Skip to content


Una libertà politicamente scorretta

Sabato primo giugno 2024 alle 18,00 a Viagrande (CT) parleremo del Politicamente corretto insieme a Davide Miccione e ad altri studiosi. Discuteremo in particolare di Ždanov. Sul politicamente corretto, del quale riporto qui alcune affermazioni.

In L’essence du politique, un libro del 1965, Julien Freund mette in guardia dal fatto che una società la quale «volesse far regnare la pace mediante la giustizia, cioè facendo ricorso al diritto e alla morale, si trasformerebbe in un regno di giudici e di colpevoli. Invece di sostituire la giustizia alla politica, si assisterebbe a una parodia della giustizia e della politica». Il politicamente corretto è anche tale parodia (p. 11).
«Beim Himmel! der weiss nicht, was er sündigt, der den Staat zur Sittenschule machen will; Per il cielo! non sa quale peccato compie chi vuol fare dello stato una scuola di costumi» (Hölderlin, Iperione). Il politicamente corretto è questo peccato, è questa tentazione, sempre ricorrente nell’incertezza che il flusso degli eventi, dei paradigmi, dei valori produce. Il politicamente corretto è il tentativo autoritario di fermare tale flusso nella stasi del bene, di ciò che le autorità politiche e culturali, o anche un’intera società ammansita, credono sia il Bene (p. 12).
Il politicamente corretto è un’ortodossia del pensiero che Orwell ha individuato per tempo e con lucidità. Lo scopo della neolingua politicamente corretta non è difendere i diritti delle persone ma imporre una omologazione che sgorghi dall’interiorità stessa dei soggetti, diventando autocensura (p. 24).
Il politicamente corretto è soprattutto tra le meno percepite ma tra le più profonde forme di colonizzazione dell’immaginario collettivo provenienti dagli Stati Uniti d’America, nazione nella quale la violenza fisica dilaga ma in cui non vengono tollerate parole che siano di disturbo a un rispetto ipocrita e formale (pp. 30-31).
L’ampia palude del politicamente corretto e della cancel culture, la cui radice è l’odio per le differenze, il bisogno di una ortodossia morale ed esistenziale di fronte alla quale la stratificazione della storia, la pluralità dei linguaggi, la bellezza dell’arte e del pensiero devono essere annichilite in nome del Bene supremo dell’uniformità (pp. 55-56).

Sottomissione

Sabato 11 maggio 2024 alle 19.00 nell’Aula consiliare del Palazzo di Città di Palazzolo Acreide (Siracusa) insieme a Cristina Santacroce dialogherò con  Davide Miccione a proposito del suo libro più recente: Quando abbiamo smesso di pensare. Scritti di fenomenologia dell’emergenza (2020-2023) (Transeuropa Edizioni 2023, pagine 146).
Questo libro spiega come sia stato possibile in pochi decenni, dal 1989 a oggi, passando per l’evento chiave del 2001 (le torri di New York), trascorrere da una società e una mentalità intrise di consistenti tendenze libertarie alla sottomissione, da parte degli stessi soggetti, alle parole d’ordine in gran parte insensate delle autorità. Il neoliberalismo va mostrando con sempre maggiore chiarezza gli impulsi autoritari che lo attraversano, la «spinta liberticida in atto», i tabù, le parole d’ordine, i capovolgimenti linguistici che si riassumono nel politicamente corretto come forma suprema di obbedienza all’autorità costituita nelle sue forme concettuali, mediatiche e politiche.

 

Ždanov

Ždanov
Sul politicamente corretto
Algra Editore, 2024
«Contemporanea, 9»
Pagine 160
€ 14,00

In una libera Repubblica è lecito a chiunque di pensare quello che vuole
e di dire quello che pensa.
(Spinoza, Tratctatus Theologico-Politicus, titolo del cap. XX)

 

 

Questa la quarta di copertina, firmata da Davide Miccione, Direttore della collana nella quale il libro esce:
«Il politicamente corretto, l’oblio del corpo e della biologia, il crollo di ogni tentativo di trasmettere un’attitudine alla comprensione del reale, l’odio per la propria storia culturale e le sue feconde contraddizioni, il tentativo di operare ortopedicamente sul linguaggio. Questi sono alcuni degli argomenti di Ždanov. Evocando sin nel titolo i guardiani delle più ottuse ortodossie novecentesche Biuso compie una difesa solenne e dolente e a volte dura e beffarda della necessità di serbare il pensiero, la libertà e la nostra natura cercante di fronte a chi ha deciso di maneggiare la bontà e i valori come fossero un randello o un sudario» .

