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In un certo luogo e in un certo istante

Juror #2
(Giurato numero 2)
di Clint Eastwood
USA, 2024
Con: Nicholas Hoult (Justin Kemp), Toni Colette (Faith Killebrew), Chris Messina (Eric Resnick), Gabriel Basso (James Michael Sythe), J.K. Simmons (Harold)
Sceneggiatura di Jonathan Abrams
Trailer del film

Una maestria registica ormai certa del proprio talento guida una vicenda che si svolge in soli tre spazi: un’aula di tribunale, l’abitazione di uno dei giurati, il luogo dove una giovane donna è stata trovata morta in una notte di pioggia battente.
Le tesi dell’accusa e della difesa si alternano velocemente a descrivere i fatti e a darne subito interpretazioni diverse. Il giurato numero 2, Justin Kemp, sa bene che cosa sia accaduto la notte in cui la ragazza è morta. Lo sa perché c’era. Se ne rende conto soltanto a processo iniziato e questo produce in lui una profonda inquietudine, che si trasforma inesorabilmente in angoscia, paura, autodifesa, e lo fa camminare sul rischioso crinale dove verità e menzogna si mescolano senza però riuscire a nascondere al suo cuore l’evento. Al suo cuore e poi a poco a poco alla mente di altri.

Juror #2 è molto più di un film giudiziario scandito con tempi e alternanze che mai distraggono lo spettatore dalla tragedia greca che gli si sta dispiegando davanti. È un film nel quale il disincanto di tante opere di Eastwood tocca un’oggettività nello stesso tempo gelida e misericordiosa verso il destino, il ‘malo destino’, degli esseri umani.
Giurato numero 2 è un trattato di filosofia morale nel quale il diritto mostra le proprie potenzialità ma anche tutti i suoi limiti di fronte a una parola troppo grande, troppo distante dalle possibilità umane, pur essendo una parola necessaria: Giustizia.
La prima scena mostra la giovane moglie di Justin avanzare bendata (le si prepara una felice sorpresa) come bendata è la dea della giustizia, Θέμις. La cui statua davanti al tribunale vede più volte i piatti della bilancia muoversi a caso, così come il vento li spinge.
Dell’ingiustizia fanno parte l’ambizione professionale del pubblico ministero (negli USA la carica di procuratore è elettiva e quindi inevitabilmente soggetta anche a demagogia); le procedure sbrigative della polizia, soprattutto quando l’imputato – James Michael Sythe, compagno della vittima – è un pregiudicato; la fretta dei giurati di tornare alle proprie attività, famiglie, commerci, tranquillità. Fretta che non prende, non può prendere, il giurato numero 2, nonostante sua moglie stia completando una gravidanza a rischio.
Non può perché questo giurato incarna interamente la colpa, il debito, il male in cui consistono l’esserci in un certo luogo e in un certo istante. Ma l’esserci in un certo luogo e in un certo istante è la necessaria espressione e forma dell’esistere, dato che – essendo nati – da qualche parte bisogna pur stare. Meglio sarebbe stato non occupare lo spaziotempo in forma umana, in nessuna forma.

Juror #2 è una tragedia ellenica che non soltanto rispetta in gran parte le tre unità drammaturgiche di Aristotele ma soprattutto indica nell’esistenza stessa la colpa, al di là di ogni intenzione e di ogni volontà.
E questo perché «das Dasein ist als solches schuldig», l’esserci è come tale colpevole (Sein und Zeit, trad. di Alfredo Marini, Mondadori 2006, § 58, p. 802). L’esser colpevoli non risulta da un qualche debito specifico ma ogni specifica colpa – comprese quelle di James Michael Sythe, di Justin Kemp, la mia colpa, come di ogni altro umano – è possibile solo sul fondamento di un «ursprünglichen Schuldigseins», di un esser colpevoli originario (Ivi, § 58, p. 799). Venire al mondo è questa colpa.

