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«Pensieri da Quarantena»

Pensieri da Quarantena è il titolo di una mail che ho ricevuto da un mio allievo. L’ho ricevuta con lo stupore che ogni docente prova quando vede che le proprie parole sono diventate vita di un essere umano.
Nelle riflessioni che Ivan D’Urso mi ha rivolto c’è una saggezza antica, la saggezza di chi è stato forgiato dalla sofferenza, dal rischio, dalla differenza. Unite all’intelligenza, queste forme contribuiscono a fare di Ivan una persona libera, nonostante una situazione esistenziale non facile. Lo ringrazio per aver autorizzato la pubblicazione della sua testimonianza insieme filosofica e civile.
Ho scelto come immagine una tra le più famose e potenti incisioni di Albrecht Dürer, Il cavaliere, la morte e il diavolo (1513). Nietzsche si riferì a quest’opera nella Nascita della tragedia, dove scrisse: «Ein solcher Dürerscher Ritter war unser Schopenhauer: ihm fehlte jede Hoffnung, aber er wollte die Wahrheit. Es giebt nicht Seinesgleichen», ‘Un tale cavaliere di Dürer fu il nostro Schopenhauer; gli mancò ogni speranza, ma volle la verità. Non esiste il suo pari’ (trad. di S. Giametta, in «Opere», vol. III/1, Adelphi 1972, § 20, p. 136). Anche Husserl teneva nel suo studio una riproduzione dell’incisione, vedendo nel cavaliere un simbolo della fenomenologia e quindi della filosofia.
Mi sembra dunque che questa immagine possa ben sintetizzare il senso delle parole di Ivan e aiutarci ad attraversare il tempo che siamo

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Gentile Professore,
tra qualche giorno i miei account social mi ricorderanno del giorno della mia laurea, dei festeggiamenti, del traguardo ed inevitabilmente di ciò che è cambiato da allora.
Le scrivo perché, anche se a livello formale non sono più un suo studente, mi sento nel profondo ancora un suo allievo.
Oggi, come succede dal mio ventiduesimo mese di vita, ho ricevuto la terapia che mi tiene in vita.
Quella che fa di me un Cyborg-Freak come ho avuto modo di scrivere altrove.
Ho ricevuto tre sacche di sangue, e tanto basterà se il cielo lo desidera, per tenere la mia “batteria” carica per altri venti giorni.
[…]
Le confesso che è un periodo incerto ed anche un po’ pauroso per essere un malato cronico, forse, avendo dentro le mie vene centinaia di vite mescolate insieme, avverto in modo più acuto il timore collettivo.
Eppure non mi riesce proprio di comprendere la rassegnazione.
Una volta lei disse che la Filosofia:
 “è ciò che ci permette di affrontare lo sguardo di Medusa: PER RENDERE LEI una statua di pietra”
Di affrontare dunque le nostre paure con determinazione, curiosità, amore per la conoscenza.
Gentile Professore, temo che nei prossimi mesi vedremo compiere delle scelte che ci faranno sperimentare in modo diretto “La banalità del male” ed i limiti (aimè) della democrazia.
Allo stesso tempo sento che fino a quando potrò scegliere di capire, sino a quando avrò la forza di porre delle domande, non importa in quale condizione: sarò vivo.
Sarò tempo pulsante che si interroga sulla propria natura.
Questo momento storico ha mietuto molte più vittime di quelle che risultano nei conteggi ufficiali.
Poiché ho visto brillanti studenti, aspiranti ribelli, cedere con tanta, troppa, velocità al loro diritto di libertà e di porre domande.
Ed essi  vivono il tempo subendolo, come se la vita si limitasse a una serie di azioni da apprendere nei decreti mentre i libri di Filosofia e di Sociologia prendono polvere su di un comodino.
La mia parte logica comprende. Il mio lato umano in questo si dispera.
Solo nella Filosofia trovo conforto.
Soltanto in essa (e nei visi dei miei cari) trovo un senso.
Ed è in questi giorni di grande incertezza che l’Essere Per La Morte del maestro Heidegger assume un significato sublime.
E sento il dovere di vivere pienamente, sento che posso farlo davvero.
Perché ho visto la Medusa divenire di pietra.
E questo grazie anche a lei, caro Professore, e mi sembrava il minimo condividere queste righe e questi pensieri perché, nonostante tutto, ci siamo ancora.
E siamo liberi.
Con affetto e devozione
Ivan D’Urso