E questa è la pagina introduttiva:
«Andrej Aleksandrovič Ždanov (1896-1948) fu, tra l’altro, capo del Dipartimento per l’agitazione e la propaganda dello Stato Sovietico. In questa veste elaborò una Dottrina per la quale ciò che viene chiamato scienza, cultura e conoscenza deve essere sempre subordinato agli scopi supremi della pubblica autorità, a ciò che tale autorità ritiene essere un Valore, costituire il Bene. Questo libro intende mostrare che lo spirito di Ždanov, lo ždanovismo, pervade di sé molti fenomeni collettivi e molta elaborazione culturale del XXI secolo e soprattutto intrama la tendenza omologatrice, uniformante e politicamente corretta dei media, della rete Internet, delle università e dei governi. In questo senso, Ždanov non è un testo dedicato soltanto al politicamente corretto ma costituisce un tentativo di ragionare sulla difficoltà o persino sulla impossibilità di buona parte della cultura dominante di pensare il mondo. Di questo inciampo il politicamente corretto è spesso l’aspetto più grottesco e in ogni caso emblematico e assai grave.
Naturalmente, il libro avrebbe potuto intitolarsi anche Goebbels. Sul politicamente corretto» (p. 9)

Il libro si compone di una premessa, sei capitoli e l’indice dei nomi:

Un titolo
1. Un sintomo
2. Umanitarismo
3. Contro l’etica
4. La dissoluzione della scuola e delle università
5. Femmine e maschi
6. In difesa delle libertà
Indice dei nomi

Il volume è disponibile in varie librerie e sul sito dell’editore, che ringrazio ancora una volta per l’apertura e il coraggio che mostra nel pubblicare libri così critici nei confronti delle idee dominanti.

 

Recensioni

Enrico Palma su Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee, 11 giugno 2024

Sergej su girodivite.it, 23 maggio 2024

Sarah Dierna su Discipline Filosofiche, 29 aprile 2024

 

Fenomenologia dell’emergenza

Venerdì 19 aprile 2024 alle 18.00 alla libreria Feltrinelli di Catania dialogherò con Davide Miccione a proposito del suo libro più recente: Quando abbiamo smesso di pensare. Scritti di fenomenologia dell’emergenza (2020-2023) (Transeuropa Edizioni 2023, pagine 146). L’evento è organizzato in collaborazione con l’Associazione Studenti di Filosofia Unict (ASFU).
È vero: «die Philosophie ihre Zeit in Gedanken erfaßt» (Hegel), la filosofia (è) il proprio tempo appreso e colto nel pensiero e con il pensare, o almeno è anche questo. E dunque il denso disegno che Davide Miccione traccia del nostro tempo è del tutto filosofico. Alcuni suoi riferimenti sono Günther Anders, Ivan Illich, Pier Paolo Pasolini, ma il disegno è del tutto originale ed è costituito da una intelligenza del presente e da una chiarezza analitica che descrivono con lucidità i nostri anni più recenti e il tempo nel quale siamo immersi.
Giustamente centrale nell’analisi critica di Miccione è il linguaggio. La lingua infatti non rappresenta un elemento tra gli altri delle comunità sociali, non è soltanto un raffinato strumento ma costituisce il mondo stesso degli umani. Adottare una modalità linguistica piuttosto che altre è sempre anche una scelta (o una non scelta) politica. È anche nel linguaggio e tramite il linguaggio che brilla evidente la schizofrenia ‘progressista’ che fonda principi, teorie e azione su ciò che proviene dagli Stati Uniti d’America, vale a dire dal luogo dell’imperialismo, del potere, della repressione di ogni autentica emancipazione sociale e collettiva. La schizofrenia imperialista di una ‘sinistra’ defunta che però ancora cammina, la sinistra-zombie, è uno degli elementi centrali della fenomenologia dell’emergenza, uno dei capisaldi degli anni Venti del XXI secolo. 

