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Ci restano le statue

Il comandante e la cicogna
di Silvio Soldini
Con: Valerio Mastandrea (Leo), Alba Rohrwacher (Diana), Luca Dirodi (Elia), Serena Pinto (Maddalena), Giuseppe Battiston (Amanzio), Claudia Gerini (Teresa), Luca Zingaretti (Malaffano), Maria Paiato (Cinzia), Fausto Russo Alesi (L’agente immobiliare), Giuseppe Cederna (il direttore del supermercato)
Italia, Svizzera, Francia 2012
Trailer del film

Leo Buonvento è un idraulico onesto e laborioso, che cerca come può di educare i due figli adolescenti -Elia e Maddalena- dopo la morte della moglie Teresa. Moglie che comunque lo viene a trovare di notte intorno alle 4 per ascoltarlo e dargli qualche consiglio.
Diana è una pittrice ingenua e squattrinata, sempre in lotta con il proprio padrone di casa -Amanzio- il quale a sua volta è senza lavoro -per sua scelta- e senza soldi ma capace di dispensare in giro perle di originale saggezza.
L’avvocato Malaffano è un lestofante, complice di ogni sorta di corrotti e faccendieri.
Le vite di questi personaggi un po’ paradigmatici dell’Italia contemporanea e un po’ anche macchiette si incrociano nei modi più imprevedibili, con in mezzo pure Agostina, una cicogna amica di Elia, il quale passa più tempo in un campo con lei che a studiare a casa.
A osservare queste esistenze, i loro guai, la loro forza, stanno le statue disseminate in città: Giuseppe Verdi, Leopardi, Leonardo da Vinci, e soprattutto Garibaldi a cavallo, continuamente disturbato dalla brutta statua del cavalier Cazzaniga, un malfattore onorato dai suoi complici. Le statue parlano, meditano, commentano. Il comandante Garibaldi è sempre indomito ma anche un poco sconsolato, tanto da farsi venire il dubbio se sia stato davvero sensato fare l’Italia vedendo a che cosa l’Italia si è ridotta: «Un popolo sbandato che crede alle promesse più mirabolanti dei bricconi», ammette con il suo accento ligure.
Una commedia civile dai toni surreali. Molto divertente in alcuni tratti, con un esplicito intento di meditazione e di denuncia. Un film che non graffia ma che può far riflettere sorridendo. Non ci restano che le statue.

Filologia della corruzione

Il 13 dicembre 2011 Valter Lavitola scrive da Rio de Janeiro una lettera a Silvio Berlusconi. Missiva nella quale elenca i favori fatti all’allora presidente del consiglio, piange per la condizione di latitante alla quale è ridotto, deplora le tante promesse nei suoi confronti che Berlusconi non ha mantenuto, chiede somme altissime “in prestito” e assunzioni per i suoi familiari e conoscenti, ricorda che anche il loro comune amico Bettino Craxi si sentiva tradito a Hammamet da Berlusconi.
Invito a leggere per intero questo documento che non soltanto conferma come sia stata e continui a essere governata l’Italia; non soltanto mostra l’abisso di corruzione nel quale la coppia Craxi-Berlusconi, con gli innumerevoli complici-amici-servi, ha precipitato la società civile. L’elemento più interessante è per me un altro:  la scrittura. Ecco alcuni esempi, soltanto alcuni:

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Non mia avrebbe più parlato (p. 1)
Ho rischiato d’avvero (p. 1)
Da dove erano arrivate le pressione per il vergognoso arresto (p. 2)
Alle precedenti pressi da solo 54.000 firme (p. 3)
Tutte somme non concordate con lei […] e che quindi non voglio essere restituito (p. 5)
Le aberanti accuse a me mosse (p. 7)
Glielo puo chiedere (p. 8 )
Un amico che si sente tradito, abandonato (p. 8 )
La prego di aver chiaro che si trata (p. 10)
Il clamore della vicenda giudizziaria (p. 12)
Tranne che per le assunzione (p. 15)
Non posso accedere ne a banche, ne a cassette di sicurezza (p. 15)
Le ho fatto pervenire questa lettera sigilata (p. 16; il “sigilata” è ripetuto anche a p. 17)
Mi raggiungerano per le festività (p. 17)
Entrambe, se lo riterà, possono fatturare (p. 17)
Verà a riferirmi in carcere (p. 18)

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Così scrive un “giornalista”, così scrive il direttore dell’Avanti! -quotidiano del Partito Socialista Italiano-, così scrive un amico e sodale del Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana. L’orrore per la scrittura violentata diventa vergogna per l’essere italiani, per i milioni di italiani che non soltanto votano per Berlusconi ma hanno creduto e continuano a credere in Berlusconi. La lettera di Lavitola si conclude, tra l’altro, con queste parole: «Mi scusi per la ineleganza, che come sa normalmente non mi appartiene» (p. 19). E così l’analfabetismo diventa persino grottesco. Aveva ragione Socrate: ogni male deriva dall’ignoranza. Oltre che essere corrotti nella sostanza stessa del loro essere, tali soggetti sono di un’ignoranza irredimibile. Per questo sono così rivoltanti.

