Skip to content


Senso di responsabilità

Da una notizia dell’AGI del 14.8.2023:
«Dopo la fine dell’obbligo di isolamento nuovo cambio di passo del governo sulla gestione del Covid. Se il 2021 e il 2022 sono stati gli anni degli obblighi, il 2023 sarà invece quello della responsabilità. In autunno, infatti, la nuova campagna vaccinale sarà la prima senza alcuna imposizione. Neppure per gli operatori sanitari».

Fonti: 

Naturalmente mi aspetto che quanti si sono inoculati tre dosi non si fermino e dall’autunno prossimo mostrino «senso di responsabilità» proseguendo nella loro cura preventiva per sé e per gli altri, soprattutto gli operatori sanitari, gli ultrasessantenni e le donne in gravidanza ma poi tutti i cittadini vaccinati con tre dosi.
Se non lo dovessero fare, confermerebbero il sospetto che si sono inoculati soltanto per obbligo, per paura delle sanzioni e di perdere il lavoro, per il condizionamento televisivo e non per convinzione, cosa molto grave dal punto di vista sia sanitario sia civile.
Attendo dunque con fiducia che i cosiddetti «hub vaccinali» si riempiano di nuovo di cittadini responsabili.

 

[Foto di Helena Lopes su Unsplash]

Covid e Stato etico

Venerdì 20 gennaio 2023 alle 15.30 nella sede di Belluno di Unidolomiti terrò una lezione dal titolo Epidemie, Diritti e Stato etico. L’evento si inserisce nel ciclo Dialoghi sul potere ideato e organizzato dal Prof. Lorenzo Maria Pacini.
Affronterò, in modo naturalmente sintetico, le seguenti questioni:

1 Che cos’è un’epidemia?
2 Che cos’è l’autorità?
3 Che cosa sono i diritti?
4 Il potere e la morte
5 Epidemie e vita
6 Epidemie e Stato etico
7 Una ginnastica d’obbedienza
8 Covid19 e disvelamento

Cercherò in questo modo di analizzare le ragioni e le radici della vessazione attuata dalle forze dell’ordine, dai social network, dalle televisioni, da uno Stato e da una società civile diventati etici, cioè convinti di essere la fonte non soltanto delle norme empiriche ma anche del bene e del male assoluti, da imporre a tutti i cittadini, i quali sono stati privati del diritto di difendere i propri corpi e di resistere a una visione del mondo e a un insieme di pratiche dalle chiare tendenze autoritarie e persecutorie.

L’epidemia occidentale

Epidemia e caduta
Aldous, 3 dicembre 2022

Il disastro dell’esistenza e la gloria di dominarla stanno al cuore de La Chute (La caduta) di Albert Camus: «Le jour venait doucement éclairer ce désastre et je m’élevais, immobile, dans un matin de gloire».
Probabilmente oggi – negli anni Venti del XXI secolo, gli anni dell’epidemia occidentale – è arrivato il momento che Camus nel 1956 chiamava il futuro della sottomissione felice: «L’esclavage n’est pas pour demain. Ce sera un des bienfaits de l’avenir». La schiavitù è in effetti diventata per molti un beneficio, una benedizione, un’agognata espressione di sicurezza e salute.
E tuttavia la gloria, la luce, la salvezza sono lo spazio della filosofia mediterranea, lo slargo del nostro essere, del nostro pensare. Specialmente ora che le forme del fanatismo e della tirannide sanitaria cercano di imporre l’oscurità e l’oblio sui propri crimini.

Medicina e censura

Tra gli articoli scientifici più chiari e più fecondi che abbia letto di recente, consiglio un saggio appena pubblicato su Minerva. A Review of Science, Learning and Policy, rivista «devoted to the study of ideas, traditions, cultures, and institutions in science, higher education, and research. It is equally focused on historical as well as present practices and on local as well as global issues. Moreover, the journal does not represent one single school of thought, but rather welcomes diversity within the rules of rational discourse».

Questi i riferimenti:
Shir-Raz, Y., Elisha, E., Martin, B. et al.
Censorship and Suppression of Covid-19 Heterodoxy: Tactics and Counter-Tactics. Minerva (novembre 2022; https://doi.org/10.1007/s11024-022-09479-4).
E questo il link: Censorship and Suppression of Covid-19 Heterodoxy
Inserisco qui anche la versione pdf del saggio (con alcune mie sottolineature ed evidenziazioni).

