamento, del nulla spettacolare. Ma l’obiettivo non doveva essere raggiunto, non poteva essere raggiunto. E infatti all’incrocio tra via Carducci e corso Magenta l’aria diventa acre di lacrimogeni e vediamo colonne di fumo alzarsi da auto incendiate e da uffici bruciati. Alcuni momenti di panico ci inducono a retrocedere. Poi riprendiamo. Lungo le strade vetrine spaccate, non soltanto di banche e di negozi ma anche delle fermate dei bus, quelle utilizzate dalla gente che non ha l’automobile privata o che -come me- preferisce servirsi dei mezzi pubblici.
Intorno al corteo migliaia di poliziotti e altre forze, un vero e proprio esercito. Che però lascia fare. A chi lascia fare? Ai teppisti, certamente, a coloro per i quali che si tratti di noexpo o di una partita di calcio non fa differenza, ciò che conta è l’adrenalina della mazza. Ma non solo teppisti, anche infiltrati che hanno il preciso compito di impedire a cinquantamila persone di manifestare contro l’Expo e ciò che esso significa.
Dal G8 di Genova il messaggio diventa sempre più chiaro: scendere in piazza è possibile soltanto se le manifestazioni sono organizzate da partiti e sindacati che siano espressione del governo e del potere. Se a manifestare sono movimenti e realtà alternative al modello ultraliberista dominante deve essere chiaro che si rischia, e si rischia grosso. Meglio rimanere a casa, davanti al televisore, ad ascoltare le parole di Renzi o del fantoccio pro tempore, a sorbirsi la profonda ipocrisia e l’immensa stupidità di chi comanda.
Ma la responsabilità più grave non è quella del governo che tollera e che organizza la violenza, mostrando così di essere inefficiente e complice. La responsabilità più grave non è dei gruppi di teppisti che insieme ad automobili e negozi distruggono la protesta popolare. La responsabilità maggiore dello scempio che è l’Expo e dello scempio che è la sterile guerriglia urbana è dei milioni di italiani che continuano a non capire e a voler non capire, che continuano a credere a qualunque verità venga ammannita dalla neolingua delle varie Pravda in mano al governo e alle banche, che continuano a recarsi alle urne per votare a favore del Partito Democratico, di Forza Italia, dei loro satelliti.
La responsabilità più grave è del cittadino che si fa gli affari suoi; che non si interessa di politica se non lo stretto indispensabile per eleggere corrotti, ladri, traditori, criminali; che crede a tutto ciò che televisione e grande stampa gli propinano. E che stasera se la prenderà con i manifestanti noexpo e dunque anche con me. Come vedi, cittadino, la responsabilità è invece tua.
Partito Democratico e Nuovo Centrodestra hanno la maggioranza assoluta in Parlamento; il Presidente del Consiglio e Segretario del Partito Democratico è sempre baldanzoso; quasi tutta la stampa e tutta la televisione incensano il Governo da mane a sera; il Presidente della Repubblica interviene di continuo nel dibattito politico attaccando l’opposizione (vale a dire il Movimento 5 Stelle) e sostenendo apertamente la maggioranza parlamentare; nonostante la corruzione/metastasi e la disoccupazione dilagante, gli italiani sembrano dormire il sonno dell’agonizzante. Tutto dunque va bene per chi comanda. E tuttavia. Tuttavia si riducono ad approvare con un voto di fiducia e di notte, come i ladri appunto, una legge fondamentale per la vita collettiva, della quale mancano alcune parti e altre sono piene di errori. È la notte della Repubblica.
«Votare di notte come i ladri con un presidente del Senato senza dignità un testo con parti addirittura mancanti. Ieri notte è andata in onda l’ennesima pagliacciata di una repubblica in mano a golpisti e tangentari. Il parlamento va sciolto e bisogna andare a nuove elezioni al più presto. Siamo nelle mani di folli che stanno facendo a pezzi la nazione sotto gli occhi di un presidente della Repubblica tremebondo che ha tradito la Costituzione. Il portavoce del M5S Vacciano ha chiesto a Grasso questa notte che testo si doveva votare visto che mancavano dei pezzi. Quello di Topolino? L’ineffabile Grasso ha risposto che il governo avrebbe integrato il testo. Ma chi crede di prendere per il culo? I cittadini dovranno subire una legge finanziaria che li massacrerà di tasse senza che il contenuto sia discusso e neppure scritto. Questa è dittatura con la vaselina».
Fonte: Dittatura con la vaselina (il video con 4 minuti di dibattito in Senato è da vedere, per capire a quale livello questi incapaci abbiano ridotto l’Italia).
Al Lessico già pubblicato aggiungo alcune voci di carattere economico-finanziario, dunque assai importanti.
