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Realtà

Reality
di Matteo Garrone
Con: Aniello Arena (Luciano), Loredana Simioli (Maria), Nando Paone (Michele), Raffaele Ferrante (Enzo), Nello Iorio (Massimone), Ciro Petrone (barista)
Italia, 2012
Trailer del film

«Osservate la locandina del film (magari cliccando sopra per ingrandirla). Un ambiente visto dall’alto. Con alcune poltrone intensamente illuminate. Su quella in alto a sinistra sta sdraiato un uomo con le braccia incrociate dietro la testa. Tutti possono guardarlo. Il luogo è insieme chiuso e aperto. Quel soggetto ha raggiunto la pace. È diventato una sola cosa con lo splendore dell’immagine, con l’iridescenza della “Casa”. La vita di quest’uomo è cambiata da quando, quasi per caso, ha partecipato a una delle tante selezioni per il Grande Fratello. Lavoro, affetti, amici, famiglia, si sono a poco a poco dissolti nell’ossessione di un futuro di notorietà, di soldi, di luci. L’ambiente di lavoro ha cominciato ai suoi occhi a pullulare di persone inviate dal Grande Fratello a controllare se abbia detto o no la verità. Per mostrare a queste presenze la propria forza e originalità Luciano dà inizio a un vero e proprio potlatch, a uno spreco di beni, di risorse, di tempo, di senso».

Così comincia la recensione pubblicata sul numero 15 – ottobre 2012 di Vita pensata (pp. 65-67). Qui aggiungo quanto scrive Franco Berardi Bifo in un suo articolo dal titolo Incubi e schermi. La cornice perfetta, pubblicato a pagina 28 del numero 25 – dicembre 2012/gennaio 2013 di Alfabeta2:
«La fascinazione dello schermo e la cattura della mente sono irreversibili, e Reality di Matteo Garrone è il film definitivo sul potere biopolitico contemporaneo. Proprio oggi che in Italia credono che Berlusconi abbia perduto il potere, Garrone dice la verità: è vero il contrario. Berlusconi può essere sconfitto sul terreno fittizio della politica, un consulente della Goldmann Sachs può andare al suo posto per realizzare lo stesso programma, magari una coalizione di centro-sinistra può vincere le prossime elezioni. Ma l’Italia non esce dallo schermo.
Neo-realismo e barocco si incontrano perché il barocco è la realtà della storia italiana moderna. Quelli che credono che la corruzione e la demenza italiana siano il lato malato della sana austerità liberista, come al solito, non capiscono niente. Non capiscono cos’è la realtà del Semiocapitale, che si fonda sull’illusione ottica, l’ipertrofia dell’immagine, l’inflazione proliferante di flussi linguistici e la manipolazione predatoria dello scambio (semiotico ed economico tra loro confusi, interdipendenti). […] L’Italia è il laboratorio barocco della dittatura mondiale dell’ignoranza».
Reality è uno dei film più belli e più importanti di questi anni.

1984

di George Orwell
(Nineteen Eighty-Four, 1949)
Trad. di Gabriele Baldini
Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1998
Pagine XI – 327

In una mattina di aprile dell’anno che forse è il 1984 Winston Smith torna a casa e comincia a scrivere i propri pensieri in un quaderno che ha da poco acquistato. Ecco: questa è la sua colpa, lo psicoreato che aveva già cominciato a commettere e che adesso è provato dalla sua stessa scrittura. Winston Smith vive, infatti, in Oceania, uno dei tre stati sovracontinentali nati dalla guerra atomica degli anni ’50.
In ciascuno di essi

«LA GUERRA È PACE
LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ
L’IGNORANZA È FORZA»
( p. 8 )

Winston lavora presso il Ministero della Verità, il cui compito è la falsificazione sistematica e la creazione di documenti che modifichino il passato. Infatti, «chi controlla il passato, controlla il futuro; chi controlla il presente, controlla il passato» (260). In questo luogo, Smith lavora 60 ore alla settimana in quanto membro del Partito esterno. Su quest’ultimo domina il Partito interno il cui braccio operativo è la Psicopolizia e su tutti sta il Grande Fratello. Alla base della scala sociale, infine, vi sono i cosiddetti prolet, masse ignoranti e povere di milioni di persone alle quali è permessa una maggiore libertà di azione e di pensiero poiché esse pensare non sanno. In ogni caso, anche le masse vengono esaltate e controllate tramite la propaganda incessante contro il nemico interno ed esterno.