Heidegger, la terra

La rivista Il Covile ha tradotto due testi di Martin Heidegger nei quali il filosofo parla della propria infanzia e adolescenza a Meßkirch, pagine alle quali ha aggiunto il testo con cui il 27 ottobre del 1933 il filosofo rifiuta per la seconda volta l’offerta di una cattedra all’Università di Berlino. Il titolo dato ai tre scritti è Tre stagioni della vita. Sulla gioia dell’essere in comune [Gemeinwesen] in un luogo concreto (10 gennaio 2025).
Invito a leggere queste pagine pacate, teoretiche e rivelatrici. Pacate nel loro procedere, simile a quello di un contadino lungo un viottolo; teoretiche nell’esplicito legame che Heidegger istituisce tra il proprio pensare e il mondo nel quale e dal quale la sua persona è germinata; rivelatrici dell’autentico significato della questione dell’essere, che è una questione della terra, dell’origine e della fedeltà, e quindi del tempo. Parole oggi forse già incomprensibili.

Nel secondo testo si legge che «che tutto ciò che è solido prospera solo se l’uomo è in pari misura entrambe le cose: pronto alla richiesta del cielo supremo e custodito nella protezione della terra che sostiene».
Nel declinare l’offerta di trasferirsi a Berlino, Heidegger scrive che il proprio lavoro «è inseparabilmente congiunto al lavoro dei contadini; ne condivide il cuore». E aggiunge che «non si tratta affatto di uno starsene in isolamento! Parlerei, piuttosto, di solitudine. Nelle grandi città, l’uomo può facilmente ritrovarsi davvero isolato quasi come in nessun altro luogo. Ma non può mai essere solo. Infatti la solitudine ha la peculiare capacità di non isolarci mai; essa, piuttosto, libera l’intera nostra esistenza proiettandola nella vastità dell’essere vicini all’essenza delle cose».

Il mondo del quale parla Heidegger non esiste più. I curatori di questo numero del Covile hanno ragione nel concludere che «l’opera di Martin Heidegger costituisce l’ultimo e più alto grido dal mondo contadino mentre veniva dissolto da quello delle macchine e dell’abolizione dell’uomo».
E tuttavia qualcosa di quel mondo posso percepire, ho percepito, poiché ho avuto la fortuna di scaturire da generazioni di contadini. I miei avi, i miei bisnonni e nonni vivevano del lavoro dei campi, tutti. Ho conosciuto e frequentato, anche a lungo, i nonni Biagio, Giuseppa, Illuminato e Rosa. A Biagio Biuso ho fatto cenno qui: Briganti. Ancora oggi uno dei periodi più belli dell’anno sono i mesi di luglio e agosto, quando posso lavorare in una casa sull’Etna, edificata nel 1900. Il paesaggio, i viottoli e la luce sono molto diversi da quelli della Foresta Nera del Baden-Württemberg ma la terra è altrettanto accogliente, ritornante a ogni stagione, silenziosa.

Il tempo si dice in molti modi

Lo scorso 31.10.2024 tenni un seminario (a distanza) nell’ambito del PRIN  Synchronized with Nature. Measuring time in ancient Egypt and Mesopotamia: archaeological and textual evidence. Il titolo era COMPUTUS. Tempo storico e molteplicità del tempo. In quell’occasione ci soffermammo quasi esclusivamente sulle diverse forme del computus, del calcolo del tempo nelle diverse civiltà, epoche e culture europee.
La seconda parte del seminario si svolgerà il prossimo giovedì, 16 gennaio 2025.
Parleremo di come il tempo si dica appunto in molti modi, costituisca una realtà pervasiva e molteplice.
Presenterò (brevemente) nove forme del tempo: cosmico, fisico, convenzionale, sociale, psicologico, somatico, genetico, antropologico e il tempo/temporalità.
Spero che la definizione di queste forme ci faccia meglio comprendere che l’essere umano è tempo incarnato; il corpomente è la consapevolezza dell’essere noi stessi tempo: «L’esserci, compreso nella sua estrema possibilità d’essere, è il tempo stesso, e non è nel tempo» (Heidegger). Una tesi come questa non esprime un primato coscienzialistico sulla temporalità ma la costitutiva temporalità del nostro essere, che fuori dal tempo è letteralmente incomprensibile, indicibile, inesistente.
Che l’umano sia un grumo temporale non vuol dire che il tempo si risolva in noi ma, al contrario, che siamo noi a risolverci nel tempo, il quale «è la sostanza di cui son fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco» (Borges)

