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Foglie al vento

Foglie al vento
di Aki Kaurismäki
Finlandia, 2023
Con: Jussi Vatanen (Holappa), Alma Pöysti (Ansa), Janne Hyytiäinen (Huotari)
Trailer del film

Non è soltanto il proletariato (quel che ne resta), non sono soltanto i lavoratori (parola desueta) i protagonisti da sempre dei film di Aki Kaurismäki. La poetica sobria, ironica e straniante del regista finlandese è dell’umanità che parla, della tristezza che ci accompagna. Questo è il tema, per citare soltanto due dei suoi film più recenti, di Le Havre (2011) o di L’altro volto della speranza (2017).
La Finlandia ordinata e degradata è una delle protagoniste di Foglie al vento, che racconta di due lavoratori, Holappa e Ansa, i quali, licenziati per ragioni inconsistenti e pretestuose, vengono espulsi da un sistema stritolatore qual è ovunque il capitale. Ansa è stata licenziata per aver  messo nella borsa un prodotto scaduto che sarebbe stato buttato tra i rifiuti. Il poliziotto che la denuncia si giustifica davanti a lei affermando «ho solo eseguito gli ordini». È il paradigma Eichmann che gli esecutori delle iniquità sempre invocano.
Holappa e Ansa cercano un nuovo lavoro e si conoscono una sera al pub. Holappa è un alcolizzato che prima perde il bigliettino con il numero di telefono della donna, poi la ritrova ma rifiuta di rinunciare a bere, infine – dopo un evento traumatico – si avvia con lei e con una cagnetta verso la strada di un futuro forse meno solitario.
Rispetto ai film precedenti, qui mi sembra che la tonalità ironica sia meno presente e a prevalere sia invece un tono melodrammatico che si estende sino al tragico. Come se in realtà il cielo di Kaurismäki si chiudesse sempre più e la fiducia nella storia e negli umani svanisse. Lo conferma l’indulgere in una insistita propaganda antirussa tramite degli inserti radiofonici (per fortuna nei suoi film il televisore non c’è) tutti relativi alla guerra in Ucraina, ignorando che si tratta di una guerra voluta dalla NATO e non dalla Russia. Ma, si sa, i rapporti storici tra Russia e Finlandia sono tormentati.
A rendere poetica l’opera è la musica, sempre centrale nei film di Kaurismäki. La scena più emblematica descrive due ragazze che cantano in un bar una canzone piuttosto cupa e lo fanno quasi con indifferenza, circondate da un pubblico di maturi vichinghi con i capelli lunghi e di donne arrossate dal freddo e dall’alcol. Le foglie al vento sono anche le foglie morte della canzone di Prévert e Kosma. E non manca mai l’omaggio da cinefilo che l’autore rivolge a film classici e meno classici attraverso le tante locandine che campeggiano dietro i due protagonisti, sia quando vanno a vedere un film sia quando si danno appuntamento davanti a un cinema.
Come altri autori, Kaurismäki gira sempre lo stesso film. Questo sembra l’ultimo di una tetralogia che forse sarebbe opportuno adesso rinnovare.

Finlandia

Un Paese giovane in ogni senso: storico e anagrafico. Un luogo fatto di natura e architettura, entrambe potenti. Uno spazio di mediazione politica tra i due blocchi quando ancora i due blocchi c’erano. Un cielo che se è sereno è di cobalto, come a Stoccolma. Tra Helsinki e Turku la distesa delle terre ghiacciate, dei laghi, delle foreste.

Turku, l’antica capitale finlandese, è oggi una vivace città adagiata sulle sponde del fiume che la attraversa. I due luoghi principali sono il Castello e il Duomo. Il primo (qui a sinistra) è una struttura medioevale-cinquecentesca, con sale, cappelle, torri. Probabilmente il luogo con maggiore spessore storico della Finlandia. Il Duomo è una monumentale struttura gotica -con un interno molto luminoso- circondata dagli edifici dell’Università svedese.

A Helsinki lo spazio è sconfinato e sembra quasi deserto rispetto alla densità delle città dell’Europa del sud. La Esplanadi è una strada ampia ed elegante, con dei giardini al centro e alla fine la fontana con una Fanciulla del mare.
In cima a una scalin ata il Duomo luterano (a destra) appare in tutto il suo neoclassico biancore.
Casa Finlandia –progettata da Alvar Aalto- è adibita a centro congressi, sala concerti, mostre temporanee. Il suo bianco dinamico sporge su una baia ghiacciata.
Seurasaari è l’isola-museo, con abitazioni del Sei-Settecento provenienti dall’intera Finlandia. La neve e il ghiaccio della baia fermano l’isola nel tempo, così come accade con Suomenlinnaaltra isola che si raggiunge in un quarto d’ora di battello ed è l’antica fortezza della città, un luogo dall’impronta militare, oggi patrimonio dell’Unesco.
La Kallion kirkko è un’enorme chiesa in stile liberty posta su un’altura e il cui campanile-torre domina l’intera Helsinki. Il Sibeliuksen puisto, il parco dedicato al maggior compositore finlandese, ha al centro un monumento in acciaio che rappresenta insieme delle canne d’organo, delle stalattiti, gli alberi di una foresta.
La Temppeliaukion kirkko (a sinistra) è una chiesa scavata nel granito, interamente coperta da un filo di rame lungo 23 chilometri che la fa somigliare a una specie di ufo; le pareti all’interno sono formate dalla roccia lungo la quale scorre l’acqua piovana. Durante la visita la musica di un pianista ha offerto a questo luogo qualcosa di sacro e di interiore.
Eduskuntatalo è la massiccia ma elegante sede del Parlamento (la si vede nell’immagine di apertura in alto), un esempio del miglior classicismo degli anni Venti del Novecento. Coerente simbolo di una città dai grandi spazi, limpida e silenziosa, fatta di edifici imponenti che sono immersi in una natura forte e, si comprende, indomabile.

Pathos della distanza

L’altro volto della speranza
(Toivon tuolla puolen)
di Aki Kaurismäki
Finlandia, 2017
Con: Sherwan Haji (Khaled), Sakari Kuosmanen (Wikström), Janne Hyytiäinen (Nyrhinen)
Trailer del film

Khaled emerge da un mucchio di carbone nel quale si è nascosto per arrivare in Finlandia. La sua città, Aleppo, è devastata dalla guerra e lui cerca salvezza in Europa. Il governo finlandese respinge la sua richiesta di asilo politico e lui si trasforma in un clandestino. Tra tristi baretti, feroci neonazisti e attempati rokkettari, Kahled incontra Wikström, un uomo taciturno, solitario e determinato, che ha da poco rilevato un ristorante. Dopo un primo contatto non del tutto pacifico, Wikström gli offre lavoro e protezione.
«Ognuno sta solo» fra gli umani raccontati da Kaurismäki. La loro emarginazione è metafisica più che sociologica; la loro solitudine è un malinconico sogno temperato da amicizie senza sorrisi ma anche per questo autentiche; la loro vicenda si scandisce in quadri raffinati e crepuscolari, quasi privi di movimento macchina.
Favola vuole essere il cinema di questo artista e non denuncia. Le denunce passano, le favole restano. Il segno della struttura astorica del film è l’arredamento, che oscilla tra tavoli, sedie, armadi, radio, automobili degli anni Sessanta del Novecento e computer, tecnologie, video degli anni Dieci del XXI secolo. Peccato che non manchi un intervallo di ingenua propaganda antisiriana ma la freddezza formale che attraversa L’altro volto della speranza gli evita di cadere nella melassa buonista implicita nell’argomento.
La distanza protegge dal pathos.

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