Sic transit gloria mundi

«Uno stillicidio di tragicomici maneggiamenti degni della peggior commedia all’italiana, con il figlio tonto -e la famiglia tutta-  a gozzovigliare in Porsche o ristrutturare case sgraffignando assegni sotto il naso di tutti i politici leghisti, che in questi anni hanno solo pazientato facendo finta di non vedere. Quanto alla base, frignerà pure ma le toccherà rifondare pure il linguaggio, “Roma ladrona” è già slogan del passato, roba primitiva. Tutti sanno che il figlio Renzo è una barzelletta vivente e che sulla famiglia & friends (il cosiddetto cerchio magico) da anni se ne dicevano di ogni colore» (Luca Fazio, il Manifesto, 6.4.2012, p. 5).
Un’ottima sintesi dell’identità leghista, di questi similumani che si sono fatti ingannare per decenni da uno che è stato lasciato dalla prima moglie quando costei si accorse che la laurea in medicina era una pura menzogna e che il marito ogni mattina usciva con la valigetta sanitaria per andare non all’ospedale ma al bar. Neppure Lino Banfi e Alvaro Vitali messi insieme raggiungono l’intelligenza populistica della Lega Nord.

[7.4.12. Questa commedia italica e terrona diventa sempre più grottesca e triste. Dalle dichiarazioni -messe a verbale- delle segretarie amministrative della Lega Nord viene fuori che la senatrice Rosy Mauro ha preso una laurea in Svizzera spendendo 130 mila euro e che Renzo Bossi ne sta prendendo un’altra per la medesima cifra in un’università privata di Londra. Che questi due soggetti non abbiano neppure tentato di laurearsi negli atenei pubblici italiani è motivo di onore per il nostro sistema universitario].

Le idi di marzo

(The Ides of March)
di George Clooney
Con Ryan Gosling (Stephen Meyers), George Clooney (Mike Morris), Philip Seymour Hoffman (Paul Zara), Paul Giamatti (Tom Duffy), Evan Rachel Wood (Molly Stearns), Marisa Tomei (Ida Horowicz)
USA, 2011
Trailer del film

Elezioni primarie per stabilire chi debba essere il candidato democratico alla presidenza degli USA. Il governatore Mike Morris ha ottime probabilità e un ufficio stampa di grande qualità, in cui emerge il giovane e intelligentissimo Stephen Meyers. Lo staff del candidato avversario deve fare qualcosa per neutralizzare questo idealista della causa. Il doppio gioco, l’inganno, la minaccia, il ricatto diventano le armi di un vero e proprio bellum omnium contra omnes. Alla fine, Stephen impara come si fa.

«Etica, nulla è più importante dell’etica» è la frase che conclude la campagna di Morris, tipico democratico di sinistra (liberal li chiamano negli USA). Dietro di lui e dentro di lui le cose vanno ben diversamente dalle «ruffianate per gli elettori» (definizione del responsabile del suo ufficio stampa). Clooney indaga nei meandri privati e mediatici del sistema statunitense ma si tiene lontano da ciò che pesa davvero: la potenza di condizionamento totale dei fabbricanti d’armi, dei petrolieri, della finanza speculativa. In ogni caso, si tratta di un film dall’impianto classico, piacevole da seguire e che fa nascere anche nei più ingenui spettatori qualche dubbio sulla “più grande democrazia del pianeta”.

Il Sindaco di Catania

Raffaele Stancanelli è l’attuale sindaco di Catania, oltre che senatore (due cariche incompatibili tra di loro). Proviene dalle fila del MSI, AN e ora PdL. Nel febbraio del 2006 era assessore della Regione Sicilia e si arrogò una funzione che non gli spettava, quella «di designare i componenti le commissioni giudicatrici per i Centri Diurni Anziani di Catania e Misterbianco, Centro Diurno Diversabili, e Centro Diurno Minori, e per la gara telesoccorso del Distretto 162» (Ordinanza di imputazione coatta da parte del GIP del Tribunale di Catania, p. 3). Chi l’assessore-sindaco-senatore fece nominare per la scelta dei migliori servizi nell’ambito socio-sanitario? Un impiegato bancario, un ex dipendente Fiat e imprenditore pubblicitario, un impiegato postale, un funzionario presso il Genio Civile, un dipendente di un istituto magistrale, un impiegato tecnico di un istituto scolastico, un militare in pensione. «È fin troppo ovvio che una commissione composta da geometri e bancari difficilmente avrebbe potuto perseguire l’interesse pubblico alla selezione dei migliori servizi socio-sanitari» (Ordinanza, cit., p. 7). Il criterio di scelta consistette nell’amicizia di partito e personale, che fruttò a quei soggetti e ad altri implicati nell’ “affare” una somma complessiva di  342.363,86 euro.

