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Marasciuttati

Nan Goldin. The Ballad of Sexual Dependency
Milano – Palazzo della Triennale
a cura di François Hébel
sino al 26 novembre 2017

Un video di 42 minuti composto da fotografie che si susseguono su uno sfondo musicale che va dall’opera lirica al funk, dal blues all’elettronica. Immagini di corpi che dormono, urinano, fumano, bevono, si abbracciano, si bucano. Dentro appartamenti sporchi, strade rivoltanti, solitudini profonde. Corpi abbigliati in modo malfatto e grottesco, nei cui capelli, camicie, trucco si esprimono una disperazione istintiva e un perenne infantilismo.
Che da alcuni decenni un’opera come questa venga rappresentata nei musei d’arte e di fotografia è un fatto significativo non del superamento dei tradizionali canoni di bellezza ma della sottomissione profonda del corpo sociale al puro presente, a una rassegnazione che non ha alcuna fiducia nel futuro collettivo ma si abbarbica al sonno del presente. Di fronte a un’umanità così marasciuttata (sicilianismo per: penosa, triste, sfortunata, derelitta) anche il potere può dormire sonni tranquilli. Nessuna coscienza politica esiste infatti in tali corpi.
Qualunque cosa sia la bellezza, Nan Goldin sembra avere un talento istintivo a far emergere il brutto degli umani, dei luoghi, degli eventi. Non una fotografia «senza mediazione alcuna», oggettiva -come afferma il curatore della mostra/installazione- ma una fotografia tesa a deformare ciò che già di per sé è privo di ogni grazia.
Questa Ballad è opera estremamente significativa di un’intera cultura, di una comunità umana -come quella statunitense- che è immonda non soltanto nei suoi capi, nel suo gigantismo urbanistico e militare, nella sua distruttiva volontà di potenza ma nell’intero corpo collettivo che la compone.

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