Valutazioni didattiche 2019

Pubblico i pdf con la valutazione didattica ricevuta per i corsi svolti nell’a.a. 2018-2019 nel Dipartimento di Scienze Umanistiche di Unict.
Per l’insegnamento di Filosofia teoretica hanno sinora  risposto al questionario on line 36 studenti.
Per l’insegnamento di Sociologia della cultura hanno sinora risposto al questionario on line 157 studenti. Il numero di studenti ‘frequentanti’ è 103, un dato che mi lascia perplesso, visto che a lezione gli studenti erano molti di meno, non più di una cinquantina. Tanto più che lo scorso anno per la stessa disciplina il numero di questionari compilati era stato di 25. Sospetto dunque che ci sia un errore ma questo è comunque il report ufficiale e come tale lo pubblico qui.
Per l’insegnamento di Filosofia della mente non ho ricevuto il report perché il numero di risposte al questionario è insufficiente.

Ringrazio i miei studenti per i giudizi che hanno espresso. Sono loro, da sempre, una delle ragioni che rendono meraviglioso questo lavoro. E a loro ricordo il modo in cui a marzo iniziammo o proseguimmo i nostri tre corsi.

Filosofia teoretica (Metafisica):
Husserl  non è un autore, la fenomenologia non è una tra le tante correnti della storia della filosofia. Husserl e la fenomenologia sono un metodo/mondo fondato su un progetto teoretico visionario: far divenire l’umano ciò che è, trasformare i corpimente in un itinerario di conoscenza che non distingua più io e mondo ma li faccia emergere come un campo di forze nel quale la materia dispiega la propria autocomprensione, uno spazio che viene sempre riempito dal senso che una sua parte, quella umana, dà al mondo.
Dentro le circa 45.000 pagine stenografate nelle quali Husserl ha tentato di comprendere e comunicare la complessa struttura del mondo, si dispiega un pensiero tanto dinamico quanto unitario.
Dinamico poiché -come suggerì Eugen Fink- è possibile scandire il percorso husserliano in quattro fasi corrispondenti in generale ai luoghi del suo insegnamento: Halle, Göttingen, Freiburg e il periodo successivo al pensionamento; e tuttavia le istanze, i temi, le modalità, la tenacia del pensiero husserliane rimasero costanti a partire dalla filosofia della matematica, transitando per l’esigenza di una logica pura radicata poi nella soggettività trascendentale che perviene infine alle grandi analisi della crisi delle scienze e dell’identità dell’Europa.

Sociologia della cultura (Dismisura):
Il peggiore dei mali è la dismisura, è la ὕβϱις che smarrisce senso, proporzione, mezzi e obiettivi, che tutto confonde nel coacervo di una grandezza pronta a spezzarsi, che si spezzerà.  Il primo dei beni è dunque -come concludono gli interlocutori del Filebo (66a)- ciò che è misurato nello spazio, τὸ μέτριον, e opportuno nel tempo, τὸ καίριον. L’epoca presente è invece dismisura. Lo si vede nei fenomeni più diversi, la si incontra a ogni passo, la si tocca ovunque.
La razionalità, al contrario, ben si esprime nell’immagine di Atena σκεπτόμενη. «Lo sguardo meditativo della dea (definita skeptòmene, ‘colei che medita’) è volto verso il cippo dell’agon cui presiede. Ella fissa il limite e al contempo vi si appoggia. Il limite non è soltanto il luogo dove qualcosa si arresta: è ciò che fa avvenire quella cosa, la rende presente» (Olivier Rey, Dismisura. La marcia infernale del progresso, Controcorrente 2016,  p. 102).
Della misura Atena, la filosofia, è l’espressione e la forma suprema. La filosofia non è una fede o un procedimento soltanto logico ma è un sapere intuitivo della condizione umana e cosmica; non è un atteggiamento psicologico ma un’esperienza completa, sofferta e gloriosa dello stare al mondo; non è un ripetere formule altrui ma diventa il ripercorrere da sé il cammino di ogni ente dalla Pienezza al Limite. Perché il peggiore dei mali è la tracotanza, è la dismisura.

