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Programmi dell’anno accademico 2016-2017

Nell’a.a. 2016-2017 insegnerò Filosofia teoretica, Filosofia della mente e Sociologia della cultura.
Pubblico qui i programmi che svolgerò, inserendo i link al sito del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania per tutte le altre (importanti) informazioni.

Filosofia teoretica
Teoria generale del tempo come Identità e Differenza

Antonio Cimino, Ontologia, storia, temporalità. Heidegger, Platone e l’essenza della filosofia, Edizioni Ets 2005
Platone, Sofista (qualunque edizione con testo greco a fronte; preferibilmente l’edizione curata da Bruno Centrone, Einaudi 2008)
Martin Heidegger, Il ‘Sofista’ di Platone, Adelphi 2013, paragrafi 33-80, pp. 259-600
Alberto Giovanni Biuso, Aiòn. Teoria generale del tempo, Villaggio Maori Edizioni 2016

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Filosofia della mente
La mente, il corpo e il bello. Modelli greci

Alberto Giovanni BiusoLa mente temporale. Corpo Mondo Artificio, Carocci, 2009 (capp. 1 e 2, Una storia della mente – Il corpo dentro il mondo)
Bruno SnellLa cultura greca e le origini del pensiero europeo, Einaudi 2002 (Introduzione e capp. I-VIII)
Anthony A. LongLa mente, l’anima, il corpo. Modelli greci, Einaudi 2016
Friedrich W. NietzscheLa nascita della tragedia dallo spirito della musica, Adelphi
Alberto Giovanni Biuso«Abbiamo l’arte per non naufragare nella verità». Sull’estetica dionisiaca di Nietzsche, in «Koiné», Anno XIV – NN. 1-4, Gennaio/Dicembre 2007

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Sociologia della cultura
Social Network e dominio

Rocco De BiasiChe cos’è la Sociologia della cultura, Carocci 2008.
Guy DebordCommentari alla società dello spettacolo, in «La Società dello Spettacolo», Baldini & Castoldi 2013, pp. 185-248.
Christoph TürckeLa società eccitata. Filosofia della sensazione, Bollati Boringhieri 2012: premessa e capitolo 1 (pp. 9-97).
Renato CurcioL’Impero virtuale. Colonizzazione dell’immaginario e controllo sociale, Sensibili alle foglie 2015.
Giuseppe FrazzettoEpico Caotico. Videogiochi e altre mitologie tecnologiche, Fausto Lupetti Editore 2015, Premessa e capitoli: Playing Class Hero; Altri pianeti, altre vite; Gioco e mobilitazione della vita; Di macchine e animali; Selfie e altri punti di vista; Miti Wikipedia.
Alberto Giovanni Biuso, «La società videocratica», in L’anarchismo oggi. Un pensiero necessario – Libertaria 2014, pp. 66-71.

Giallo

E.I.A.E. Et in Arcadia Ego
Fotografie di Giovanni Chiaramonte – Poesie di Umberto Fiori
Cucine del Monastero dei Benedettini – Catania
A cura di Sebastiano Favitta
Sino al 26 marzo 2016