In questo mondo senza luce, Winston incontra Julia. Membro anche lei del Partito esterno, non crede ai suoi dogmi e cerca di godere della propria vitalità sessuale, atteggiamento che costituisce una forma di disobbedienza al Partito, il quale ha fra i suoi scopi quello di «abolire lo stesso piacere sessuale» (280). I due si incontrano quando possono, cercando di sottrarsi ai teleschermi che controllano ogni gesto quotidiano. Un giorno, O’Brien, membro del Partito interno, invita Winston a casa propria e gli rivela l’esistenza di un’opposizione al Regime guidata da Goldstein, vecchio fondatore del Partito e ora suo principale nemico e autore di un testo clandestino dal titolo La teoria e la pratica del collettivismo oligarchico. Winston e Julia decidono di entrare nella Fratellanza ma dopo qualche tempo vengono arrestati. Da qui comincia l’ultima intensissima parte del romanzo. A interrogare e torturare Winston è O’Brien che gli rivela come gli scopi del Partito siano ben più radicali di qualsiasi passata Inquisizione, di qualsiasi Regime totalitario del ventesimo secolo poiché il Partito vuole l’anima di chi ha pensato di resistergli e non uccide il colpevole finché questi non sia totalmente e sinceramente convinto della propria colpa e non provi autentico Amore per il Grande Fratello. A questo limite, infatti, sarà condotto Winston in un finale tanto terribile quanto malinconico e chiuso a qualsiasi speranza.

Si tratta di un libro chiave. E non solo per la potente forza visionaria, non solo per la scrittura lucida ed essenziale. È un libro che smaschera l’essenza del Potere il cui fine è lo stesso Potere. Orwell compie una singolare fusione di machiavellismo e anarchismo, il cui risultato è l’estrema, esaltata felicità con la quale O’Brien descrive il vero significato del Partito:

«I nazisti tedeschi e i comunisti russi si avvicinarono molto ai nostri metodi, ma non ebbero mai il coraggio di dichiarare apertamente i loro motivi, le loro ragioni. (…) Il potere non è un mezzo, è un fine. Non si stabilisce una dittatura nell’intento di salvaguardare una rivoluzione; ma si fa una rivoluzione nell’intento di stabilire una dittatura. Il fine della persecuzione è la persecuzione. Il fine della tortura è la tortura. Il fine del potere è il potere» (276).

La dottrina posta a fondamento di tale obiettivo consiste in una sorta di solipsismo antropocentrico, convinto che «non esiste nulla se non nella mente dell’uomo (…) non c’è niente al di fuori e oltre l’uomo. (…) La terra è il centro dell’universo. Il sole e le stelle ci girano attorno» (278-279). Un solipsismo collettivo che intende eliminare alla radice qualsiasi dimensione individuale, pensiero soggettivo, ambito privato. I teleschermi presenti ovunque, l’elaborazione della neolingua che riduce all’essenziale il numero delle parole, la vita in grandi alveari umani, la trasformazione dei figli nei primi nemici dei loro genitori -bambini trasformati in «una sottosezione della Psicopolizia» (142)-, la partecipazione obbligatoria alle iniziative serali dei Centri sociali, fanno sì che «nulla si possedesse di proprio se non pochi centimetri cubi dentro il cranio» (31) ma anche questo spazio alla fine sarà perduto. Lo stare da soli è già ragione di grave sospetto, così come il possesso o il desiderio di «qualsiasi oggetto antico o anche soltanto bello» (101) e dei libri, i quali vengono sistematicamente distrutti e sostituiti dalle opere collettive del Partito o da romanzi per i prolet elaborati con strumenti meccanici. L’ortodossia, quindi, consiste nel «non pensare, non aver bisogno di pensare. L’ortodossia è non-conoscenza» (57). E solo questo, infatti, interessa al Partito. Non le azioni compiute ma i pensieri che quelle azioni hanno prodotto
Nessuno ha mai visto il Grande Fratello poiché egli è la personificazione del Partito, è «la mente del Partito, che è collettiva e immortale» (261). 1984 è un libro molteplice, dai significati diversi e complessi. Un testo che descrive come lentamente si spegne l’ultimo uomo in Europa, che mostra la necessità del pensiero ribelle attraverso un incubo politico e televisivo nel quale individui e collettività vengono letteralmente cancellati dal servilismo assoluto verso il potere, verso la sua immagine.

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