Filosofia della mente (Tempo della mente e Tempo del mondo):
La credenza di molti fisici contemporanei che il tempo sia irreale costituisce una forma di platonismo matematico, il quale ha però abbandonato il profondo legame che Platone sente con la realtà come intero e come problema, sostituendo a tale serietà ontologica il semplice fascino dell’eleganza e del formalismo matematici, i quali tuttavia non garantiscono in alcun modo la verità dei loro asserti ma soltanto il bisogno di eternizzarsi.
Il fatto, ad esempio, «che il movimento avviene nel tempo mentre la sua rappresentazione matematica è atemporale significa che non sono la stessa cosa» (Lee Smolin, La rinascita del tempo. Dalla crisi della fisica al futuro dell’universo, Einaudi 2014, p. 36).
Il tempo si conferma così il più importante tema e problema della fisica e di tutte le possibili scienze che non vogliano assumere una dimensione e un linguaggio mistico-matematici. «L’ipotesi della realtà del tempo conduce a una cosmologia più scientifica» (Smolin, p. 248) perché conduce a una cosmologia la quale non ha più bisogno dei tentativi epistemologici, religiosi ed etici di consolarci del nulla nel quale ogni ente è destinato a dissolversi come ente in questa forma qui, in questa determinata struttura minerale, vegetale, animale, atomica e cosmica.
La tesi della realtà effettiva, totale, pervasiva del tempo è più scientifica perché il mondo «continua a essere, sempre, un fascio di processi che si evolvono nel tempo e soltanto alcune sue piccole parti possono essere rappresentate da oggetti matematici atemporali» (Smolin, p. 252), è più scientifica perché il mondo è tempo.

 

Fenomenologia del tempo

Edmund Husserl  è tra i punti di riferimento fondamentali del mio tentativo di pensare. E tuttavia non ho dedicato molti scritti a questo filosofo. Di recente ho però avuto la possibilità di analizzare, in modo sintetico ma spero plausibile, il cammino husserliano dentro la questione del tempo, che coincide con il cammino stesso della fenomenologia. Un saggio pubblicato sul numero 19 (luglio 2019) di Vita pensata ha infatti per titolo «La fenomenologia come ontologia del tempo».
Il testo è diviso nei seguenti paragrafi:
-Fenomenologia è temporalità
-I C-Manuskripte
-Husserl / Heidegger
-Spaziotempo
-Il futuro della fenomenologia