Banche e media
Il sociologo Luciano Gallino ha scritto un libro dal significativo titolo Il colpo di stato di banche e governi, (Einaudi 2013). Recensendolo, Marco De Troia scrive che «si rimane sconcertati nel constatare come giornalmente i media -quasi tutti in mano a gruppi finanziari- glorifichino le sorti progressive del sistema liberista, che, oltre ad aver accresciuto la povertà, ha sviluppato al suo interno un ceto finanziario che opera in modo delinquenziale procurando danni letali alle attività produttive» Tutte le più importanti vicende politico amministrative italiane degli ultimi anni lo confermano, compreso quanto è accaduto nella capitale, gestita per anni da gruppi mafio-fascisti, con la complicità del Partito Democratico.
Dollaro
«In occasione dell’incontro al vertice di Fortaleza, il 15 e il 16 luglio scorsi, il gruppo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, America Latina e Sudafrica, ovvero il 42,6% della popolazione mondiale) ha deciso la creazione di una Banca di sviluppo di un Fondo di stabilizzazione delle risorse monetarie che svolgeranno le stesse funzioni della Banca mondiale e del Fmi, due istituzioni largamente dominate dagli Stati Uniti sin dalla loro creazione. […] Dopo un’egemonia del dollaro che è durata settant’anni (esattamente come l’Unione Sovietica), si tratta di un avvenimento storico di primaria importanza, che autorizza a paragonare la caduta del ‘muro del dollaro’ a quella del muro di Berlino. C’è da scommettere che, ciononostante, passerà inosservato agli occhi di coloro che si interessano esclusivamente degli aneddoti della politica politicante…»
Euro (di Éric Maulin)
«La zona euro non è una zona monetaria ottimale, ossia una zona geografica capace di condividere la stessa moneta. […] La zona euro è infatti una zona economicamente eterogenea, la cui eterogeneità è rafforzata dall’attuale funzionamento dell’euro e non è compensata da trasferimenti fiscali tra Stati che solo una federazione potente potrebbe applicare. Le soluzioni proposte alla crisi dell’euro sono numerose e varie manifestano impotenza e incertezza. Sono state proposte, alle rinfusa, l’uscita dall’euro, la creazione di due zone euro per il Nord e per il Sud, il ritorno alle monete nazionali, l’uscita dalla zona euro della Germania (lo Stato più forte), l’uscita della Grecia e del Portogallo (gli Stati più deboli), la creazione di una comunità politica dell’euro, il ricorso al federalismo. Quasi tutte le soluzioni implicano il ritorno al principio della sovranità monetaria, oggi neutralizzato nel quadro delle istituzioni esistenti. Ma questo ritorno alla sovranità monetaria può avvenire in due modi diametralmente opposti, il ritorno agli Stati o la creazione di una sovranità monetaria europea. In entrambi i casi, esse implicano una rottura con l’ordoliberalismo fondatore»
TTIP – Transatlantic Trade and Investment Partnership (Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti)
Il progetto di abbattimento di qualunque protezione dell’economia europea a favore di quella statunitense è stato condotto a lungo in forme riservate sino al silenzio. Soltanto da poco tempo i media ne parlano e lo fanno per lo più in termini tali da costituire un esempio preclaro di menzogna politica planetaria. Alain de Benoist osserva infatti:
«Seguendo un rituale ben rodato si assicura che l’accordo profitterà a tutti, che avrà un effetto favorevole sull’occupazione, eccetera. Rapportate all’orizzonte 2027, che è quello che si è preso in considerazione, promesse di questo tipo sono in realtà prive di senso. Nel 1988 la Commissione europea aveva già affermato che la messa in opera del grande mercato europeo, prevista per il 1992, avrebbe creato fra i 2 e i 5 milioni di posti di lavoro. Stiamo ancora spettandoli. Quanto agli effetti del mercato transatlantico, gli analisti più ottimisti parlano di alcuni decimi di punto del Pil (fra lo 0,27% e lo 0,48%), o ancora di un ‘surplus di ricchezza’ di 3 centesimi a testa al giorno a partire dal 2029! […] I cittadini non sono stati minimamente informati -non così, invece, i ‘decisori’ appartenenti ai grandi gruppi privati, alle multinazionali e ai vari gruppi di pressione, che sono invece regolarmente coinvolti nelle discussioni. Le multinazionali sono infatti fin dall’inizio nel cuore dei negoziati. […] Per liberalizzare l’accesso ai mercati, si prevede che l’Unione europea e gli Stati Uniti facciano ‘convergere’ le loro regolamentazioni in tutti i settori. Il problema è che gli Stati Uniti si collocano oggi al di fuori del quadro del diritto internazionale in materia ecologica, sociale e culturale, rifiutano di applicare le principali convenzioni sul lavoro, il protocollo filosofia Kyoto sul riscaldamento climatico, la convenzione sulla biodiversità, le convenzioni dell’Unesco sulla diversità culturale e così via. […] I gruppi farmaceutici potrebbero bloccare la distribuzione dei generici. I servizi d’urgenza potrebbero essere costretti a privatizzarsi. […] Gli ospedali, le scuole, le università e la previdenza sociale sono naturalmente anch’essi presi di mira. […] Ma che cosa può significare un accordo di libero scambio i cui termini possono essere costantemente falsati dalla sottovalutazione del dollaro rispetto all’euro? […] La frase [di Obama] è abbastanza azzeccata. È proprio una Nato economica, posta come il suo modello militare sotto tutela americana, quella che la Ttip cerca di creare, con l’obiettivo di diluire la costruzione europea in un vasto insieme inter-oceanico senza alcun fondamento geopolitico, di fare dell’Europa il cortile posteriore degli Stati Uniti, consacrando così l’Europa-mercato a detrimento dell’Europa-potenza» (2-5).
