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Arte / Gioco

Adami, Del Pezzo, Schifano, Tadini (50 anni dopo…)
Fondazione Marconi – Milano
Sino al 23 aprile 2016

Tadini. Vacanze_inquieteLa Fondazione Marconi apriva cinquanta anni fa le sue sale in una vecchia casa milanese di ringhiera, trasformata in sede espositiva bellissima e funzionale. La prima mostra aveva come protagonisti Valerio Adami, Lucio Del Pezzo, Mario Schifano ed Emilio Tadini. Quattro artisti tra i più significativi e innovativi del Novecento. A distanza di mezzo secolo la Fondazione ripropone quei nomi e quelle opere, che nella distanza temporale confermano tutto il loro valore.Adami. Miraggio
Si tratta di quattro pittori che raccontano, di quattro narratori. Tadini aveva iniziato proprio come romanziere e poeta, transitando poi alla pittura. Ma anche gli altri mostrano una profonda tendenza a fare della pittura un racconto per immagini, con stili naturalmente diversi. Tadini mediante la geometria. Adamo con il fumetto. Schifano con un monocromo che però nell’insieme delle opere tocca molti differenti colori. Del Pezzo con l’utilizzo dei materiali più diversi, soprattutto elementi poveri; la sua è una pittura che diventa plastica, che si fa scultura.
La dimensione figurativa sembra tornare in tutti senza mai rimanere l’ingenuo riflesso del reale, trasformando piuttosto in immagine visibile anche i contenuti più astratti.
E soprattutto in questi artisti vince la dimensione ludica, l’arte emerge per quello che è: un grande gioco. L’invito creato per l’esposizione del 1965 lo dimostra ampiamente: si tratta infatti di quattro piccoli puzzle ricavati da un’opera di ciascuno degli artisti in mostra. Un gioco, alla lettera, che è stato giustamente riproposto per i visitatori del 2016.

Schifano. Vero_amore

 

Multipli

Multipli d’artista
Fondazione Marconi. Arte moderna e contemporanea – Milano
Sino al 5 gennaio 2013

 

Appannata la sua tradizionale sacralità attraverso la moltiplicazione degli esemplari, l’opera d’arte non perde tuttavia l’aura benjaminiana. Non si tratta, infatti, di serialità ma di ripetizione. Come se l’unicità si moltiplicasse attraverso gli spazi diventati specchi nei quali la creatività si riflette e si amplia. Al di là delle ragioni commerciali -abbassamento del prezzo di ogni esemplare- c’è qualcosa di strutturalmente interessante nel multiplo. La coesistenza temporale diventa in esso successione spaziale. Esattamente all’inverso del museo, nel quale la coesistenza spaziale delle opere si coniuga alla successione temporale delle epoche.
In ogni caso, Multipli d’artista è una coloratissima e ludica antologia del Novecento (e oltre) in miniatura. Vedere infatti le grandi e meravigliose sculture di Arnaldo Pomodoro diventare oggetto da scrivania dà la sensazione di essere dei giganti. Lo stesso per Christo, che qui non impacchetta monumenti, palazzi e ponti ma -più poeticamente- una rosa. Man Ray reinventa ancora una volta gli oggetti d’uso quotidiano e Lucio Fontana produce su differenti supporti i suoi concetti spaziali, i suoi tagli. Più di tutti è divertente Enrico Baj con le sue sculture realizzate con il Meccano e i suoi generali tronfi, grotteschi, violenti e miserabili. Figure fatte con i materiali più diversi, come l’Horatius Nelson duke of Bronte costituito di conchiglie, medaglie e bussole. Di Baj sono due Specchi nei quali il tema dell’opera diventa anche colui che la guarda. Tra la mostruosità del potere e la dissoluzione del soggetto individuale si apre uno spiraglio di molteplice libertà.

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