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Alto / Basso

Milanopiazzaduomo
Marina Ballo Charmet, Gabriele Basilico
a cura di Marco Belpoliti e Danka Giacon
Museo del Novecento – Milano
Sino al 13 marzo 2016

MilanopiazzaduomoIl Museo del Novecento sta in Piazza Duomo, a Milano. Due fotografi guardano questa Piazza e la raccontano.
In Milano 2011 le geometrie di Gabriele Basilico sono ancora una volta stupefacenti. Milano viene guardata dall’alto, dalle guglie del duomo o da Palazzo Reale. E sembra che decenni interi, che tutto il Novecento abbia creato un luogo aperto, pieno, aereo, bello, semplicemente bello.
Le immagini di Marina Ballo Charmet sono molto diverse, si potrebbe dire opposte. La fotografa guarda infatti Piazza Duomo dal basso, dal livello dei cani, dei gatti, dei bambini. Ne emerge la città animale, la città superficie, la città terra. Le fotografie di Ballo Charmet sono accompagnate da due video. In Square i monumenti vengono tagliati dalla ripresa ancora una volta dal basso, le forme vi appaiono dense. L’Alba narra 50 minuti di risveglio della Piazza, con la  pioggia riflessa dal sagrato, i militari all’ingresso della chiesa, i pochi e sparuti camminatori, il tempio percepito alla esatta metà delle sue proporzioni. L’effetto è intimo e insieme straniante.
Comprendiamo che la fotografia è anche questo: uno sguardo che trasforma il familiare in un altrove.

Strumento / Sguardo

Henri Cartier-Bresson e gli altri.
I grandi fotografi e l’Italia
Palazzo della Ragione – Milano
A cura di Giovanna Calvenzi
Sino al 7 febbraio 2016

Cartier-Bresson e altri 35 fotografi stranieri per guardarecomprendere l’Italia. Dagli anni Trenta del Novecento al presente si dispiegano allo sguardo centinaia di immagini tra le più profonde e più belle dedicate al nostro Paese, immagini che descrivono e scolpiscono guerre, manifestazioni religiose, vescovi, contadini, città, borghi, luna park, musei, set cinematografici, splendidi edifici e palazzi fatiscenti. Una bellezza pervasiva, assoluta e tenace, nonostante distruzioni, abbandoni, incuria, degrado; nonostante l’«Architettura della rassegnazione» documentata da Jay Wolfe mediante immagini che però sono anch’esse belle,  potenti, geometriche.
Il bianco e nero si alterna al colore nel disegnare i paesaggi, gli oggetti, i volti, gli eventi e soprattutto le città. La città -i comuni- sono la grande invenzione italiana del Basso Medioevo. Ha ragione Michael Ackerman a dire che Napoli «sia l’ultima vera città d’Europa» e a documentare la vita anche dolorosa tra i quartieri di questo luogo impareggiabile.
Altre città ritornano in varie forme: la Roma sanguigna di William Klein e quella elegante di Helmut Newton; la Venezia malinconica, onirica eppur felice di Alexey Titarenko, quella subacquea di Art  Kane, la Venezia ironicamente inquietante di Nobuyoshi Araki e quella colorata e barocca di Steve McCurry.
Irene_Kung_Milano_DuomoMilano appare solitaria e vuota allo sguardo Thomas Struth e lontana, metafisica, divina nelle splendide foto di Irene Kung.
L’identità dello strumento tecnico di questi grandi professionisti si coniuga alla differenza irriducibile ad unum del loro sguardo. Il Rinascimento e lo Squallore convivono in Italia, inseparabili. E in questo modo gli spazi della Penisola confermano la suggestione e il significato dell’affermazione che introduce alla mostra: «Il tempo corre e passa e solo la nostra morte riesce a raggiungerlo. La fotografia è una mannaia che nell’eternità coglie l’istante che l’ha abbagliata». Parole che sono un vortice estetico e teoretico nel quale traluce la potenza del tempo. E del tempo la fotografia è una manifestazione tra le più profonde, tra le più inquietanti.

Lo spaziotempo come immagine mentale

 

Med_Photo_Fest_2015

Venerdì 20.11.2015 alle 10,00 nel Coro di Notte del Monastero dei Benedettini (Catania) terrò un incontro -dal titolo Lo spaziotempo come immagine mentale– nell’ambito del Med Photo Fest 2015, dedicato a Dall’Etna al Val di Noto. Il programma completo della manifestazione si può trovare sul sito del Dipartimento di Scienze Umanistiche. Questo è l’Abstract del mio intervento:

Un’immagine cattura un luogo e un istante. E questo è possibile anche perché la struttura dell’istante non è di per sé temporale: l’istante è la durata che si fa spazio. Il gesto spaziotemporale della fotografia esprime la dinamica del corpo isotropo che nel suo stesso movimento genera lo spazio e il tempo, che pure lo precedono in quanto materia che esiste prima e dopo ogni gesto umano.
La persona si dispiega nello spaziotempo come differenza dei luoghi che il corpo abita e degli istanti che al corpo accadono, sempre però all’interno della struttura identitaria della corporeità vissuta, rammemorante il passato e diretta verso il futuro. La corporeità è la struttura spaziale che occupa luoghi, attraversa distanze, si fa incessante movimento. È nel corpomente che tempo e spazio trovano la loro unità poiché è da esso che scaturiscono e in esso costantemente ritornano. Nella sua struttura spaziotemporale il corpomente crea lo spazio che la fotografia raffigura e il tempo che essa immobilizza. La fotografia è dunque ciò che la pittura è per Leonardo da Vinci: «Una cosa mentale».