Chiaramonte_Potsdam_1Il giallo di un eterno autunno, luminoso. Le Rovine, le Regge, la Natura tra Potsdam e Berlino. Lo sguardo di Giovanni Chiaramonte su tutto questo è sempre laterale, mai monumentale, straniante. Gli edifici, gli alberi, le architetture, i giardini della Germania del Nord appaiono immersi in un bagliore mediterraneo, nel lucore del meriggio panico, di quell’istante che è la vita nella sua pienezza tragica, nel suo essere qui, ora, senza senso alcuno al di là di se stessa, poiché Pan è l’identità animale di un umano che non è «soltanto occidentale, moderno, laico, civilizzato e ragionevole, ma anche primitivo, arcaico, mitico, magico e pazzo» (James Hillman, Saggio su Pan, Adelphi 2005, p. 32).
Nella pervasività del giallo di Chiaramonte gli spazi teutonici vengono metamorfizzati in un sogno ellenico. Persino la Porta di Brandeburgo è irriconoscibile e tutto è trasformato nella dolcezza della quale parla Qoèlet: «Dolce è la Luce e agli occhi piace vedere il Sole» (11,7).
L’Arcadia del nostro contento è questa, è l’eco della provenienza, perché -scrive Chiaramonte- «l’esistenza di ogni uomo e di ogni donna vive in realtà l’irreparabile divisione tra il luogo del proprio inizio e il luogo dell’origine: la vera dimora, fotografia dopo fotografia, mi è apparsa così l’incessante migrazione che ogni istante, ciascuno di noi deve compiere tra il luogo del proprio inizio e il luogo da sempre perduto dell’origine». La nostra dimora è il Tempo. Colonne, giardini, templi e ogni altro luogo sono le sue stanze.

Orizzonte?

Qualche settimana fa si è svolto nel Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania un incontro dal titolo INFO DAY HORIZON 2020. Presentare una proposta di successo nella Societal Challenge 6 del Programma Horizon 2020 “Europe in a changing world – Inclusive, Innovative and Reflective Societies” .
Di che cosa si tratta? Un funzionario dell’APRE (Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea) ha illustrato modalità, condizioni e tempi dei finanziamenti che l’Unione Europea -in particolare la Commissione, vale a dire il governo della Comunità Europea- eroga alla Ricerca Scientifica.
Il meccanismo è ferocemente competitivo -poche delle richieste vengono accolte- ma non è questo l’elemento su cui vorrei richiamare l’attenzione. Ciò che è significativa è soprattutto la dimensione politica e linguistica del finanziamento che l’Europa eroga allo sviluppo dei saperi. Ci è stato detto infatti questo (cito dai miei appunti):

«La Commissione è come un committente: se sei un pasticciere e ti si chiede una torta di compleanno, non puoi preparare una torta di laurea. Io non ti pagherei. Bisogna dunque elaborare i progetti sulla base delle proposte della Commissione. Questo è fondamentale se non si vuole perdere tempo».
Chiaro, no? Non sono i ricercatori, gli scienziati, gli studiosi che propongono liberamente i temi che reputano essere fondamentali per l’avanzamento delle scienze ma sono i politici a indicare quali argomenti meritano di essere studiati e quali no.

«Bisogna abituarsi a pensare in modo molto più operativo rispetto ai modelli tradizionali di ricerca».
Anche questo è assai chiaro: il sapere o risulta immediatamente spendibile oppure non può né deve essere finanziato. Occuparsi di argomenti quali la poesia trobadorica, la metafisica di Spinoza, le fonti della pittura di Vermeer, le conseguenze della Guerra dei Trent’Anni in Germania, ma anche affrontare questioni di matematica pura, è per la Commissione europea una perdita di tempo, da evitare assolutamente: ‘Qui si lavora, che diamine!’.

«Dovete dedicare molta attenzione a leggere i Topic», vale a dire moduli astrusi e confusi sino alla incomprensibilità.

«I vostri progetti non saranno valutati soltanto da altri professori e ricercatori ma anche da imprenditori e aziende». Credo non siano necessari commenti.

«È opportuno pianificare e prevedere un anno di lavoro da dedicare alla preparazione e stesura dei progetti».
Un anno di lavoro? E lo studio, l’attività di laboratorio, la scrittura dei propri saggi?

«Fondamentale è acquisire il linguaggio della Commissione, vale a dire l’inglese-brussellese».
Testuali parole, pronunciate anche con ironia ma il cui significato è anch’esso assai chiaro: senza uniformarsi al gergo politico-tecnico della Commissione Europea non si otterrà neppure un euro.