Traduco parte dell’Abstract, che riporto per intero più sotto:
«L’emergere del COVID-19 ha generato numerose controversie. Allo scopo di neutralizzare ciò che è sembrata una minaccia da parte di medici e scienziati che criticano la posizione ufficiale delle autorità sanitarie governative e intergovernative, alcuni sostenitori dell’ortodossia hanno agito per censurare coloro che promuovono opinioni dissenzienti.
Lo scopo di questo studio è indagare le esperienze e le risposte di medici e ricercatori altamente qualificati di diversi Paesi che sono stati oggetto di repressione e/o di censura a causa delle loro pubblicazioni e dichiarazioni relative al COVID-19.
I risultati dell’indagine indicano il ruolo centrale svolto dai mezzi di informazione, in particolare dalle società che gestiscono l’informazione della Rete.
Nel tentativo di mettere a tacere le voci alternative, è stata ampiamente utilizzata la censura, alla quale si sono aggiunte modalità di repressione che hanno danneggiato la reputazione e la carriera di medici e scienziati dissenzienti. E questo indipendentemente dal loro status accademico o medico e indipendentemente dalla fama scientifica che avevano prima di esprimere una posizione contraria all’ortodossia.
Invece di una discussione aperta ed equanime, la censura e la repressione del dissenso scientifico hanno implicazioni dannose e di vasta portata per la medicina, per la scienza e per la salute pubblica»
.

«The emergence of COVID-19 has led to numerous controversies over COVID-related knowledge and policy. To counter the perceived threat from doctors and scientists who challenge the official position of governmental and intergovernmental health authorities, some supporters of this orthodoxy have moved to censor those who promote dissenting views. The aim of the present study is to explore the experiences and responses of highly accomplished doctors and research scientists from different countries who have been targets of suppression and/or censorship following their publications and statements in relation to COVID-19 that challenge official views. Our findings point to the central role played by media organizations, and especially by information technology companies, in attempting to stifle debate over COVID-19 policy and measures. In the effort to silence alternative voices, widespread use was made not only of censorship, but of tactics of suppression that damaged the reputations and careers of dissenting doctors and scientists, regardless of their academic or medical status and regardless of their stature prior to expressing a contrary position. In place of open and fair discussion, censorship and suppression of scientific dissent has deleterious and far-reaching implications for medicine, science, and public health».

La ricerca di Yaffa Shir-Raz, Ety Elisha, Brian Martin, Natti Ronel & Josh Guetzkow si colloca in ambito sia epistemologico sia politico, mostrando i legami tra tali campi, studiati con particolare profondità da filosofi come Kuhn e Feyerabend.
A tali riferimenti ‘alti’ aggiungo la più ordinaria ma significativa esperienza quotidiana degli ultimi tre anni. C’è infatti chi invoca, anche dai decisori politici, vecchie censure e «nuovi paradigmi» «allo scopo di adeguare i libri di testo per scuole e università alla lotta contro il patriarcato e la guerra». C’è chi cerca di mettere insieme «pacifismo» e «invio di armi a Kiev». E ha anche l’abitudine poco pacifista di insultare con vari epiteti chi non la pensa come lui.
Leggendo il testo di Minerva mi sono venuti in mente due ‘colleghƏ’ a* qual* qualche tempo fa ho sentito dire che «persino mie amiche laureate dicono di avere dubbi sulla quarta dose, che io farò subito, anche perché ho più di 60 anni», al che l’altro risponde «tanti non si fidano dell’autorità ma allora di chi possiamo fidarci?», infine la prima conferma: «non capisco perché le autorità dovrebbero danneggiare dei cittadini».
Rispetto a simili personaggi, io credo che sia più degna, più libera e naturale, persino più intelligente, l’esistenza di due miei vicini di casa e di quartiere a Catania: un pescatore analfabeta che chiama «nivuri» tutti gli immigrati e ‘u zu Cicciu Fimminaru’ (nome di fantasia), che si gode la vita come piccolo fuorilegge e seduttore. Tutti costoro guardano la televisione ma evidentemente nei meno acculturati il suo veleno sembra rimanere più in superficie.
In ogni caso, queste esperienze quotidiane sono forme nelle quali l’esistenza disvela se stessa, illuminando da un lato la natura e i limiti della conoscenza e dall’altro la potenza di stili naturali per nulla politicamente corretti. Al di là di tutte le censure c’è la vita e le sue passioni.

Vandali

Una guerra politicamente corretta
Aldous, 26 ottobre 2022

Le post-verità (o più semplicemente le bugie) del potere politico e mediatico contemporaneo si inscrivono dentro l’ampia palude del politicamente corretto, della cancel culture, della cosiddetta ideologia woke, la cui radice è l’odio per le differenze, il bisogno di una ortodossia morale ed esistenziale di fronte alla quale la stratificazione della storia, la pluralità dei linguaggi, la bellezza dell’arte e la forza del pensiero devono essere annichilite in nome del Bene supremo dell’uniformità.

