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Lezioni 2023

Lunedì 6 marzo avranno inizio le lezioni dei tre corsi che terrò nel 2023 nel Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania.
Riassumo qui gli argomenti dei corsi, l’articolazione dei programmi, i libri e i saggi che analizzeremo, gli orari delle lezioni.
I link ai titoli rinviano a presentazioni o a recensioni e – in alcuni casi – al pdf del testo.
Il link al titolo di ogni corso apre la pagina Disum con le schede didattiche, vale a dire le informazioni relative alle modalità di svolgimento delle lezioni, ai prerequisiti richiesti (da prendere molto sul serio), alla scansione del programma, agli esami.

Chiedo di porre particolare attenzione ad alcuni elementi delle schede didattiche:
-le lezioni saranno svolte in modalità frontale, vale a dire con un dialogo in presenza nell’aula, con la possibilità di interagire anche tramite elementi non verbali, poiché non sono soltanto i cervelli a insegnare e ad apprendere ma è l’intero corpomente che vive in uno spaziotempo reale, non virtuale;
-il metodo è la lectio, che significa lettura, analisi, commento e discussione dei testi;
-a motivo dei due primi elementi – corpimente e lectio – pur non essendo obbligatoria, la frequenza alle lezioni è fortemente consigliata;
-prerequisito di tutti e tre i corsi è una conoscenza adeguata della storia della filosofia.

Riassumo anche gli obiettivi principali che i corsi si propongono di conseguire.
-Per Filosofia teoretica:
1) Conoscenza e comprensione delle principali questioni ontologiche e metafisiche
2) Capacità di applicare conoscenza e comprensione all’esistenza individuale e collettiva
3) Autonomia di giudizio in ogni ambito della conoscenza e del vivere
4) Abilità comunicative nel presentare razionalmente le proprie posizioni
5) Capacità di apprendimento in ogni sfera del sapere.
-Per Epistemologia:
1) Conoscenza e comprensione dello statuto delle metodologie scientifiche
2) Capacità di applicare conoscenza e comprensione al rapporto teorico e prassico con i saperi scientifici
3) Autonomia di giudizio rispetto a ogni forma di dogmatismo
4) Abilità comunicative nell’affrontare questioni inerenti i saperi scientifici
5) Capacità di apprendimento in una varietà di ambiti.
-Per Filosofia delle menti artificiali:
1) Conoscenza e comprensione dello statuto dell’intelligenza
2) Capacità di applicare conoscenza e comprensione al rapporto con gli artefatti digitali
3) Autonomia di giudizio rispetto alle informazioni ricevute in questo ambito
4) Abilità comunicative nell’utilizzo dei dispositivi digitali
5) Capacità di apprendimento da una varietà di fonti e strumenti.

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Filosofia teoretica
LA STORIA, IL PRESENTE
Corso magistrale in Scienze Filosofiche
lunedì 12-14 (aula A7) / mercoledì 10-12 (aula A4) / venerdì 12-14 (aula A6)

-Alberto Giovanni Biuso, Sullo statuto del presente: ontologia e storia, in Vita pensata, n. 23, novembre 2020 (pp. 24-30)

-Friedrich W. Nietzsche, Su verità e menzogna in senso extramorale, Adelphi 2015

-Friedrich W. Nietzsche, Sull’utilità e il danno della storia per la vita, Adelphi 1974

-Eugenio Mazzarella, Nietzsche e la storia. Storicità e ontologia della vita, Carocci Editore 2022

-Alberto Giovanni Biuso, Disvelamento. Nella luce di un virus, Algra Editore 2022

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Epistemologia
SUL METODO
Corso magistrale in Scienze Filosofiche
martedì 10-12 (aula A12) / venerdì 10-12 (aula A12)

-Alberto Giovanni Biuso, Epistemologia e filosofia della scienza, in Vita pensata, n. 25, luglio 2021 (pp. 94-96)