Su quest’ultimo argomento -assolutamente decisivo e proprio per questo in gran parte ignorato dall’informazione mainstream– segnalo anche un testo dell’economista Paolo Brera, segnalatomi dall’amico Dario Generali e leggibile in pdf.
[Fonte: Diorama letterario 320 e 321, anno XXXV, numeri 3-5/ e 6/8 2014]
La questione democratica, in Italia e in tutto il mondo, coincide con la questione degli strumenti e delle modalità di informazione. Come sapeva Guy Debord, la stampa mainstream e le reti televisive sono sempre e soltanto il potentissimo strumento dell’inganno che i governi esercitano sull’intero corpo sociale. Indispensabili alla democrazia sono pertanto quelle voci critiche e altre che, seppur in netta minoranza, costituiscono il granello che inceppa la grande macchina. A Rivista anarchica e Diorama letterario, per quanto tra loro diverse, sono tra queste voci. Ogni loro numero -non necessariamente da condividere per intero- lo dimostra.
Nei numeri più recenti di Diorama vengono tradotti alcuni interventi che Alain de Benoist dedica a una varietà di tematiche, tutte accomunate dal costituire l’orizzonte del presente e del futuro. Da questi interventi traggo le affermazioni che mi sembrano più consone a comprendere ciò che accade.
Animali
«I maltrattamenti inflitti agli animali mi scandalizzano ancora di più dei maltrattamenti inflitti agli umani»
Europa
«Per me, tuttavia, la parola d’ordine non è ‘Per la Francia contro l’Europa’, ma piuttosto ‘Per l’Europa, contro Bruxelles’»; «Così come gli Stati Uniti sono nati da un rifiuto dell’Europa, l’Europa non potrà farsi se non contro gli Stati Uniti»
Eutanasia
«Come gli antichi romani, io rispetto ed ammetto assolutamente il suicidio, includendovi il suicidio assistito. […] Penso che mettere fine in condizioni pacifiche a una vita che sta terminando in forma vegetativa o con sofferenze indescrivibili abbia a che fare con la semplice umanità»
Paganesimo
«Il monoteismo non ha certamente il monopolio dell’intolleranza, ma ne ha creato una forma nuova: l’intolleranza religiosa. Essa va di pari passo con l’avvento di un nuovo regime di verità. Nel politeismo, si considera assolutamente normale che ciascun popolo celebri un culto ai propri dèi. […] Nel monoteismo, gli altri dèi sono necessariamente considerati idoli, demoni o illusioni da dissipare. Per estensione, sono i loro seguaci a dover essere sradicati. […] Questo tipo di intolleranza è stato in tutte le epoche estraneo al paganesimo. Esso infatti non si fonda su dogmi ma su riti. Ignora quindi le eresie, le guerre sante, gli scismi, le scomuniche, le crociate e le inquisizioni»
Pubblicità
«La pubblicità è diventata la forma dominante della comunicazione (inclusa, naturalmente, la comunicazione politica), nella misura in cui tende ad affermarsi come la forma paradigmatica di ogni linguaggio sociale. […] La pubblicità ci addestra a ricalcare il nostro desiderio sul desiderio degli altri, in modo tale che in fin dei conti il consumo è sempre consumo del desiderio altrui».
