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«Una comunità vigile, prudente e critica»

Il 31 agosto 2021 un nutrito gruppo di studenti dell’Università di Catania ha inviato una Lettera al Rettore, al Direttore Generale, ai Direttori di Dipartimento e all’Ente per il diritto allo studio universitario Ersu.
La Lettera è stata pubblicata anche sulle testate Girodivite e LiveUnict. La riprendo qui anche perché e al di là di tutto sono contento -come cittadino e come docente- che ci siano delle persone giovani in grado di elaborare una posizione critica verso chi pro tempore comanda. E di argomentare tale posizione.
Credo che sia una garanzia per tutti.

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Alla Cortese attenzione del Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Catania
Al Direttore Generale dell’Ateneo
Ai Direttori dei Dipartimenti dell’Ateneo
All’Ente per il diritto allo studio universitario Ersu

Magnifico Rettore Francesco Priolo,
Siamo un nutrito gruppo di studenti dell’Università di Catania, che comprende anche docenti
e personale T/A di codesta Università, critici del dispositivo denominato “Green Pass” (leggasi lasciapassare verde).

Vorremmo rispondere brevemente alla Sua Lettera aperta inoltrata alla comunità accademica il 27 agosto. Riguardo la rapida diffusione delle varianti virali, nonché il quadro clinico dei contagi della regione Sicilia, certamente anche noi siamo attenti alle misure di prevenzione e riduzione del rischio di contagio; meno chiara è, invece, la determinazione con la quale si spinge alla vaccinazione di massa.

Lei afferma: «La copertura vaccinale riduce significativamente l’impatto clinico della malattia». Ciò è realisticamente vero, ma tale proposizione non può prescindere dall’analisi dei dati per fasce d’età. Per inciso, le fasce 12-19 e 20-29 sono tra le meno colpite dalle forme severe e critiche del Covid-19. Meriterebbe maggior attenzione, a nostro avviso, la capacità “sterilizzante” del vaccino contro il Covid-19 (i vaccini in uso prima del Covid-19 godono di efficacia indiscussa per la doppia azione “immunizzante” e “sterilizzante”).

Ebbene, riteniamo quanto meno preoccupante ciò che i dati di Israele e della Gran Bretagna possono oggi esprimere: ad elevate coperture vaccinali non segue una discesa dei contagi nella popolazione generale. Ciò che dunque è dubbia è, per la precisione, la capacità “sterilizzante” del vaccino contro il Covid-19, nonostante i proclami sulla riduzione della carica virale e della minore contagiosità dei soggetti vaccinati. Ne discende, in breve, che non vi è alcuna garanzia di avere spazi sterili e sicuri dal contagio. Questo, a nostro avviso, è uno degli elementi chiave (ma non l’unico) per la critica da noi mossa contro il lasciapassare verde.

Magnifico Rettore, noi siamo una comunità di studenti che intende rimanere vigile, prudente e critica nonostante i 17 mesi di proclamata emergenza nazionale. Abbiamo, come tutti, sostenuto enormi sacrifici per mantenere in vita la nostra dedizione allo studio, il nostro spirito critico, il nostro sentimento di cura verso i dettami costituzionali che reggono lo stato di diritto. Siamo studenti, docenti, personale T/A che intendono difendere l’immagine, la vita e il futuro del nostro Ateneo.

Riteniamo sia giunto il momento di porre freno a divisioni mediatiche e astratte (come quelle tra vaccinati e non vaccinati, o tra astrattamente sani e malati), nonché ridiscutere lo stato emergenziale imperituro che rischia, oramai, di sfaldare la tenuta dello stato di diritto della nostra Nazione; riteniamo sia giunto il momento di riprendere uno spazio critico e libero, di confronto e di dialogo proficuo, per scongiurare una situazione foriera di reale nocumento per la salute pubblica, materiale e spirituale dell’Ateneo e della Nazione.

