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Emergenze

Il Prontuario per le emergenze ad uso dei governanti a firma di Davide Miccione, pubblicato su Aldous il 13 marzo 2025, è un testo che coniuga implacabilità logica, realismo politico, ironia espressiva.
Lo riporto qui integralmente poiché condivido per intero l’analisi che da esso emerge del nostro tempo, della sua sostanziale natura servile, la quale rende molte persone semplicemente incapaci di vedere ciò che accade.

Testo sul sito della rivista
Pdf del testo

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Quella venuta meglio resta il covid, senza alcun dubbio. Quella venuta peggio la guerra Israele-Palestina. Ancora più improbabile sembra la chiamata al riarmo immediato europeo. In mezzo abbiamo il patriarcato, l’omofobia, la guerra russo-ucraina, l’immigrazione, l’apocalisse climatica, il ritorno del fascismo. La velocità di sostituzione delle emergenze segue la crescente velocità di sostituzione delle merci, però funziona sempre peggio. Ogni sostituzione di emergenza si fa disvelamento progressivo per qualcuno e, sebbene alcuni di loro finiscano poi prigionieri di fantasiose e altrettanto dogmatiche contronarrazioni, il lavoro di convincimento delle masse sembra farsi sempre più faticoso per quel povero clero intellettuale (giornalisti, showrunner, sceneggiatori, romanzieri light, ghost writers dei politici ecc) cui è demandato tutto il peso delle narrazioni sul mondo.

Da aspiranti “emergenzologi” vorremmo provare a fare un po’ di chiarezza sui prerequisiti necessari per una buona emergenza anche ad uso dei sempre più stanchi governanti. In verità l’asset di potere su cui quasi tutte le costruzioni delle emergenze si sono basate appare in via di disarticolazione e il nuovo potere ascendente sembra voler sostituire la costruzione delle emergenze facendosi emergenza esso stesso. Trump sembra dire: posso fare di tutto, non ho limiti, sono imprevedibile: “l’emergenza c’est moi”. Quest’ultimo passaggio spiazza la nascente scienza dell’emergenzologia che avrà bisogno di più tempo per processare questi ultimi eventi ma vi è comunque la certezza che il vecchio sistema tradizionale di costruzione delle emergenze che ha i suoi prodromi in Italia già con l’entrata nell’Euro (l’emergenza di un treno che non poteva essere perso) e ancor prima in tangentopoli (l’emergenza corruzione) e nella strategia della tensione e che tante soddisfazioni ha dato nell’esercizio del potere, non verrà messo né del tutto né per molto in cantina.

Ecco dunque il prontuario per una buona emergenza. In primis l’emergenza deve essere vera. Ci deve essere davvero un virus, una guerra, dei morti, un cambiamento climatico, un atroce atto terroristico eccetera. Non bisogna farsi prendere dalla hybris e costruire sul nulla, sebbene in alcuni casi (l’emergenza antrace irakeno) anche la “fake emergenza” possa funzionare in assenza di significativi gruppi simpatizzanti con la controparte. Se però l’emergenza è vera in che senso parlare di emergenza e non della “cosa” stessa che ci impone la sua realtà? Per rispondere vanno analizzati con cura i parametri.

In primo luogo l’emergenza è caratterizzata dall’essere in parte causata, nel suo reale rischio collettivo, da quelle stesse forze che la sbandierano come ragione sociale del proprio intervento politico. Così, ad esempio, in quella riuscita meglio, una classe politica che aveva disinvestito sugli ospedali e le terapie intensive ci spiegava che ogni disposizione di legge era permessa perché in caso contrario i posti in ospedale non sarebbero stati sufficienti oppure, in altre emergenze, una classe politica che non ha investito nel welfare, nella scuola e nel controllo del territorio lancia l’emergenza della mancata integrazione degli immigrati. O ancora, una classe imprenditoriale malata di sviluppismo e vissuta sul consumismo scopre il tema dell’inquinamento e dell’ambiente.

