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Astratto / Figura

Painting is back
Anni Ottanta, la pittura in Italia

Gallerie d’Italia  – Milano
A cura di Luca Massimo Barbero
Sino al 3 ottobre 2021

In tutti gli ambiti del sapere è giunto il momento di oltrepassare i dualismi, di sostituire agli elementi che l’un l’altro si escludono quelli che invece reciprocamente si integrano, dando in questo modo vita e spazio a uno sguardo sul mondo che comprenda meglio la sua complessità e ricchezza fatta di differenze che proprio in quanto differenze plasmano un’identità fatta di gloria. Tale dinamica vale in primo luogo per la teoresi, per la filosofia che è «das sagende Bauen am Seyn durch Erbauen der Welt als Begriff», ‘il dire che edifica l’Essere tramite la costruzione del mondo come concetto’ (Heidegger, Schwarze Hefte 1931-1938 – Überlegungen IV, Vittorio Klostermann 2014, p. 212). E poi vale per la vita collettiva-politica, ormai al di là dei paradigmi topologici nati con il 1789; vale per la fisica, che integra la materia/energia sia come onda sia come particella; vale per l’arte, in particolare per la distinzione tra figurativo e astratto.
La percezione è sempre astratta perché è fatta di una miriade di elaborazioni cerebrali che partono dai sensi e si trasformano poi in forme; ed è sempre figurativa poiché tali forme assumono un ordine senza il quale la presa del corpomente sul mondo non sarebbe possibile. Anche questo è la Gestalt, è la Forma. Che è principio gnoseologico, ontologico ed estetico.

Il superamento del dualismo tra astratto e figurativo è evidente nella mostra che la sede milanese delle Gallerie d’Italia dedica alla pittura italiana degli anni Ottanta del Novecento. La divisione in decadi è sempre convenzionale e artificiosa ma in questo caso risulta accettabile perché indica non un arco cronologico ma una tendenza plurale e rizomatica che si origina prima di quel decennio e continua nel presente. La tendenza al gioco, decisamente. A un divertimento della costruzione che dall’artista si trasmette a chi osserva le opere, le gusta, sorride. Davvero un piacere nato dal giocare con le forme, dal divertirsi con i colori, con le invenzioni, i titoli, le citazioni, la possibilità di trasformare in ‘arte’ la materia che si tocca.

Materia mitologica come nelle splendide opere di Salvo che attingono ai templi e alla luce di Sicilia, ai suoi paesaggi con rovine, all’orgogliosa ironia dei 31 siciliani; mito che emerge anche nel Gilgamesh di Gino De Dominicis.
Materia storica come quella di Luigi Ontani che gioca con Mantegna e con Tiepolo nella sua Camera dei celibi.
Materia animale in Mario Merz e in numerosi altri che riscoprono e fanno propria la potenza della vita che intride le specie non umane.
Materia aritmetica, ancora in Merz che attinge alla serie di Fibonacci e materia simbolica nel Cinèma di Nicola De Maria e nei suoi Cieli degli uccelli – gridi sulla testa.
Tra i numerosi artisti presenti in mostra emergono in particolare Emilio Tadini con il suo Oltremare turchese di pienezza (qui sotto) e le opere di Enrico Baj. Tra queste una, bellissima, fatta di bianco, grigio e nero esplodenti e sprofondanti, il cui titolo è davvero un’epitome dell’arte oggi: Vedeteci quel che vi pare (immagine di apertura).
Infine, in tutti questi artisti e in tutte le loro opere sta anche la figura umana immersa nel colore, a esso consustanziale. Un cromatismo intenso, splendido, parlante.