Il nostro Ateneo è lo spazio principale entro cui devono essere innestati questi princìpi e questa attenzione verso gli eventi occorsi negli ultimi mesi. Purtroppo, riteniamo non esente da criticità il d.l. n. 111/2021 (che richiama il d.l. n. 105/2021), e proprio per le criticità che emergono (che sono non solamente sanitarie e giuridiche) non possiamo considerare il rientro di settembre né un «rientro in sicurezza», né il lasciapassare verde una norma degna di una istituzione fondata sul confronto, sul dialogo, sulla convergenza di posizioni e di analisi che, seppur differenti, sono parte integrante di uno spirito comunitario e democratico.

Il lasciapassare verde impedirà, a breve, a molti studenti di poter serenamente essere parte di quella istituzione di cui tanto ci vantiamo e di cui siamo orgogliosi. La serenità degli studenti, difatti, non è solo sanitaria (la situazione corrente rimane una realtà fattuale che non neghiamo, ma che non ci atterrisce né ci conduce a “soluzioni” dagli esiti deleteri e nefasti per tutti). Come possiamo rimanere in silenzio dinanzi alle istituzioni che si barricano in dubbie soluzioni quali l’ingresso in qualsiasi locale d’Ateneo «solo se in possesso di certificazione verde COVID-19»? Come possiamo tollerare una discriminazione oramai evidente e lampante, sotto gli occhi dell’intero corpo collettivo?

Magnifico Rettore, a nostro avviso si è andati oltre ogni sforzo tollerabile; uno sforzo, peraltro, assolutamente non necessario. Può davvero l’istituzione sondare la coscienza di ciascuno? Può davvero tollerare un obbligo surrettizio ad un trattamento sanitario dagli effetti non determinabili a priori per ciascuno, tenendo presente che ciascuno ha le sue peculiarità e storie clinico-familiari?
Come può aversi certezza della sicurezza universale di un trattamento in autorizzazione emergenziale per ciascun singolo ed irripetibile individuo? Perché parlare di invito, quando si è dinanzi alla impossibilità di proseguire serenamente negli studi, visto che l’alternativa che il Green Pass dispone non è universalmente percorribile?

Per chiarezza, per poter seguire lezioni o attività laboratoriali di presenza, supposta una frequenza settimanale di 5 giorni, sono necessari 3 test (molecolari o antigenici rapidi), per cui, oltre l’invasività di tali trattamenti, sarebbe necessario sostenere un impegno economico di circa 240 euro al mese (nel caso ottimista in cui si opti per un antigene rapido dal costo di 20 euro, posto che il prezzo calmierato di 15 euro è valido fino al 30 settembre 2021). Possiamo parlare anche di ottimismo, ma dinanzi ad una scelta obbligata l’unico sentimento di noi studenti, docenti e personale T/A contrari al Green Pass è solamente quello di una pura amarezza.

Magnifico Rettore, Le rivolgiamo un appello affinché si possano seguire percorsi alternativi al modello prospettato dal Ministero e dall’indirizzo di Governo. Il lasciapassare verde presenta criticità anche per quanto riguarda la tutela dei diritti personali di privacy, oltreché avvelenare un ambiente (teoricamente aperto) mediante controlli quotidiani per tutti. Rivolgiamo un appello per trovare soluzioni differenti, che non richiedano l’introduzione di dispositivi che ledono i diritti fondamentali
garantiti costituzionalmente, nonché pericolosi per i precedenti che anche politicamente
rappresentano. La pandemia certamente si arresterà, meno certo è se questi strumenti che oggi si predispongono e adoperano saranno poi eliminati. Per quanto il fine possa essere nobile, i mezzi sembrano essere non solo inadeguati, ma pericolosi e nocivi per il futuro condiviso di tutti.