In secondo luogo, oltre ad aver parte nel rendere l’emergenza più grave di quanto sarebbe potuta essere a causa di scelte precedenti, chi la cavalca ne acuisce gli effetti anche in atto. Ad esempio, nella nostra best practice di studio, lo fa impedendo alla medicina di prossimità di intervenire (i medici non visitino i malati!) o evitando siano prescritti farmaci adeguati e sostituendoli con vigili attese.

E poi necessario bloccare la linea temporale. Ogni buona emergenza nasce dall’istituzione di un limite temporale di partenza che non può essere violato senza incappare nella stigmatizzazione sociale. La guerra russa-ucraina va pensata dal 24 febbraio 2022 e non prima, l’attacco israeliano a Gaza dal 7 ottobre 2023. Il clima va analizzato senza andare troppo indietro nei secoli, il covid non ha predecessori e, senza vaccino, è un ufo contro cui si può solo fare vigile attesa eliminando anche la vecchia priorità dell’immunità naturale. Ancora, i dati sui delitti degli anni passati sulle donne non esistono eccetera.

L’emergenza va ritagliata anche nella sua possibilità di pensarla. Si esprime solo in un modo e si può lottare in essa solo in un modo. Dunque solo la Co2 conta per l’emergenza clima (le decine di altre questioni, ad esempio il consumo di suolo, diventano improvvisamente irrilevanti), solo l’immunizzazione dal covid conta (e, qualsiasi altra patologia le scelte politiche anticovid facciano aumentare, è fuori dal cono di luce dell’emergenza e quindi trascurabile); solo i morti israeliani, solo l’autonomia ucraina vale ma non quella dei russofoni ucraini, e così via. L’emergenzialismo, come Figaro, canticchia perennemente “uno alla volta, uno alla volta per carità”.

Un buon consiglio per una buona emergenza è di non far coincidere i cattivi della vicenda con una minoranza organizzata (errore fatto con i pro-palestinesi) ma di ritagliarla nella carne viva della società, tra gente che non sa ancora di essere il chiodo che sporge. Inquinatori con l’Hammer in garage e tizi che coltivano bio, se non hanno avuto fede nel verbo emergenziale climatico, si sono trovati incasellati nella medesima casella del negazionismo. Fascisti, comunisti, liberali, conservatori e progressisti, se hanno visto con perplessità le politiche pandemiche, si sono ritrovati nella casella dei no vax e cosi via.  L’emergenza infatti va fatta coincidere, dopo averla ritagliata tematicamente e temporalmente, con il bene assoluto e tanto colui che non crede, quanto colui che non ritiene sia perimetrabile come ha deciso la macchina informativa, quanto infine colui che pensa di risolverla diversamente, si trovano allocati nel male e vengono costituiti dall’esterno e omogeneizzati come una specifica classe di malvagi in quanto avversari del bene. La specificità del sistema è quella di accorpare posizioni diverse e definibili solo ex contrario dalla mancata adesione alla “brutta novella” causando una orribile stenosi del pensiero e del principio di realtà. Diventano così putiniani tanto coloro che apprezzano Putin quanto chi non l’apprezza ma ne capisce le ragioni e perfino chi non l’apprezza, non ne capisce le ragioni ma ritiene che si debba cercare la pace. Diventa antisemita sia chi odia gli ebrei e sia chi ama gli ebrei ma pensa che gli israeliani stiano esagerando. Diventa no vax sia chi teme tutti i vaccini, sia chi teme i soli vaccini anticovid e persino chi (ho conosciuto personalmente un caso) stando all’estero ha fatto senza problema i vaccini anticovid tradizionali (cinesi o cubani ad esempio) ma tornando in Europa non era disposto a fare quelli a mRNA.

Una lettura totalitaria del mondo è dunque strutturale al sistema emergenza. A fronte di questa, la barbarie della verità che ci mostra l’amministrazione Trump, così chiara nel mostrare i rapporti di forza e la solita natura predatoria umana squadernata in bella vista, appare come l’ultima tappa di un progressivo disvelamento del reale che il ventunesimo secolo ci sta regalando. Che poi le masse sappiano approfittare di questa opportunità di comprensione è un altro discorso.

