Lunedì, ore 12-14, aula A4
Mercoledì e Venerdì, ore 10-12, aula A5
Le lezioni di Sociologia della cultura (corso triennale di Scienze e lingue per la comunicazione) avranno inizio Martedì 12 marzo 2013 e si terranno nei giorni di:
Martedì-Giovedì, ore 10-12, aula A2
I programmi sono leggibili qui: Teoria dell’oggetto amoroso e società videocratica
Recensione a:
Shaun Gallagher – Dan Zahavi
La mente fenomenologica
Filosofia della mente e scienze cognitive
(Raffaello Cortina Editore, 2009)
in Rivista Internazionale di Filosofia e Psicologia
Anno 3 – Numero 2 (2012)
Pagine 263-265
[ Liberamente leggibile in formato pdf ]
È un libro importante, che aiuta a comprendere in che cosa consistano il pensare e il vivere degli umani.
L’ho adottato più volte nei corsi di Filosofia della mente.
La Zanzara 3.0 è il nome collettivo di un gruppo di studenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania.
Questi ragazzi mi hanno chiesto un’intervista che alcuni mesi fa è stata pubblicata sul loro periodico e da qualche giorno anche in Rete.
Si tratta della trascrizione di una libera conversazione su vari argomenti. Lo stile è quindi quello di una chiacchierata ma spero che la lettura di questo testo faccia capire quanto bravi siano gli studenti del Dipartimento.
Rendo qui disponibili i risultati delle valutazioni didattiche che gli studenti hanno espresso sui corsi di Filosofia della mente e Sociologia della cultura svolti nell’a.a. 2011-2012.
Sul terzo corso da me tenuto -Sociologia della cultura per l’indirizzo magistrale in Scienze filosofiche- non ho ricevuto il pdf dal Nucleo di Valutazione dell’Ateneo di Catania perché il giorno del rilevamento erano presenti meno di 10 studenti.
Sociologia della Cultura (triennale)_2012
L’occhio e lo spirito
(L’Œil et l’Esprit [1960], Gallimard, Paris 1964)
di Maurice Merleau-Ponty
Trad. di Anna Sordini
Postfazione di Claude Lefort
SE, Milano 1989
Pagine 75
Che cosa significa vedere? In che cosa consiste il mondo di colori, forme, strutture che si impone appena apriamo gli occhi? L’arte, e in specie la pittura, descrivono il reale oppure lo producono? Quali saperi sono più adatti a comprendere la relazione che intercorre tra i sensi, il cervello e l’essere? Le scienze dure manipolano il reale e rinunciano ad abitarlo, afferma Merleau-Ponty, poiché prendono in considerazione soltanto le componenti quantitative che esse stesse hanno elaborato in modo che possano essere registrate dagli apparati di cui si servono. Vale anche per esse il principio fenomenologico fondamentale secondo cui noi «vediamo solamente quel che guardiamo» (p. 17). La fenomenologia è anche un tentativo di guardare l’esterno della materia e l’interno della coscienza non come contrapposte ma in quanto generate entrambe dalla stessa matrice, che è il corpo isotropo. Il movimento di ciascuno, infatti, «è il proseguimento naturale e la maturazione di una visione» (18), la quale si struttura come un cerchio il cui centro è la materia consapevole di esistere -il corpo, appunto- e le cui onde sono la penna e il computer, il sole e le stelle, le montagne e le case, tutto ciò che la visione tocca e che noi stessi diventiamo nel tocco della visione. Vedere è dunque «la metamorfosi delle cose stesse nella loro visione», è «la doppia appartenenza delle cose al grande mondo e a un piccolo mondo privato» (31).
Per questo, secondo Merleau-Ponty, ogni teoria della pittura è sempre anche una metafisica della visione e dipingere significa comprendere in atto che «qualità, luce, colore, profondità, che sono laggiù davanti a noi, sono là soltanto perché risvegliano un’eco nel nostro corpo, perché esso li accolga» (20). È dal corpo quindi che si genera il mondo reale, inteso come mondo percepito, sentito, compreso e vissuto. In quanto si muove e vede, vede e si muove, il corpo
tiene le cose in cerchio intorno a sé, le cose sono un suo annesso o un suo prolungamento, sono incrostate nella sua carne, fanno parte della sua piena definizione, e il mondo è fatto della medesima stoffa del corpo. (19)
Al di là di soggettivismi e oggettivismi, di idealismi e di realismi vecchi e nuovi, una fenomenologia corporea ci aiuta a penetrare nell’enigma della visione, dello spazio, della pittura, la quale non è cartesianamente disegno ma è quell’«indeciso mormorio dei colori» che ci mostra «cose, foreste, tempeste, insomma il mondo» (33).
Ultimo scritto di Merleau-Ponty -redatto in Provenza nell’estate del 1960, nel paesaggio abitato da Cézanne-, L’Œil et l’Esprit, l’occhio e la mente, «facendo vedere con delle parole» (Lefort, p. 75) restituisce al linguaggio la sua natura ontologica e all’essere delle cose la loro scaturigine dalla materia che parla, dal corpo che vede e che guarda.