-John Losee, Filosofia della scienza. Un’introduzione, Il Saggiatore 2016

-Paul Feyerabend, Contro il metodo, Feltrinelli 2021

-Alberto Giovanni Biuso, Sul realismo, in L’invenzione della realtà. Scienza, mito e immaginario nel dialogo tra psiche e mondo oggettivo, ETS, Pisa 2022 (pp. 125-135)

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Filosofia delle menti artificiali
MENTE, INTELLIGENZE ARTIFICIALI E LIBERO ARBITRIO
Corso magistrale in Scienze Filosofiche
martedì 14-16 (aula A12) / mercoledì 12-14 (aula A12)

-Anthony A. Long, La mente, l’anima, il corpo. Modelli greci, Einaudi 2016

-Naief Yehya, Homo cyborg. Il corpo postumano tra realtà e fantascienza, Elèuthera, nuova edizione 2017 (la recensione si riferisce alla prima edizione del libro, uscita nel 2004)

-Aa. Vv., L’algoritmo pensante. Dalla libertà dell’uomo all’autonomia delle intelligenze artificiali, Il Pozzo di Giacobbe 2020

-Alberto Giovanni Biuso, Il libero arbitrio tra neuroscienze e filosofia, in Aa. Vv., «Kαλλὸς καί ἀρετή. Bellezza e virtù», Bonanno 2015 (pp. 801-817)

Covid e Stato etico

Venerdì 20 gennaio 2023 alle 15.30 nella sede di Belluno di Unidolomiti terrò una lezione dal titolo Epidemie, Diritti e Stato etico. L’evento si inserisce nel ciclo Dialoghi sul potere ideato e organizzato dal Prof. Lorenzo Maria Pacini.
Affronterò, in modo naturalmente sintetico, le seguenti questioni:

1 Che cos’è un’epidemia?
2 Che cos’è l’autorità?
3 Che cosa sono i diritti?
4 Il potere e la morte
5 Epidemie e vita
6 Epidemie e Stato etico
7 Una ginnastica d’obbedienza
8 Covid19 e disvelamento

Cercherò in questo modo di analizzare le ragioni e le radici della vessazione attuata dalle forze dell’ordine, dai social network, dalle televisioni, da uno Stato e da una società civile diventati etici, cioè convinti di essere la fonte non soltanto delle norme empiriche ma anche del bene e del male assoluti, da imporre a tutti i cittadini, i quali sono stati privati del diritto di difendere i propri corpi e di resistere a una visione del mondo e a un insieme di pratiche dalle chiare tendenze autoritarie e persecutorie.

Programmi 2022-2023

Nell’anno accademico 2022-2023 insegnerò Filosofia teoretica, Epistemologia e Filosofia delle menti artificiali. Pubblico i programmi che svolgerò, inserendo i link ai pdf della piattaforma Syllabus del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania, sulla quale i docenti  ‘caricano’ i loro programmi. In questi pdf si trovano tutte le altre (importanti) informazioni relative ai miei corsi.
I link che compaiono qui sotto nei titoli dei libri in programma portano a presentazioni e recensioni dei testi o, nel caso dei saggi in rivista, ai pdf dei testi stessi.

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Filosofia teoretica
LA STORIA, IL PRESENTE

-Alberto Giovanni Biuso, Sullo statuto del presente: ontologia e storia, in Vita pensata, n. 23, novembre 2020 (pp. 24-30)

-Friedrich W. Nietzsche, Su verità e menzogna in senso extramorale, Adelphi 2015

-Friedrich W. Nietzsche, Sull’utilità e il danno della storia per la vita, Adelphi 1974

-Eugenio Mazzarella, Nietzsche e la storia. Storicità e ontologia della vita, Carocci Editore 2022

-Alberto Giovanni Biuso, Disvelamento. Nella luce di un virus, Algra Editore 2022

