(The Visitor)
di Thomas McCarthy
Con: Richard Jenkins (Walter Vale), Haaz Sleiman (Terek Khalil), Danai Jekesai Gurira (Zainab), Hiam Abbass (Mouna Khalil)
USA, 2007
Il Prof. Vale svolge da anni lo stesso corso (sulla globalizzazione) in una università del Connecticut, cerca vanamente di imparare a suonare il pianoforte, è -dopo la morte della moglie- profondamente solo. Si reca malvolentieri a un congresso a New York, dove possiede un appartamento che non abita da anni. Entrato, vi trova però una coppia di immigrati clandestini -siriano lui, senegalese lei- che Vale decide di ospitare ancora. Nasce un’insolita amicizia, con Terek che dà lezioni di jambè (il tamburo africano) al professore. Ma il siriano viene arrestato e detenuto, con l’unica motivazione della mancanza del permesso di soggiorno. Vale fa di tutto per liberare l’amico; arriva anche la madre del ragazzo, con la quale sembra nascere un rapporto di matura tenerezza. L’espulsione e il rimpatrio di Terek porranno fine a tutto.
Una regia sobria e in equilibrio tra sentimenti, politica e comicità narra una storia del tutto realistica, basata sull’ossessione strumentale di ciò che il potere chiama sicurezza e altro non è che odio e paura. Il presunto sogno americano naufraga ancora una volta nel doppio movimento seguìto all’11 settembre 2001: chiusura all’interno e aggressione all’esterno. Il senso è riassunto da Mouna, la madre di Terek costretta a fuggire a causa della persecuzione politica nel suo Paese: «è come in Siria». In nome di una sindrome da accerchiamento che in realtà è stata pianificata a tavolino, si toglie libertà e dignità alle persone. Bella davvero la scena conclusiva, con il professore angosciato ma finalmente libero, finalmente musicista.