Schiave e carnefici

In Italia, che io sappia, è un silenzio quasi assoluto, in particolare da parte delle grandi reti televisive (un silenzio casuale? Improbabile). Altrove, e non soltanto ovviamente in Gran Bretagna, se ne parla da tempo, soprattutto dopo che alcuni dei responsabili sono stati portati a giudizio. Qui segnalo un resoconto sintetico e molto chiaro uscito sul quotidiano francese Le Figaro lo scorso 3 gennaio 2025. Ad averlo scritto è Mathieu Bock-Côté e si intitola «Dietro gli stupri delle bande pakistane l’imbarazzato silenzio delle élites». Invito a leggerlo  per intero (se necessario a tradurlo in automatico; qui sotto c’è il pdf).
Ne riporto alcuni brani tradotti da me.

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Il caso degli stupri di ragazze bianche della classe operaia britannica per mano delle bande pakistane ritorna in una misura inattesa e domina di nuovo la politica e la stampa inglese.

La vicenda risale al 2017. Allora si parlò degli stupri di Telford. In Inghilterra hanno scoperto che per molti anni 1400 ragazze britanniche bianche della classe operaia erano state ridotte in una condizione di schiavitù sessuale da parte di bande pakistane.
[…]
Le bande avrebbero in effetti agito nella maggior parte delle città inglesi. Si parla di decine di migliaia di ragazze coinvolte, forse anche più.
[…]
Dopo le aggressioni sessuali a Colonia, nel 2016, ogni società occidentale avrebbe potuto e dovuto esserne consapevole, dato che ciascuna lo aveva in modi diversi vissuto. Ma nonostante questo le autorità inglesi hanno distolto lo sguardo, quando non hanno persino cercato di insabbiare i fatti: esse temevano, se il fenomeno si fosse venuto a sapere, di suscitare odio razziale.
[…]
Le società occidentali intendono presentarsi come particolarmente sensibili alle violenze sessuali, ma esse lo sono veramente soltanto quando di tratta di mettere sotto accusa il «patriarcato». Le violenze frutto di differenza [etnica] sono invece nascoste, o persino apertamente negate, poiché esse svelano che la sicurezza e la libertà delle donne costituiscono il prezzo da pagare per l’avventura multiculturale. L’estremismo ideologico fa sì che il regime globalista si scagli contro quanti lanciano l’allarme e, ancor di più, contro chi subisce personalmente la violenza, non accettando di fare da vittima sacrificale.

[pdf: Mathieu Bock-Côté : «Derrière les viols des gangs pakistanais, le silence gêné des élites»]
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In molte città europee e italiane, compresa Milano nella sua piazza del Duomo, la notte di Capodanno del 2025 si sono verificate violenze e aggressioni contro le ragazze bianche da parte di persone nordafricane. Quanti lo sanno? Televisione e stampa ne hanno parlato?
Per alcune culture non europee (oltre che per non pochi europei) le ragazze libere, sole, disinibite sono soltanto delle «puttane» e come tali vengono trattate dai maschi di quelle culture. Qui non scatta l’accusa di «patriarcato»? E questo solo perché i suoi responsabili non sono europei o di origine europea?
Valutare un comportamento e un reato su base etnica, valutare su base etnica un gravissimo crimine contro le persone, ecco questa è una chiara espressione di razzismo, in questo caso razzismo contro le donne bianche. Un razzismo ancora più odioso in quanto esercitato su ragazze che, in Gran Bretagna, vivono in condizioni sociali ed economiche di grande difficoltà; proletarie e sottoproletarie con famiglie spesso inesistenti o deboli.
Un caso dunque di razzismo etnico e sociale. Ma è inevitabile che l’estremismo inclusivista, globalista e politicamente corretto pervenga a tale spregevole esito. Un esito violento e suicida.

Tirannide

Concordo con l’analisi che Alberto Capece ha dedicato al servilismo dell’Unione Europea e al conseguente declino coloniale dell’Europa. Pubblico qui sotto il suo articolo (fonte: https://ilsimplicissimus2.com/2024/12/07/i-trenta-tiranni/, il Simplicissimus, 7.12.2024).