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Epistemologia
SUL METODO

-Alberto Giovanni Biuso, Epistemologia e filosofia della scienza, in Vita pensata, n. 25, luglio 2021 (pp. 94-96)

-John Losee, Filosofia della scienza. Un’introduzione, Il Saggiatore 2016

-Paul Feyerabend, Contro il metodo, Feltrinelli 2021

-Alberto Giovanni Biuso, Sul realismo, in L’invenzione della realtà. Scienza, mito e immaginario nel dialogo tra psiche e mondo oggettivo, ETS, Pisa 2022 (pp. 125-135)

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Filosofia delle menti artificiali
MENTE, INTELLIGENZE ARTIFICIALI E LIBERO ARBITRIO

-Anthony A. Long, La mente, l’anima, il corpo. Modelli greci, Einaudi 2016

-Naief Yehya, Homo cyborg. Il corpo postumano tra realtà e fantascienza, Elèuthera, nuova edizione 2017 (la recensione si riferisce alla prima edizione, 2004)

-Aa. Vv., L’algoritmo pensante. Dalla libertà dell’uomo all’autonomia delle intelligenze artificiali, Il Pozzo di Giacobbe 2020

-Alberto Giovanni Biuso, Il libero arbitrio tra neuroscienze e filosofia, in Aa. Vv., «Kαλλὸς καί ἀρετή. Bellezza e virtù», Bonanno 2015 (pp. 801-817)

Programmi 2021-2022

Nell’anno accademico 2021-2022 insegnerò Filosofia teoretica, Epistemologia e Filosofia delle menti artificiali. Pubblico i programmi che svolgerò, inserendo i link al sito del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania per tutte le altre (importanti) informazioni relative ai miei corsi.
I link che compaiono qui sotto nei titoli dei libri in programma portano a presentazioni e recensioni dei testi o, nel caso dei saggi in rivista, ai pdf dei testi stessi.

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Filosofia teoretica
TEOLOGIE GNOSTICHE

Testo del Simbolo niceno-costantinopolitano (edizione a scelta, anche digitale)

Testi gnostici in lingua greca e latina (a cura di Manlio Simonetti, Valla-Mondadori 2009)

-Emil Cioran, Il funesto demiurgo (Adelphi 1986)

-David Benatar, Meglio non essere mai nati (Carbonio Editore 2018)

-Alberto G. Biuso, Platone a Colmar. Una lettura gnostica de L’essenza della verità di Heidegger in «InCircolo Rivista di filosofia e culture», Numero 4 – Dicembre 2017, Pagine 111-129

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Epistemologia
REALISMO ONTOLOGICO E MECCANICA QUANTISTICA

-John Losee, Filosofia della scienza. Un’introduzione (Il Saggiatore 2016)

-Lee Smolin, La rivoluzione incompiuta di Einstein. La ricerca di ciò che c’è al di là dei quanti (Einaudi 2020)

-Alberto G. BiusoTempo e materia. Una metafisica (Olschki 2020)

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Filosofia delle menti artificiali
IL DIGITALE, LE EPIDEMIE E I CORPI COLLETTIVI 

-Naief Yehya, Homo cyborg (Elèuthera, nuova edizione 2017)

-Kazuo Ishiguro, Klara e il Sole (Einaudi 2021)

-Aa. Vv., Krisis. Corpi, Confino e Conflitto (Catartica Edizioni 2020)

-Aa. Vv., Divagazioni filosofiche ai tempi del Coronavirus (Corisco Edizioni 2020, edizione digitale gratuita); i saggi di P. Perconti, A.G. Biuso, M. Carapezza, V. Cardella, M. Graziano, R. Manzotti, A. Pennisi-D. Chiricò (§§ 1-3), A. Schiavello, C. Scianna

-Aa. Vv., Koiné 2020. Tempi Covid moderni; i saggi di A. Dignös, F. Mazzoli, A.G. Biuso, S. Bravo, M. Guastavigna, L. Dorato, F. Mazzoli-G. Paciello