Il link per partecipare è: https://meet.google.com/bwb-rjyn-vmh
In questa locandina si può leggere il programma completo dei seminari, che sono pubblici.

[L’immagine di apertura è una fotografia della galassia M104 / NGC 4594, denominata Sombrero, distante dalla Terra 29,5 milioni di anni luce]

Correzioni mazzarelliane

Recensione a:
Correzioni heideggeriane
di Eugenio Mazzarella
Neri Pozza 2023, pp. 327
in Giornale di Metafisica
Volume XLVI, numero 1/2024
Pagine 280-283

Tentare delle correzioni al pensare di Heidegger comporta delle condizioni assai chiare. La prima consiste nel rifiuto di qualunque principio di auctoritas, di qualunque obbedienza, di ogni scolastica. Una seconda condizione è la conoscenza profonda del cammino heideggeriano. Un’altra ancora è l’elaborazione di una propria teoresi, da porre in relazione critica ma insieme feconda con la filosofia di Heidegger.
La lunga e molteplice familiarità di Eugenio Mazzarella con le questioni e i testi heideggeriani e insieme l’autonomia che rispetto a essi ha sempre avuto permettono dunque di dare un titolo così franco a un libro che raccoglie alcune delle pagine più lucide da Mazzarella dedicate a Heidegger in un arco cronologico che va dal 1987 al 2021. Si tratta di un confronto serrato e anche duro ma sempre all’altezza del pensare heideggeriano. Una rarità, ormai, rispetto alla miseria giornalistica nella quale molti filosofi europei sono precipitati, un abisso da pezzenti rispetto alla luce fatta d’oro dell’abisso heideggeriano.

Programmi 2024-2025

Nei programmi dell’anno accademico 2024-2025 c’è una novità della quale sono molto soddisfatto. Agli insegnamenti di Filosofia teoretica (corso avanzato) e di Filosofia delle menti artificiali si aggiunge infatti l’insegnamento di Metafisica, collocato al terzo anno del corso triennale di Filosofia. Gli interessi verso la metafisica che coltivo da vari anni trovano così anche una finalità didattica.

Pubblico i programmi che svolgerò, inserendo i link alle pagine del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania dedicate ai miei corsi. In queste pagine del sito Disum si trovano infatti numerose e importanti informazioni relative anche alle modalità di svolgimento delle lezioni e di verifica della conoscenza acquisita (invito quindi gli studenti a leggerle con molta attenzione).

I link che compaiono nei titoli dei libri in programma portano a presentazioni e recensioni dei testi e ai pdf dei seguenti saggi: Sul realismo; Presenza e realtà. Sul virtuale; Mutamenti politici e Intelligenza Artificiale.

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Filosofia teoretica (corso avanzato)
ZARATHUSTRA

Il corso intende aprire a una comprensione quanto più rigorosa possibile del pensiero di Friedrich Nietzsche per il tramite, in particolare, di Così parlò Zarathustra, letto anche nella chiave ermeneutica proposta da Heidegger nelle lezioni e nelle conferenze da lui dedicate a questo filosofo.
[The course intends to open up to the most rigorous possible understanding of Friedrich Nietzsche thought, through, in particular, Also sprach Zarathustra, also read in the hermeneutic key proposed by Heidegger in the lessons and conferences he dedicated to this philosopher].

