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Un giudice

di Fabrizio De André
nell’arrangiamento (magnifico) della Premiata Forneria Marconi
(1979)

La prima versione di questa canzone è del 1971 e fa parte dell’album Non al denaro, non all’amore né al cielo, ispirato all’Antologia di Spoon River di Edgard Lee Masters. Il giudice è Selah Lively, preso in giro da tutti -gli umani son feroci- per la sua altezza e trasformatosi poi in arbitro della vita e della morte altrui.
Il pubblico moralismo condanna la vendetta come sentimento e pratica poco consona alla gente per bene. E in effetti molta vendetta non è altro che semplice risentimento, che lascia il vendicatore in balia dei suoi nemici. Ma vendetta è anche l’oggettiva presa di distanza dall’alterità che ci ha fatto del male, il lasciare l’altro alla sua nullità. Il giudice di De André mi sembra esprima tale oggettività, che non teme le morali ed è libera da ogni senso di colpa.

[audio:Un_giudice.mp3]

Rosa napoletana

Bocca di Rosa
di Fabrizio De André
nella versione di Peppe Barra, dall’album In concerto (2009)

Al primo ascolto, questa versione di una delle più celebri canzoni di De André potrà forse sconcertare. Credo, tuttavia, che Peppe Barra abbia saputo cogliere e far vibrare la pietà profonda, l’ironia e la forza liberatrice del canto.

[audio:Peppe_Barra_Bocca_Di_ Rosa.mp3]

The Ghost Writer

di Roman Polanski
(diventato in italiano un banale L’uomo nell’ombra)
USA-Germania-Francia, 2010
Con: Ewan McGregor (The Ghost), Pierce Brosnan
 (Adam Lang), Olivia Williams (
Ruth Lang), Kim Cattral
 (Amelia)
Dal romanzo di Robert Harris
Trailer del film

Uno scrittore senza nome, un autentico Ghost Writer, viene assunto per redigere in un mese l’autobiografia di Adam Lang, ex primo ministro inglese laburista, con una giovinezza sessantottina e poi totalmente prono alle volontà del governo statunitense nella cosiddetta “lotta al terrorismo”. Lang vive negli USA, protetto dal governo di quel Paese che lo difende dall’accusa di aver consegnato dei prigionieri/imputati alle torture americane. Il precedente Ghost Writer è morto in circostanze non chiare ma ha lasciato un dattiloscritto nel quale si nasconde la chiave -alla lettera- che spiega le azioni e i rapporti di Lang. Nel finale gli eventi precipitano e si chiariscono ma quando tutto sembra ormai risolto il destino diventa beffardo.

Tony Blair e Alfred Hitchcock sono i veri protagonisti del film. A Blair è ispirata la figura di un ex primo ministro tanto vanesio quanto servile sino a sacrificare gli interessi del proprio Paese a quelli personali e di un altro Stato. La tecnica lentamente disvelatrice, fuorviante (le figure femminili) e ritornante è quella del maestro Alfred ma Polanski sa intessere le immagini di un’angoscia politica che in Hitchcock non c’è. Film dunque tanto spettacolare quanto profondo nel mestare e rimestare la natura criminale del potere, poiché «certo bisogna farne di strada da una ginnastica d’obbedienza / fino a un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza. / Però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni / da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni» (De André, «Nella mia ora di libertà», da Storia di un impiegato [1973]).

Redacted

di Brian De Palma
Con Kel O’Neill (Gabe Blix), Ty Jones (Jim Sweet), Izzy Diaz (Angel Salazar), Rob Devaney (L’avvocato Mccoy), Patrick Carroll (Reno Flake), Mike Figueroa (Il sergente Vazques)
USA 2007
Trailer del film
Sito del film

redacted

In occasione delle presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2007, Natalia Aspesi così sintetizzava la vicenda che ha ispirato il film: «quel giorno del marzo 2006 quando a Mahmoudiyah, a 30 km da Bagdad, cinque soldati americani ubriachi irruppero in una poverissima casa e stuprarono a turno una ragazzina di 14 anni, poi le spararono in faccia e le diedero fuoco, dopo aver sterminato tutta la sua famiglia compresa una sorellina di 6 anni». Un episodio, tra i tanti di questa guerra, intorno al quale De Palma costruisce un film unico. Si tratta di una fiction che sembra un documentario costruito con filmati amatoriali girati dagli stessi soldati, spezzoni di telegiornali, video da siti islamici, conversazioni in chat tra i militari e i loro familiari a casa, l’inchiesta di una televisione francese. E tutto è insensatezza, noia, sadismo, crimini efferati contro le persone più indifese perpetrati in nome dei Diritti dell’Uomo e di «Grimilde, statua della Libertà» (De André). Esplicito l’omaggio a Kubrick, con lo «Yes, Sir!» dei soldati, la funebre Sarabanda di Haendel che intesse Barry Lindon, il profondo disincanto sulla ferocia umana.

A due anni di distanza, il “rinnovatore” che oggi siede alla casa bianca fa molte chiacchiere ma sull’Iraq i fatti sono gli stessi della precedente amministrazione. In Italia, intanto, per questo film nessuna distribuzione nelle sale, nessuna recensione nei liberi telegiornali, nessuna indignazione dei moralisti democratici; solo la propaganda dei terroristi statunitensi e dei loro accoliti, solo la verità stuprata. E nessuna lapide, nessuna retorica, nessuna “Giornata della memoria” ricorderà le migliaia di vittime civili massacrate nei checkpoint, violentate nelle proprie case, bombardate nella loro terra. Lo farà -se sarà visto- questo film asciutto, coraggioso e terribile, che si chiude proprio con una sequenza di foto intitolata Collateral Damage. Gli effetti collaterali della hybris statunitense, della tracotanza del potere.

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