-Alessandro Manzoni, Storia della Colonna infame (edizione a scelta)

Salvatore Grandone su Animalia

Salvatore Grandone
Recensione a Animalia
in Figure dell’immaginario. Rivista internazionale (gennaio 2021)

«Un testo denso che affronta la questione dell’animale in una prospettiva plurale, ad un tempo ontologica, epistemologica, antropologica e socio-politica. Il lavoro di Alberto Giovanni Biuso prolunga idealmente le riflessioni sviluppate in Tempo e materia, mostrando sul campo come la metafisica del tempo-materia sia un valido strumento per descrivere il mondo della vita. […] Il modo di affrontare la questione del vivente di Biuso si inscrive anche nel solco di un’importante tradizione fenomenologica che supera la visione dell’animale-macchina. Biuso amplia infatti le analisi di Heidegger sviluppate ne I concetti fondamentali della metafisica. Mondo, finitezza, solitudine. […] D’altra parte non basta denunciare la hybris dell’uomo, che nella sua foga tecnocratica riduce la natura a mero serbatoio di risorse; occorre comprenderne le ragioni. Con grande lucidità, e senza cadere nella facile retorica animalista, Biuso mostra le radici antropologiche e biologiche della violenza umana nei confronti degli animali».

Il Prof. Grandone mi ha chiesto un’intervista sul libro; le sue domande sono state uno stimolo ad approfondire e chiarire alcune delle questioni centrali del testo: l’animalità come differenza; lo statuto della biologia; virus ed epidemie; misura umana e potenza del cosmo.

 

«Che l’uomo non sia carnivoro per natura»

Plutarco
Del mangiare carne
Trattati sugli animali
(Plutarchi Moralia selecta: De esu carnium; Bruta animalia ragione uti; De sollertia animalium)
Introduzione di Dario Del Corno
Traduzione e note di Donatella Magini
Adelphi, 2001
Pagine 296

Una delle ipotesi più accreditate sulle origini del Coronavirus è che si sia sviluppato nei mercati di carne animale, viva e morta. Può dunque essere utile leggere quanto un antico saggio ha argomentato contro la pratica umana di mangiare la carne di altri animali.
Il volume – ben tradotto e arricchito da due feconde introduzioni e da un imponente apparato di note – raccoglie infatti tre testi di Plutarco (47-127) dedicati all’animalità: De esu carnium; Bruta animalia ragione uti; De sollertia animalium, vale a dire Del mangiare carne, Gli animali usano la ragione, L’intelligenza degli animali di terra e di mare (questo il vero argomento, al di là del modo in cui viene intitolato in latino il terzo testo). 

Molto più che trattati di zoologia antica, molto più che una godibilissima antologia di centinaia di affascinanti leggende greche e romane sul mondo animale, le pagine di Plutarco mostrano alcune delle ragioni per le quali i due immediati successori di Aristotele alla guida del Peripato – Teofrasto e Stratone di Lampsaco – si allontanarono dalla scala naturae del Maestro, sostenendo invece la presenza di una ψυχή, della mente, in tutti gli animali.
Il paradigma proposto da Teofrasto, Stratone, Plutarco è opposto a quello biblico ben testimoniato dalle parole che Yahweh (הְוֶה) rivolge a Noè all’uscita dall’arca: «Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere. Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo» (Genesi, 9, 2–3; trad. La Bibbia di Gerusalemme, Edizioni Dehoniane 1988, p. 50).

