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Archetipi / Il Doppio

Il racconto dei racconti
di Matteo Garrone
Italia-Francia-Gran Bretagna, 2015
Con: Salma Hayek (Regina), Christian Lees (Elias), Johan Lees (Jonah), Franco Pistoni (negromante), Toby Jones (Re), Bebe Cave (Viola), Guillaume Delaunay (L’orco), Vincent Cassel (Re), Shirley Henderson (Imma), Hayley Carmichael (Dora), Stacy Martin (Dora ringiovanita).
Trailer del film

Nel cuore dei Seicento Giambattista Basile scrive il suo Cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille ma non è ai bambini che si rivolge il film che Matteo Garrone ha costruito traendolo da tre delle 50 fiabe del libro di Basile: La reginaLa pulceLe due vecchie.
Una regina desidera a ogni costo il figlio che non arriva. Si affida a un negromante che fa nascere da lei un bambino gemello di un altro concepito da una serva. Il legame tra i due fratelli è più forte di quello verso la madre. Un re ha passione soltanto per la sua pulce e dà con leggerezza la figlia in sposa a un orco. Un altro re, che si accoppia senza posa, si innamora di una voce, che in realtà è quella di due anziane laide. Quando se ne accorge diventa furioso, sino a che una delle due gli ricompare davanti giovane e bellissima. Ma per quanto tempo?
È nel bosco, naturalmente, che gli enigmi si sciolgono rimanendo tuttavia sempre il labirinto nel quale la regina insegue il figlio avuto dal cuore del drago. Quale drago? Quello delle passioni umane più cupe e più profonde. Quello del possesso dal quale ogni amore scaturisce e a cui ogni affetto si riconduce. Il Figlio è parte del corpo della Madre, al di fuori di esso non può neppure essere concepito. Il Re vorrebbe che la Figlia rimanesse sempre accanto a lui, come la pulce che alleva in segreto. Questo padre all’apparenza così innocuo è tanto orco quanto l’Orco al quale alla fine la consegna. Il corpo della femmina è l’ossessione di un giovane Re, purché sia un corpo giovane e splendente. Il tempo che va e viene nel corpo della vecchia/giovane Dora è l’inganno oltre il quale gli occhi del sovrano non sanno vedere. E quando vedono è l’orrore.
Il Doppio è una cifra della favola. I due gemelli sono nati da madri differenti ma risultano indistinguibili persino agli occhi delle loro genitrici. Il Padre e l’Orco si scambiano l’animalità che li intesse. Le due vecchie sorelle sono disposte entrambe a qualunque atroce lifting pur di negare la potenza del divenire.
L’ente che si sdoppia, l’ente che vorrebbe tornare al luogo originario nel quale il labirinto dell’esistere era la Lichtung, la luce aperta dello spazio senza entropia. L’ente che vorrebbe fare dell’Altro, della differenza e dell’alterità una parte, un riflesso, uno sguardo di se stesso, unico, solitario, signore del tempo e dello spazio. Ma l’umano è una solitudine identitaria che può vincere il suo gelo soltanto al calore della differenza. Anche questo dicono gli archetipi che intessono i racconti di ogni popolo e che li rendono così lontani e insieme così vicini, vicini sino all’inquietudine.
Il genere fantasy è qui pura superficie, pretesto. Questa è un’opera totalmente carnale, è un film assolutamente tragico.

Una donna meravigliosa

L’amore bugiardo – Gone Girl
di David Fincher
Con: Ben Affleck (Nick Dunne), Rosamund Pike (Amy Dunne), Carrie Coon (Margot Dunne), Kim Dickens  (il detective Ronda Boney)
Usa, 2014
Trailer del film

Inizia e si conclude quasi con le stesse parole: «Quando penso a mia moglie, penso sempre alla sua testa. Immagino di aprirle quel cranio perfetto e srotolarle il cervello in cerca di risposte alle domande principali di ogni matrimonio. ‘A cosa pensi?’ ‘Come ti senti?’ ‘Che cosa ci siamo fatti?’».
Nick e Amy vivevano a New York ma hanno perso il loro (assai remunerato) lavoro e si sono trasferiti in provincia. Nick discute con la sorella gemella su che cosa regalare alla moglie nel giorno del loro quinto anniversario di matrimonio. Quando torna a casa, però, Amy è sparita. Tracce di sangue, forse un rapimento. Cominciano le ricerche e cominciano anche i sospetti verso il marito. Arrivano da New York gli insostenibili genitori di Amy, due marpioni molto per bene che hanno fatto soldi raccontando e assai abbellendo l’infanzia-adolescenza della figlia, diventata protagonista di una serie di sdolcinati romanzi. Le tv reality (tipo quelle di Barbara D’Urso e Bruno Vespa, per intenderci) si scatenano, creano colpevoli, si intrufolano dentro le esistenze, tolgono respiro.
Così la prima ora, molto televisiva, molto americana e molto noiosa. Poi comincia un altro film, che disseziona il matrimonio, non quello dei due personaggi ma il matrimonio in quanto tale, attraverso la struttura del doppio. Doppio film; doppia identità -Amy somiglia alla donna che visse due volte di Hitchcock-; doppia parentela -Nick è un gemello-; doppio legame -«Siamo complici».
Anche rispetto al suo banale marito, Amy è una donna determinata, intelligente, spietata, bella, ingenua, perfida, lamentosa, finta, ossessiva, sensuale, gelida. Una vera donna, insomma. Un personaggio perfetto per la società dello spettacolo, che di tali meraviglie si nutre.
«L’amore come fatum, come fatalità, cinico, innocente, crudele -e appunto in ciò natura! L’amore che nei suoi strumenti è guerra, nel suo fondo è l’odio mortale dei sessi!»
(F. Nietzsche, Il caso Wagner, in «Opere», vol. VI/3, Adelphi 1975, § 2, p. 9).
«Ciò che si oppone alla simulazione non è il reale, che ne costituisce solo un caso particolare, è l’illusione»
(J. Baudrillard, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, Cortina Editore 1996, p. 21)

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