Sul numero di aprile della rivista del Touring Club Italiano leggo (pp. 22-23) che Stoccolma si è classificata prima tra le città più verdi d’Europa per il 2010. L’obiettivo dell’amministrazione svedese è diventare entro il 2050 «indipendente da petrolio e affini». Uno dei quartieri della città –Hammarby Sjöstad– è costruito in questo modo: «coibentazione delle facciate, doppi vetri, illuminazione a basso consumo, caldaie a biogas, energia solare trasformata in energia elettrica e utilizzata per il riscaldamento dell’acqua, riutilizzo della pioggia, impianto di trattamento delle acque, spazzatura raccolta con una rete pneumatica nel sottosuolo (niente cassonetti!), rifiuti organici trasformati in biogas utilizzato sia dai nuclei familiari sia come combustibile per i mezzi pubblici. E poi, verde, metropolitana elettrica per il centro città, piste ciclabili, car sharing»…Una foto del quartiere illustra con efficacia tutto questo.
Qualcuno dirà: “sì, va bene ma gli svedesi sono tristi e per mesi non hanno luce sufficiente”. L’inverno è buio, vero, ma la tristezza mi sembra un luogo comune. A me Stoccolma è parsa una capitale imponente e insieme rilassante, fredda e luminosa, felice di se stessa e dei propri limiti. Visitarla col battello che attraversa le sue isole, vederla dall’alto della torre di Kaknastornet, percorrerla a piedi fra le stradine di Gamla Ston o i grandi viali dei quartieri contemporanei o passeggiando lungo il lago Malarstrand, significa conoscere uno dei luoghi forse meno celebrati ma più belli d’Europa.
Le altre finaliste al concorso sono state Amburgo, Amsterdam, Bristol, Copenaghen, Friburgo, Münster e Oslo. Nessuna città italiana, ovviamente e tragicamente. Siamo noi a essere tristi.