Di seguito, Le vorremmo proporre due alternative:
1. Mantenere tutte quelle misure di prevenzione del contagio (uso obbligatorio della mascherina all’interno dei locali universitari, flussi di ingresso e uscita con percorsi specifici, igienizzazione delle mani, distanziamento) secondo le linee guida di Ateneo, che sono già riuscite negli ultimi mesi di lezioni ed attività in presenza ad evitare i contagi nei locali del nostro Ateneo, superando la normativa attuale sull’imposizione del Green Pass quale dispositivo obbligatorio.
2. Come il punto 1, introducendo però per tutti la possibilità di tamponi salivari (sia ai vaccinati che ai non vaccinati) gratuitamente, stabilendo modalità e periodi a vostra discrezione.
Lo stesso strumento Green Pass non è esente da problematiche logistiche, ed in tal senso andrebbe considerata anche la nostra proposta di cui al punto 2, se il vero obiettivo è un rientro in sicurezza garantito e certificato per tutti.

Sicuri di una Sua risposta, le porgiamo i nostri più
Cordiali Saluti.

Catania, 31 agosto 2021

Gli studenti, i docenti e il personale T/A dell’Ateneo contrari al Green Pass

La fede

Il Cristianesimo è stato sin dalle origini dilaniato da lotte tra fazioni, alcune chiamate ortodosse e altre definite eretiche. Attualmente esso è diviso in tre grandi correnti -cattolicesimo, protestantesimo, ortodossia- e una miriade di chiese e teorie. L’Islam è diviso tra sunniti e sciiti in feroce guerra tra di loro e all’interno dei quali operano gruppi religiosi e pratiche teologico-politiche assai diverse. E tuttavia la fede in Dio del bravo cristiano e la fede in Allah del bravo musulmano non vengono scalfite in nulla da tali divergenze.
Lo stesso vale per i fedeli nei vaccini e -in generale- nella narrazione dei governi e dei media più potenti sull’epidemia SARS-CoV-2.
Le profonde divergenze tra medici, biologi, ricercatori; le strategie assai diverse degli stessi governi; i gravi e numerosi punti oscuri della vicenda sin dal suo originarsi e nei suoi sviluppi; una concezione assolutamente riduttiva e volgarmente positivistica della salute, come se la solitudine, l’allontanamento dai propri cari, la distruzione dei legami sociali, la perdita del lavoro, la catastrofe economica, l’angoscia, non fossero cause scatenanti di gravi malattie che non vengono più diagnosticate, non sono curate o lo sono in ritardo, vengono lasciate alla loro opera di morte; la realizzazione di enormi profitti da parte delle multinazionali del farmaco; la miriade di fatti che smentiscono la teoria o la pongono in dubbio (fatti per discutere la cui rilevanza devo rimandare alle ormai centinaia di pagine che ho scritto sull’argomento, alcune delle quali si leggono sia in questo sito [sezione Brachilogie] sia in Corpi e politica e Girodivite); gli altrettanto numerosi elementi che dovrebbero suggerire almeno prudenza, tutto questo non può scalfire quella che è diventata ormai una fede, che per di più pretende di presentarsi come una scienza e che in nome di questo scientismo fideistico disprezza gli infedeli, li discrimina giuridicamente e civilmente, li condanna al silenzio o -se non può- cerca di demolirne le figure, invece di rispondere seriamente e nel merito delle riflessioni critiche.
I mezzi utilizzati sono infatti per lo più il principio di auctoritas, l’argomento ad personam, il terrore. E tutto questo immerso in una dimensione di vera e propria superstizione che vede pericoli e criminali dappertutto, testimoniata dall’utilizzo e dalla diffusione di aggettivi come «sorci» e «irresponsabili», di etichette sbrigative, mediatiche e cumulative quali «negazionisti», «complottisti», «novax». Etichettare il nemico in una formula che annulla differenze e complessità è un’antica strategia che è l’esatto contrario di ogni esercizio di razionalità.
Mentre si moltiplicano i video di persone che fanno mostra di grande «pentimento» (lessico ancora una volta religioso) per non essersi inoculate il vaccino, non vedremo mai piangere in televisione o sulla Rete le centinaia di migliaia di cittadini affetti da tutte le possibili malattie (compresi i tumori) che in questo anno e mezzo non sono stati curati e molti dei quali hanno perso la vita. La miseria delle televisioni e dei giornali è una conferma di ciò che scrisse Guy Debord a proposito dei «mediatiques», i quali hanno «toujours un maître, parfois plusieurs», giornalisti che hanno sempre un padrone e a volte più di uno (Commentaires sur la société du spectacle, Gallimard, 1992, § VII, p. 31).
Il terrore, la menzogna e l’odio dilaganti descrivono una dinamica identica a quella che ha sempre guidato ogni tendenza oscurantista, nemica delle scienze, della filosofia e delle libertà. Una dinamica fideistica basata su e rivolta a un disperato bisogno di salvezza. Possono mutare le forme sacerdotali e i contenuti dei dogmi ma la fede è immortale ed è probabilmente un dato antropologico.