Dopo l’articolo ho inserito le schermate di alcune notizie dedicate:
-all’annullamento delle elezioni in Romania, vale a dire a un colpo di stato attuato con dei pretesti semplicemente ridicoli (TikTok!); assai più fondato sarebbe sostenere che tutte le elezioni svoltesi in Italia dal 1948 in poi sarebbero da annullare poiché influenzate e distorte alla radice dalla propaganda, dai finanziamenti, dalle minacce degli Stati Uniti d’America…
-alla grazia concessa da Biden a suo figlio, accusato di gravi crimini. Un antico (e moderno) autocrate orientale non avrebbe potuto fare di meglio. La più grande democrazia del mondo? Ma no! Gli Stati Uniti d’America sono la più grande satrapia del mondo;
-alle conferme del genocidio in atto a Gaza contro gli umani palestinesi, molti ancora bambini, da parte di Israele;
-al terrorismo statunitense, che sostiene i nazisti ucraini e i tagliagole dell’ISIS in Siria, quei terroristi che in realtà sono stati creati sin dall’inizio dalla CIA e da Israele (l’ISIS non ha infatti mai toccato israeliani e statunitensi ma sempre altri musulmani).
L’Europa affonda in questo fango. I suoi cittadini affondano nelle paludi di un’informazione completamente fasulla e schierata a fianco del terrore.

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I Trenta tiranni

Ciò che sta accadendo in Romania dove la Corte Costituzionale ha annullato  i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali perché ha vinto il candidato “sbagliato” denuncia lo stato di tirannia che regna nel continente che si vanta della propria democrazia. Si tratta chiaramente di un golpe che ha come pretesto non meglio specificate influenze russe sulle elezioni, un tema trito e ritrito completamente inventato dalla banda Obama in Usa per mettere i bastoni fra le ruote a Trump e ribadito nelle più improbabili e ridicole situazioni dai massini idioti del potere globalista. Lo si dice anche della Georgia  dove è in atto un tentativo di rivoluzione colorata, quando nel Paese abitato da meno di 4 milioni di abitanti dove esistono 23 mila Ong, una ogni 180 abitanti tutte collegate agli Usa, all’Europa o appartenenti alla galassia sorosiana, ma nessuna collegata alla Russia.

Ecco perché il titolo dei Trenta tiranni, reminiscenza della storia greca, si adatta benissimo all’Ue. Sì, magari i tiranni sono 27, più la von der Leyen ma fanno ugualmente riferimento all’oligarchia e a un potere che non è più di Sparta, ma risiede in Usa o meglio nelle pieghe della sua governance reale. Tuttavia la farsa della democrazia occidentale si sta sgretolando di fronte a coloro che hanno ancora occhi per vedere e neuroni per capire. La grazia concessa da Biden al figlio, uno dei più odiosi atti di nepotismo che si siano visti dopo l’epoca dei Borgia, il disperato tentativo di sottrarre risorse militari russe al fronte ucraino con la guerra terrorista in Siria, spacciata come guerra civile agli idioti in grado di volere, ma non di intendere. E poi  l’appoggio incondizionato alla strage di Gaza e al leader fascista di Tel Aviv, le censure come modus operandi nel campo della comunicazione e della vita accademica, il sostegno al leader sudcoreano pro-Occidente che dichiara poteri da stato di polizia per evitare di essere perseguito per corruzione, l’impoverimento delle popolazioni per sostenere queste infinite guerre ( si parla di altri 500 miliardi per sostenere il regime para nazista di Kiev peraltro già in agonia) e il tentativo di attuare un nuovo e gigantesco trasferimento di risorse dai poveri ai ricchi attraverso un armamentario apparentemente virtuoso, ma profondamente immorale per le sue menzogne di base che va dalla sanità al clima.