Sarah Dierna su Disvelamento e Divagazioni filosofiche

Sarah Dierna

– Dopo il Covid. Ripensare la vita e accettare la morte
Recensione/riflessione dedicata (anche) a Disvelamento. Nella luce di un virus
in Dialoghi Mediterranei, n. 57, settembre-ottobre 2022
pagine 205-209

Recensione a Mario Graziano (a cura di), Filosofi in ciabatte. Divagazioni filosofiche ai tempi del Coronavirus
Corisco Edizioni, Roma-Messina 2020, pagine 206
in Discipline Filosofiche, 30 settembre 2022

[Da Dopo il Covid]
«Come ogni libro, anche questo può essere letto secondo prospettive diverse; è un libro di sociologia, se per sociologia intendiamo lo studio dei corpi collettivi; è un libro di politologia, se con politologia assumiamo lo studio dialettico del potere e delle sue manifestazioni; è un libro di antropologia se con antropologia rimandiamo allo studio dell’umano come individuo e come parte di una comunità; è tutto questo insieme e cioè un libro di filosofia. […]
A sparire sono stati i cittadini – Biuso parla di una primavera senza i corpi – ma non le televisioni che, con un palinsesto ormai ripetitivo e indifferenziato, hanno contribuito al dilagare di un’infodemia riduttivistica e talvolta persino inesatta ottenendo come unico scopo il plasmarsi e l’accrescersi di un’atmosfera apocalittica. […]
C’è in Biuso una conclusiva nota di fiducia che tutto questo finirà. Finirà sicuramente l’epidemia da Sars-Covid19, riconquisteremo la vita a cui con costrizione o collaborazione ci siamo sottratti, ma resterà sempre prossima la possibilità di rinunciarvi finché non comprenderemo davvero in cosa consista la vita, finché non accetteremo davvero la finitudine. Senza comprendere la prima non la vivremo mai in tutte le sue dimensioni. Senza accettare la seconda non la vivremo invece con pienezza e totalità».

[Da Divagazioni filosofiche]
«È proprio questa regressione all’età infantile ad avere favorito l’estendersi di forme di paternalismo, che sembravano confinate al mero ambito medico, al più complesso sistema politico. A ben guardare, lo Stato è partito proprio da quel paternalismo sanitario per ottenere un controllo poi totale nella vita delle persone. […]
A questa stessa autonomia e ‘solitudine’ dovrebbe ritornare anche la scienza – vittima e carnefice di questa situazione – prostituita invece agli interessi di una classe dirigente che l’ha resa di nuovo positiva – nel senso di positum – con il suo attaccamento al cosiddetto mito del dato, e infalsificabile, atteggiamenti questi che l’epistemologia ha da tempo ormai superato. […]
Se i filosofi in ciabatte sono coloro che hanno visto tutto questo quando l’epidemia era al suo sorgere, diremo allora che essi non sono semplicemente quelli che, come l’Armchair Science sono stati confinati in casa, ma quelli che da casa hanno continuato a osservare il mondo senza lo schermo di un televisore, quelli che il reale hanno scelto di non ridurlo in ologramma. […]
Questo segna la differenza tra la chiacchiera e la filosofia: la prima si è dimenticata come pensare, la seconda non ha mai smesso di farlo».

«Il proprio tempo appreso nel pensiero»

È vero: «die Philosophie ihre Zeit in Gedanken erfaßt» (Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, prefazione), la filosofia (è) il proprio tempo appreso e colto nel pensiero, o almeno è anche questo. E dunque il breve e denso disegno che Davide Miccione traccia del nostro tempo è del tutto filosofico. Intelligenza del presente e chiarezza analitica descrivono infatti esattamente ciò che accade e la direzione che si sta cercando di imprimere alla vita collettiva, ovunque.
Il testo è uscito su Aldous il 10.9.2022, con il titolo Il nominabile attuale.

================

Qualora fosse umanamente possibile, la campagna elettorale aumenta la confusione. Questioni gravi e questioni irrilevanti, problemi reali e capziosità, paure vere e chiamate alle armi di sessant’anni fa ritirate fuori oggi alla bisogna, si accavallano senza sosta. “L’innominabile attuale”, il presente incomprensibile entro cui seguiamo o persino pretendiamo di guidare gli altri (come nella bruegeliana parabola dei ciechi) si fa ancora più confuso, aumentano gli slogan e i distinguo, le false bandiere e i distrattori. Diventa allora necessario, accettando preventivamente il giudizio di superficialità e di indebita semplificazione che sempre ci si attira, provare a definire gli elementi essenziali del nostro (lungo e perdurante) presente politico. Posto in bell’ordine il catalogo è questo:

  1. I ricchi diventano e devono diventare sempre più ricchi.
  2. I ricchi devono “potere” sempre più, dunque sempre meno devono essere gli aspetti della vita sulla terra non riducibili nella sua interezza al valore e al potere del denaro (per farsi un’idea degli aspetti descrittivi si vedano i lavori di Michael Sandel).
  3. Lo Stato si può impoverire o indebolire se ciò è utile al punto 1 o può acquisire importanza se ciò è utile al punto 1. Si veda a tal proposito la demolizione del welfare in questi decenni e viceversa il potentissimo Stato ambulatoriale di questi tre anni.
  4. Le procedure democratiche devono diventare irrilevanti in modo da non disturbare lo sviluppo dei punti 1, 2 e 3.
  5. Le procedure democratiche possono essere momentaneamente enfatizzate se servono allo sviluppo dei punti 1, 2 e 3.
  6. Quasi tutti i prodotti ideologici o culturali passati (dai sumeri al Novecento), fatto salvo qualche sparuto aspetto della ragione liberale, si pongono, anche senza volerlo o saperlo, come forme di resistenza allo sviluppo dei punti 1 e 2 perlopiù per un loro implicito non mettersi pienamente a disposizione. Dunque vanno sottoposti a character assasination (Islam, comunismo ad esempio), o a indebolimento, svuotamento eccetera, con moto uniformemente accelerato.
  7. Il processo dei punti 1 e 2 viene chiamato capitalismo, mercatismo, finanzcapitalismo, turboliberismo eccetera sebbene a volte si incarni in grandi organismi internazionali (ovviamente non eletti) o Stati.
  8. Quando alcuni attori che perseguono il punto 1 e il punto 2 hanno necessità di agire attraverso i governi o vi si identificano momentaneamente ciò viene chiamato geopolitica.
  9. Il processo dei punti 1 e 2 è necessario venga visto come irreversibile da tutti e come l’unico pensabile e non sostituibile da altro (vedi il compianto Mark Fisher).
  10. Per mantenere inimmaginabile qualsiasi altro tipo di mondo non basato su 1 e 2 va eliminata la storicità come categoria di giudizio del reale e la conoscenza del passato. L’operazione (già a buon punto) viene portata avanti per omissione (indebolimento dell’insegnamento della storia e degli aspetti storici di ogni disciplina) e attivamente con la promozione di quell’aborto concettuale che è la cancel culture, concezione che dell’alterità fa un medesimo difettoso da emendare e da condannare in quanto non uguale a noi.
  11. Per mantenere inimmaginabile un altro tipo di mondo non basato su 1 e 2 va eliminata la filosofia o va sostituita con una filosofia settoriale e procedurale (ben si attaglia dunque la filosofica analitica) che non pensi di poter descrivere e valutare l’interezza del reale.
  12. Per mantenere inimmaginabile un altro tipo di mondo non basato su 1 e 2 va eliminata la Grande Letteratura e la sua capacità di violare la “moralina” che ogni presente pensa di incarnare pienamente.
  13. Il politicamente corretto, la cultura woke, creando una perenne preoccupazione per le offese arrecabili a individui, è un ottimo “spengipensiero” e devia l’attenzione di chi dovrebbe essere di sinistra (dunque contrario ai punti 1 e 2) verso questioni meramente linguistiche e di dettaglio. Essendo fondata sulla libera decisione dei soggetti di sentirsi offesa, la cultura woke può riprodursi ed espandersi all’infinito.
  14. Le forme attuali dell’arricchimento del punto 1 abbisognano di un uomo sempre più sbilanciato verso una pseudovita telematica e sempre meno in grado di vivere esperienze libere, corporee, amicali. Per questo la digitalizzazione è diventata sempre un bene, anche contro ogni evidenza sociologica.

Addendum: una grandissima parte delle parole e degli slogan che sentirete in questa campagna elettorale è solo una forma di subspeciazione artificialmente creata per simulare una differenza e una dialettica tra forze egualmente devote all’obbedienza dei primi due punti dell’elenco. A meno che il lettore non faccia parte dei ricchissimi o di coloro che ragionevolmente pensano di poterli parassitare per un tempo sufficientemente lungo (giornalisti, operatori finanziari, apparatčik di organismi internazionali, deputati) votare per partiti che non avversano lo sviluppo dei punti 1 e 2 (e degli altri 12 di supporto) potrebbe non essere la cosa più razionale da fare, né per sé né per il mondo.

[L’articolo è stato ripubblicato anche da Sinistrainrete]

Vai alla barra degli strumenti