[Questo articolo è stato pubblicato in Girodivite e Corpi e politica]

I corpi, il potere

Imponendo un passaporto sanitario, Francia e Italia sono pronte a calpestare persino le normative UE del 14.6.2021, le quali al comma 36 affermano questo:

Therefore, possession of a vaccination certificate, or the possession of a vaccination certificate indicating a COVID-19 vaccine, should not be a pre-condition for the exercise of the right to free movement or for the use of cross-border passenger transport services such as airlines, trains, coaches or ferries or any other means of transport. In addition, this Regulation cannot be interpreted as establishing a right or obligation to be vaccinated.

Come definire i regimi di Macron e di Draghi/ Speranza/ M5S/ Forza Italia/ Letta/ Salvini?
Mario Draghi, Presidente del Consiglio pro tempore del Governo italiano, in una recente conferenza stampa ha mentito in due modi:
1) affermando che chi è vaccinato non è contagioso
2) sostenendo che chi non è vaccinato «muore o fa morire».
Un rapporto così rigido di causa/effetto è degno di un analfabeta. Draghi naturalmente non lo è. La motivazione è il terrore. Penso male di costui ma non immaginavo sarebbe arrivato a uno dei livelli più bassi mai raggiunti dal potere contemporaneo in un Paese democratico.
Come Conte prima di lui, Draghi utilizza sempre più un dispositivo ricattatorio, menzognero e paternalistico, come un qualunque Francisco Franco.

Quando pensate a «come furono possibili» la caccia alle streghe, le inquisizioni, l’avvento del Nazionalsocialismo; quando vi chiedete «com’è che obbedivano tutti?» pensate a questi anni, guardatevi allo specchio e avrete le risposte. È infatti interessante (e anche tragico) che per i «sostenitori dei diritti» di questo e quello, la privazione dei diritti di milioni di concittadini non costituisca un gravissimo vulnus, anzi non faccia proprio problema o sia persino auspicata.
Se vi privano del diritto fondamentale, il diritto al vostro corpo, vi potranno togliere -e lo stanno già facendo- qualunque altro diritto, a cominciare dal lavoro e dalle opinioni. Ricordate? «Prima vennero a prendere…» e quello che ne segue. Non vi illudete: dopo quello di chi viene colpito nel proprio corpo arriverà anche il vostro turno, un qualunque vostro turno.

Ma non soffermiamoci su questi prudenti, su questi cittadini ligi all’autorità qualunque essa sia –qualunque-, pensiamo invece al coraggio, al dinamismo, all’uscire dal terrore, a immaginare ciò che oggi sembra diventato impossibile (e che sino a ieri era la nostra vita, semplicemente), ad affrancarci dal conformismo, pensiamo alla disobbedienza, pensiamo alla libertà.
«Potete liberarvi senza neanche provare a farlo, ma solo provando a volerlo. Siate risoluti a non servire più ed eccovi liberi» (Étienne de La Boétie, Discours de la servitude volontaire o Contr’un, trad. di F. Ciaramelli, Chiarelettere 2011, p. 14).
Non è così semplice ma è un dovere provarci. Per tentare di essere e di rimanere dei corpi liberi dalla tenaglia dell’autorità, dalla morte.

