Skip to content


Oltre il confine

I_Colloquio_Disum_ottobre_2014

 

Mercoledì 8.10.2014 parteciperò a una delle sessioni del Primo Colloquio di Ricerca organizzato dal Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. Interverrò in aula 254 alle 9,00 con una relazione dal titolo Oltre il confine io-mondo. Per una comprensione olistica della mente
Nella sezione Eventi del sito Disum è possibile scaricare il programma completo del Colloquio su Abitare la frontiera. Sondaggi al confine delle culture, delle lingue e dei saperi.

La struttura spazio-temporale della percezione

Mercoledì 7 maggio 2014 alle 10,00 la Prof. Maria Teresa Catena (Università Federico II di Napoli) terrà nell’aula A5 del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania un seminario dal titolo La struttura spazio-temporale della percezione secondo Merleau-Ponty. Introdurrò l’incontro per gli studenti di Filosofia della mente e per chiunque sia interessato all’argomento.

Seminario Maria Teresa Catena

 

Neurociak

Neurociak

 

 

 

 

Il 14 marzo 2014 alle 17,00 nell’Aula Pero del Policlinico di Catania parteciperò alla presentazione del ciclo di seminari Neurociak. La neurologia tra finzione cinematografica e documentazione scientifica.
Saranno presenti tra gli altri il Rettore dell’Ateneo Giacomo Pignataro e il Direttore del mio Dipartimento Giancarlo Magnano San Lio.

 

 

 

 

Pensieri e parole

Mente & cervello 109 – gennaio 2014

M&C_109_gennaio_2014Poche parole, quasi sempre le stesse, e costruzioni sintattiche elementari. E tuttavia, tra i 25 e i 28 mesi della vita di un cucciolo di Homo sapiens, ascoltando tali espressioni il bambino comincia a parlare. Come può accadere una cosa simile? Da così pochi elementi nasce infatti la forza della comunicazione verbale, la sua potenzialmente infinita produzione -definita ricorsività-, la sua capacità di creare significati sempre nuovi, i quali eccedono «la somma semantica dei singoli elementi» -la compositività. (R.V. Solé, B. Corominas Murtra, J. Fortuny, p. 38). È il cosiddetto ‘problema logico dell’acquisizione del linguaggio’. Nonostante il grande sviluppo degli studi, risposte certe non ce ne sono. Risolvere, o almeno chiarire meglio, la questione consentirebbe di comprendere più a fondo non soltanto lo statuto della mente ma anche lo stesso processo dell’ominazione e l’identità della nostra specie.

Secondo molti scienziati fu l’apparizione del linguaggio a cambiare per sempre il nostro modo di adattarci al mondo. […] In fisica, si chiamano sistemi complessi quelli formati da un gran numero di elementi che esibiscono proprietà «emergenti». Queste ultime si distinguono perché, pur risultando dall’interazione di singoli elementi del sistema, non sono spiegabili come la semplice somma degli stessi. Il linguaggio umano appartiene a questa categoria di sistemi: come un formicaio non può essere descritto alla stregua di un semplice ammasso di insetti, così il linguaggio non è la mera giustapposizione di un insieme di parole [ma è un] sistema di comunicazione efficiente, flessibile e dotato di una capacità informativa illimitata. (Id., 33)

