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Più duraturi

La pienezza dell’assenza
Luca Gilli
in Gente di Fotografia. Rivista di cultura fotografica e immagini
anno XXX – numero 83 – ottobre 2024
pagine 56-63

Come la narrativa di Morselli, la fotografia di Luca Gilli mette in atto una epochè metafisica e insieme del tutto pratica, ponendo tra parentesi la presenza umana dentro il mondo e mostrando che il mondo senza gli umani continua. La potenza degli oggetti diventa simile a quella degli enti naturali. Come le nuvole, infatti, o le rocce, o gli alberi, o le aquile, o i serpenti, o le querce, e così via e così via nella innumerabile densità del mondo, come tutti questi enti non prodotti dall’opera degli uomini esistevano prima dell’avvento della nostra specie, esistono insieme a essa e continueranno a esserci dopo che gli umani saranno scomparsi, così gli oggetti artefatti, vale a dire frutto della presenza umana, sono più duraturi del loro facitore.

I luoghi, la gioia

I luoghi, la gioia
Nicola Buonomo
in Gente di Fotografia. Rivista di cultura fotografica e immagini
anno XXX – numero 82 – aprile 2024
pagine 50-55

Nelle immagini di Nicola Buonomo non appaiono umani. Se ne scorgono tracce, si vedono i loro manufatti, le automobili, le antenne, le sedie, le ciminiere, i panni stesi, ma essi, gli autori di tali artefatti, sono evaporati, dissolti, dissipati. Si vedono il legno, il cemento, le pietre, a volte sullo sfondo di colline, alberi, cieli. Ma nessuna persona umana abita questi luoghi né li attraversa. Sono luoghi che sembrano cantare da sé – non con voci umane – il significato del loro esserci. E anche per questo sono luoghi colmi di senso. I quali a chi in particolare è cresciuto in una Sicilia analoga, antica e freneticamente volta al ‘moderno’, trasmettono una profonda familiarità con ogni angolo dello spazio da Buonomo raffigurato. Un panificio, ad esempio, è semplicemente «Panificio», senza altre specificazioni e formule da marketing. Un panificio archetipico. E in questi luoghi i frutti della terra e le opere dell’animale umano sono inestricabilmente connessi, intrecciati, formanti un solo mondo, lo spazio.

Dissolvenza e luce

Dissolvenza e luce
Aldo Palazzolo
in Gente di Fotografia. Rivista di cultura fotografica e immagini
anno XXIX – numero 81 – ottobre 2023
pagine 94-99

La fotografia, lo hanno notato in tanti, è un’arte che ben documenta la pervasività della morte. Del numero sconfinato di immagini che costituiscono l’archivio dell’umanità da quando questo dispositivo fu inventato, la parte preponderante rappresenta strutture, luoghi, città, paesaggi, animali umani e non umani che sono stati e più non sono. Ma l’essere è sempre in qualche modo luce. Tanto è vero che Palazzolo ha potuto intitolare due sue mostre siciliane di qualche anno fa con le espressioni Imago Lucis (a Comiso) e Chiedi alla luce (a Scicli).
L’artista fotografa la struttura della dissolvenza e non la potenza dello stare. I suoi soggetti in parte esistono ancora e già non ci sono più. Già e non ancora è una delle formule più dinamiche per cercare di cogliere l’incoglibile del tempo. Dissolvenza e luce, quindi. Vale a dire due degli elementi tecnici e formali che costituiscono e costruiscono il lavoro fotografico.

Il corpo nello spazio

Carlo Traini. Il corpo nello spazio
in Gente di Fotografia. Rivista di cultura fotografica e immagini
anno XXIX – numero 80 – marzo 2023
pagine 62-67

‘Fèrmati dunque, sei così bello!’ sembra dire Carlo Traini al corpo umano. Corpo non sempre bello, anzi a volte sgraziato, obeso, anziano. Più spesso, certo, è un corpo giovane, muscoloso, desiderabile, forte. In ogni caso il fotografo lo osserva a lungo e con cura e poi lo ferma nell’istante in cui il corpo parla senza bisogno di proferire parola. A esprimersi è infatti il dinamismo dei corpi, il loro muoversi rapido nello spazio, il loro capovolgersi in verticale scattanti o in attesa di un pallone che arriva dal cielo, nelle capriole dentro le onde del mare, scrutando l’orizzonte nella luce, persino in un abbraccio sulla sdraio che sembra disegnare un ibrido, un androgino dalla testa di maschio e dal flessuoso e attraente corpo di femmina.
Un gesto d’intelligenza del fotografo è aver tradotto tutto questo in un limpido bianco e nero che ha depurato i corpi dall’eccesso di luce dell’estate, mantenendo in questo modo l’εἶδος, la loro essenza.