Il paradigma di questi Greci si può invece riassumere in alcuni punti tanto chiari quanto fondamentali per comprendere le dinamiche dell’οἶκος, della comune abitazione dei viventi:
-tutti gli animali, qualunque sia la loro specie, sono dotati di percezione, ragionamento, comprensione della complessità degli ambienti nei quali vivono. A volte alcuni di essi impazziscono e non si può impazzire se non si possiede la ragione. Essi tutti sono in grado di comprendere i pericoli e di perseguire i vantaggi, in caso contrario semplicemente non esisterebbero; rispetto agli umani, sono anche dotati di un maggiore equilibrio nei comportamenti quotidiani, tanto è vero – afferma Grillo nel Bruta animalia ragione uti – che «le bestie, invece, hanno un animo totalmente inaccessibile e impenetrabile alle passioni di provenienza esterna, e vivono tenendosi lontano da vane illusioni» (cap. 6, 989 C, p. 91). Una superiorità etica alla quale si ispirò Machiavelli per il suo splendido e incompiuto poema L’Asino;
-tra le passioni che li muovono, gli umani nutrono una ferocia smodata, una costante aggressività, un eccesso persino sadico, dal quale le specie carnivore sono invece libere. Se infatti «per loro [serpenti, pantere, leoni] il sangue è un cibo vitale, invece per voi è semplicemente una delizia del gusto» (De esu carnium, 2, 994 B; 58), sino al punto che «per un minuscolo pezzo di carne priviamo un essere vivente della luce del sole e del corso dell’esistenza, per cui esso è nato ed è stato generato» (Ivi, 3, 994 E ; 59-60);
-la struttura anatomo-fisiologica di Homo sapiens è la più evidente prova della sua natura frugivora e non carnivora: «Che l’uomo non sia carnivoro per natura, è provato in primo luogo dalla sua struttura fisica. Il corpo umano infatti non ha affinità con alcuna creatura formata per mangiare la carne: non possiede becco ricurvo, né artigli affilati, né denti aguzzi, né viscere resistenti e umori caldi in grado di digerire e assimilare un pesante pasto a base di carne. Invece, proprio per la levigatezza dei denti, per le dimensioni ridotte della bocca, per la lingua molle e per la debolezza degli umori destinati alla digestione, la natura esclude la nostra disposizione a mangiare la carne. Se però sei convinto di essere naturalmente predisposto a tale alimentazione, prova anzitutto a uccidere tu stesso l’animale che vuoi mangiare. Ma ammazzalo tu in persona, con le tue mani, senza ricorrere a un coltello, a un bastone o a una scure» (Ivi, 3, 994 F -995 A; 60-61);
-l’abitudine al sangue e alla violenza inflitta ad altri animali si trasforma inevitabilmente in crudeltà verso i propri conspecifici, verso gli umani. Lo hanno ribadito, tra gli altri, filosofi come Kant, Schopenhauer, Horkheimer, Adorno, Marcuse e lo afferma con chiarezza anche Plutarco: «Queste pratiche insegnano […] a considerare il sangue, la morte di esseri umani, le ferite e i combattimenti il più raffinato degli spettacoli» (Ivi, 2, 997 C, 67); «Una volta che ebbero così gradualmente temprato la propria insaziabilità, gli uomini si volsero alle stragi dei loro simili, ai delitti e alle guerre» (Ivi, 4, 998 C; 70); «La caccia sia responsabile del diffondersi fra gli uomini dell’insensibilità e della ferocia» poiché essa corrobora «la componente sanguinaria e ferina, che è insita in loro [gli umani] per natura, e la resero inflessibile alla pietà […] Infatti l’abitudine è straordinariamente efficace nel far progredire l’uomo con il graduale insinuarsi degli affetti» (De sollertia animalium, 2, 959 D-F, 106-107);
-nutrirsi della carne di altri animali è, di fatto, un nutrirsi di cadaveri. Plutarco è su questo punto del tutto chiaro: «Io mi domando con stupore in quale circostanza e con quale disposizione spirituale l’uomo toccò per la prima volta con la bocca il sangue e sfiorò con le labbra la carne di un animale morto; e imbandendo mense di corpi morti e corrotti, diede altresì il nome di manicaretti e di delicatezze a quelle membra che poco prima muggivano e gridavano, si muovevano e vivevano. […] Come mai quella lordura non stornò il senso del gusto, che veniva a contatto con le piaghe di altre creature e che sorbiva umori e sieri essudati da ferite mortali?» (De esu carnium, 1, 993 B; p. 55).