Gli ultimi manoscritti di Husserl sulla costituzione del tempo si chiudono in una maniera per questo filosofo inconsueta, su una tonalità cosmica:
«Ich in strömender Lebensgegenwart, Quelle der für mich geltenden Welt, Quelle auch der Idee der Wahrheit und der Wissenschaft als Vorhabe und der für mich seienden Anderen etc. – ‘Quelle’.
Das Absolute, verharrend in Ewigkeit im ewigen Wandel seiner Modi, zunächst durch gewöhnliche Geburt der Tod -aber auch Geburt und Tod von Menschheit etc.; Identität der Strukturform (invariante), die Form der absoluten Zeitlichkeit, die Form der absoluten Koexistenz, deren Symbol der Raum ist; aber auch die räumliche Verteilung der getrennten, entstehender und sterbender Gestirmenschheiten und Generationssysteme von ‘animalischen’ Spezies; Gestirn, Milchstraßensysteme. Das Invariante: stehen-bleibende Form. Das Unbewusste in seinen verschiedenen Stufen, Unwachheit, Assoziation als universale Synthesis (aus Intentionalität)».
«Io nel presente vivente, nel suo flusso, origine per me del senso del mondo, origine anche dell’idea della verità e della scienza come comprensione e fonte dell’esistenza dell’Altro ecc. – ‘Fonte’.
L’Assoluto, che rimane costante nell’eternità del continuo mutamento dei suoi modi, anzitutto mediante il comune nascere e morire – ma anche nel nascere e morire dell’umanità ecc.; Identità della struttura (invariante), la forma della temporalità assoluta, la forma della coesistenza assoluta, il cui simbolo è lo spazio; ma anche la distribuzione nello spazio dell’agire umano che si separa, che si genera e che si dissolve e il modo universale nel quale si generano le specie animali; le stelle, le galassie. L’invariante: la forma permanente. L’inconscio nei suoi diversi stadi, l’inconsapevolezza, l’associazione come sintesi universale (fuori dall’intenzionalità)»

Späte Texte über Zeitkonstitution (1929–1934). Die C–Manuskripte
(Ultimi testi sulla costituzione del tempo 1929–1934); Husserliana – Materialen Band VIII, herasusgegeben von  Dieter Lohmar, Springer, Dordrecht 2006, p. 446.

von Herrmann

Sul numero 19 (luglio 2019) di Vita pensata ho recensito un volume di Friedrich-Wilhelm von Herrmann, pubblicato in edizione bilingue dalla Urbaniana University Press: Die Metaphysik im Denken Heideggers – La Metafisica nel pensiero di Heidegger. Un libro di grande importanza per la esegesi del pensiero di Heidegger. Il Prof. von Herrmann -che ha insegnato a Freiburg e di Heidegger è stato assistente privato- argomenta e dimostra un dato fondamentale: «Heidegger ist in der Philosophie des 20. Jahrhunderts der eigentiliche Erbe der Metaphysik», ‘nel XX secolo Heidegger è stato il vero erede della metafisica’.
Ne sono sempre più convinto e ho cercato di mostrarne le ragioni anche nella breve recensione, la quale è stata apprezzata dall’autore del libro, che in una sua lettera mi ha scritto, tra l’altro, queste parole: «Sehr wichtig ist mir auch der Schluss Ihres Aufsatzes, der sich auf den Schluss meines Buches bezieht, mit dem ich beiden großen Phänomenologen des 20. Jahrhunderts gerecht werden wollte, indem jeder von ihnen in einer der großen Überlieferungen der abendländischen Philosophie steht», “Molto importante è per me anche la chiusa del suo testo, che si riferisce alla conclusione del mio libro, con la quale ho voluto rendere giustizia a entrambi i grandi fenomenologi del XX secolo, ciascuno dei quali abita in una delle grandi tradizioni della filosofia occidentale”.

Baglieri, Moncado, Palma e Tempio su Vita pensata 19

Il numero 19 di Vita pensata (luglio 2019) pubblica i testi di quattro miei allievi (uno dei quali professore di filosofia nei licei), distribuiti in tre diverse sezioni della rivista: temi, recensioni, scrittura creativa. Ne sono particolarmente lieto poiché è un segno di continuità nella conoscenza ed è inoltre testimonianza del lavoro didattico e di formazione che l’Università di Catania, pur con tutti i suoi limiti, sa svolgere.
A questo numero -dal titolo Intelligenza / Fenomenologia– hanno collaborato numerosi colleghi e colleghe del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Unict; alle loro diverse competenze -che vanno dal cognitivismo alla sociologia, dal pragmatismo all’antropologia filosofica- si deve la peculiare prospettiva interdisciplinare con la quale abbiamo cercato di analizzare la complessità dell’intelligenza e il suo rapporto con quel particolare intendimento del mondo che Edmund Husserl ha denominato fenomenologia.
I link portano alla versione on line -dalla quale è possibile scaricare l’intero numero- e a quella in pdf dei singoli articoli. Aggiungo anche il link all’editoriale.

