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Anche per questo voto NO

4.12.2016
Per rimanere un cittadino e non diventare un suddito di Renzi, di Berlusconi o di chiunque altro, al Referendum Costituzionale ho votato NO.

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2.12.2016

La riforma costituzionale elimina di fatto la divisione dei poteri tra Governo e Parlamento, vale a dire uno dei fondamenti della democrazia. Anche per questo voto NO.
Il Senato continuerebbe a esistere ma non più eletto dai cittadini e composto invece da consiglieri regionali e da sindaci, i quali nel migliore dei casi svolgerebbero malissimo uno o entrambi i loro ruoli, nel peggiore sarebbero cooptati dalla casta politica romana per godere dell’immunità parlamentare. Anche per questo voto NO.
Con il nuovo Senato le modalità di lavoro delle due camere sarebbero complicate, lunghe, confuse. Esattamente il contrario di quanto sostiene la propaganda governativa. Anche per questo voto NO.
I nuovi senatori avranno in ogni caso diritto a un «rimborso spese» per i loro soggiorni a Roma e questo renderà ancora più finto e inconsistente il presunto risparmio, tanto strombazzato dalla menzogna del governo. Anche per questo voto NO.
Nel programma elettorale del Partito Democratico non si parlava per nulla di una Riforma della Costituzione. Anche per questo voto NO.
Il governo spende 23 miliardi di euro per le armi e poi chiacchiera di ‘risparmi’ a spese della Costituzione. Anche per questo voto NO.
Con la Costituzione di Renzi e Verdini l’Italia diventa una Repubblica fondata sulla massoneria e sul crimine. Anche per questo voto NO.
Il governo Renzi si gioca tutto a spese della Costituzione e per questo è senza scrupoli. Una vergogna per riscattare la quale voto NO.
Renzi e i suoi complici -le Banche d’affari Goldman Sachs e JP Morgan, Verdini, Alfano, le forze economiche e politiche più reazionarie- sono gli stupratori della Costituzione. Anche per difenderla voto NO.
Per Napolitano e altri esponenti del Partito Democratico il suffragio universale è «un pericolo per la civiltà occidentale». Anche per questo voto NO.
Gli slogan utilizzati dal Partito Democratico di Renzi sono pura e semplice «pubblicità ingannevole»; sono slogan bugiardi e grotteschi. Ad esempio: «Io voglio bollette più leggere, e tu? Io voglio leggi più semplici, e tu? [Lo dice chi ha reso illeggibili e incomprensibili le norme della legge fondamentale: la Costituzione] Con il Sì strade più sicure; Con il Sì valorizzi  la cultura; Con il Sì soldi alle ferrovie». E così via, in un parossismo di affermazioni che nulla hanno a che fare con la riforma della Costituzione. Anche per questo voto NO.
In realtà giorno per giorno il governo Renzi-Alfano sottrae risorse pubbliche alla sanità, alla scuola, all’Università, ai trasporti. Anche per questo voto NO.
Le menzogne di Renzi superano persino quelle di Berlusconi. Incredibile ma vero. Anche per questo voto NO.
In materia costituzionale i governi -parte in causa- dovrebbero astenersi a favore di un’assemblea costituente o di un parlamento. Invece questa è una riforma voluta a tutti i costi proprio da un governo. Anche per questo voto NO.
Anche per liberarmi da un analfabeta in Costituzione e in ogni cosa, da un imbonitore massone che frequenta messe e lancia battute da guappo, per liberarmi dai cortigiani dell’informazione, anche per questo voto NO.
Il facitore di questa riforma è diventato un incubo. Renzi ha occupato ogni spazio mediatico, superando persino il suo maestro Berlusconi. Anche per questo voto NO.
Dalla Costituzione di Calamandrei si precipita in quella voluta dalla casta dei politici-banditi. Questa riforma dà infatti un potere assoluto a pochi, ai professionisti del potere. Anche per questo voto NO.
Chi non condivide questo disastro è definito da Renzi ‘gufo’, alla stessa maniera con la quale il Duce definiva ‘disfattisti’ quanti guardavano alla realtà e non agli slogan mussoliniani. Anche per questo voto NO.
La verità è che questa trasformazione radicale dell’assetto istituzionale della Repubblica è voluta, scritta, imposta dalle forze più ultraliberiste e antisociali. Anche per questo voto NO.
La modifica di 47 articoli sui 139 che compongono la Costituzione Italiana avrebbe richiesto un’Assemblea eletta a questo scopo, che rappresentasse gran parte del Corpo sociale. Una Costituzione deve unire, non dividere. E invece questa riforma è stata approvata da un Parlamento eletto con una legge incostituzionale e con una serie di voti di fiducia (per l’esattezza, con il cosiddetto metodo ‘Canguro’). Il risultato è una Costituzione autoritaria e di parte. Anche per questo voto NO.
Chi ama la libertà, la decenza, la cultura, ha in questo momento il dovere di essere ancora più libero, per tentare di compensare almeno un poco il servilismo imperante, la menzogna, l’ignoranza generale e politica. Anche per questo difendo la divisione dei poteri, l’equilibrio dei controlli, i contrappesi al potere esecutivo, la politica sociale. Anche per questo voto NO.

