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Geni e trapianti

Che cos’è un genio? Neppure il corposo dossier del numero 98 di Mente & cervello lo spiega. Se ha ragione Schopenhauer -«Il talento colpisce un bersaglio che nessun altro arriva a colpire, il genio un bersaglio che nessun altro arriva a vedere» (citato da D.K. Simonton, p. 35)- allora è chiaro che il genio non deriva né da un quoziente intellettivo superiore alla media né da fattori soltanto genetici né da quelli solo ambientali. Non è detto, infatti, «che chi ha un QI particolarmente alto ci lasci opere immortali, e d’altra parte non necessariamente chi si distingue nella scienza, nelle lettere, nelle arti ha un quoziente intellettivo molto più alto della media» (M. Cattaneo, 3). Ciò che chiamiamo genialità si sviluppa su piani diversi, che comprendono anche la reciprocità sociale, la capacità di interagire e collaborare con altri senza farsi condizionare o appiattire. Soprattutto senza introiettare a tal punto gli schemi acquisiti da impedirne l’elaborazione di nuovi. Senza socialità, però, il genio non esiste. Esiste al massimo un buon esperto di sopravvivenza, come Robinson Crusoe. È plausibile che «particolari doti genetiche danno il potenziale per giungere alla grandezza; le circostanze favorevoli consentono a pochi di svilupparne lo splendore» (Redazione, 25). Ma si tratta di frammenti di spiegazione. Il genio che immagina, progetta, crea le opere scientifiche, filosofiche, artistiche di cui possiamo nutrirci rimane un enigma anche dal punto di vista neurobiologico. Infatti «una cosa certa è che il cervello dei “geni” non  è diverso e non funziona in modo diverso da quello di noi comuni mortali» (M. Cattaneo, 3). Forse la genialità è una delle dimostrazioni di come la persona umana sia irriducibile a qualunque schema unidimensionale, riduzionistico, genetico, ambientale. Per questo siamo, nonostante tutto, gli animali più interessanti da studiare.
Molto meno piacevole è un altro argomento qui affrontato. Quello dei trapianti di organi. La Rivista ne parla con Ugo Riccarelli, un docente al quale sono stati trapiantati cuore e polmoni. Riccarelli afferma che «se ho avuto una seconda occasione lo devo al fatto che qualcuno è morto» (Intervista di P.E. Cicerone, p. 70). Ecco, il punto è che questo non è vero. Il donatore non era “morto”, nessun donatore lo è poiché se fosse davvero morto non potrebbe essere donatore. La cosiddetta “donazione” è in realtà un espianto da corpi ancora vivi. Prelevare organi da un cadavere sarebbe infatti del tutto inutile. Si tratta di una vera e propria macellazione, che induce medici compiacenti o ignoranti ad affrettate diagnosi e a mancate cure. Invito a visitare il sito della Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente, alla quale sono iscritto, per documentarvi da voi su tutto questo.
Si tratta di uno dei crimini meglio nascosti e difesi ma sempre di crimine si tratta. Qui sotto aggiungo una soltanto delle numerose testimonianze lasciate nel silenzio da una stampa compiacente con la lobby trapiantistica e con gli enormi interessi finanziari che essa muove.

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COMUNICATO STAMPA ANNO XXVIII – n. 13, 9 Luglio 2012
LA TENACIA DI UNA MADRE SCONGIURA LA “MORTE CEREBRALE” DEL FIGLIO

L’esperienza sotto riportata dimostra una volta ancora che in caso di ricovero in ospedale o clinica, per qualsiasi tipo di incidente, intervento o cura, va consegnata immediatamente l’opposizione all’espianto di organi, tessuti e cellule (per esempio la Carta-Vita da noi emessa). La determinazione dei familiari nel pretendere che tale opposizione sia scritta anche nella cartella clinica e nei moduli di consenso informato è fondamentale per la salvezza del malato e per contrastare la mentalità utilitaristica di molti medici, legati agli interessi della trapiantistica. Questa madre ci insegna che bisogna stare sempre in ospedale al capezzale del malato.

