Skip to content


Luce limpida, tagliente, razionale

Bellotto e Canaletto. Lo stupore e la luce
Milano – Gallerie d’Italia
A cura di Bozena Anna Kowalczyk, con il coordinamento di Gianfranco Brunelli
Sino al 5 marzo 2017

Luce limpida, tagliente, razionale, dettagliata, stupefacente. Geometrie colorate, vivaci, dense, immergenti. Prospettive interiori e mondane, psichiche e materiche, davvero lucenti. Il Settecento per immagini in una immobilità dinamica nella quale anche le acque sono di marmo.
Molto più Bellotto di Canaletto in questa mostra. Ma vederli insieme è un’esperienza rara, esaltante. Ad esempio, uno stesso dipinto per due: Il Molo verso ovest, con la colonna di San Teodoro a destra, Venezia. Canaletto ha una prospettiva ravvicinata, mobile. Quella di Bellotto è più lontana, come perfetta eco. In Santa Maria dei Miracoli e l’abside di Santa Maria Nova, Venezia (1741) lo sguardo che Bellotto getta sullo spazio è profondo e comprendente. Bellissimo. Nel Palazzo Ducale: la scala dei Giganti (1743) Canaletto dipinge la verticalità, il potere, la dimora degli umani trasformati in dèi. Dipinge un olimpo illuminista.
Oltre Venezia l’Italia, oltre l’Italia l’Europa. Palazzi e strade hanno il calore della pietra, dell’abitare, del vivere. Firenze, Roma, Milano, Verona, Torino, Londra, Dresda con la vicina Pirna (al cui Marktplatz si riferisce l’immagine in alto, 1753-54), Varsavia dove Bellotto morirà nel 1780. La mostra ospita anche le copie di alcuni dei 1078 libri posseduti dall’artista e distrutti durante il bombardamento di Dresda del 1760. Un pittore colto e immerso nel meglio del suo tempo e del passato: Hume, Voltaire, Montesquieu, Muratori, Berkeley, il Corano, Orazio, Metastasio, Marino, Goldoni, Cervantes.
Oltre le città i Capricci, che disegnano luoghi reali ai quali si aggiungono elementi presi da altri contesti o dall’immaginazione. In molti Paesaggi del Nord Europa si distende sulla tela la luce fredda e pulita dell’inverno. In questi due artisti sorride l’essenza della città europea, dei nostri spazi.

Forma / Gioco

Homo ludens
Quando l’arte incontra il gioco
Gallerie d’Italia- Milano
Sino al 30 marzo 2014

mazzoni_mozartHuizinga ha mostrato con efficacia attraverso quali vie e con quali forme l’elemento ludico ha generato e continua a nutrire il sapere, l’arte, la poesia, il diritto, la guerra, il mito, la filosofia. Se in molti di questi ambiti è stato perduto il nesso con il gioco, l’arte figurativa rimane permeata di una gratuità senza la quale si ridurrebbe a puro strumento di mercato o a narcisistica espressione dell’io. Quando invece prende sul serio il mondo, e quindi non prende sul serio se stesso, l’artista diventa il tramite per l’esplosione di numeri, lettere, forme logiche, colori accesi, che segna molta arte contemporanea e in particolare quella che si definisce cinetica e concettuale.
Così Antonella Mazzoni pone l’uno accanto all’altro un mandolino, un oboe, uno zufolo e sotto di essi la parola Art; il risultato ha l’evidenza di un nome/suono. Bruno Munari costruisce un Tetracono che ha tutta l’aria di uno di quei meravigliosi giochi che emergevano dalle scatole ricevute in regalo da bambini. Negli Scacchi di Enrico Baj ogni pezzo ha una propria personalità, baj_scacchiabbigliamento, struttura e con essi sembra di esser pronti alla sfida dell’intelligenza. L’Archeologia di Emilio Tadini chiude la mostra e sembra trasformare il gioco in testimonianza antropologica per i millenni. Gli specchi, le strutture in rilievo, la paratassi iconica scandiscono questo percorso dentro la forma/gioco che è l’umano.

 

 

Vai alla barra degli strumenti