Ontocronia

Jean Greisch
ONTOLOGIE ET TEMPORALITÉ
Esquisse d’une interprétation intégrale de
Sein und Zeit

Presses Universitaires de France, 2004
Pagine VI-522

Sein und Zeit è una costruzione imponente, le cui fondamenta poggiano sul cantiere fenomenologico che Heidegger tenne aperto dal 1919 al 1928, in particolare sui corsi tenuti a Marburgo. Se dal 1928 il termine ‘fenomenologia’ viene progressivamente sostituto nel titolo dei corsi da quello di ‘metafisica’, questo conferma sia la pervasività dell’impianto fenomenologico di Essere e tempo sia la relazione profonda che nel pensare di Heidegger la fenomenologia intrattiene con la metafisica. Heidegger affermò che «die Augen hat mir Husserl eingesetzt»1Ciò che Heidegger vide andò poi oltre quanto Husserl pensava esistesse ma il suo sguardo rimase sempre il vedere di un fenomenologo.
Fenomeno è per Heidegger una struttura duplice: esso è il mostrarsi di ciò che è così come è e come appare, ma può essere anche apparenza che si dispiega. Che il vedere possa diventare illusione è una possibilità che affonda nel fenomeno come struttura rivelativa, nel fenomeno come forma della verità. A questo impianto fenomenologico Sein und Zeit deve quasi tutto.
La questione dell’essere come differenza tra il concetto volgare dell’ente e quello fenomenologico di essere dell’ente, scaturisce dalla riduzione fenomenologica husserliana e dalla possibilità a essa correlata di un’intuizione categoriale delle essenze.
Il visto, il percepito -e dunque ancora il fenomeno- non si lascia descrivere (né in Husserl né in Heidegger) come qualcosa di semplicemente obiettivo, che ‘sta lì’ e viene riflesso nella e dalla mente. No, il percepito è sempre costruito, è una struttura semantica che Husserl definisce fenomeno e Heidegger chiama Ereignis, evento appropriante.

Husserl e Heidegger rifiutano entrambi di ricondurre e ridurre la filosofia a un’antropologia e a un’etica.  L’efficace sintesi che Greisch formula di tale rifiuto potrebbe ben valere anche per Husserl: «Le refus intransigeant de confondre la philosophie avec une vision du monde, et pourtant, le rejet de toute conception qui ferait du philosophe un gourou qui se sentirait investi d’une mission de direction spirituelle. On notera toutefois que la proposition ne vise pas seulement les visions du monde religieuses ou non religieuses, mais qu’elle comporte un autre aspect remarquable : l’analytique existentiale n’a rien d’un ‘discours de sagesse’, qu’il s’agisse des sagesses traditionnelles préphilosophiques, véhiculées par le Tao te king ou par le livre de la Sagesse biblique, ou d’une sagesse encore à venir, qu’il appartiendrait à une métaphysique future de promouvoir»2Come il Bene platonico non ha nulla a che vedere con qualunque concetto moderno, cristiano e kantiano di ‘valore’ ma è piuttosto la scaturigine, il fine ultimo e il senso di tutto ciò che è -l’essere e l’al di là dell’essere-, così in generale la filosofia è comprensione di ciò che è come esso è, prima e al di là di qualunque giudizio morale o visione del mondo.