Quante altre prove sono necessarie per dimostrare che le democrazie occidentali sono diventate oligarchie guidate da politicanti burattini che si considerano al di sopra della legge e non provano altro che disprezzo per la rappresentanza degli interessi dei cittadini comuni? L’intera Unione Europea è stata catturata, anzi creata dalle élite atlantiste che hanno imposto politiche che servono interessi occidentali egemonici e non gli interessi dei cittadini. Il tutto garantito da una moneta come l’euro che a causa dei suoi vincoli non consente politiche sociali e si basa su un unico presupposto, ovvero che non esistono alternative. Questa è una definizione di tradimento. Quantomeno tradimento della volontà popolare che dovrebbe essere la base della democrazia: secondo l’ultimo rapporto Censis, appena uscito, il 71,4% degli italiani pensa che l’Unione europea è destinata a sfasciarsi senza riforme radicali. Il 68,5% ritiene che le democrazie liberali non funzionino più. E il 66,3% attribuisce all’Occidente (Usa in testa) la colpa dei conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente. Non a caso, solo il 31,6% si dice d’accordo con il richiamo della Nato sull’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil.

Probabilmente le stesse percentuali potrebbero essere riscontrate in ogni grande Paese del continente perché è sempre più evidente che personaggi come Macron,  Scholz, von der Leyen, Rutte  sono i burattini comprati e pagati per incarnare la tirannia atlantista. Imbevuti di elitarismo come diretta espressione del loro stesso narcisismo e di una russofobia radicata, sedotti dalla corruzione o costretti dal ricatto dei servizi di Oltre Atlantico, tutti costoro sono stati ingaggiati per tradire gli interessi dei cittadini europei e rendere la vita delle masse incredibilmente dura. Sono arrivati al punto di eleggere una tale Kaja Kallas a ministro degli esteri della Ue: essendo ex premier dell’Estonia un Paese che conta 1,5 milioni di abitanti, un terzo dell’area metropolitana di Roma o di Milano, praticamente è del tutto slegata da visioni di largo raggio, è disponibile a qualsiasi avventura e ligia agli ordini di scuderia. Infatti il suo primo delirante atto è stato quello di minacciare dazi  più elevati alla Cina a causa di inconsistenti accuse di sostegno alla Russia. Invece avrebbe dovuto visitare il più grande partner commerciale dell’Ue, la Cina appunto, per riparare le relazioni messe sempre più a rischio, ma ci si serve di questi baltici, la cui popolazione si è dimezzata negli ultimi vent’anni, come teste di turco.

Tutto questo viene man mano smascherato e la risposta è la messa in mora della sedicente democrazia, attraverso operazioni che non hanno nulla da invidiare ai fascismi della prima metà del secolo scorso. Tuttavia questa costruzione fatta di inganni e politicamente vacua, si sta sgretolando e non basterà lo stucco della retorica mediatica per tenerla in piedi.

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Mitridate

Mitridate
Aldous
, 26 ottobre 2024
Pagine 1-2

Da vari decenni non possiedo un televisore e quando mi capita di dormire in un albergo mi sottopongo a un piccolo esperimento: accendo la TV e guardo per qualche decina di secondi i primi 50/60 canali memorizzati. Scorrono quindi tutte le reti RAI, quelle di Mediaset, la7 e numerosissime emittenti locali. In questo articolo parlo dei risultati di tale esperimento.

Russia

Prima di pubblicare sul mio sito una pagina sulla Russia che ho ricevuto da un amico ho chiesto a un’altra amica che conosce bene quel Paese (e non è affatto simpatizzante del suo attuale governo) se questa descrizione della vita quotidiana in Russia corrisponda a realtà o meno.
La sua risposta, della quale le sono grato, è stata assai chiara e ha confermato ciò che ormai da anni penso dell’Occidente anglosassone (non dell’Europa, della quale la Russia è parte fondamentale), vale a dire che si tratta di una civiltà spenta, di una democrazia fasulla, di uno spazio dominato sempre più dall’ignoranza (con la dissoluzione delle scuole e delle università) e soprattutto dall’asfissia, uno spazio dove più non si respira. È quanto ho cercato di argomentare nel mio libro sul politicamente corretto e quanto discuto spesso su questo sito.
Naturalmente non condivido l’afflato natalista di queste righe; la mia amica ha inoltre precisato che il sogno dell’‘Occidente con la Mercedes’ poteva valere nei primi anni dopo la fine dell’URSS, non più oggi. Ma al di là di questi e altri elementi specifici, confido che la pagina che segnalo possa offrire una prospettiva diversa su un Paese europeo nei confronti del quale l’informazione occidentalista e atlantista risulta particolarmente tossica.