Police

Wrong Cops
di Quentin Dupieux
USA, 2013
Con: Mark Burnham (Duke), Eric Judor (Rough), Alexis Dziena (Emma), Steve Little (Sunshine), Arden Myrin (Shirley), Daniel Quinn (il vicino), Marilyn Manson (David Delores Frank)
Trailer del film

Uno dei personaggi di Wrong era il poliziotto Duke, che ora diventa quasi il protagonista intorno al quale ruota una banda di poliziotti soltanto apparentemente surreali e invece credo vicini alla realtà delle ‘forze dell’ordine’ statunitensi e non soltanto statunitensi. Si vede benissimo, nel senso che lo abbiamo visto e continuiamo a vederlo anche nelle nostre contrade, che appena a qualcuno metti una divisa si scatenano in costui gli impulsi più sopiti alla sopraffazione, alla violenza, al delirio di onnipotenza.
Sono questi i sentimenti e le emozioni che muovono il corpo di polizia dell’anonima e paradigmatica cittadina  (o quartiere di Los Angeles) USA nella quale si svolgono i fatti. Poliziotti che spacciano droga, poliziotti che tentano stupri, poliziotti che sparano e colpiscono a caso, poliziotti avidissimi, poliziotti dall’apparenza molto maschile e dalle tendenze fortemente omosessuali (un dispositivo classico della psicoanalisi), poliziotti -soprattutto- molto stupidi. Ne esce una baraonda divertente, amara e dissacrante verso le divise e coloro che le indossano, verso le loro pratiche, i sogni, la corruttela.
Il film prende quota mano a mano che procede, mostrando di essere qualcosa di più di una commedia demenziale. Il culmine arriva nella scena finale, che è un classico di film e telefilm USA. Si tratta infatti del solenne funerale di uno dei poliziotti, che si è ucciso infiggendosi una cazzuola nel collo. È a questo punto che il più depravato dei suoi colleghi e in parte responsabile della morte del defunto -Duke, appunto- enuncia il solenne, ironico ma in ogni caso realistico significato di questo film. Duke afferma infatti che «Raggio di sole» (Sunshine era il soprannome del collega) è uscito adesso dall’inferno, poiché «l’inferno è qui, l’inferno è questa vita qui, non ne esiste un altro».
Il corrottissimo, rozzo, perverso poliziotto (che alla parola book fa smorfie di disgusto) non sa di stare citando uno dei più lucidi filosofi di ogni tempo, per il quale è questo mondo il vero «giudizio universale», è questo mondo «l’inferno» (Arthur Schopenhauer, Parerga und Paralipomena: kleine philosophische Schriften, trad. di M. Montinari ed E. Amendola Kuhn, Adelphi 1983, pp. 288, 302 e 392).

Sulle lezioni 2021

Ho concluso le lezioni dell’a.a. 2020/2021. Ringrazio gli studenti che con la loro presenza hanno reso i tre corsi che ho svolto vivaci, sensati, interattivi e possibili. Tali lezioni, infatti, hanno corso il rischio di non tenersi. E questo per le ragioni indicate in una lettera da me inviata il 23 dicembre 2020 sia al Rettore di Unict, Prof. Francesco Priolo, sia al Direttore del Dipartimento di Scienze Umanistiche, Prof.ssa Marina Paino. Riporto qui sotto parte della lettera inviata al Rettore. I brani omessi riguardano comunicazioni riservate.

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Caro Francesco,
[…]
Insieme all’augurio di una buona fine d’anno vorrei comunicarti qualcosa a proposito di ciò che tu e il DG ci avete scritto oggi, in particolare sul fatto che «la rinuncia più grande hanno dovuta patirla i nostri studenti».
Condivido questa affermazione, confermata da quanto uno studente mi ha scritto qualche giorno fa.