L’infanzia, la morte

L’infanzia, la morte – Pierluigi Ciambra
in Gente di Fotografia. Rivista di cultura fotografica e immagini
anno XXVIII – numero 79 – dicembre 2022
pagine 16-21

Queste bambine non sono solo bambine. Queste figlie non sono soltanto figlie. Queste creature hanno qualcosa di sacro, come divinità incarnate in forma infante ma che annunciano quello che la fotografia sempre dice, testimonia, mostra: la morte.
Tre bambine (tre come le Parche, tre come le Moire) sono immerse fino al busto dentro il mare. Un mare grigio che soltanto sullo sfondo assume la tinta rosa del Sole al suo tramonto. Le tre creature sono silenziose, intense, padrone dello sguardo dentro il mare, dentro la vita, dentro la sua fine.

I corpi delle donne

I corpi delle donne – Angelika Kollin
in Gente di Fotografia. Rivista di cultura fotografica e immagini
anno XXVIII – numero 78 – aprile 2022
pagine 10-17

Abbracciati, in piedi, mentre allattano, nella foresta, insieme agli altri animali, teneri, vuoti, intrecciati, trasparenti, giovani e splendenti, anziani e dignitosi, desiderabili, limpidi.
I corpi delle madri, i corpi delle figlie, i corpi dei pargoli, i seni, le cosce, le teste, il viso. Il sorriso e la meditazione, gli sguardi perduti e gli sguardi inflessibili. I volti che abbracciano e i baci che dormono.
I corpi delle donne che Angelika Kollin fotografa, descrive e ricompone sono espressione della potenza demiurgica del mondo, della madre Terra, del cosmo che possiede strutture costanti e insieme flussiche; della materia -minerale, vegetale, animale- che è un continuo generarsi di forme autonome da qualunque mente, volontà, creazione, scopo.

Nello stesso numero sono stati pubblicati i contributi di tre miei allievi:
-Simona Lorenzano, Il filo e il fiume – Paolo Simonazzi
-Enrico Moncado, Scatole magiche – Walter Plotnick
-Enrico Palma, Appuntamenti tra generazioni – Diana Cheren Nygren

Amore

Sciauru – Franco Carlisi
in Gente di Fotografia. Rivista di cultura fotografica e immagini
anno XXVII – numero 77 – settembre 2021
pagine 72-79

Che cosa sono le donne che abbiamo amato e che non esistono più? Non perché siano morte ma nell’essere diventate molteplici, diffuse e dissolte in una varietà di elementi. Sono diventate memoria, fantasmi, una sottile sofferenza che non passa, un ricordo che ci importuna, una nostalgia che ci prende, una materia aerea come quella di cui son fatti i sogni.
Questa materia è l’oggetto di alcune fotografie che Franco Carlisi ha tratto dall’archivio della sua memoria e della sua arte. Sciauru, il profumo del tempo le pervade, le declina, le abbraccia, le cancella. Immagini profumate della potenza di ciò che è stato fionda, vortice e piacere. Come quella che apre questa pagina e che sembra dar ragione a Proust sul fatto che l’amore che crediamo di ricevere dall’Altro sia solo un riflesso della nostra tenerezza, uno specchio dei nostri desideri. La potenza della fotografia quando arriva a compiere l’operazione alchemica di trasformare il passato nel presente e la carne ora sfatta in corpo voluttuoso e sensuale è una potenza sacra.
Ringrazio Carlisi e le sue immagini, che mi hanno dato la possibilità di riassumere in poche pagine ciò che sinora ho compreso dell’amore, della sua sostanza potente, ironica, splendente e sensuale.

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