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Rameau

Jean-Philippe Rameau
Les Indes galantes (1735)
RCT 44 – Rondeau
Libretto di Louis Fuzelier
Duo et choeur “Forêts paisibles”
Dall’album Rameau – The Sound of Light di Teodor Currentzis
MusicAeterna, Nadine Koutcher & Alexei Svetov

[audio:https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2020/08/Rameau_Les-Indes-galantes_RCT44_Rondeau.mp3]

Les Indes galantes  (mp3)

Link al brano su Spotify

Video di una messa in scena

Versione per clavicembalo e fagotto (mp3)

Zima – Adario
Forêts paisibles,
Jamais un vain désir ne trouble ici nos coeurs.
S’ils sont sensibles,
Fortune, ce n’est pas au prix de tes faveurs. 

Choeur des Sauvages
Forêts paisibles,
Jamais un vain désir ne trouble ici nos coeurs.
S’ils sont sensibles,
Fortune, ce n’est pas au prix de tes faveurs. 

Zima – Adario
Dans nos retraites,
Grandeur, ne viens jamais
Offrir tes faux attraits!
Ciel, tu les as faites
Pour l’innocence et pour la paix.

Choeur des Sauvages
Forêts paisibles,
Jamais un vain désir ne trouble ici nos coeurs.
S’ils sont sensibles,
Fortune, ce n’est pas au prix de tes faveurs.

Zima – Adario
Jouissons dans nos asiles,
Jouissons des biens tranquilles!
Ah! peut-on être heureux,
Quand on forme d’autres voeux?

Choeur des Sauvages
Forêts paisibles,
Jamais un vain désir ne trouble ici nos coeurs.
S’ils sont sensibles,
Fortune, ce n’est pas au prix de tes faveurs.

L’opéra-ballet di Rameau si conclude con un  trionfo d’amore tra gli Indiani d’America, dentro una foresta di pace, di popoli e individui riconciliati tra loro e con l’ambiente.
Al di là dell’illusione settecentesca del buon selvaggio innocente, parco e pacifico, in questo brano una foresta di note riempie la vita, scandisce desideri che diventano ritmo e armonia, emblema delle antiche sfere che i filosofi greci vedevano risuonare.
La musica è la sinestesia suprema, è la vita nel suo splendore, nella sua danza. Canta.

 

Technotod

Climax
di Gaspar Noé
Francia, 2018
Con: Sofia Boutella (Selva), Kiddy Smile (Daddy), Romain Guillermic (David), Souheila Yacoub (Lou), Taylor Kastle (Taylor), Claude Gajan Maude (Emmanuelle), Giselle Palmer (Gazelle)
Trailer del film

Una donna ripresa dall’alto. Striscia in mezzo alla neve bianca, lascia tracce di sangue.
Un televisore sul quale scorrono delle interviste ad alcuni ballerini; dietro di loro un muro scrostato; alla sinistra del monitor si vedono accatastate delle videocassette di film come Un chien andalou, Harakiri, Suspiria, Possession, Zombie, Schizophrenia, Le droit du plus fort.
La telecamera si allontana da una grande bandiera francese in primo piano, dalla quale si apre una sala dove venti ballerini si muovono in una danza armoniosa, estatica, estrema. Cinque minuti di godimento dello sguardo e dei corpi.
«Dio è con noi».
Pausa. Ragazzi e ragazze mangiano qualcosa, bevono della sangria.
Una dopo l’altra brevi scene nelle quali a due a due i personaggi dialogano manifestando intenzioni, gioia, ossessioni, aggressività, preoccupazione.
Tutto comincia a oscillare sino a capovolgersi, i corpi si abbrancano e respingono, i dialoghi diventano feroci, le azioni imprevedibili. Urla, pianti, sussulti, l’ancestrale e infinita ricerca di capri espiatori, l’espulsione, la reclusione, il desiderio.
Lentamente e in modo del tutto naturale lo spazio si restringe ai particolari più vicini, a frammenti di materia; il divenire scivola nella luce rovinosa e inquietante di un rosso sempre più pervasivo, sino al bianco di occhi estatici che dissolvono la loro identità nel nulla.
In tutto questo la musica techno e disco continua, inesorabile, a battere il tempo. Sullo schermo compaiono affermazioni come: «La vita è un’impossibilità collettiva»; «Morire è un’esperienza straordinaria».
Un sabba.
«Fu il vecchio direttore dello ‘Hibbert Journal’, L.P. Jacks, a proporre di sostituire la definizione linneana Homo sapiens con questa denominazione [Neo-anthropus insipiens damnatus], più appropriata, per i folli che ora si preparano a distruggersi a vicenda e a mandare in rovina tutte le proprie opere, fino alla completa estinzione»1.