 

Acqua

Edward Burtynsky. Acqua shock
Palazzo della Ragione – Milano
A cura di Enrica Viganò
Sino al 1 novembre 2015

Per Talete τὸ ὑγρότης, l’elemento umido, è il fondamento di ogni cosa. Non c’è dubbio che sia il fondamento di tutto ciò che è vivo. L’opera del fotografo canadese Edward Burtynsky ha documentato -lungo un viaggio durato dal 2009 al 2014- la condizione delle acque nel nostro pianeta. Lo ha fatto servendosi di droni e di elicotteri; una complessa e costosa tecnologia -descritta in un interessante video- il cui esito è di grande effetto e suggestione.
Le sette sezioni nelle quali la mostra è divisa cominciano con Disastri, una impressionante documentazione dello sversamento in mare di una quantità enorme di petrolio nel Golfo del Messico (2010). Si prosegue con altre Devastazioni, come quella che ha distrutto il grande fiume Colorado, il cui immenso delta è ormai quasi del tutto a secco. Controllo documenta il millenario tentativo umano di domare le acque, e di farlo con tecnologie e strumenti assai diversi, dai più rispettosi dell’ambiente a quelli più distruttivi. Agricoltura e Acquacoltura testimoniano l’utilizzo pervasivo, sistematico, totale dell’acqua nell’alimentazione umana. Rive fotografa costruzioni, strutture, eventi edificati vicino alle acque: dai palazzoni alberghieri di Benidorm (Spagna) al rito che ogni tre anni conduce centinaia di milioni di fedeli Indù sul Gange. Sorgenti, infine, è il ritorno alle pure acque, là dove appaiono ancora incontaminate.
Arte e natura sono nell’opera di Burtynsky profondamente coniugate. Emblematica una foto della diga cinese di  Xiaolangdi (immagine qui sopra), che sembra un dipinto di Turner.
L’intera mostra fa delle acque e della Terra una forma astratta, una struttura geometrica tanto potente quanto fragile, la cui conservazione è vitale ma la cui distruzione da parte degli umani sembra invece inarrestabile e insensata.

Differenze

Lo sguardo di…
Pavillon Unicredit – Milano
Sino al 30 agosto 2015


Erotic_ArabesqueScelti da dipendenti della banca proprietaria del Pavillon costruito nel quartiere Isola di Milano, si incontrano in felice mescolanza artisti di varia natura, stile, fama, intenzioni. Dal Cinquecento al presente sfilano arte sacra, astrattismo, fotografia, installazioni. Alcuni nomi più o meno a caso, tra i tanti presenti: Salvatore Rosa, Tintoretto, Mario Sironi, Gaetano Previati, Emil Nolde, Giorgio de Chirico, Massimo Campigli, Carlo Carrà, Felice Casorati, Alexander Wolff, Andy Warhol, Sam Francis -policromo e fremente il suo Erotic arabesque (1987) che qui pubblico-, Antonio Donghi, Gabriele Basilico, Francesca Rivetti, Mimmo Jodice, Luigi Ghirri, Michelangelo Pistoletto. Di quest’ultimo è esposta Embrace Differences, un’opera del 2005 nella quale un’Europa grigia viene attraversata da linee di colore che disegnano confini mobili, confini culturali, confini della mente e non delle armi o del denaro.
Pistoletto_embrace_differencesDifferenza è quello che l’Europa dovrebbe essere, quello che l’Europa è, come testimoniano anche le opere qui esposte, nella molteplicità eppure nella forte identità che l’arte del nostro Continente possiede. Abbracciare le differenze e la Differenza, al di là di ogni pretesa di egemonia e di uniformità, da qualunque parte venga. Questo è l’Europa, questo è il suo pensiero.

Al di là della forma

Mr. Turner
di Mike Leigh
Gran Bretagna, 2014
Con: Timoty Spall (Turner), Dorothy Atkinson (Hannah Danby), Paul Jesson (William Turner), Marion Bailey (Sophia Booth), Lesley Manville (Mary Somerville)
Trailer del film

turner«Il signor Turner ha definitivamente preso congedo dalla forma», osserva scandalizzata una signora. Esattamente. E lo ha fatto tramutando la pittura in una «cosa mentale», come già sapeva Leonardo Da Vinci, facendo del colore la materia stessa del mondo e trasformando il vortice cromatico nello spaziotempo in cui la mente è immersa.
 Il film inizia con due contadine che avanzano dentro un tramonto, per poi lasciare spazio a Turner che lo dipinge. Continua narrando le passioni e i conflitti femminili, i rapporti con gli altri artisti inglesi, l’affetto per il padre, la dedizione totale alla pittura, sino a farsi legare all’albero di una nave in tempesta per poter vedere gli elementi scatenarsi e così restituirne la forza. Il cattivo carattere di quest’uomo era una corazza, dietro la quale emergono una sensibilità e una pietà profonde, capaci di rifiutare un’enorme somma per lasciare invece le proprie opere alla fruizione gratuita di chiunque volesse goderne.
Turner era inquietato dalla nuova invenzione che si andava affermando: la macchina fotografica. Ma sbagliava. Quell’invenzione era già nella sua opera, poiché Turner crea un’arte che si pone subito ben al di là di ogni raffigurazione, di qualsiasi realismo. E in questo modo svela uno dei segreti della pittura: raffigurare ciò che non esiste.

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