Aggiungo il link a un mio precedente intervento sul tema, nel quale ho riportato un testo di Raniero La Valle, e segnalo infine alcuni articoli che in maniera sufficientemente sintetica ma argomentata espongono altre ragioni a difesa della Costituzione repubblicana.

Referendum, perché diciamo NO (Micromega)

Referendum costituzionale, 10 semplici motivi per dire NO (Marco Politi, il Fatto Quotidiano)

No a una ‘riforma’ che ammazza la democrazia (Eugenio Mazzarella, il sussidiario.net)

Le gravi conseguenze della Riforma costituzionale sull’Università e sulla libertà di ricerca (Roars)

Una Costituzione da cambiare o da attuare? (Elio Rindone, Cronache Laiche)

Referendum costituzionale, occhio alla rimonta (Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano)

Referendum: il vero interesse di Renzi (Don Paolo Farinella, Micromega)

La verità sul referendum costituzionale

Il Prof. Dario Generali mi ha segnalato un intervento di Raniero La Valle che chiarisce in modo lucido e documentato il contesto nel quale è maturata la proposta di riforma della Costituzione Italiana da parte del governo Renzi-Alfano. Riporto qui alcuni brani di questo intervento, preceduti dalla riflessione di Dario Generali.

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Un’analisi molto lucida e informata, che fornisce un’interpretazione credibile degli ultimi 25 anni di storia mondiale e delle spinte reazionarie che dovunque si manifestano.
Il ‘libero’ mercato mal tollera qualsiasi pensiero divergente e qualsiasi critica, che contabilizza come inutili costi e limitazioni dei suoi profitti. Basta entrare in una logica aziendale per comprenderlo. Gli ordini del management non devono essere discussi o, peggio ancora, disattesi, perché in questo modo si rischierebbe di compromettere gli obiettivi aziendali o, comunque, aumentare i costi di produzione e di gestione logistica. L’errore esiziale è di permettere che le logiche aziendali egemonizzino la vita politica, i suoi modelli e le sue finalità, che devono essere ben altri. I profitti dei capitali investiti non possono essere l’unico metro di valutazione della qualità di una società. Alti livelli di produttività garantiscono risorse economiche, ma queste hanno senso se finalizzate al miglioramento del generale tenore di vita dei popoli e alla capacità che questa crescita diventi sviluppo. Diversamente rischiano di essere un cancro nel tessuto sociale e civile e di operare per la disgregazione di ogni forma evoluta di organizzazione di stato sociale.