[Qui ho riportato una lettera che ho già pubblicato in questo sito: La grande reclusione]

Mi sembra una lettera dolente, saggia e drammatica.
Una lettera che dimostra essere la salute qualcosa di non riducibile alle sole dimensioni organiche, attingendo invece alle strutture psichiche, ambientali, relazionali.
Aver ignorato e continuare a ignorare la complessità della salute è una delle cause più gravi del malessere collettivo che si sta diffondendo. Aver limitato i comitati tecnici ai soli medici -sia da parte dei governi sia da parte delle università- è una clamorosa dimostrazione dei danni del riduzionismo. Avresti dovuto consultarti, caro Francesco, non soltanto con i medici di Unict ma anche con i sociologi, gli psicologi, i filosofi. Così, invece, sia l’amministrazione centrale, il Governo, sia le altre avete preso decisioni parziali, discutibili a volte sbagliate, pericolose e dannose.
Ho diffuso il testo di D. su vari canali e l’ho commentato sul mio sito: La grande reclusione.
Se leggerai questo mio intervento, vedrai con quanta difficoltà ho vissuto le ‘lezioni’ dello scorso a.a.
[…]
Ti comunico comunque sin da ora che non intendo ripetere l’esperienza dello scorso anno. Speriamo naturalmente di poter da qui a marzo rientrare nelle aule ma non ho intenzione di tornare a parlare come un alienato con un monitor. Se non vi sarà la possibilità di avere degli studenti in aula, anche pochi, io non farò lezione, anche a costo di provvedimenti disciplinari. Credo infatti che la mia SALUTE valga quanto quella degli altri -anche se non si tratta di Sars2- e non intendo metterla a repentaglio.
Aggiungo che per chi prende sul serio il proprio lavoro di insegnante (uso di proposito questa parola, invece che ‘professore’) un metodo didattico non vale l’altro. Come abbiamo scritto con Monica Centanni, «il docente ha altresì il diritto di rifiutarsi di svolgere le lezioni in modalità non compatibili con le linee etiche e deontologiche che definiscono la qualità del suo insegnamento» (Iuxta legem. Dei doveri e dei diritti dei docenti universitari in tempo di epidemia. Una guida, in Corpi e politica). 

Come sai, ritengo le modalità telematiche del tutto estranee al mio metodo didattico, direi pienamente in conflitto con esso.
E questo nonostante io scriva (un giorno sì e un giorno no) da 12 anni sul mio sito personale; sia il curatore di vari spazi telematici; abbia pubblicato un libro dedicato alla filosofia del computer (Cyborgsofia. Introduzione alla filosofia del computer ) e stia connesso alla Rete 24 ore su 24. Proprio perché sono molto competente nel virtuale, ritengo la modalità digitale una negazione del fatto educativo.
Non posso venire meno alla mia identità di docente, anche per le ragioni di nuovo indicate da me e dalla collega Centanni: «È comunque dovere/diritto del docente attivare e promuovere, anche fra gli studenti, la consapevolezza critica che la scelta del canale ‘televisivo’ – e del metodo e della retorica connessi a quella modalità di comunicazione – si pone come modalità alternativa rispetto alla tradizione di una paideia positivamente consolidata da secoli in Italia e in Europa e, di fatto, incentiva l’assimilazione delle nostre università con le università telematiche parificate, che in Italia già proliferano in modo abnorme, grazie a scelte legislative scellerate».
Ti ringrazio per l’ascolto […]. Ti auguro di trascorrere insieme ai tuoi cari delle feste fatte di sguardi e di abbracci veri.
Alberto
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A conferma di quanto scritto in questa lettera, quando -a causa della positività al virus di uno studente- tutte le lezioni del corso di Scienze Filosofiche sono state spostate esclusivamente sulla piattaforma MSTeams, ho interrotto per due settimane le mie lezioni. Poi le abbiamo riprese e serenamente concluse, nello spaziotempo reale, nella vita dei corpimente, nella densità del fatto educativo come fatto socratico.

