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Tempo / Conoscenza

Dürer. L’opera incisa dalla collezione di  Novara
Museo della Permanente – Milano
Sino all‘8 settembre 2013

Le incisioni di Albrecht Dürer vengono da un mondo dove la materia sembra trascendersi non per allontanarsi da sé ma per stare nella propria più piena potenza. Tutta la superficie è densa di segni e i segni rinviano -com’è nella loro natura- ad altro: apocalissi, miti, storie bibliche, tormenti, resurrezioni. Su tutto si stagliano i simboli del tempo e della conoscenza. La clessidra che la morte tiene in mano in Il cavaliere, la morte e il diavolo è ciò verso cui il cavaliere va ma non c’è affanno né disperazione né distrazione. Lo sguardo concentrato e l’andamento senza titubanze fanno di lui la pienezza dell’istante che nella sua forza ha già sconfitto ogni grottesca pretesa di negare il divenire.
I libri e la luce che riempiono San Girolamo nella cella costituiscono una plastica rappresentazione di come la conoscenza possa riempire la vita.
Tempo e conoscenza convergono in Melancholia I. Quella figura, circondata dagli strumenti e dai segni del sapere e tuttavia così intensamente perduta nella contemplazione di un doloroso pensiero, è l’espressione più efficace del limite nel quale il pensatore si sente avvolto, della sua consapevolezza del confine oltre il quale non è possibile spingersi. «C’è falsità nel nostro sapere, e l’oscurità è così saldamente radicata in noi che perfino il nostro cercare a tentoni fallisce»1 , così scrisse Dürer nella lucida e disincantata coscienza che la nostra ignoranza delle cose rimane, per quanto si estenda la nostra conoscenza, inoltrepassabile. Ma è tale consapevolezza il carattere più proprio della filosofia, la fonte della razionalità e della ricerca.

Nota

1. In R. Klibansky, E. Panofsky, F. Saxl, Saturno e la melanconia, Einaudi 1983, p. 341

I maestri incisori del Novecento

Gorizia – Castello
Sino al 5 luglio 2009

maestri_incisori

Il castello di Gorizia è l’edificio che forse meglio testimonia le vicende di questa città bella e travagliata. Ricostruito per l’ennesima volta dopo la Prima guerra mondiale, consente di ammirare dagli spalti il panorama della valle isontina e di condurre un percorso dentro la vita e i costumi medioevali. Nel suo Salone degli Stati Provinciali è allestita una mostra dedicata all’incisione. Numerosi gli artisti, anche tra i massimi del Novecento. Fra gli altri, Picasso, Dalì, De Chirico, Casorati, Chagall, Warhol. Differenti i soggetti e gli stili, che vanno dal figurativo al surreale, dal geometrico all’astratto. Tra le opere, mi sono sembrate notevoli la fusione di chiarore e buio di Max Ernst, le potenti aquile antropomorfe di Fabrizio Clerici, le forme cromatiche di Juan Miró che diventano lettere alfabetiche, parole, concetti.
Più di tutto è suggestiva in questo luogo la contaminazione tra il surrealismo medioevale e quello contemporaneo…

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