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L’Italia è a crescita zero, la disoccupazione giovanile a luglio è al 39 per cento, il lavoro è precario, i licenziamenti nel secondo trimestre sono aumentati del 7,4 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo 221.186 persone, i poveri assoluti sono quattro milioni e mezzo, la povertà relativa coinvolge tre milioni di famiglie e otto milioni e mezzo di persone.
E l’Italia che fa? Fa una legge elettorale che esclude dal Parlamento il pluralismo ideologico e sociale, neutralizza la rappresentanza e concentra il potere in un solo partito e una sola persona.
[…]
Ora, per trovare la verità nascosta del referendum, il suo vero movente, la sua vera premeditazione, bisogna ricorrere a degli indizi, come si fa per ogni giallo.
Il primo indizio è che Renzi ha cambiato strategia, all’inizio aveva detto che questa era la sua vera impresa, che su questo si giocava il suo destino politico. Ora invece dice che il punto non è lui, che lui non è la vera causa della riforma, ha detto di aver fatto questa riforma su suggerimento di altri e ha nominato esplicitamente Napolitano; ma è chiaro che non c’è solo Napolitano. Prima ancora di Napolitano c’era la banca J. P. Morgan che in un documento del 2013, in nome del capitalismo vincente, aveva indicato quattro difetti delle Costituzioni (da lei ritenute socialiste) adottate in Europa nel dopoguerra: a) una debolezza degli esecutivi nei confronti dei Parlamenti; b) un’eccessiva capacità di decisione delle Regioni nei confronti dello Stato; c) la tutela costituzionale del diritto del lavoro; d) la libertà di protestare contro le scelte non gradite del potere.
[…]
Inoltre bisognava distruggere il principale avversario e fautore politico del No, il Movimento 5 Stelle. Questo spiega l’attacco spietato e incessante alla Raggi. E poi ci volevano i tempi supplementari per distribuire un po’ di soldi con la legge finanziaria.
[…]
Ebbene il delitto fondatore dell’attuale regime del capitalismo globale fondato, come dice il papa, sul governo del denaro e un’economia che uccide, è la prima guerra del Golfo del 1991.
È a partire da quella svolta che è stato costruito il nuovo ordine mondiale.
[…]
E allora questa è la verità del referendum. La nuova Costituzione è la quadratura del cerchio. Gli istituti della democrazia non sono compatibili con la competizione globale, con la guerra permanente, chi vuole mantenerli è considerato un conservatore. Il mondo è il mercato; il mercato non sopporta altre leggi che quelle del mercato. Se qualcuno minaccia di fare di testa sua, i mercati si turbano. La politica non deve interferire sulla competizione e i conflitti di mercato. Se la gente muore di fame, e il mercato non la mantiene in vita, la politica non può intervenire, perché sono proibiti gli aiuti di Stato. Se lo Stato ci prova, o introduce leggi a difesa del lavoro o dell’ambiente, le imprese lo portano in tribunale e vincono la causa. Questo dicono i nuovi trattati del commercio globale. La guerra è lo strumento supremo per difendere il mercato e far vincere nel mercato.
Le Costituzioni non hanno più niente a che fare con una tale concezione della politica e della guerra. Perciò si cambiano. Ci vogliono poteri spicci e sbrigativi, tanto meglio se loquaci.
E allora questa è la ragione per cui la Costituzione si deve difendere. Non perché oggi sia operante, perché è stata già cambiata nel ‘91, e il mondo del costituzionalismo democratico è stato licenziato tra l’89 e il ’91 (si ricordi Cossiga, il picconatore venuto prima del rottamatore). Ma difenderla è l’unica speranza di tenere aperta l’alternativa, di non dare per compiuto e irreversibile il passaggio dalla libertà della democrazia costituzionale alla schiavitù del mercato globale, è la condizione necessaria perché non siano la Costituzione e il diritto che vengono messi in pari con la società selvaggia, ma sia la società selvaggia che con il NO sia dichiarata in difetto e attraverso la lotta sia rimessa in pari con la Costituzione, la giustizia e il diritto.
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Il testo completo dell’intervento di Raniero La Valle si può leggere su Micromega.

Il nemico della Costituzione

Il peggior presidente della storia della Repubblica si è dimesso. Continuerà a contare, naturalmente, e a vivere come un principe. I danni enormi che ha inferto alla democrazia italiana sono palesi. Ho cercato in questi anni di indicarli. Brevemente, come si conviene, ma con chiarezza.

Giorgio von Hindeburg (7.3.2010)

Corea (del Nord) (24.6.2012)

Borsellino e il Presidente (19.7.2012)

I barbari (26.8.2012)

Il peggiore (8.4.1013)

Mummificati (21.4.2013)

Staatsgewalt / Ausschuß (8.6.2013)

Eguali (14.8.2013)

Fallocefali (19.9.2013)

Trame / Palazzi (11.2.2014)

Il Parlamento di Napolitano e delle due Destre (31.7.2014)

 

Sul Partito Democratico (Da Licio Gelli a Calderoli. E ritorno)