Nota
1. Robert Eisler, Uomo diventa lupo, Un’interpretazione antropologica di sadismo, masochismo e licantropia (Man into Wolf. An Anthropological Interpretation of Sadism, Masochism and Lycanthropy [a lecture delivered at a meeting of the Royal Society of Medicine], 1951), trad. di R. Montanari, Adelphi 2019, p. 103.

Return

Piccolo Teatro Studio – Milano
In case of loss please return to…
Creazione Kóka & Panú (Konstandina Efthimiadou & Panagiotis Manouilidis)
Coreografia Kóka Music
Composizioni Panú
Interpretato da Kóka & Panú

È nel cuore dei Greci il tempo. Che siano antichi o viventi. Konstandina Efthimiadou & Panagiotis Manouilidis attingono alla storia della loro terra per generare il movimento della mente; attingono allo squadernarsi del divenire per costruire luoghi; attingono alle infinite ritornanti narrazioni elleniche per raccontare costrizioni e liberazioni, andate e ritorni, oscurità e illuminazioni. Lo fanno con i mezzi essenziali dei loro corpi dispiegati, arrancanti, costretti, liberati nello spazio. Corpi ai quali aggiungono qualche oggetto, poche testimonianze della vita materiale -corde, stracci, cellophane- con le quali costruiscono nel silenzio relazioni, domini, distanze, senso. Un violoncello elettrico fa da coro alle luci che si muovono nel nero completo della sala. Luci che formano lettere, figure, corridoi, profondità, enigmi. Si libra in tutto questo il corpo minuto e forte della danzatrice.
«Ich würde nur an einen Gott glauben, der zu tanzen verstünde. […] Ich habe gehen gelernt: seitdem lasse ich mich laufen. Ich habe fliegen gelernt: seitdem will ich nicht erst gestossen sein, um von der Stelle zu kommen. Jetzt bin ich leicht, jetzt fliege ich, jetzt sehe ich mich unter mir, jetzt tanzt ein Gott durch mich»1, ‘Potrei credere soltanto a un dio capace di danzare. […] Ho imparato ad andare: da allora sono diventato corsa. Ho imparato a volare: da allora non voglio essere spinto per muovermi. Ora sono lieve, ora volo, ora mi vedo sotto di me, ora tramite me è un dio che danza’.
Anche questo è l’anello del ritorno.

Nota
1. Nietzsche, Also sprach Zarathustra I, «Vom Lesen und Schreiben», ‘Del leggere e scrivere’.

Apollo / Dioniso

I movimenti. Potenti e colmi di grazia.
Frenetici e insieme pittorici, come se sgorgassero dalle profondità della materia che siamo, dal suo dinamismo, dalla sua potenza, dalla sua gloria.
È quello che ho visto nel danzare dionisiaco e apollineo di Nietzsche, o il cosmo danzante a Trapani. Di tale danza le immagini di Giuseppe Di Salvo colgono il καιρός, l’istante perfetto.
Per me è stato un onore e una gioia condividere il palcoscenico con tre artiste come Silvia Giuffré, Patrizia Lo Sciuto, Arabella Scalisi e con la coreografa e regista Betty Lo Sciuto.
In questi corpi, in queste parole, gli dèi sono vivi. Come sempre. Spero che una breve sintesi video dello spettacolo trasmetta anche questa presenza. Dei Greci e di Nietzsche.

 

«Leucotea: È nato a Tebe e corre il mondo. È un dio di gioia. Tutti lo seguono e lo acclamano.
Ariadne: È potente?
Leucotea: Uccide ridendo. Lo accompagnano i tori e le tigri. La sua vita è una festa e gli piaci. Chi gli resiste s’annienta. Ma non è più spietato degli altri. Sorridere è come il respiro per lui»
(Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò, Einaudi 2015, pp. 140-141)

«Dal sorriso di questo Dioniso sono nati gli dèi olimpici» (La nascita della tragedia, p. 72) e questo è accaduto perché «è greco il tendere alla luce da un crepuscolo per così dire innato» (Umano, troppo umano II, af. 219).

 

Danza

«Man muss noch Chaos in sich haben, um einen tanzenden Stern gebären zu können»
Bisogna essere ancora caos per riuscire a partorire una stella danzante

«Ich würde nur an einen Gott glauben, der zu tanzen verstünde»
Crederei solo a un dio capace di danzare

Con queste parole di Friedrich Nietzsche inizierò il mio intervento dentro lo «spettacolo per danza,  musica e filosofia» ideato dalla coreografa e regista Betty Lo Sciuto.
L’appuntamento è per venerdì 15 dicembre 2017 alle 21.00 al Teatro «Tonino Pardo» di Trapani.
Il titolo dell’evento è Nietzsche, o il cosmo danzante

«A shard of Time»

Document
Assemblage 23
(2002)

Ballare questa musica, danzarla nell’estate e nella notte.
Documento e prova del Dasein, document to prove I was at all, che sono un frammento di tempo.