In un incontro preparatorio a tale Info Day Horizon 2020 ho detto ai miei colleghi che di fronte a simili prospettive burocratico-politiche vien da rimpiangere i sovrani e i papi mecenati, ai quali bastava che il proprio nome fosse scritto nella dedica di un libro o la propria figura apparisse tra quelle dei personaggi di un quadro per finanziare scienziati, filosofi e artisti.
La radicale sottomissione della ricerca agli interessi e alle opzioni di economia politica dell’uno o dell’altro governo dell’Europa è un’ulteriore, grave testimonianza della decadenza culturale del nostro Continente, che sembra fare di tutto per distruggere ciò che di buono gli europei hanno creato nei millenni della loro storia. Un orizzonte cupo.

Ibridazioni e alterità

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Martedì 27.10.2015 parteciperò a una delle sessioni del Secondo Colloquio di Ricerca organizzato dal Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. Interverrò in Aula Magna alle 15,00 con una comunicazione dal titolo Ibridazioni e alterità.

Nella sezione Eventi del sito Disum è possibile leggere il programma completo del Colloquio su Verso nuovi modelli di ricerca. Epistemologia, interdisciplinarità e umanesimo nelle comunità scientifiche contemporanee.

Intelligenze

Mente & cervello 130 – ottobre 2015

M6C_130_ottobre_2015La ‘scientificità’ della psicologia è assai scarsa, anche se molti psicologi pretendono che sia loro riconosciuta un’autorità simile a quella dei fisici, o almeno dei biologi: «Meno della metà di 100 studi di psicologia, pubblicati nel 2008 su tre riviste di primo piano, ha retto alla prova della replicazione. […] Anche in questi, poi, l’entità degli effetti trovati era in media della metà rispetto allo studio originale» (G.Sabato, p. 19). Si tratta, insomma, di una scienza umana a tutti gli effetti.
Tra i testi di psicologia, uno dei più noti è Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza (1983). Delle otto principali forme di intelligenza descritte e analizzate da Howard Gardner -e che possederemmo tutte, anche se ciascuno in modo assai differenziato- «sotto l’influenza del nostro bagaglio genetico, della cultura, delle nostre esperienze e della nostra storia personale abbiamo sviluppato alcune dominanze o preferenze che si manifestano attraverso la nostra personalità, le scelte di vita e il nostro stile di apprendimento» (G.Sirois, p. 30). Questo significa anche che l’interazione tra la mente e il mondo è completa e profonda.
Lo conferma una tesi di Heidegger sul linguaggio, secondo la quale si abita in una lingua come si vive in un mondo. Mutare lingua significa dunque cambiare la modalità e le forme del nostro esserci. Un cambiamento che arriva a toccare gli stessi principi morali. Sembra infatti che le valutazioni sui comportamenti espresse in una lingua ben posseduta ma diversa dalla lingua madre siano piuttosto differenti rispetto a quelle pensate e comunicate in quest’ultima: «I bilingue a volte usano la lingua materna quando vogliono sentire appieno l’impatto di un argomento, e passano invece all’altra lingua per distanziarsene emotivamente», poiché «l’effetto lingua straniera trae la sua influenza dal retroterra etico della cultura cui ciascuna lingua si riferisce» (C. Caldwell-Harris, 84).
Differenze, varietà, molteplicità, rendono del tutto illusoria ogni gerarchia tra gli enti e dunque tra i saperi e i loro linguaggi, poiché non esiste «una specie di scala del progresso, che culmina in Homo sapiens. Si tratta di un assunto scientificamente insostenibile, che contraddice ciò che da tempo sappiamo, e cioè che non esistono scale dei viventi, ma ramificazioni nel cespuglio evolutivo» (A.R. Longo, 104).
L’antica intuizione di Senofane, sulla comunanza di tutte le specie nel mondo, viene confermata di continuo. Soltanto lo stolto antropocentrismo di alcune filosofie e di molte religioni può sostenere la superiorità ontologica della materia umana rispetto alla materia tutta.

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