Su questo atteggiamento e sostanza della vita filosofica Husserl e Heidegger concordano pienamente. Lo scarto si origina dallo sforzo heideggeriano di coniugare ciò che Husserl aveva separato: l’atemporalità dei significati logici e la prassi temporale della vita. I concetti fondamentali della ontocronia sono gli esistenziali dei quali discute Sein und Zeit. In particolare: la gettatezza come fatticità e immersione nel tessuto quotidiano degli affetti; l’angoscia come stare al mondo in quanto tale, non per ciò che si fa, dunque, ma per ciò che si è, per il fatto stesso d’esserci; da cui lo Schuldigsein, l’essere in debito/colpa; l’essere nel mondo come immersione totale, che mostra l’insensatezza della questione della ‘dimostrabilità’ di un mondo esterno e rende sterile ogni dualismo tra un ‘soggetto’ e un ‘oggetto’, i quali sono parte della medesima struttura ontologica; la trascendenza come modo di stare al mondo in quanto parte che non si limita a questo stare ma è intrisa di intenzionalità, vale a dire di futuro e quindi di tempo. L’intenzionalità della coscienza è infatti radicata nella temporalità estatica del Dasein, aperto al mondo e al tempo. Il tempo del mondo –Weltzeit– è dunque lo stesso tempo della coscienza –Ichzeit– in quanto entrambi sono espressione del tempo del Dasein che parte da e va verso l’In-der-Welt sein. Questo ‘verso’ (um-zu) è il movimento semantico dell’intenzionalità, un movimento fenomenologico, un movimento temporale, un movimento fattizio e prassico, il movimento in cui consiste la vita.
Vita che è esistenza del corpo, la cui mancata tematizzazione in Sein und Zeit è certo grave ma che Heidegger giustificò dicendo a Medard Boss -che gliene chiedeva conto- di ritenere la corporeità il tema più difficile da affrontare e per il quale nel 1927 non aveva ancora strumenti. Lo gnosticismo di Heidegger si declina dunque non come rifiuto dualistico della corporeità -nulla di simile è rintracciabile nella sua opera- ma come chiamata da parte dell’Essere alla pienezza del proprio conoscere e quindi del proprio consistere, nonostante la condizione di gettatezza che il venire al mondo comporta per ciascuno.
È anche qui che l’ontocronia mostra tutto il proprio tessuto metafisico, quello per cui la filosofia o è una scienza originaria che viene prima di ogni particolare sapere o non è; una scienza che si chiede, con  Leibniz, perché mai ci sia qualcosa piuttosto che il nulla; domanda spesso ripetuta da Heidegger, il quale nel seminario estivo del 1928 (dedicato appunto a Leibniz) afferma che la filosofia è la messa in atto centrale e totale dell’essenza metafisica dell’esistenza.
Già nel testo di abilitazione all’insegnamento (1915) Heidegger affermava che «die Philosophie kann ihre eigentliche Optik, die Metaphysik, auf die Dauer nicht entbehren»3.
Da quel testo a Essere e tempo, dagli altri libri fondamentali all’intervista postuma che sostiene come «soltanto un dio» ci possa salvare, «Heidegger ne cesse d’affirmer que le chantier de problèmes ouvert avec Sein und Zeit reste toujours nécessaire à titre de chemin, ce qui n’exclut pas, mais exige au contraire, des modifications considérables de la manière d’aborder les problèmes»4.