Da Televideo (11/07/2014 – 08:47): il ministro Boschi afferma che «Berlusconi dà prova di serietà e concretezza, che non possiamo non riconoscere». Certo, certo. È un disinteressato statista, lo sanno tutti ma il ministro Boschi fa bene a ricordarcelo.
La Lega Nord è alleata con i fascisti/razzisti del Front National di Le Pen. Il Partito Democratico riscrive la Costituzione italiana con la Lega Nord. Il Partito Democratico riscrive dunque la Costituzione con i fascisti/razzisti. Il Partito Democratico è fascista/razzista?
Ci sarebbe tanto altro -immunità; protezione di amministratori corrotti; catastrofe economica che continua; gli 80 euro annullati dalle tasse; sprechi e corruzione con TAV, EXPO, MUOS, cacciabombardieri F-35; riforme istituzionali e pratiche politiche chiaramente autoritarie— ma credo che il nucleo della questione sia questo: nonostante venti anni di collaborazione con il Partito Democratico, Berlusconi ha raggiunto solo in parte gli obiettivi della loggia massonica P2. Ci voleva qualcuno che ne realizzasse davvero e per intero il progetto. Ecco il Partito Democratico di Renzi, colui «che parla come un venditore televisivo di materassi» (Adriano Todaro, Sotto i titoli niente, «Girodivite»). Forse ha imparato da Licio Gelli, direttore generale della Permaflex: «Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d’autore. La giustizia, la tv, l’ordine pubblico. Ho scritto tutto trent’anni fa».

 

Pactum sceleris

Sarkozy -capo sino a poco tempo fa di una delle più verticistiche repubbliche presidenziali d’Europa- è stato arrestato con l’accusa di concussione perché avrebbe promesso a un magistrato ruoli di prestigio in cambio di informazioni sulle inchieste che lo riguardavano. In Italia chi si è comprato i giudici e ha difeso mafiosi riscrive ora la Costituzione insieme al Partito Democratico. Un patto siglato con i peggiori delinquenti di Forza Italia e al quale Renzi e le sue collaboratrici ribadiscono che bisogna rimanere fedeli. Un abisso di corruzione tale che persino Robespierre lascerebbe perdere. Alla fine Berlusconi ha vinto, sono costretto ad ammetterlo. E la sua vittoria si chiama Partito Democratico.

 

Trame / Palazzi

Tutta l’operazione che Napolitano ora descrive in termini così paludati ebbe in realtà come effetto di salvare Berlusconi dalle elezioni nel novembre 2011, elezioni che lo avrebbero annientato (la Spagna -che si trovava in una situazione analoga- andò a votare e non si verificò alcuna catastrofe).
Ora accade ciò che sempre si verifica all’interno delle bande quando la tensione supera una determinata soglia e non si riesce più ad accontentare le aspirazioni di tutti, vale a dire una guerra interna tra capi e fazioni: il rancore di Monti per essere stato estromesso da tutto, la vendetta di Prodi per la mancata elezione alla presidenza, scalate interne in Confindustria (le scelte del Corriere della sera sono in questo un segnale infallibile), la perenne guerra civile dentro il Partito Democratico, la corsa dentro Forza Italia a mostrarsi più oltranzisti del capo supremo e così elencando, con al centro sempre un Quirinale che con la sua arroganza e permanenza ha distrutto gli equilibri istituzionali e reso la democrazia italiana una caricatura delle corti monarchiche.
Che gli effetti della sua azione piacciano o non piacciano rispetto alle personali convinzioni politiche di ciascuno, in ogni caso l’attuale presidente è andato assolutamente oltre le competenze e i limiti che la Costituzione assegna a questa carica. Ha quindi infranto la legge fondamentale della Repubblica. In ciò consiste il tradimento. Per questo se ne deve andare.

 

Staatsgewalt / Ausschuß

Un’altra clamorosa e gravissima conferma del miserabile stato dell’informazione -e quindi del potere- in Italia.

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Il monarca capriccioso
di Antonio Padellaro