L’ultimo trattato è il più lieve e curioso. In esso infatti due interlocutori, Aristotimo e Fedimo, difendono con convinzione rispettivamente l’intelligenza profonda degli animali di terra e di aria e quella degli animali marini. Una lode che arriva sino all’ammirazione e al sacro. Una lode così convinta che Soclaro, che li ha ascoltati, conclude che «collegando i vostri discorsi contrapposti, entrambi lotterete insieme validamente contro chi priva gli animali di ragione e di intelligenza» (De sollertia animalium, 37, 985 C, 188). Emerge in questo modo evidente la contraddizione logica e retorica che intride tutto il dialogo e che consiste nel fatto che gli animali così efficacemente descritti, dei quali si dimostra la sensibilità, l’intelligenza, la nobiltà dei comportamenti, vengano lodati da coloro che però difendono poi la caccia che a loro viene data, la morte che a loro viene inferta.
Credo si tratti di un effetto voluto da Plutarco, il quale – per bocca di Fedimo – riconosce l’universalità della lotta, della violenza e della morte che intridono il mondo dei viventi, di tutti gli animali: «E la natura ha creato per loro tale ciclo e tale avvicendarsi di reciproci inseguimenti e fughe come esercizio e pratica di competizione per l’abilità e l’intelligenza» (Ivi, 27, 979 A, 168). E però l’intelligenza è capace di allontanarci, per le ragioni da Plutarco ben argomentate, da una pratica tanto insensata quanto feroce come il mangiar carne.

Epidemie, biodiversità, alimentazione

Come sempre, la scaturigine di ciò che accade è politica, sta nelle opzioni economiche e nella tracotanza che la natura punisce.
Lo conferma una analisi di Silvia Granziero sul numero del 7.4.2020 di Internazionale, Le pandemie sono una delle conseguenze della perdita di biodiversità:

«È la distruzione della biodiversità da parte dell’uomo a creare le condizioni per nuovi virus e patologie come la COVID-19. David Quammen, autore di Spillover. L’evoluzione delle pandemie, sintetizza così: “Sconvolgiamo ecosistemi e liberiamo virus dai loro ospiti naturali: quando succede, hanno bisogno di nuovi ospiti, e spesso siamo noi”. […]
La distruzione delle foreste – attraverso il taglio di legname, la costruzione di strade e miniere, l’urbanizzazione e la crescita demografica – avvicina le persone alle specie animali con cui non sono mai state così a contatto, e questo aumenta la possibilità per i virus di passare da una specie all’altra. […] L’attività umana danneggia anche la biodiversità animale, provocando una perdita di specie predatrici degli animali vettori. […]
In pratica, più disturbiamo habitat e foreste e più siamo in pericolo. […] Grazie alla loro adattabilità, i virus possono poi replicarsi e diffondersi con estrema rapidità grazie al sovraffollamento dei grandi centri. […]
Anche l’inquinamento gioca la sua parte […] quasi tutte le recenti pandemie sono state influenzate da alta densità di popolazione, aumento di commercio e caccia di animali selvatici, cambiamenti ambientali e allevamenti intensivi. […]
Dobbiamo metterci in testa l’idea che non si può salvaguardare la salute umana senza rispettare la biodiversità. È il momento di ripensare completamente la nostra relazione con la natura: fermare la crisi climatica, frenare la distruzione delle foreste e ridurre il consumo di risorse sono misure da avviare immediatamente. Anche le pandemie sono una delle le conseguenze della perdita di biodiversità. Quando quella da coronavirus sarà cessata, bisognerà intervenire sui fattori che l’hanno scatenata e renderci conto che la diffusione di questi nuovi virus è anche la risposta della natura all’assalto dell’uomo»
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Sono tre i nuclei della questione ecologica: l’utilizzo di varie forme di energia, la demografia, l’alimentazione.
Siamo chimica in movimento, materia consapevole di esserci. Ciò che mangiamo diventa la nostra persona, ciò di cui ci nutriamo si fa tessuto, muscoli, sangue, liquidi, cervello, pensieri. Esserne consapevoli significa oltrepassare le secche di ogni dualismo ‘mente – corpo’ come di ogni riduzionismo che evidenzia soltanto una delle componenti dell’essere umano o dei viventi: che si tratti dell’ ‘anima’ o dell’organismo.
Siamo plurali, complessi, intessuti di tante vite, di quelle dei nostri avi come degli incontri che ci regalano gioia o ci infliggono tormento. E siamo fatti anche di una miriade di esseri che abitano nel nostro corpo, che sono il nostro corpo.
Portiamo con noi, dentro di noi, fatti di noi e noi di loro, «miliardi di esseri viventi che ci condizionano l’esistenza senza che noi ce ne accorgiamo. Si tratta di batteri che costituiscono il nostro microbiota, cioè l’insieme di esseri che si trovano nel tubo digerente. I vegetariani, consumando frutta e verdura, ‘coltivano’ batteri intestinali di varietà specifiche che hanno un impatto positivo sulla salute» (Biagio Tinghino, Vivere senza carne. La guida a una nuova alimentazione scritta da un medico vegetariano, Tecniche nuove 2016, p. 119).
Ciò che chiamiamo salute e malattia è il risultato sempre provvisorio del corpo come dimora di entità e strutture plurali e diverse tra di loro. Soltanto se proiettata su uno sfondo antropologico e biologico complessivo la questione del vegetarianesimo mostra tutta la propria fecondità. Decisivo è l’approccio statistico poiché le osservazioni soggettive e parziali non bastano, né gli impressionismi più o meno sentimentali o ideologici, ancor meno la parola di presunte autorità che non dimostrino le loro tesi sulla base di ampi studi. Tinghino fa invece «riferimento a studi osservazionali, di coorte e soprattutto a metanalisi. In una parola: vogliamo appoggiarci su fondamenti seri» (44), allo scopo di affrancarsi da «un dibattito che sembra ormai accecato dalle polemiche tra le varie fazioni» e fare invece «informazione scientifica serena, fondata sulle evidenze e, quando necessario, critica» (2).
Il risultato complessivo di analisi nutrizionali, chimiche, mediche molto accurate – basate su una bibliografia davvero imponente – è che «la carne rossa fa male e le carni conservate aumentano il rischio di cancro nei consumatori. L’Organizzazione Mondiale della Sanità si è recentemente espressa in questi termini, attraverso l’IARC, l’agenzia internazionale di ricerca sul cancro» (77); «la carne non è indispensabile in nessuna fase della vita» (24); «mangiare molta carne accorcia la vita ed è alla base di molte malattie del nostro secolo: tumori, patologie croniche e degenerative» (1).
Ne consegue un interrogativo ovvio e razionale: «Perché dovremmo far soffrire gli altri animali per usarli come cibo, quando, evitandolo, possiamo addirittura stare meglio in salute?» (3). Anche in questo caso la risposta è complessa ma alla sua base c’è una constatazione di fatto, confermata dallo sguardo e dagli studi antropologici: «Mangiamo gli animali perché essi non riescono a difendersi con l’astuzia e la tecnologia di noi umani. La questione è tutta qui» (14), come mostrano le analisi antropologiche di Gianfranco Mormino.
Ed è una questione che si volge poi contro l’umano che utilizza senza misura e intelligenza i propri poteri. Il carnismo sistematico è infatti fonte di numerose e gravi patologie. Una delle ragioni è che Homo sapiens è diventato onnivoro ma la sua anatomia non è quella di un carnivoro. A mostrarlo ci sono molteplici evidenze: le nostre mani e i piedi sono privi di artigli o zanne, siamo incapaci di correre e saltare, come sanno fare tutti i predatori, siamo invece 