[audio:https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2017/07/Document_Gloom.mp3]

In stillness
A silent weight
Pausing as the minutes each evaporate
A desire
To leave a scar
To raise a voice from within the dark
Decaying
Cascading
Existence falls apart
Around me
Within me
So I must leave my mark

This is a document
To prove that I was here
This is a document
To prove I was at all
And when my voice ceases to be
Will the echo still ring loudly?
And when there’s nothing left of me
Will my memory still go on?

A flicker
Transitory state
An echo of an instance that burns away
A moment
A shard of time
A solitary thread that threatens to unwind

Decaying
Cascading
Existence falls apart
Around me
Within me
So I must leave my mark

This is a document
To prove that I was here
This is a document
To prove I was at all
And when my voice ceases to be
Will the echo still ring loudly?
And when there’s nothing left of me
Will my memory still go on?

Distant
An approaching age
When this document falls beneath another’s gaze
Too late
We have lost the dawn
The signal’s loud and clear, but the transmitter’s gone

Decaying
Cascading
Existence falls apart
Around me
Within me
So I must leave my mark

This is a document
To prove that I was here
This is a document
To prove I was at all
And when my voice ceases to be
Will the echo still ring loudly?
And when there’s nothing left of me
Will my memory still go on?

[La versione di Document che presento è la Ultimate-Gloom-Mix B
Consiglio l’ascolto in cuffia (se non si può farlo in discoteca) per gustarne la potenza.
Di Assemblage 23 avevo proposto qualche anno fa l’ascolto di The drowning Season
Photo by Yvette de Wit on Unsplash]

Scrittura / Danza

Tre balletti senza musica, senza gente, senza niente
di Louis-Ferdinand Céline
(Testi scelti da Progrés suivi d’Œuvres pour la scène et l’ecran, Gallimard, 1988)
A cura di Elio Nasuelli
Archinto, 2005
Pagine 75

Alcuni testi di Louis-Ferdinand Céline sono ancora interdetti, maledetti, clandestini. Nel più famoso di essi, Bagatelles pour un massacre (1937), compaiono tre balletti che nessun impresario teatrale volle mettere in scena. Ecco perché si tratta di ballets sans musique, sans personne, sans rien. Ma i tre puntini ricorrono più frenetici che mai in queste trame esotiche nelle quali la danza ctonia e infinita dei popoli selvaggi, della natura primordiale, della lussuria, della gratuità e del dono si contrappone alla finta misura borghese, al trionfo del danaro, ai mariti che d’improvviso dimenticano «tutti i loro doveri!» (p. 30), ai notabili che come in un quadro di Bosch vanno dietro musiche ebbre e silenziose. Un catalogo antropologico feroce e dolente nel quale

tutti si mettono a ballare come possono…ciascuno alla sua maniera… Il giudice con i suoi condannati… Il giudice bello, rubicondo, i condannati magri magri, con le palle e le catene… le loro donne portano i riscatti… il vecchio avaro danza con gli ufficiali giudiziari, con i debitori rovinati… Il generale con i soldati morti in guerra, esangui, con gli scheletri e i mutilati di guerra tutti sanguinanti… Il professore con gli scolari mocciosi, le piccole pesti… dita nel naso… orecchie d’asino… Il grosso pappone con le sue puttane, le viziose, le donne di strada… Il droghiere con i suoi clienti derubati… i pesi falsi… le bilance truccate… Il notaio con le vedove rovinate… i clienti truffati… Il curato con le suorine allegre e i chierichetti pederasti… ecc. (36-37)

Tutti preda anche del Progresso, che si presenta nelle sembianze mostruose e sferraglianti del Fulmicoach, «il fenomenale antenato di tutti gli autoveicoli… L’antenato della locomotiva, dell’auto, del tram, di tutti i fulminanti marchingegni…», un «macchinario che viene dall’America» (56-57), dal luogo di quella riduzione dell’umano a cosa e a banconota che la narrativa di Céline ha saputo descrivere con una potenza non eguagliata. Una forza che qui si fa danza, letteralmente. Ballare contro «la guerra, la fabbrica, il colonialismo, il progresso» (Prefazione di E. Nasuelli, p. 6), questo ha sempre fatto la scrittura di Céline. Che anche per questo dal balletto era affascinato, avvolto.

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