Conoscenza / Libertà

Conoscenza è libertà
Introduzione a:
Quando abbiamo smesso di pensare
Scritti di fenomenologia dell’emergenza (2020-2023)
di Davide Miccione
Transeuropa Edizioni 2023, pagine 146
Pagine 5-11

Con intelligenza illuministica e con ironia meridionale Davide Miccione descrive esattamente ciò che accade e la direzione che si sta cercando di imprimere alla vita collettiva, ovunque. Una direzione che trova nella parola «emergenza» una sintesi, un significato, un grimaldello, una spiegazione.
La direzione di un progressivo ma implacabile restringimento delle libertà civili – la libertà di non essere d’accordo con la maggioranza – e dei diritti sociali – il diritto al lavoro, a una vita dignitosa. Il grimaldello di una esigenza securitaria davanti alla quale ogni obiezione, dubbio, ironia assumono la figura del crimine.
E invece il peccato contro lo spirito è la duplice potenza della sottomissione e della stupidità. Potenza in questi anni vincente ma fondata su basi assai fragili. Nulla di solido, fecondo e bello può infatti essere costruito sulla stupidità e sul servilismo.
Anche questa fenomenologia di Davide Miccione, la sua stessa possibilità ed esistenza, costituisce una dimostrazione della forza indistruttibile dello spirito, vale a dire della libertà e della conoscenza

Ignoranza

Il trionfo dell’ignorante è l’estasi del potere
in Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee
23 dicembre 2022
pagine 1-7

I decisori politici, i loro consulenti ai ministeri dell’istruzione e dell’università, favoriscono nelle scuole il familismo cognitivo e nelle università la notte in cui tutti gli studenti sono uguali. Il familismo cognitivo reclama – con aggressioni, intimidazioni e ricorsi – che i propri figli siano sempre premiati, promossi, sostenuti, anche e soprattutto quando non studiano, non capiscono, non si impegnano, disprezzano gli insegnanti e i libri.
Ma l’eliminazione di ogni filtro a scuola e nelle università ha prodotto un filtro feroce e implacabile nei dottorati di ricerca. Si offrono a chiunque, in cambio delle tasse di iscrizione, lauree svalutate e voti inflazionati – il 110 per tutti, Todos caballeros – ma poi ad accedere a quello che è ormai il vero titolo di studio superiore sono pochissimi, dato il numero sempre assai ridotto di posti di dottorato di ricerca e ancora meno di quelli che prevedono una borsa di studio. È facile dedurne che a entrare nei dottorati sono di solito e per fortuna delle persone tenaci, intelligenti e competenti, ma non mancano altre che vi accedono per meriti di diversa natura: familiari, di protezione politica, di raccomandazione di casta. Perché un filtro, prima o poi, si crea. E questa diventa una selezione particolarmente iniqua e dannosa poiché senza un titolo di dottore di ricerca non è più possibile aspirare a entrare nei ruoli dell’insegnamento universitario.
Davide Miccione, al cui Lumpen Italia. Il trionfo del sottoproletariato cognitivo (2022) questo articolo è dedicato, sull’Avanti! del 22.1.2023 ha aggiunto sul tema altre lucide riflessioni:
«Eppure pensare l’ignoranza ci disturba. È il nostro grande non detto. Tuttavia chi ha insegnato nei licei e nelle università contemporanee sa, a meno che non sia lui stesso ignorante, che una grossa fetta della popolazione scolastica e accademica non raggiunge i livelli minimi che ci si aspetterebbe dal possesso della loro laurea o del loro diploma. […]
Il potere, per evitare il virus della politica come luogo dove si raggiunge una decisione di cui si debba poi avere una responsabilità, si traveste da decenni da tecnica. Vuole sottofinanziare le università meridionali senza che sia una decisione politica ma solo tecnica e costruisce algoritmi per classifiche che gli permettano “tecnicamente” di tagliare finanziamenti come mero fatto tecnico e così via. Questo goffo travestimento funziona solo in presenza di un folto numero di soggetti per cui una riflessione politica e filosofica sia ormai oltre le proprie possibilità. […]
Chi pensa, da politico, di stare “sbrigando” un atto tecnico invece che un atto politico dimostra solo la propria triste condizione culturale (e del resto tanto Platone che Croce, per citare due classici, sul tema si sono già abbondantemente espressi) o la propria amorale furbizia. […]
L’ignoranza vigila su di noi: il dibattito, se proprio deve esserci, sia simulato, ripetitivo e asimmetrico. E mai si alzi in volo».

Vai alla barra degli strumenti