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Tenerezza

La tenerezza
di Gianni Amelio
Italia 2017
Con: Renato Carpentieri (Lorenzo), Micaela Ramazzotti (Michela), Giovanna Mezzogiorno (Elena), Elio Germano (Fabio), Greta Scacchi (Aurora), Arturo Muselli (Roberto)
Trailer del film

Lorenzo è un avvocato napoletano in pensione. Vive da solo, non vuole avere relazioni con i due figli, è da poco scampato a un infarto. Tornato a casa, trova l’appartamento accanto al suo affittato a una coppia di triestini con due bambini. Lorenzo crede di non aver mai provato amore, neppure nei confronti della propria moglie, dell’amante, dei figli. Della moglie dice infatti che non l’amava, «o se l’amavo non me ne sono accorto». E però quest’uomo trova ora in Michela, la nuova vicina di casa, la figlia che non è mai riuscito ad abbracciare. La ascolta, le parla, cerca di proteggerla da una situazione familiare non felice. Quando gli eventi precipitano, le resta accanto.
La famiglia, le illusioni, gli incontri vissuti e gli incontri mancati, la nostalgia per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, la solitudine. Anche questo è La tenerezza.
Napoli, i suoi spazi, l’antico e il contemporaneo, il suo buio, la luce. Anche questo è La tenerezza.
La continuità genetica, le case e altre proprietà, i soldi, la lotta, l’abbandono. Anche questo è La tenerezza.
L’incarnazione (assai più che una semplice interpretazione) da parte di Renato Carpentieri della figura stanca e forte dell’avvocato; la messa in scena stralunata di Elio Germano e quella struggente di Micaela Ramazzotti. Anche questo è La tenerezza.
Un racconto sobrio e raffinato, misurato negli estremi. Anche questo è La tenerezza.
Ma forse questo film è soprattutto l’intuizione che per quanto egoisti, chiusi, amorali e tristi si possa essere, c’è qualcuno e qualcosa di ancora più egoista, chiuso, amorale e triste. Spesso mascherato dalla cosiddetta ‘normalità’. Che non esiste.
Tenerezza è una delle parole più profonde dei vissuti umani. Quella che fa dell’amore un gesto anche di dignità e non soltanto di dominio. Sentimento rarissimo.

[La foto è di Claudio Iannone]

Moralismo sentimentale

L’intrepido
di Gianni Amelio
Con: Antonio Albanese (Antonio Pane), Livia Rossi (Lucia), Gabriele Rendina (Ivo), Alfonso Santagata, Sandra Ceccarelli
Italia, 2013
Trailer del film

Antonio è un disoccupato che lavora. Fa, infatti, “il rimpiazzo”. Sostituisce qualcuno che per qualche ora o qualche giorno si allontana dal lavoro. È pagato poco e male -in pratica viene sfruttato dal finto amico che gli procura i rimpiazzi- ma lo fa per dare un senso alle proprie giornate. Di cognome si chiama Pane e, in effetti, è “buono come il pane”, sempre pronto a dare una mano a chi magari economicamente sta meglio di lui ma si trova con l’anima disperata. La moglie lo ha lasciato, il figlio suona il sassofono e qualche volta gli fa da padre, si innamora di una ragazza alla quale ha passato il compito durante un concorso. Ma andrà malissimo.
Un film intimista, senza nessuna epica. Un film monotono. Milano, dove tutto accade, appare come un luogo triste sino al lugubre, mentre invece è una città bellissima e vivace. Un pessimo film fatto di ondate sentimental-moralistiche davvero eccessive.

 

Straniero al male

Il primo uomo
di Gianni Amelio
Italia, Francia, Algeria 2012
Dal romanzo di Albert Camus
Con: Jacques Gamblin (Jacques Cormery), Nino Jouglet (Jacques bambino), Catherine Sola (Catherine Cormery), Maya Sansa (Catherine Cormery da giovane), Denis Podalydès (Professeur Bernard), Nicolas Giraud (lo zio Etienne), Abdelkarim Benhabouccha (Hamoud)
Trailer del film

 

1924. Jacques Cormery è nato in una famiglia franco-algerina assai povera, suo padre è morto nella Prima guerra mondiale. Vive con la madre, uno zio e una nonna inflessibile. Dopo le elementari comincia a lavorare ma il suo maestro riesce a convincere i familiari che l’intelligenza del bambino merita il proseguimento degli studi.
1957. Cormery vive a Parigi, dove è diventato un celebre scrittore. Torna in Africa nel momento in cui il conflitto tra algerini di origine francese e algerini musulmani va diventando sempre più profondo. Invitato a parlare all’Università, difende l’idea di una convivenza plurale e pacifica ma viene contestato dai nazionalisti francesi. Jacques incontra la madre, lo zio, percorre la città alla ricerca del suo vecchio maestro e di un compagno di scuola musulmano il cui figlio è stato condannato a morte. Si reca nella fattoria dove è nato, nel cimitero che accoglie le spoglie del padre. Cerca di ricostruire il senso della propria vita e di quella della sua terra, l’Algeria.

Asciutto come la scrittura di Camus, dolente e forte come il suo pensiero, questo film mette in scena il romanzo al quale lo scrittore stava lavorando al momento dell’incidente che lo uccise nel 1960. Il libro fu poi pubblicato dalla figlia Catherine nel 1994. Figlia che in una lettera ad Amelio ringrazia il regista per «aver fatto questo film con tanto pudore, misura e bellezza profonda. […] Di certo non sono una spettatrice obiettiva, ma ho trovato il suo film bellissimo. Ho ammirato la sua direzione degli attori (senza una nota falsa!) e la giusta distanza che lei ha preso, e che rispetta la finzione senza tradire il libro».
Nino Jouglet, che interpreta lo scrittore da bambino, ha uno sguardo serio e insieme dolce, consapevole e candido. Serietà e dolcezza che manterrà anche da adulto. Il film è tutto sotto il segno di una grande sobrietà, di una matura libertà e di una profonda passione per il mondo. Così era Camus. Così è fatta la sua opera.

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