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Archetipi

Alberto Giacometti
Galleria d’Arte Moderna – Milano
A cura di Catherine Grenier
Sino al 1 febbraio 2015

Il vero simbolismo è questo, perché il simbolo non può mai essere interamente rappresentabile, la sua purezza dipende dalla sua astrazione. Il vero simbolismo è questo perché affonda in culture selvagge, arcaiche, primitive, le stesse in cui si radicarono le forme di Picasso e Modigliani. Un artista è chi sa cogliere gli archetipi, che stanno ovunque nello spazio e nel tempo, e li trasforma in visibile materia, in toccabile materia, in udibile materia.
Alberto Giacometti ne percepisce il vibrare e ha la pazienza di imparare a decifrarlo alla luce della grande pittura italiana edGiacometti_Annette_1960 europea. A testimoniarlo sono le copie che trasse da Raffaello, Giotto, Tiziano, Masolino, Dürer, Rembrandt, Cézanne. Dagli altri artisti e dagli archetipi Giacometti imparò la verticalità, il vuoto, le forme raggrumate nello spazio, come quelle che costituiscono La radura; imparò a generare modelli platonici che potrebbero stare ovunque, potrebbero stare sempre. Annette seduta nell’atelier è come in Bacon una figura ieratica e insieme materica. La Grande Donna IV è una divinità, un Giacometti_Uomo_seduto_1965totem, un idolo potente, inquietante, protettivo. L’Uomo seduto -una delle opere sue ultime- è disseccato, è fatto di tracce di una carne divenuta immortale.
Giacometti seppe togliere e levare dalla materia, per ritrovarla intatta, magnifica.

Archetipo / Altero / Ascetico

Il volto del ‘900. Da Matisse a Bacon. Capolavori dal Centre Pompidou
Palazzo Reale – Milano
Sino al 9 febbraio 2014

Brancusi_Musa_addormentata_1910I “fatti” non hanno alcuna autonomia ontologica ma assumono senso –e quindi per noi si verificano, li vediamo, li viviamo- solo in un ambito di rilevanza situazionale, in un contesto fenomenologico ed esistenziale che è sempre superiore alla somma dei singoli enti, eventi, cose. Una faccia -l’insieme di fronte, occhi, orecchie, zigomi, naso, labbra, mento- non è ancora un volto. E neppure uno sguardo lo è. Lo sguardo, infatti, è l’intenzione comunicativa di una faccia. Il volto è l’interpretazione / costruzione che della faccia e dello sguardo fa chi la osserva. Una faccia è atomistica, separabile in parti. Un volto è l’intero.
Bacon_Michel_Leiris_1976Di questo intero la pittura ha da sempre cercato il segreto. E soltanto la pittura e la grande fotografia possono in effetti riuscire a coglierlo. Il volto archetipo, silenzioso e perfetto della Musa addormentata (Brancusi, 1910) si distende in un sogno orizzontale fatto di luce e di oro, di forme sobrie e perfette, di una calma che dura. Il volto altero, vissuto, dinamico di Michel Leiris (Bacon, 1976) sembra moltiplicarsi a ogni istante; sembra ripetere le sue forme in un qualche altrove appena scoperto; sembra sezionarsi, frangersi, tornare come le onde di un oceano di figure. Il volto ascetico, materico, immerso di Asaku Yanaihar (Giacometti, 1956) colma lo spazio e riempie il tempo come una sacra icona, simulacro venerato da un’umanità diventata ologramma, che in essa riverisce il proprio capostipite.
Il volto del Novecento -e oltre- che questa mostra documenta e testimonia ha tolto al soggetto tutto il peso Giacometti_Asaku_Yanaihar_1956sciocco del suo narcisismo individuale e di ceto, lo ha frantumato nelle discariche della materia, lo ha letteralmente distrutto, per restituirgli però una sacralità completa e inquietante di fronte alla quale vien fatto di sostare come davanti all’immagine di un dio.

 

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