[Questo testo è stato pubblicato anche in Corpi e politica e Girodivite]

Il nomos della terra

La distruzione della flotta persiana a Salamina da parte degli Elleni è dovuta alla ὕβρiς di Serse, dimentico del nomos terrestre, della prudenza con la quale suo padre Dario aveva rinunciato al tentativo di domare il Bosforo per sottomettere l’Europa all’Asia. Una prudente sapienza che nasceva dal rispetto per «θεόθεν γὰρ κατὰ Μοῖρ᾽ ἐκράτησεν / τὸ παλαιόν; un destino che forte vigeva in antico»1 e che i mortali, tutti, debbono sempre avere davanti nel loro scosceso cammino dentro il morire che si chiama vita. Ate, infatti, «βροτὸν εἰς ἄρκυας Ἄτα, / τόθεν οὐκ ἔστιν ὕπερ θνατον ἐξαλύξαι φυγειν; spinge il mortale dentro la rete ben tesa: da là all’uomo è preclusa ogni fuga, ogni scampo» (vv. 99-100, pp. 22-23).
Storica è dunque la prima tragedia che ci sia rimasta dei Greci? Sì, a condizione di non intendere la storia soltanto come un insieme di avvenimenti accaduti e narrati. La storia dei Persiani è infatti costruita su una antropologia sacra, su una teologia che riconosce al di là di ogni volontà umana (volontà che è una delle maggiori illusioni della cultura venuta dopo i Greci e i Romani) la presenza e la potenza di Ἀνάγκη: «ὅμως δ᾽ ἀνάγκη πημονὰς βροτοῖς φέρειν / θεῶν διδόντων; Necessità [che] costringe i mortali a sopportare sciagure» (vv. 293-294, pp. 36-37).
Ἀνάγκη che salva sempre «πόλιν Παλλάδος θεᾶς; la città della Pallade dea!» (v. 347, p. 40-41) e rispetta coloro che fanno di sé un modo di σωφροσύνη, una forma della misura dolente dell’esserci, evitando per quanto possibile la ὕβρις della quale il persiano Serse è una incarnazione evidente, plastica sino alla disperazione. Contro la tracotanza dissacrante del proprio figlio, il fantasma di Dario pronuncia parole che sono greche sino al midollo, lui che è uno dei più grandi sovrani tra i barbari. L’ironia della tragedia, in particolare di questa tragedia, sta anche nel parlare dei barbari così vicino -identico- alla Stimmung dei Greci.
Sentiamolo dunque questo fantasma di saggezza e di canto: «ὡς οὐχ ὑπέρφευ θνητὸν ὄντα χρὴ φρονεῖν. / ὕβρις γὰρ ἐξανθοῦσ᾽  ἐκάρπωσεν στάχυν / ἄτης; non deve chi è mortale esser troppo superbo. La superbia dopo il fiore dà frutto: ed è spiga di rovina da cui si miete messe di pianto» (vv. 820-822, pp. 72-73). Da barbaro sapiente, da greco, Dario esorta tuttavia i suoi antichi sudditi, che vede prostrati sino a un pianto che sembra non conoscere fine; li invita a gustare ancora il frutto di gioia che ogni giorno può aprire agli eventi: «ὑμεῖς δέ, πρέσβεις,  χαίρετ᾽, ἐν κακοῖς ὅμως / ψυχῇ διδόντες ἡδονὴν καθ᾽  ἡμέραν, / ὡς τοῖς θανοῦσι πλοῦτος οὐδὲν ὠφελεῖ; E voi, vecchi, fatevi animo: anche nella sventura dovete concedere al vostro cuore un po’ di gioia ogni giorno. Questo serve, e non altra ricchezza, a chi è destinato alla morte!» (vv. 840-842, pp. 74-75).
I Greci i quali «οὔτινος δοῦλοι κέκληνται φωτὸς οὐδ᾽ ὑπήκοοι; si vantano di non essere schiavi di nessun uomo, sudditi di nessuno» (v. 242, pp. 32-33) hanno ridotto il Grande Re, il Padrone dei persiani, il Signore dell’Asia, alla condizione di uno straccione che con vesti lacere si presenta e non parla, grida soltanto, canta la propria definitiva sciagura mentre ad attenderlo «κακοφάτιδα βοάν, κακομέλετον ἰὰν; è un urlo di morte, un canto di sciagura» (v. 936, pp. 78-79).
Questo avvenne venticinque secoli fa e tali eventi hanno per millenni garantito l’Europa dalla forma totalitaria della politica. Sino a quando al culmine della modernità che non crede nella sacralità del mondo e della materia si è installata e continua a dominare la ὕβρις. Ma tutto si paga, anche nella forma di un minuscolo virus.