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Metafisica
METAFISICHE / METAPHYSICS

Il corso intende introdurre i concetti fondamentali della metafisica, la loro storia e la loro presenza nella filosofia contemporanea.
[The course intends to introduce the fundamental concepts of metaphysics, their history and their presence in contemporary philosophy]

  • Alberto G. Biuso, Sul realismo, in «L’invenzione della realtà. Scienza, mito e immaginario nel dialogo tra psiche e mondo oggettivo», ETS 2022, pp. 125-135
  • Enrico Berti, Introduzione alla metafisica, II edizione, Utet 2017, pp. XI-200
  • Martin Heidegger. Che cos’è metafisica?; Poscritto a «Che cos’è metafisica?»; Introduzione a «Che cos’è metafisica?», in «Segnavia», Adelphi 1987, pp. 59-77; 257-266; 317-334
  • Alberto G. Biuso, Tempo e materia. Una metafisica, Olschki 2020, pp. 168

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Filosofia delle menti artificiali
SUL VIRTUALE  / ON THE VIRTUAL

Dopo una introduzione generale alle tematiche dell’Intelligenza Artificiale, il corso affronterà la questione del virtuale, con una specifica attenzione critica al tema della presenza dei corpimente nello spaziotempo.
[After a general introduction to the themes of Artificial Intelligence, the course will address the issue of cybernetics and its developments in the theory and practice of the Metaverse, with specific critical attention to the theme of the presence of bodymind  in spacetime].

Castelbuono

Intanto partendo dalla zona etnea ci si arriva attraversando i magnifici, freschi, silenziosi boschi dei Monti Nebrodi. Dopo Cesarò (arroccata su uno sperone di roccia che al di là del Simeto guarda tutta la magnificenza dell’Etna) e prima di Sant’Agata di Militello c’è solo San Fratello (arroccato anch’esso tra i monti e il mare). Nel mezzo faggi, querce, lecci, roverelle e altri alberi, il respiro della Terra. Nel mezzo cavalli, piccoli maiali neri, mandrie di mucche, greggi di pecore e capre. Nel mezzo la nebbia anche ad agosto, la pioggia, la frescura.
Poi l’autostrada da Sant’Agata sino a Castelbuono. Dove le case e le strade sono circondate da montagne, alture, boschi che si vedono, intravedono e ammirano da ogni punto del paese. Dove l’intrico delle stradine medioevali scandisce un’armonia fatta di pietre, di scalinate e di una toponomastica nella quale una stradina a gradoni, ricolma di belle piante, è intitolata a «Giovanni III di Ventimiglia, I Principe di Castelbuono (1550-1619)».
Fu infatti la famiglia dei Ventimiglia, originaria della Liguria, a fortificare questo luogo con un Castello che al paese dà non soltanto il nome ma anche l’identità e la bellezza. L’esterno è di una semplicità che ben si coniuga alla potenza. L’interno è sede del Museo Civico, articolato nelle sezioni di archeologia medioevale, urbanistica (attualmente chiusa), arte sacra, arte moderna e contemporanea e l’assai bella Cappella Palatina, decorata in ogni angolo dagli stucchi di Giuseppe e Giacomo Serpotta.
A breve distanza dal Castello si trova la Matrice Vecchia, un vero e proprio museo d’arte sacra dentro il quale si rincorrono affreschi medioevali alle colonne, il fastoso Polittico rinascimentale dell’Altare Maggiore e una cripta interamente decorata da affreschi che narrano la Passione.
Tra le altre (tante) chiese, due sono di particolare rilievo: la prima è San Francesco d’Assisi, che ospita il mausoleo e le tombe dei Ventimiglia e un bel chiostro dove meditare; la seconda è dedicata alla Madonna dell’Itria, un edificio in non ottime condizioni e il cui ingresso è in parte occupato e nascosto dai tavolini di un bar ma che ha un altare dedicato alla Vergine Odigitria, una singolare madonna viaggiatrice.
Tutto a Castelbuono ruota sull’asse che collega il Castello a Piazza Margherita ed entrambi gli spazi alle altre strade che da qui si dipanano e che questi luoghi intersecano. Nelle vie del centro storico tutto è pulitissimo, nessuna cartaccia a terra, nessuna sporcizia. Una rarità per la Sicilia.
Gli abitanti di questo luogo sono particolarmente gentili. Che discendano dai contadini, dai campieri, dai mercanti, dagli artisti e forse anche dai signori, l’impressione è che sappiano di non essere lì per caso, di avere un’identità che affonda nel tempo. Condizione essenziale per essere abitatori di una città e non soltanto gli occupanti delle sue case, condizione essenziale per essere degli umani radicati in un territorio e non i sudditi dello sradicamento (Bodenlosigkeit) e della devastazione (Verwüstung), pericolo dal quale i Taccuini neri (Schwarze Hefte) di Heidegger mettono con saggezza in guardia.