“Buongiorno, mio nipote trentenne ha subito un pauroso incidente d’auto. Aveva molte fratture in tutto il corpo, orbita dell’occhio, naso, denti rotti, omero, compressione toracica, collasso renale, frattura del bacino, entrambe le caviglie, tibia e perone dx e sx, aveva perso conoscenza ed è rimasto diverse ore sulla barella dell’ambulanza privo di cure ed assistenza. E’ vivo grazie solo al tempestivo intervento della madre che da Roma si è precipitata all’ospedale dove lo avevano trasportato, ha minacciato di chiamare i carabinieri se i medici non fossero intervenuti immediatamente, ha detto chiaramente che se anche il ragazzo fosse ’morto’ lei non avrebbe autorizzato nessun espianto. E’ rimasta in ospedale 24 ore su 24. Quando potevo andavo a darle il cambio affinché potesse farsi una doccia etc etc. Finché mio nipote non ha ripreso conoscenza è rimasta a vigilare… 20 giorni di coma, ma ora è vivo ed anche se soffre ancora dei postumi delle fratture su cui non sono intervenuti per tempo, devo dire che conduce una vita normale. Credo che Massimiliano sia vivo solo grazie all’intervento della madre che con tenacia lo ha difeso da ’morte cerebrale’. Ancora grazie a voi tutti. Tiziana P.”

Tutti noi ragazzi/e vorremmo avere una madre che, al di là degli accudimenti quotidiani di alimentazione ed educazione, sappia difenderci e difendersi dalle aggressioni e pressioni dei medici e delle istituzioni sanitarie, che esprimono la loro “pelosa umanità” scegliendo chi curare e chi espiantare. Ma ci sono anche madri che accerchiate dagli artifici predatori dei manipolatori sanitari, nel momento più tragico della loro vita soccombono, perdendo la forza che la natura riserva solo ad una madre. Quindi noi ragazzi/e, a nome dei minori privati dei diritti personali, rivendichiamo una legge che vieti la donazione di organi, tessuti e cellule fino ai 18 anni, perché i minori non sono proprietà né dello Stato, né dei genitori, ma appartengono a sé stessi e hanno il diritto di non essere torturati.

Comitato Giovani Matteo Ciarimboli Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente www.antipredazione.org
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Lo stesso Riccarelli vede con favore il fatto che «la ricerca comincia a percorrere altre strade, gli organi artificiali, le cellule staminali» (p. 75). Ma intanto una Rivista che dovrebbe essere caratterizzata dal metodo scientifico -e che dunque dovrebbe sollevare il Sic et Non su ogni questione- presenta invece una vera e propria apologia del silenzioso massacro di viventi che si chiama “donazione di organi”.

La malinconia di Aristotele

Aristotele
La “melanconia” dell’uomo di genio
(Problemata, 30, 1)
a cura di Carlo Angelino ed Enrica Salvaneschi
Il Melangolo, 1981
Pagine 53

In un volumento assai bello, arricchito da riproduzioni di vasi greci e incisioni di Dürer, vengono presentati il testo originale e la traduzione di Problemata 30, 1. Si tratta di un frammento più probabilmente pseudo-aristotelico, che comunque nasce in ambito peripatetico. Il suo principale elemento di novità consiste, come scrivono i curatori, «nello svincolare la tipologia “melanconica” da un’ipoteca patologica che precedentemente gravava su di essa» (p. 36).
L’indagine si muove su un doppio e complementare livello:
l’osservazione fisiologica e la speculazione etico-psicologica. Il termine chiave –melancolicoi– possiede infatti una vasta valenza semantica e qui viene giustamente tradotto sia con «atrabiliare» sia con «melanconico». Fisiologicamente, la distinzione più importante è quella fra caldo e freddo, tra riscaldamento e raffreddamento. I soggetti intellettualmente versati soffrono spesso di una particolare oscillazione fra i due estremi, che li rende a volte depressi, altre volte euforici. Viene anche sottolineata la funzione che un agente esterno come il vino esercita su questi stati mentali. Se la costituzione fisica e il dosaggio fra i vari elementi «raggiunge un proprio equilibrio» i melanconici «sono uomini eccezionali» (954b, p. 23), tanto da risultare i migliori nei campi della cultura, dell’arte, della politica.
In tale concezione vi è una profonda integrazione fra i vari aspetti dell’unica natura umana: un’integrità psicosomatica lontana da ogni dualismo. Per Problemata 30, 1 l’uomo è anche una macchina soggetta a specifiche leggi cinetiche e organiche, indagabili con rigorose metodologie. Per una simile antropologia, la dinamica tra psichico e somatico è scandita in momenti diversi, sì, ma sempre integrati fra di loro. L’etica scaturisce da una fisiologia a-morale e come tale libera da gravami colpevolizzanti e aperta a sempre nuove complessità: «i “melanconici” sono persone eccezionali non per malattia ma per natura» (955a, p. 27).

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