Note

1. «Husserl mi ha aperto gli occhi» (Ontologie. Hermeneutik der Faktizität, «Gesamtausgabe», Vittorio Klostermann, Franfurt am Main 1988, Band 63, p. 5).
2. «L’intransigente rifiuto di confondere la filosofia con una visione del mondo, e quindi il rifiuto di ogni concezione che farebbe del filosofo un guru che si sentisse investito di una missione di direzione spirituale. Va notato, tuttavia, che l’affermazione non si rivolge soltanto alle visioni del mondo religiose o non religiose, ma ha anche un altro notevole aspetto: l’analitica esistenziale non ha nulla a che fare con un “discorso di saggezza”, che si tratti delle tradizionali saggezze preteoretiche, trasmesse dal Tao te Ching o dalla saggezza biblica, o di una saggezza di là da venire, che sarebbe parte di una futura metafisica da promuovere» (J. Greisch, Ontologia e temporalità. Saggio di una interpretazione integrale di Sein und Zeit, p. 501).
3. «La filosofia non può rinunciare a lungo alla sua prospettiva più propria, cioè alla metafisica» (Die Kategorien- und Bedeutungslehre des Duns Scotus [La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto], «Gesamtausgabe», Vittorio Klostermann, Frankfurt am Main 1978, Band 1, p. 406 [348]; il corsivo è di Heidegger).
4. «Heidegger afferma di continuo che il cantiere dei problemi aperti con Sein und Zeit è ancora indispensabile come cammino, ma questo non esclude -al contrario implica- delle importanti modificazioni nel modo di affrontare i problemi» (J. Greisch,  Ontologia e temporalità, p. 425).


 

Lezioni 2019

Lunedì 4 marzo avranno inizio le lezioni dei tre corsi che svolgerò nel 2019 nel Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania.
Riassumo qui i titoli dei corsi, l’articolazione dei programmi, i libri e i saggi che analizzeremo, gli orari delle lezioni. I link ad alcuni dei titoli aprono i pdf o la versione digitale di cinque dei testi in programma; altri link rinviano a brevi presentazioni o ad analisi utili a una loro prima comprensione.

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Filosofia teoretica
Metafisica
Corso triennale in Filosofia / aula A7 / lunedì 10-12; mercoledì e venerdì 12-14

Alberto Giovanni Biuso, La Metafisica si dice in molti modi (pdf), in «Rassegna storiografica decennale», vol. I, Limina Mentis 2018, pp. 177-183
Alessandra Penna, La costituzione temporale nella fenomenologia husserliana 1917/18 – 1929-34 (pdf), Il Mulino 2007 (Introduzione; cap. I, §§  1, 3, 4; cap. IV, §§ 1, 2)
Edmund Husserl, Esperienza e giudizio (pdf), Bompiani 2007 (§§ 36, 38, 39, 42, 64 e Appendice I)
Martin Heidegger, Introduzione alla metafisica, Mursia 1979
Alberto Giovanni Biuso, Temporalità e Differenza, Olschki 2013
Alberto Giovanni Biuso, Heidegger e Sofocle: una metafisica dell’apparenza (pdf), in «Engramma», n. 150, ottobre 2017, pp. 154-161

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Filosofia della mente
Tempo della mente e Tempo del mondo
Corso magistrale in Scienze filosofiche / aula A12 / lunedì 12-14; mercoledì e venerdì 10-12

Martin Heidegger, Il concetto di tempo, Adelphi 1998
Carlo Rovelli, L’ordine del tempo, Adelphi 2017, capitoli dall’1 all’8 e 12-13
Lee Smolin, La rinascita del tempo. Dalla crisi della fisica al futuro dell’universo, Einaudi 2014
Arnaldo Benini, Neurobiologia del tempo, Raffaello Cortina 2017
Alberto Giovanni Biuso, Aiòn. Teoria generale del tempo, Villaggio Maori Edizioni 2016

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Sociologia della cultura
Dismisura
Corso triennale in Filosofia / aula A9 / martedì 12-14; giovedì 10-12

Rocco De Biasi, Che cos’è la Sociologia della cultura, Carocci 2008
Olivier Rey, Dismisura. La marcia infernale del progresso, Controcorrente 2016
Giuseppe Frazzetto, Artista sovrano. L’arte contemporanea come festa e mobilitazione, Fausto Lupetti Editore 2017
Alberto Giovanni Biuso, «Anarchismo e antropologia. Per una politica materialistica del limite» (pdf), in La pratica della libertà e i suoi limiti – Libertaria 2015, pp. 102-125

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