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Verticalità  / Dinamismo

1961 Tempo di Continuità
Fondazione Arnaldo Pomodoro – Milano
A cura di Flaminio Gualdoni
Sino al 19 dicembre 2014

14 opere di artisti che si riconobbero nel gruppo Continuità. Un Senza titolo (1960) di Franco Bemporad sintetizza assai bene la preferenza di questo gruppo per la ripetizione, la variazione dentro la serialità, esattamente al modo di un brano musicale. La Luna caduta di Ettore Sottsass è fatta di colori, di rette, di cerchi in equilibrio. Gli amori di Cleopatra di Achille Perilli sono un racconto per segni, per pure forme, come potrebbe narrare un bimbo di altri pianeti. In Tensione di Giò Pomodoro il bronzo diventa movimento e curva, si fa pienezza del vuoto. Concetto spaziale. Attese di Lucio Fontana mostra con l’evidenza del capolavoro che ormai -ora, nel 2014- il classico è questo, che il tempo costituisce l’implacabile filtro che trasforma in aere perennius ciò che nel tempo è degno di rimanere, che una volta fu novità e adesso è archetipo. E, a proposito di bronzo e di archetipi, la Colonna del viaggiatore di Arnaldo Pomodoro è un oggetto antico e futuro, è bellezza pura, potenza verticale.
Verticalità e dinamismo che di Continuità rappresentano due degli elementi più riconoscibili e perenni.

Bianco / Ontologia

Piero Manzoni 1933-1963
Palazzo Reale – Milano
A cura di Flaminio Gualdoni e Rosalia Pasqualino di Marineo
Sino al 2 giugno 2014

Piero Manzoni cominciò con cupe opere «nucleari», dense e scurissime, dalla quali sembra gorgogliare una profonda angoscia. Poi, intorno al 1957, l’epifania del bianco, i magnifici Achrome. Opere dinamiche e luminose, realizzate con una grande varietà di supporti, tutti fissati con il caolino. Achrome di carta, pelli, paglia, cloruro di cobalto, fibra artificiale, peluche, panini (le milanesi michette), polistirolo, ovatta, cotone idrofilo, panno, sassolini. Insieme a queste opere le Linee tendenti all’infinito dello spazio e del tempo ma intanto inscatolate in cilindri e numerate (in esse, scrisse Vincenzo Agnetti, «finalmente il tempo si è fatto visibile»).
Ancora: Uova con sopra le impronte digitali di Manzoni, uova che dai partecipanti alle sue serate venivano mangiate (eucaristia) o, da qualcuno, conservate (reliquia). La Base magica, saliti sulla quale si diventava automaticamente delle opere d’arte con tanto di certificato da parte dell’autore; ma lo si rimaneva solo fintanto che si stava là sopra. Cominciò a firmare i corpi di alcune modelle rendendole Sculture viventi e a soffiare in dei palloncini, creando il Fiato d’artista.
Nel 1961 l’editore Jan Petersen gli propose di pubblicare una monografia a lui dedicata. Manzoni la intitolò Vita e opere e la fece consistere in una serie di fogli di plastica traslucida. Vuoti.
Vuoti? No, riempiti della pienezza semantica della quale l’opera di Manzoni è forse la più radicale testimonianza nell’ambito delle arti figurative. Manzoni_Sculture_viventiManzoni infatti scrisse che «un quadro vale solo in quanto è essere totale», che le immagini devono risultare «quanto più possibile assolute» e cioè non debbono valere per ciò che esprimono o che spiegano «ma solo in quanto sono: essere». Il gioco serissimo dei significanti va molto oltre Duchamp, va oltre tutto. L’opera è un puro significare senza alcun significato. Soltanto in questo modo si può raggiungere l’obiettivo al quale Manzoni si dedicò con lucidità: «La trasformazione dev’essere integrale» e radicata sul terreno universale dell’essere, la temporalità. «Consumato il gesto, l’opera diventa dunque documento dell’avvenimento di un fatto artistico». Sul significante assoluto -il tempo e il suo procedere- la mostra infatti si chiude: «Non c’è nulla da dire: c’è solo da essere, c’è solo da vivere».

 

Arte nucleare

Enrico Baj
Bambini, ultracorpi & altre storie
Fondazione Arnaldo Pomodoro – Milano
A cura di Flaminio Gualdoni
Sino al 20 dicembre 2013

La fantasia come stile. Questo voleva, probabilmente e anche, significare il manifesto Contro lo stile promosso nel 1957 da Enrico Baj e Sergio Dangelo. Nessuna ortodossia, nessuna scuola, nessuna gerarchia. Piuttosto la contaminazione, l’ibridazione, lo scambio. E dunque nelle opere esposte dentro il piccolo ma prezioso spazio della Fondazione Arnaldo Pomodoro si vedono ritratti tradizionali mescolati a strani abbracci e paesaggi iperbucolici invasi da singolari oggetti celesti, simili a degli Ufo. E poi il ripetersi del cerchio, dei rettangoli, delle forme archetipiche trasformate in gioco. E una densa Composizione firmata insieme da Baj e Lucio Fontana. Il Manifesto per l’arte nucleare è la sintesi tra una volontà rivoluzionaria ormai incipiente ed evidente in quegli anni e la dimensione ludico-ironica che per fortuna sopravvive anche al disincanto. 

 

Splendente agli interstizi

Arnaldo Pomodoro. Opere 1954-1960
Una scrittura sconcertante
Fondazione Arnaldo Pomodoro – Milano
A cura di Flaminio Gualdoni
Sino al 28 giugno 2013

Sin dall’inizio l’opera di Arnaldo Pomodoro ha spezzato la bidimensionalità della tela per farsi forma complessa nello spazio. È in questo che consiste soprattutto la «scrittura sconcertante» degli anni Cinquanta, diventata poi il segno inconfondibile delle sfere, dei coni, dei cilindri, delle strutture geometriche con le quali la materia più pesante e densa acquista la leggerezza del pensiero. Nel luogo dove Pomodoro abita e lavora da decenni, in uno dei quartieri più autentici e suggestivi di Milano, è possibile toccare con gli occhi i giardini d’argento mobili nello spazio, con soli e lune splendenti agli interstizi; architetture di una arcaica fantascienza nelle quali il pieno e il vuoto disegnano un abitare che non conosciamo ma verso cui sembra ci sospinga il desiderio. Si torna là dove scaturisce la forza della visione e di ogni altro percepire, in quelle geometrie dal gelo appassionato dentro le quali il bíos gorgogliante della carne diviene figura comprensibile alla mente. Nulla sta fermo sulla superficie che diventa luogo e invenzione dell’ingegno, forma frattale che si apre sul niente e di pienezza lo riempie.

 

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