 

Più bravi

Tra i numerosi saggi che i miei allievi hanno pubblicato di recente, ne segnalo alcuni che mi sembrano particolarmente significativi.

-Daria Baglieri, Una memoria pre-biografica? Ricordo e oblio come esperienze somatiche «Filosofia Morale/Moral Philosophy», n.5, 2024/1, pp. 103-113. Baglieri articola e approfondisce con particolare chiarezza il plesso essenziale e teoretico così intricato sul quale sta lavorando da anni, quello che rende inseparabili nell’animale umano la memoria e l’oblio, elementi entrambi indispensabili alla vita del corpomente.

-Sarah Dierna, Peter Wessel Zapffe. Il profeta dell’“Ultimo Messia”, «Dialoghi Mediterranei» n.68, luglio-agosto 2024, pp. 538-550. Si tratta di uno dei pochissimi contributi in lingua italiana dedicati a Zapffe, scrittore e filosofo norvegese vissuto tra il 1899 e il 1990, tra i più originali sostenitori dell’antinatalismo. Un pensatore rigoroso e insieme visionario, del quale Dierna delinea la figura e le tesi in maniera assai limpida, mettendo al centro un racconto del 1933 ma andando anche al di là di questo specifico testo.

-Lucrezia Fava, Sull’Apocrifo di Giovanni, in «Letteratura e Bibbia. Atti delle Rencontres de l’Archet Morgex, 14-19 settembre 2020», Centro di Studi storico-letterari Natalino Sapegno 2022, pp. 113-121. Studiosa delle relazioni tra filosofia contemporanea e gnosticismo antico, Fava presenta, analizza e interpreta qui uno dei testi gnostici più chiari ed emblematici, in un saggio che si pone all’incrocio tra storia delle religioni ed ermeneutica filosofica.

-Enrico Moncado, Note sulla «Einleitung in die Phänomenologie der Religion» di Martin Heidegger, in «Mondi. Movimenti sociali e simbolici dell’uomo», vol. 5/2022, pp. 45-58. Moncado ha dedicato il suo dottorato all’analisi dell’escatologia nel pensare heideggeriano. Questo saggio sul legame e sulle differenze che intercorrono tra l’escatologia paolina e quella di Heidegger conferma per intero come dalla più potente esperienza teoretica del Novecento scaturiscono di continuo elementi di grande fecondità anche nell’ambito della fenomenologia della religione. 

-Enrico Palma, «La clôture de la joue». Un’indagine metafisica sul limite tra dolore, finitudine e temporalità. «Aretè. International Journal of Philosophy, Human & Social Sciences», vol. 8/2023 [ma uscito nel 2024], pp. 223-247. Un saggio nel quale l’intersezione tra parola teoretica e parola letteraria, che segna la monografia da Palma dedicata a Proust, contribuisce a comprendere meglio alcuni degli enigmi di fondo della vita umana.

Invito a leggere, senza fretta, questi testi e a verificare di persona la loro qualità scientifica. I loro autori stanno tutti lavorando a progetti di ricerca di grande rilievo, dei quali i saggi qui segnalati sono tappe e insieme sintesi. I miei allievi stanno diventando più bravi di me. Uno degli obiettivi del mio insegnamento comincia a essere conseguito.

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