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Non sappiamo mai il valore dell’acqua finché il pozzo non è asciutto

Nel suo canale Telegram, il giornalista Mikhail Onufrienko ha pubblicato la storia raccontata dal ristoratore Maxim, un tedesco che ha vissuto in Germania, Svizzera, Francia e America e ha lavorato nei migliori ristoranti del posto. Ha avuto l’opportunità di apprezzare la vita in quei paesi e di rimanere per vivere nei migliori. Tuttavia, si è trasferito nella città di Dobrograd, in Russia.

«Quando hai figli», dice Maxim, «e io ne ho due, inizi a pensare al futuro: non al tuo futuro, ma a quello dei tuoi figli. Ho cinquant’anni, ho vissuto la mia vita. Avrei potuto restare in Germania, ho lavorato in Austria, America e in altri posti. Ma quando hai figli, inizi a pensare a loro: in quale paese vivranno? Che tipo di futuro avranno? E non vedo un futuro per i miei figli in Germania, per dirla in parole povere.
I russi non si rendono conto di quanto siano liberi. Non si rendono conto di quanto siano liberi di parlare di quasi tutto ciò che vogliono qui. La società tedesca è cambiata negli ultimi vent’anni al punto che non c’è più libertà di opinione.
I russi mi sorprendono sempre: pensano che se si trasferissero in Europa, vivrebbero esattamente come qui, solo che guiderebbero tutti una Mercedes. Cerco di spiegarglielo, dico: ‘Ragazzi, non vi rendete conto di quanto siete fortunati a vivere qui’. Il novanta per cento dei russi vive in appartamenti di loro proprietà, mentre in Germania solo il due per cento vive in case di proprietà. Tutti gli altri affittano un alloggio.
In Germania, quando la gente vede un bambino che corre, qualche vecchia signora urla sempre: ‘Porta tuo figlio al guinzaglio!’ Qui, quando esco con mio figlio, tutti mi sorridono. Il novantacinque per cento delle donne e degli uomini, giovani e anziani, mi sorridono. La gente qui ama i bambini.
Non ho mai visto così tanti parchi giochi come in Russia. Sono stato in molti paesi e non ho mai visto così tanti parchi giochi. In Germania, se cammini per la città, vedi uno o due parchi giochi ogni centomila persone, ma qui, c’è un parco giochi in ogni cortile. È incredibile.
I tedeschi vivono per lavorare. Qui, la gente vive per vivere. Vuoi goderti la vita, solo per viverla. Mia moglie ha vissuto in Cina per sette anni, ha studiato alla Shanghai University e dice: ‘Non ho mai visto niente di più noioso dell’Europa, è solo una palude. La vita è così: casa-lavoro-casa-lavoro-casa-lavoro. Tutto qui, non c’è nient’altro. È noioso’. Qui in Russia, c’è un po’ di ‘azione’, dice. La gente vive vite vibranti».

Immigrati, liberismo, destre

Illusione ed emancipazione
Aldous, 11 dicembre 2023
Pagine 1-2

In questo articolo ho cercato di analizzare sinteticamente alcune delle questioni ricorrenti nel discorso pubblico diffuso: il fallimento ovunque del melting pot; la relazione assai stretta tra immigrazione, liberismo e capitalismo; la necessità di una pratica politica che si affranchi dai miti teoretici invalidanti che si racchiudono nei termini “destra” e “sinistra”.
L’esito dell’analisi è che non c’è nulla da attendere in termini di emancipazione dai partiti di ogni colore e autodefinizione e che l’impegno oggi praticabile sia di natura metapolitica, vale a dire l’impegno a pensare il reale, mostrarne i limiti, i rischi e le possibilità liberandosi totalmente dai media, dai giornali, dalle televisioni, dal flusso dominante della rete. Difficile, certo, ma nelle vicende umane la libertà non è mai stata un regalo.

L’articolo è uscito anche su Sinistrainrete il 19.12.2023.

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