Il linguaggio umano è dunque una struttura olistica e non atomistica, legata in modo indissolubile alle facoltà mentali, alla capacità di elaborare rappresentazioni, concetti, scenari di realtà empiricamente non esistenti. Tra pensiero e linguaggio la dinamica è continua, incessante, anche se tra le tante cose che ignoriamo c’è anche la concreta modalità con cui tutto questo accade. Wernicke, ad esempio, riteneva che pensiero e linguaggio fossero due processi indipendenti; Vygotsky attenua la radicalità di tale distinzione con l’immagine di due cerchi sovrapposti, nella quale soltanto una parte dei due processi coincide; Jackendoff ritiene invece che «il linguaggio serve all’uomo non solo per esprimere i suoi pensieri, ma si riflette anche sui suoi pensieri, come una sorta di impalcatura che gli permette di creare ragionamenti più complessi rispetto agli organismi non linguistici» (cit. da C. Weiller, 26).
Anche dalla relazione che si istituisce tra pensiero e linguaggio nascono le diverse risposte date a un’altra questione fondamentale, quella del rapporto tra linguaggio e comportamenti. Per i sostenitori del ‘relativismo linguistico’ il linguaggio influenza il pensiero e dunque linguaggi diversi generano differenti concezioni della realtà e diversi modi di vivere in essa; a tale concezione di oppongono i sostenitori dell’universalismo linguistico, i quali affermano «che il linguaggio, pur con differenze superficiali, ha radici universali, e che i processi cognitivi sono gli stessi per tutti gli esseri umani» (F. Sgobissa, 48).
In realtà credo che anche questa discussione sia inficiata da un eccesso di dualismo. Pensiero e linguaggio sono espressioni diverse e profondamente correlate del corpomente immerso in uno specifico ambiente. Tale ambiente influenza quindi il pensiero che lo conosce, le parole che lo dicono, l’azione che in esso accade. E questo non in una direzione soltanto ma sempre in tutte. Mondo → Pensiero → Linguaggio diventano nel concreto esistere umano una sola realtà che si fa incessantemente Linguaggio → Pensiero → Mondo. E così via, senza fine sino alla fine.

 

Archetipo / Altero / Ascetico

Il volto del ‘900. Da Matisse a Bacon. Capolavori dal Centre Pompidou
Palazzo Reale – Milano
Sino al 9 febbraio 2014

Brancusi_Musa_addormentata_1910I “fatti” non hanno alcuna autonomia ontologica ma assumono senso –e quindi per noi si verificano, li vediamo, li viviamo- solo in un ambito di rilevanza situazionale, in un contesto fenomenologico ed esistenziale che è sempre superiore alla somma dei singoli enti, eventi, cose. Una faccia -l’insieme di fronte, occhi, orecchie, zigomi, naso, labbra, mento- non è ancora un volto. E neppure uno sguardo lo è. Lo sguardo, infatti, è l’intenzione comunicativa di una faccia. Il volto è l’interpretazione / costruzione che della faccia e dello sguardo fa chi la osserva. Una faccia è atomistica, separabile in parti. Un volto è l’intero.
Bacon_Michel_Leiris_1976Di questo intero la pittura ha da sempre cercato il segreto. E soltanto la pittura e la grande fotografia possono in effetti riuscire a coglierlo. Il volto archetipo, silenzioso e perfetto della Musa addormentata (Brancusi, 1910) si distende in un sogno orizzontale fatto di luce e di oro, di forme sobrie e perfette, di una calma che dura. Il volto altero, vissuto, dinamico di Michel Leiris (Bacon, 1976) sembra moltiplicarsi a ogni istante; sembra ripetere le sue forme in un qualche altrove appena scoperto; sembra sezionarsi, frangersi, tornare come le onde di un oceano di figure. Il volto ascetico, materico, immerso di Asaku Yanaihar (Giacometti, 1956) colma lo spazio e riempie il tempo come una sacra icona, simulacro venerato da un’umanità diventata ologramma, che in essa riverisce il proprio capostipite.
Il volto del Novecento -e oltre- che questa mostra documenta e testimonia ha tolto al soggetto tutto il peso Giacometti_Asaku_Yanaihar_1956sciocco del suo narcisismo individuale e di ceto, lo ha frantumato nelle discariche della materia, lo ha letteralmente distrutto, per restituirgli però una sacralità completa e inquietante di fronte alla quale vien fatto di sostare come davanti all’immagine di un dio.

 

Vai alla barra degli strumenti