Tutto questo è grave e fuorilegge ma la domanda centrale riguarda un altro aspetto della vicenda: a chi Stancanelli sottrasse tutto questo danaro? Ai «fondi destinati all’erogazione dei servizi sociali e, dunque, vincolati», fatto che comportò «una effettiva perdita di denaro pubblico, destinato e vincolato a fini sociali, e di relativo indebito arricchimento e appropriazione da parte degli indagati (i quali non avevano titolo a riscuotere i compensi)» (Ordinanza, cit., p. 11).
Come bisognerebbe punire chi ruba ai disabili, al pronto soccorso, agli anziani? Eppure il sindaco-senatore stava per essere prosciolto dal Pubblico Ministero di Catania, sino a che il Gip non ha preso invece la decisione opposta. Il Giudice per le Indagini Preliminari che ha imposto al PM di richiedere il rinvio a giudizio di questo potente si chiama Giuliana Sammartino ed è mia cognata, della cui amicizia sono quindi onorato prima di tutto come cittadino. E come cittadino va a Giuliana il mio pubblico “grazie”.

Chi vuole, può leggere l’intera Ordinanza di 16 pagine; le evidenziazioni in giallo e in blu sono mie.

 

Sprofonda

È con amaro disgusto che scrivo queste poche righe. Vivo altrove, infatti, e non vorrei più occupare la mente a rovistare nella merda. Ma Platone ci ha insegnato che non si deve permettere ai filosofi «di starsene lassù e di non volerne più sapere di tornare dai compagni in catene, e di condividere i loro onori e le loro fatiche, grandi o piccole che siano»; in questo caso, infatti, «dei pezzenti avidi di trar profitto personale si avventano sul bene pubblico» (Repubblica, VII, 519A e 521A). E allora diciamolo ancora una volta, pur in un piccolo e insignificante spazio come questo, diciamo che quanto oggi alcuni apprendono con sconcerto è evidente da decenni a chi abbia occhi e mente. Ripetiamo non soltanto che il potere è ovunque il risultato della natura perversa dell’umano ma che da vent’anni l’Italia è in mano a soggetti le cui fortune cominciarono con i soldi della mafia palermitana. Ciò che molte anime belle vanno oggi scoprendo -“ohibò, i Palazzi romani, milanesi, napoletani sono abitati da camorristi, ndranghetisti e malviventi assortiti”- è lampante da decenni. Non c’è alcun rapporto tra il governo nazionale e la malavita, l’attuale governo è la malavita.L’Italia è violentata ogni giorno dalle bande criminali che hanno occupato i ministeri romani, gli assessorati regionali, gli enti locali da Bordighera a Bronte. E lo hanno fatto con l’attiva e complice presenza degli ex comunisti, dei cattolici vaticani, degli eredi di un partito supremamente “giustizialista” qual era il MSI, dei leghisti secessionisti che hanno imparato ormai a imitare perfettamente la corruzione romana, di una legione di giornalisti asserviti. Si può sperare non nel senso civico degli italiani, che non esiste se non in piccole minoranze, ma nella miseria economica ormai sempre più incombente. In ogni caso, all’Italia va ripetuto quanto già disse Pasolini: «Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo».

Anno $anto

Le cronache di ormai familiare e quotidiana corruzione ci raccontano che il costruttore Anemone -quello che ha regalato una casa con vista sul Colosseo all’ex ministro Scajola senza che quest’ultimo ne sapesse nulla (ma guarda che fortuna hanno certe persone!)- è in ottimi rapporti d’affari con Angelo Balducci, un altro costruttore (ora in carcere) ben introdotto nello Stato della Chiesa (quella papista), amico di tanti prelati, ai quali presta cifre consistenti, e fornitore d’opera per Congregazioni e Ministeri vaticani. Proprio a partire dal Giubileo del 2000 Anemone e Balducci sono diventati i padroni delle grandi opere pubbliche in Italia. La tradizione ecclesiastica è giustamente rispettata: da Bonifacio VIII (1300) a Giovanni Paolo II gli anni sono davvero $anti.

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