 

Nota
1. Eschilo, Persiani (Πέρσαι, 472 a.e.v.), versi 102-103, pagine 20-21, in Le tragedie, traduzione, introduzioni e commento di Monica Centanni, Mondadori, Milano 20133, pagine LXXXII-1245.
Le successive citazioni saranno indicate nel testo con i numeri dei versi seguiti da quelli della pagina dell’edizione Centanni/Meridiani.

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Joseph Goebbels: teoria e pratica del consenso all’insensato.

«Questa è l’ora dell’idiozia! Se avessi detto a quella gente: il virus si diffonde nell’aria; datevi i baci a distanza; reingoiate -tenendo ben strette le vostre museruole- l’anidride carbonica e i microrganismi che espirate; esultate per l’#iorestoacasa a tempo indeterminato; accettate ubbidienti di trasformare ogni persona con una divisa nel vostro padrone che vi dice quello che potete e non potete fare, a suo sostanziale arbitrio; svolgete un intero anno scolastico e accademico a casa davanti a un monitor; sentitevi al sicuro con il coprifuoco e tornate alle vostre casette entro le ore 22.00, come bravi ragazzini; buttate a mare i vostri libri e i vostri studi su Foucault (biopolitica), su Lévinas (il volto), sulla Teoria critica (la menzogna dell’autorità) e credete invece a Speranza, a Conte, a Zaia, a Musumeci, a Gelmini, a Draghi…; rassegnatevi a non rivedere mai più -né vivi né morti- i vostri cari malati; credete all’autorità paternalistica che decide ogni cosa al vostro posto e sospende la Costituzione; non esistono cure ma soltanto vaccini; diffidate di tutti e rinunciate alla vita; convincetevi che #andràtuttobene; mobilitatevi per la guerra totale contro il virus.
Se avessi detto a quella gente tutto questo, avrebbero creduto anche a quello!»

«Questa è l’ora dell’idiozia! Se avessi detto a quella gente: buttatevi dal terzo piano del Columbushaus, avrebbero fatto anche quello!»
Joseph Goebbels, 18 febbraio 1943, dopo aver invitato i tedeschi alla guerra totale e aver avuto il loro convinto consenso (citato in Luigi Zoja, Paranoia. La follia che fa la storia, Bollati Boringhieri 2011, p. 238).

Dati relativi al virus Covid19 dall’inizio dell’epidemia (fonti ufficiali).

Morti per Covid19-Sars2, 21 maggio 2021, ore 15.53: 3.425.017 – 3 milioni e mezzo.
OMS. Health Emergency Dashboard – Organizzazione Mondiale della Sanità.

Popolazione mondiale alla stessa data: 7.867.462.000 – quasi 8 miliardi.
Fonte: worldometers

Percentuale mondiale di vittime del virus secondo le fonti ufficiali: 0,04353

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