Arte / Gioco

Adami, Del Pezzo, Schifano, Tadini (50 anni dopo…)
Fondazione Marconi – Milano
Sino al 23 aprile 2016

Tadini. Vacanze_inquieteLa Fondazione Marconi apriva cinquanta anni fa le sue sale in una vecchia casa milanese di ringhiera, trasformata in sede espositiva bellissima e funzionale. La prima mostra aveva come protagonisti Valerio Adami, Lucio Del Pezzo, Mario Schifano ed Emilio Tadini. Quattro artisti tra i più significativi e innovativi del Novecento. A distanza di mezzo secolo la Fondazione ripropone quei nomi e quelle opere, che nella distanza temporale confermano tutto il loro valore.Adami. Miraggio
Si tratta di quattro pittori che raccontano, di quattro narratori. Tadini aveva iniziato proprio come romanziere e poeta, transitando poi alla pittura. Ma anche gli altri mostrano una profonda tendenza a fare della pittura un racconto per immagini, con stili naturalmente diversi. Tadini mediante la geometria. Adamo con il fumetto. Schifano con un monocromo che però nell’insieme delle opere tocca molti differenti colori. Del Pezzo con l’utilizzo dei materiali più diversi, soprattutto elementi poveri; la sua è una pittura che diventa plastica, che si fa scultura.
La dimensione figurativa sembra tornare in tutti senza mai rimanere l’ingenuo riflesso del reale, trasformando piuttosto in immagine visibile anche i contenuti più astratti.
E soprattutto in questi artisti vince la dimensione ludica, l’arte emerge per quello che è: un grande gioco. L’invito creato per l’esposizione del 1965 lo dimostra ampiamente: si tratta infatti di quattro piccoli puzzle ricavati da un’opera di ciascuno degli artisti in mostra. Un gioco, alla lettera, che è stato giustamente riproposto per i visitatori del 2016.

Schifano. Vero_amore

 

Forma / Gioco

Homo ludens
Quando l’arte incontra il gioco
Gallerie d’Italia- Milano
Sino al 30 marzo 2014

mazzoni_mozartHuizinga ha mostrato con efficacia attraverso quali vie e con quali forme l’elemento ludico ha generato e continua a nutrire il sapere, l’arte, la poesia, il diritto, la guerra, il mito, la filosofia. Se in molti di questi ambiti è stato perduto il nesso con il gioco, l’arte figurativa rimane permeata di una gratuità senza la quale si ridurrebbe a puro strumento di mercato o a narcisistica espressione dell’io. Quando invece prende sul serio il mondo, e quindi non prende sul serio se stesso, l’artista diventa il tramite per l’esplosione di numeri, lettere, forme logiche, colori accesi, che segna molta arte contemporanea e in particolare quella che si definisce cinetica e concettuale.
Così Antonella Mazzoni pone l’uno accanto all’altro un mandolino, un oboe, uno zufolo e sotto di essi la parola Art; il risultato ha l’evidenza di un nome/suono. Bruno Munari costruisce un Tetracono che ha tutta l’aria di uno di quei meravigliosi giochi che emergevano dalle scatole ricevute in regalo da bambini. Negli Scacchi di Enrico Baj ogni pezzo ha una propria personalità, baj_scacchiabbigliamento, struttura e con essi sembra di esser pronti alla sfida dell’intelligenza. L’Archeologia di Emilio Tadini chiude la mostra e sembra trasformare il gioco in testimonianza antropologica per i millenni. Gli specchi, le strutture in rilievo, la paratassi iconica scandiscono questo percorso dentro la forma/gioco che è l’umano.

 

 

Spazio / Colore

Emilio Tadini 1985-1997. I profughi, i filosofi, la città, la notte
Fondazione Marconi – Milano
Sino al 31 ottobre 2012

Palazzi e intere città, animali, oggetti pullulanti nello spazio, un mare turchese scuro e densissimo (Oltremare, 1990), umani di ogni storia, di ogni età, condizione, aspetto. Tutto questo si interseca su piani temporali differenti ma sulla tela contemporanei, uniti dalla sapienza del colore e della forma. La stessa sapienza della grande pittura italiana dal Rinascimento alla Metafisica, il cui richiamo si fa evidente nella splendida serie delle Città italiane. Una pittura geometrica e onirica, pulita e monumentale. Nella quale l’essenza comica e triste, clownesca e tragica, degli umani si fa figura in continua lotta con lo spazio, in un moto costante, circolare e sprofondato.
La densità cromatica e plastica dell’arte di Emilio Tadini (1927-2002) descrive un mondo pieno sino alla bulimia (emblematico il Pasto del grande metafisico, 1989) ma anche ascetico nei silenzi, colorato come un’infanzia e simbolico come il pensiero. 

 

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