«tra i più lenti esseri viventi. […] Anche se le scimmie possono occasionalmente mangiare carne o cibarsi di insetti, fondamentalmente i primati sono frugivori o folivori (mangiano foglie e germogli). […] L’intestino umano è molto più lungo di quello dei carnivori. […] La flora batterica (microbiota) dei frugivori e dei primati in generale è fermentante, non putrefatta come quella dei carnivori. […] Quando questa flora batterica viene alterata dall’eccessiva introduzione di cibi animali è più facile che insorgano alcune malattie come i tumori e le malattie infiammatorie. […] I denti dell’uomo non sono adatti ad afferrare prede e strappare carne, ma ad addentare la frutta (con gli incisivi, propri degli erbivori), trattenerla (canini, piccoli e pochi), triturare il cibo (coi premolari e molari). […] L’uomo, dunque, non è adatto a un cibo carneo. È più coerente definirlo un frugivoro-cerealicolo che occasionalmente potrebbe cibarsi di altro, come la carne, senza però fare di essa il cibo fondamentale» (17-19).

Anche dall’ignoranza di questi dati fisiologici e anatomici nascono veri e propri miti alimentari, come quello delle proteine. Una leggenda frutto di fattori sociali e storici e non certo scientifici, che fanno riferimento alla carne come status symbol e non come alimento né sano né necessario. Tanto è vero che se «nel 1968 si è scesi a raccomandarne 1,8 g e nel 1974 1,35 g. Le raccomandazioni attuali oscillano intorno a 1 grammo [per chilo di peso]. […] Le prime credenze sono state sconfessate dalla ricerca più recente, ma il mito popolare delle proteine tarda a morire e l’industria della carne si sta apprestando a battere nuovi record, fino a quando il sistema economico non collasserà» (23-24).
In realtà le proteine sono presenti non soltanto nella carne bensì «in tutte le classi di alimenti, ma in quantità variabile» (131). Assumere tali sostanze dai vegetali invece che dagli altri animali costituisce un’espressione di razionalità anche ambientale, dato che «la produzione di carne è probabilmente il maggior spreco di risorse del pianeta Terra», in quanto «un onnivoro consuma le risorse che basterebbero a cinque vegetariani» e «l’88% delle foreste viene abbattuto in Amazzonia proprio per creare pascoli. Il consumo di acqua è raddoppiato dagli allevamenti e il 65% dell’ossido di azoto immesso in atmosfera deriva dagli allevamenti, così come il 35% del metano. Stiamo parlando di gas che hanno un impatto tra 23 e 297 volte superiore a quello dell’anidride carbonica (CO2) sull’effetto serra» (25).
È dunque chiaro che la razionalità e la scienze stanno dalla parte di un’alimentazione vegetariana. E questo prescindendo dai fattori di crudeltà, di interesse economico e di silenzio mediatico promossi dall’industria alimentare.
È confortante che (dati del 2014) «in Italia i vegetariani costituiscono il 6,5% della popolazione e i vegani lo 0,6%, per un totale del 7,1%, pari a circa 4 milioni e 200 mila persone. […] Più in alto dell’Italia, in Europa, si colloca solo la Germania, con l’8,6% della popolazione, mentre in India i vegetariani sfiorano il 3% e in USA calano al solo 2%» (14). È confortante per la salute e per la razionalità, per l’unità corpomentale che siamo.

In un articolo per girodivite.it di qualche anno fa avevo discusso altre motivazioni -sia generali sia specifiche- che rendono razionale e necessaria l’opzione vegetariana: Essere vegetariani. Le ragioni.

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