Russia
Per gli USA «la Russia è sempre una potenza da ‘contenere’ con tutti i mezzi e la intera loro politica estera mira ad accerchiarla, a spingere la Nato fino alle sue frontiere e ad impedire agli europei di allearsi con i russi, come sarebbe del tutto naturale che facessero se avessero coscienza della necessità di pensare in termini continentali». Quando sono state annunciate le sanzioni contro la Russia «il ministro degli Esteri russo si è limitato a dichiarare: ‘Proviamo vergogna per l’Unione europea che, dopo aver lungamente cercato la propria via, ha adottato quella di Washington, respingendo così i valori europei fondamentali’. Purtroppo, le cose stanno esattamente così. L’Unione europea si è allineata all’America perché sia l’una che l’altra condividono la stessa ideologia liberale»
Sinistra
«La verità è che la sinistra ha perso il popolo [Lo conferma la clamorosa percentuale di astenuti nelle recenti elezioni in Emilia Romagna]. E che dopo aver perso il popolo sta perdendo anche l’egemonia culturale. È questo il vero fondamento della rivoluzione silenziosa alla quale stiamo assistendo. Tutto il resto discende da questo»
Stati Uniti d’America
«La ‘democrazia in America’ non è che il regno di un’oligarchia finanziaria. […] Le ‘relazioni internazionali’, allora, non significano nient’altro che la diffusione su scala planetaria del modo di vita americano. Rappresentando il modello alla perfezione, gli americani non hanno bisogno di conoscere gli altri. Spetta agli altri adottare il loro modo di fare. Data la situazione, non ci si può stupire che le difficoltà incontrate negli Stati Uniti in politica estera siano così spesso il risultato della loro incapacità di immaginare che altri popoli possano pensare diversamente da loro. Di fatto, per molti americani, il mondo esterno semplicemente non esiste, o piuttosto esiste solo nella misura in cui si americanizza, condizione necessaria perché diventi comprensibile».
Vicino Oriente
Che le autorità francesi si preoccupino dell’Isis può essere comprensibile «ma sarebbero più autorizzate a farlo se il presidente Hollande non avesse dichiarato esplicitamente, sin dall’incontro del G20 del giugno 2012, che era opportuno riconoscere la ribellione armata jihadista come l’unica rappresentante della legittima autorità siriana».
[Fonte: Diorama letterario 320, anno XXXV, numeri 3-5/2014]
Ringrazio Pasquale D’Ascola per avermi segnalato un’analisi geostrategica che mi sembra del tutto plausibile. Si intitola Il chiarimento del caos. Perché gli USA usano l’ISIS per conquistare l’Eurasia. È stata pubblicata l’8.9.2014 su Informare per resistere. Lettere dalla Resistenza.
È un testo che sistematizza concetti e ipotesi che formulo anch’io da tempo. Qualche traccia -a proposito di Pasolini, della ‘sinistra’ istituzionale, del dominio statunitense sulla società dello spettacolo- l’avevo elaborata già nel 1998 in Contro il Sessantotto.
L’analisi inizia con un riferimento ai corsari dell’età moderna, incipit tanto esatto quanto illuminante.
Per il resto, basti ricordare -cosa che i media mainstream hanno di botto dimenticato (con qualche interessante eccezione)- che l’ISIS -lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante– cominciò ad apparire ufficialmente in Siria, nella guerra civile contro il regime di Assad organizzata e sostenuta degli USA, dalla Gran Bretagna e dalla Francia. Queste potenze sono state quindi alleate dei terroristi tagliatori di teste.
A chi è scettico sulla possibilità che «la maggiore democrazia del mondo» si spinga a tanto, l’articolo ricorda che «il regista Oliver Stone e lo storico Peter Kuznick con molto acume hanno fatto notare che con Hiroshima e Nagasaki gli USA non solo volevano dimostrare al mondo di essere superpotenti, ma anche –cosa ancor più preoccupante- che non avrebbero avuto alcuno scrupolo nella difesa dei propri interessi: erano pronti a incenerire in massa uomini, donne e bambini». La totale spregiudicatezza degli Stati Uniti nella creazione e conservazione del loro potere mondiale non è una fantasia degli antiamericanisti ma una realtà storica documentata in molti modi dalla II Guerra mondiale in avanti. L’elenco allungherebbe inutilmente questa nota; per rendersene conto basta conoscere un poco di storia contemporanea.
Ma l’elemento più interessante è il reale obiettivo del terrorismo sostenuto in modo così ambiguo ma anche così convinto dagli Stati Uniti d’America: neutralizzare la Russia (tutta la vicenda Ucraina ha questo pericolosissimo scopo, assolutamente autolesionistico per l’Europa) e minacciare la Cina, il vero nemico futuro -economico e politico- degli States, quello che porterà a un conflitto totale, al compimento di ciò che l’autore chiama giustamente la «Terza Guerra Mondiale a Zone», iniziata l’11 settembre 2001 e da allora sempre più capillare, estesa, violenta, apparentemente oscura nella sue modalità anche finanziarie ma in realtà evidente nei suoi obiettivi. Non aver compreso tale dinamica geopolitica è stata ed è (anche questo viene ben chiarito nell’articolo) una delle principali cause del tramonto politico e culturale di ciò che dal 1848 è stato chiamato «sinistra».