Il vero problema di Giorgio Napolitano sono i giornali. Quelli (quasi tutti) che lo incensano da mane a sera, sempre pronti a mettere il violino automatico qualsiasi banalità scaturisca dalle auguste meningi, ma così abbagliati dal verbo del Colle da non vedere l’enormità di certe affermazioni dell’anziano presidente bis.
Lunedì 3 giugno infatti (quasi) tutta la stampa italiana ha scolpito sulle prime pagine la frase sul “governo a termine” pronunciata dal supremo monitore nei giardini del Quirinale.
Si trattava evidentemente di uno sconfinamento del tutto arbitrario del capo dello Stato dalle sue funzioni, ma (quasi) nessuno obiettò qualcosa, poiché – grazie ai giureconsulti di palazzo che tutto ingoiano in cambio di un gettone di presenza in qualche commissione – la Costituzione, come dice Camilleri, è bella che andata in vacca.
Tra le forze parlamentari ha reagito soltanto Grillo, chiedendo a che titolo Napolitano possa fissare un limite temporale al governo Letta, trattato come uno yogurt
, ma la cosa è stata liquidata come la solita mattana dell’ex comico.
Il Fatto, però, non è stato zitto e ha chiesto il parere autorevole di Barbara Spinelli che, alla domanda di Silvia Truzzi sulla data di scadenza del governo (“una cosa mai vista”), ha risposto che Napolitano ha “forzato” la Carta e che ormai “il presidenzialismo c’è già”.
A questo punto, tre giorni dopo i titoli dei quotidiani mai smentiti, si sveglia il Quirinale, dice che si continua ad “accreditare il ridicolo falso di un termine posto dal Presidente alla durata dell’attuale governo” e, udite udite, se la prende con la domanda della giornalista del Fatto, non avendo neppure il coraggio di contestare la risposta della Spinelli.
C’è poco da aggiungere. Che Napolitano si comporti come un monarca capriccioso non può sorprendere, visto che il governo delle larghe intese lo ha inventato lui miracolando Pd e Pdl che alle ultime elezioni hanno perso insieme dieci milioni di voti.
Idem per (quasi) tutta la stampa italiana che, a furia di sviolinate ai potenti, in cinque anni ha perso un milione di copie e svariati milioni di lettori e ora, col cappello in mano, elemosina nuovi contributi e incentivi.

il Fatto Quotidiano, 7 giugno 2013

P.S. Titolo di ieri sul sito del Corriere della Sera (che lunedì come gli altri aveva annunciato il governo a termine): “Il Quirinale smentisce il Fatto”. Più chiaro di così.
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Non ho molto da aggiungere alle parole di Padellaro, se non un caldo invito a leggere l’intervista a Barbara Spinelli e la constatazione che quanto entrambi dicono sulla presidenza della repubblica italiana e sul parlamento ridotto a un insieme di domestici del «Monarca capriccioso» conferma ancora una volta ciò che Marx ed Engels scrissero nel Manifesto del 1848 a proposito dello stato moderno: «Die moderne Staatsgewalt ist nur ein Ausschuß, der die gemeinschaftlichen Geschäfte der ganzen Bourgeoisklasse verwaltet». In Italia questo “comitato che amministra gli affari comuni dell’intera classe borghese” è diventato il comitato che gestisce gli affari delle innumerevoli e agguerrite bande di delinquenti che stanno derubando la ricchezza della nazione. Peccato che la presidente della Camera dei deputati -la quale immagino conosca quel testo- e altri “comunisti” non se lo ricordino quando si mostrano scandalizzati da parole come queste: «Il Parlamento, luogo centrale della nostra democrazia, è stato spossessato dal suo ruolo di voce dei cittadini. Emette sussurri, rantoli, gemiti come un corpo in agonia che sono raccolti da volenterosi giornalisti per il gossip quotidiano. […] A che serve questo Parlamento? A cosa servono le elezioni? Il Parlamento è incostituzionale in quanto il Porcellum è incostituzionale e ora pretende di cambiare la Costituzione su dettatura del pdl e del pdmenoelle? Follia. Il Parlamento potrebbe chiudere domani, nessuno se accorgerebbe. È un simulacro, un monumento ai caduti, la tomba maleodorante della Seconda Repubblica».

Ultima cosa: il livello anche etico della persona di Napolitano è mostrato dal fatto che non ha avuto -appunto- nemmeno il coraggio di attaccare Barbara Spinelli ma soltanto chi le poneva le domande. È stata Spinelli, infatti, ad affermare che «l’urgenza, in Italia, sono i partiti totalmente inaffidabili e moralmente devastati; e la politica rintanata in oligarchie chiuse, che nemmeno ascoltano il responso delle urne. […] Grillo ha perfettamente ragione: dove sta scritto che il presidente determina in anticipo, ignorando le Camere, la durata dei governi? […] Inoltre abbiamo un presidente della Repubblica-presidente del Consiglio che gode di privilegi extra-ordinari , che nessun premier può avere. Tanto più perniciosa diventa la storia delle telefonate tra Colle e Mancino sul processo Stato-mafia. Esiste dunque un potere che ha speciali prerogative e immunità, senza essere controllabile. La democrazia è governo e controllo. Perché Grillo dà fastidio? Perché è sul controllo che insiste».

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